Sono le 23
In ospedale ricevo una coppia con un bambino grave.
L'età apparente è di circa 5 anni, ed è praticamente in coma.
Dopo una breve visita e gli esami del caso, pongo diagnosi di malaria
cerebrale e prescrivo il ricovero.
Decidiamo che è la mamma a stare con il bambino in ospedale e la
mandiamo (come di routine) a farsi una doccia e ad indossare la divisa
dell'ospedale.
Il papà rimane seduto in corridoio con il bambino in braccio,
aspettando che la moglie esca dal bagno.
Procediamo alla parte burocratica per l'apertura della cartella e per
il ricovero.
Josphine chiede al papà la domanda più ovvia:
"Come si chiama il bambino?"
Nessuno si aspettava l'espressione smarrita di quell'uomo e la sua risposta:
"Questo qua? Onestamente non ne sono sicuro...aspettata che la mamma
esca dai servizi, e chiedilo a lei!"
Josphine lo guarda con espressione indignata e l'uomo si difende:
"Ho tanti figli! Come faccio a ricordarmi il nome di tutti?"
Quando la consorte riappare ancora gocciolante dopo la doccia, lei e
Josphine si scambiano in kimeru alcune battute piene di ilarità.
La donna mi guarda e mi dice: "il bambino si chiama Mwenda...mio
marito è così...non farci caso".
L'episodio mi ha fatto dapprima sorridere, ma poi mi ha caricato di
una grande tristezza.
Fr Beppe
martedì 30 maggio 2023
lunedì 29 maggio 2023
ELOSY
L'ho conosciuta circa una settimana fa. Stupenda bimba di 11 anni, con
treccine curate come una piccola "rasta".
Aveva proteine nell'urina ed un lieve gonfiore alle gambe. Non
lamentava particolari disturbi, anche se gli esami erano alterati e
l'ecografia dimostrava segni di iniziale danno renale.
La mamma mi ha chiesto di cosa si potesse trattare. Le ho spiegato che
eravamo di fronte ad una malattia dei reni , ma che con una terapia
mirata avremmo risolto il problema. Mi ha pregato di darle le medicine
a domicilio perche' avrebbe avuto problemi finanziari con un ricovero.
Ho acconsentito pregandola pero' di essere fedele all'appuntamento per
la visita di controllo.
Avrebbe dovuto tornare dopo un mese, ma ieri mattina me la son
ritrovata davanti in uno stato di prostrazione totale. Non riuscica
quasi a respirare. La sua inspirazione era molto superficiale ed il
torace si muoveva ad un ritmo di almeno 120 al minuto.
Abbiamo provato a metterla a letto , ma Elosy da sdraiata si sentiva
soffocare, per cui abbiamo dovuto metterle una serie di cuscini in
modo che potesse riposare un po' in posizione semiseduta.
Gli esami renali sono stati spietati: la bimba era ora in
insufficienza renale acuta, nonostante i farmaci che la mamma sostiene
di averle dato con regolarita' ed attenzione.
Le abbiamo messo il catetere, senza che lei neppure se ne accorgesse
perche' ormai in uno stato di semi-incoscienza; e poi abbiamo provato
ripetutamente a sbloccarle la funzionalità renale: una, poi tre, poi
dieci, e da ultimo venti fiale di lasix hanno fallito nel loro
compito, e nella borsa non si e' raccolto nemmeno un ml di pipi'.
Nel pomeriggio Elosy era in edema: i suoi polmoni erano cioe' invasi
di liquidi che i reni non potevano eliminare. La abbiamo aspirata, ma
la schiuma alla bocca si riformava dopo pochi munuti. Le abbiamo dato
ossigeno ma le sue labbra diventavano sempre piu' violacee. Ha lottato
tra la vita e la morte fino alle 21.30, quando e' spirata sotto gli
occhi disperati della madre, che, quasi a rilassare una tensione
accumulata per molte ore, si e' abbandonata ad un pianto disperato.
"Perche' non la mandi altrive per la dialisi?, mi chiede un volontario italiano.
Io rispondo che non ci sarebbe comunque il tempo perche' Elosy e'
gravissima e morirebbe in macchina prima di arrivare.
Fatto sta che Elosy e' ora in Paradiso. La dialisi non gliela abbiamo
fatta, e la mamma e' qui davanti a me in preda ad una crisi di pianto.
Vedere morire un bimbo e' sempre una esperienza terribile... e poi
quando si tratta di una bambina bellissima come Elosy, e' ancora piu'
difficile. Quanti sogni infranti per quella mamma: chissa' quanti
piani aveva gia' fatto su di lei; chissa' quanti sogni nella sua mente
mentre le faceva le treccine che la rendevano stupenda. Ora l'occhio
di Elosy e' spento; la guardo sul tavolaccio del mortuario e penso al
killer sconociuto che se l'e' portata via.
Non siamo completamente sicuri di cosa si tratti, perche' non possiamo
fare biopsie renali o altri esami complessi, ma quasi certamente Elosy
e' morta per una complicanza della malattia reumatica. Si tratta di
una condizione quasi dimenticata in Europa, ma diffusissima qui da
noi.
E' un morbo terribile che spesso causa danni irreversibili al cuore di
tanti bambini, ed a volte colpisce i loro reni, originando una
condizione che i medici chiamano glomerulonefrite acuta rapidamente
progressiva: e' un danno renale velocissimo, che puo' portare alla
morte in pochi giorni.
E causata da un batterio chiamato streptococco.
Per noi rimane una specie di incubo, perche' sappiamo che molto spesso
siamo chiamati ad intervenire quando ormai e' troppo tardi, ed i
nostri piccoli pazienti hanno gia' deciso di andarsene, come oggi e'
successo con Elosy, che avrebbe certo potuto essere una fotomodella,
ed invece ora giace nel nostro obitorio.
Fr Beppe
treccine curate come una piccola "rasta".
Aveva proteine nell'urina ed un lieve gonfiore alle gambe. Non
lamentava particolari disturbi, anche se gli esami erano alterati e
l'ecografia dimostrava segni di iniziale danno renale.
La mamma mi ha chiesto di cosa si potesse trattare. Le ho spiegato che
eravamo di fronte ad una malattia dei reni , ma che con una terapia
mirata avremmo risolto il problema. Mi ha pregato di darle le medicine
a domicilio perche' avrebbe avuto problemi finanziari con un ricovero.
Ho acconsentito pregandola pero' di essere fedele all'appuntamento per
la visita di controllo.
Avrebbe dovuto tornare dopo un mese, ma ieri mattina me la son
ritrovata davanti in uno stato di prostrazione totale. Non riuscica
quasi a respirare. La sua inspirazione era molto superficiale ed il
torace si muoveva ad un ritmo di almeno 120 al minuto.
Abbiamo provato a metterla a letto , ma Elosy da sdraiata si sentiva
soffocare, per cui abbiamo dovuto metterle una serie di cuscini in
modo che potesse riposare un po' in posizione semiseduta.
Gli esami renali sono stati spietati: la bimba era ora in
insufficienza renale acuta, nonostante i farmaci che la mamma sostiene
di averle dato con regolarita' ed attenzione.
Le abbiamo messo il catetere, senza che lei neppure se ne accorgesse
perche' ormai in uno stato di semi-incoscienza; e poi abbiamo provato
ripetutamente a sbloccarle la funzionalità renale: una, poi tre, poi
dieci, e da ultimo venti fiale di lasix hanno fallito nel loro
compito, e nella borsa non si e' raccolto nemmeno un ml di pipi'.
Nel pomeriggio Elosy era in edema: i suoi polmoni erano cioe' invasi
di liquidi che i reni non potevano eliminare. La abbiamo aspirata, ma
la schiuma alla bocca si riformava dopo pochi munuti. Le abbiamo dato
ossigeno ma le sue labbra diventavano sempre piu' violacee. Ha lottato
tra la vita e la morte fino alle 21.30, quando e' spirata sotto gli
occhi disperati della madre, che, quasi a rilassare una tensione
accumulata per molte ore, si e' abbandonata ad un pianto disperato.
"Perche' non la mandi altrive per la dialisi?, mi chiede un volontario italiano.
Io rispondo che non ci sarebbe comunque il tempo perche' Elosy e'
gravissima e morirebbe in macchina prima di arrivare.
Fatto sta che Elosy e' ora in Paradiso. La dialisi non gliela abbiamo
fatta, e la mamma e' qui davanti a me in preda ad una crisi di pianto.
Vedere morire un bimbo e' sempre una esperienza terribile... e poi
quando si tratta di una bambina bellissima come Elosy, e' ancora piu'
difficile. Quanti sogni infranti per quella mamma: chissa' quanti
piani aveva gia' fatto su di lei; chissa' quanti sogni nella sua mente
mentre le faceva le treccine che la rendevano stupenda. Ora l'occhio
di Elosy e' spento; la guardo sul tavolaccio del mortuario e penso al
killer sconociuto che se l'e' portata via.
Non siamo completamente sicuri di cosa si tratti, perche' non possiamo
fare biopsie renali o altri esami complessi, ma quasi certamente Elosy
e' morta per una complicanza della malattia reumatica. Si tratta di
una condizione quasi dimenticata in Europa, ma diffusissima qui da
noi.
E' un morbo terribile che spesso causa danni irreversibili al cuore di
tanti bambini, ed a volte colpisce i loro reni, originando una
condizione che i medici chiamano glomerulonefrite acuta rapidamente
progressiva: e' un danno renale velocissimo, che puo' portare alla
morte in pochi giorni.
E causata da un batterio chiamato streptococco.
Per noi rimane una specie di incubo, perche' sappiamo che molto spesso
siamo chiamati ad intervenire quando ormai e' troppo tardi, ed i
nostri piccoli pazienti hanno gia' deciso di andarsene, come oggi e'
successo con Elosy, che avrebbe certo potuto essere una fotomodella,
ed invece ora giace nel nostro obitorio.
Fr Beppe
sabato 27 maggio 2023
LA VOLPE E L'UVA
Credo che tutti abbiamo letto alle elementari la fiaba di Esopo della
volpe e dell'uva. Qualcuno come il sottoscritto se l'è ritrovata anche
in greco al liceo.
Mi è venuta in mente in questi giorni perchè l'ho trovata riproposta
in Inglese su un quotidiano locale alla pagina dei bambini.
La trovo sempre una favola molto vera ed altrettanto amara.
Onestamente la penso una fiaba per adulti, una fiaba che coglie uno
degli angoli più bui del cuore umano!
Quante volte infatti gli esseri umani fanno come la volpe quando non
riescono a raggiungere un obiettivo che si eravamo prefissi. Tanto per
non ammettere la sconfitta, essi ripetono a se stessi che quella
"cosa" a cui aspiravamo, non aveva poi tutto quel valore. Disprezzando
l'obiettivo fallito, l'uomo in genere cerca di evitare il senso della
sconfitta e la presa di coscienza della propria incapacità e del
proprio limite.
Ma la cosa forse più triste è che la fiaba di Esopo tratteggia
atteggiamenti molto comuni anche nei nostri rapporti con il prossimo.
Troppo spesso i nostri rapporti sono di tipo competitivo con le
persone che ci stanno al fianco. Ho sempre creduto che l'emulazione
tante volte proposta anche dagli insegnanti sin dalle scuole
elementari sia in sè un atteggiamento pericoloso, perchè il confine
tra emulazione e competizione è sovente impercettibile, e facilmente
si può scivolare anche nell'invidia.
Consciamente od inconsciamente, noi vogliamo essere sempre i primi
della classe (perchè ce lo hanno inculcato fin dal primo giorno di
scuola)... e se qualcuno è più bravo di noi, immediatamente cerchiamo
di competere con lui (magari senza ammetterlo neppure a noi stessi).
Ammetto che una giusta emulazione può essere salutare, ma sono anche
convinto che le nostre competizioni spesso non sono di quel tipo; esse
sono vere e proprie gare per primeggiare. Accusiamo gli altri di
essere primedonne, ma in fondo questa accusa verso gli altri è la
proiezione freudiana di un nostro spasmodico desiderio di primeggiare
Per arrivare al primo posto siamo spesso capaci anche di dare gomitate
e colpi sotto la cintura (per usare un termine puglilistico), senza
contare che qualche volta sappiamo fare anche di peggio: quando per
esempio godiamo del fallimento altrui, deridiamo e sminuiamo i suoi
successi, o mettiamo una parola cattiva tanto per rovinargli la festa.
In quei momenti ci comportiamo proprio come la volpe, quando dice che
l'uva era acerba.
Talvolta poi succede di trovare qualcuno effettivamente più bravo di
noi: allora cerchiamo di competere con lui in tutti i modi, sia leali
che sleali (naturalmente senza mai ammetterlo neppure a noi stessi),
ma lui è comunque migliore di noi e veramente non ce la facciamo ad
eguagliarlo od a superarlo. Ecco quindi che smascheriamo l'ultima
arma, quella della volpe che definisce acida l'uva che non riusciva a
raggiungere: parliamo male di quella persona, diciamo che, dopo tutto,
lui non è poi quello che sembra e che ci sono tante cose negative in
lui, ecc, ecc.
Ecco perchè la favola di Esopo è tristemente una storia per adulti,
valida a tutte le latidudini.
Oggi la propongo ai lettori per ridire a me stesso che devo essere
capace di accettare di non essere il primo, e che devo sinceramente
apprezzare i successi di coloro che sono più bravi di me.
C'è una esortazione di San Paolo che suona più o meno così: "gioite
con chi gioisce e piangete con chi piange". Da giovane pensavo che la
cosa più difficile fosse di soffrire con chi soffre, ma ora che ho
superato i 60 anni mi rendo c onto che è molto più duro essere felice
quando gli altri sono felici ed hanno più successo di noi.
Fr Beppe
volpe e dell'uva. Qualcuno come il sottoscritto se l'è ritrovata anche
in greco al liceo.
Mi è venuta in mente in questi giorni perchè l'ho trovata riproposta
in Inglese su un quotidiano locale alla pagina dei bambini.
La trovo sempre una favola molto vera ed altrettanto amara.
Onestamente la penso una fiaba per adulti, una fiaba che coglie uno
degli angoli più bui del cuore umano!
Quante volte infatti gli esseri umani fanno come la volpe quando non
riescono a raggiungere un obiettivo che si eravamo prefissi. Tanto per
non ammettere la sconfitta, essi ripetono a se stessi che quella
"cosa" a cui aspiravamo, non aveva poi tutto quel valore. Disprezzando
l'obiettivo fallito, l'uomo in genere cerca di evitare il senso della
sconfitta e la presa di coscienza della propria incapacità e del
proprio limite.
Ma la cosa forse più triste è che la fiaba di Esopo tratteggia
atteggiamenti molto comuni anche nei nostri rapporti con il prossimo.
Troppo spesso i nostri rapporti sono di tipo competitivo con le
persone che ci stanno al fianco. Ho sempre creduto che l'emulazione
tante volte proposta anche dagli insegnanti sin dalle scuole
elementari sia in sè un atteggiamento pericoloso, perchè il confine
tra emulazione e competizione è sovente impercettibile, e facilmente
si può scivolare anche nell'invidia.
Consciamente od inconsciamente, noi vogliamo essere sempre i primi
della classe (perchè ce lo hanno inculcato fin dal primo giorno di
scuola)... e se qualcuno è più bravo di noi, immediatamente cerchiamo
di competere con lui (magari senza ammetterlo neppure a noi stessi).
Ammetto che una giusta emulazione può essere salutare, ma sono anche
convinto che le nostre competizioni spesso non sono di quel tipo; esse
sono vere e proprie gare per primeggiare. Accusiamo gli altri di
essere primedonne, ma in fondo questa accusa verso gli altri è la
proiezione freudiana di un nostro spasmodico desiderio di primeggiare
Per arrivare al primo posto siamo spesso capaci anche di dare gomitate
e colpi sotto la cintura (per usare un termine puglilistico), senza
contare che qualche volta sappiamo fare anche di peggio: quando per
esempio godiamo del fallimento altrui, deridiamo e sminuiamo i suoi
successi, o mettiamo una parola cattiva tanto per rovinargli la festa.
In quei momenti ci comportiamo proprio come la volpe, quando dice che
l'uva era acerba.
Talvolta poi succede di trovare qualcuno effettivamente più bravo di
noi: allora cerchiamo di competere con lui in tutti i modi, sia leali
che sleali (naturalmente senza mai ammetterlo neppure a noi stessi),
ma lui è comunque migliore di noi e veramente non ce la facciamo ad
eguagliarlo od a superarlo. Ecco quindi che smascheriamo l'ultima
arma, quella della volpe che definisce acida l'uva che non riusciva a
raggiungere: parliamo male di quella persona, diciamo che, dopo tutto,
lui non è poi quello che sembra e che ci sono tante cose negative in
lui, ecc, ecc.
Ecco perchè la favola di Esopo è tristemente una storia per adulti,
valida a tutte le latidudini.
Oggi la propongo ai lettori per ridire a me stesso che devo essere
capace di accettare di non essere il primo, e che devo sinceramente
apprezzare i successi di coloro che sono più bravi di me.
C'è una esortazione di San Paolo che suona più o meno così: "gioite
con chi gioisce e piangete con chi piange". Da giovane pensavo che la
cosa più difficile fosse di soffrire con chi soffre, ma ora che ho
superato i 60 anni mi rendo c onto che è molto più duro essere felice
quando gli altri sono felici ed hanno più successo di noi.
Fr Beppe
giovedì 25 maggio 2023
FORMAZIONE
Continua l'impegno di ogni giovedì mattina.
Il docente sono quasi sempre io, ma cerco di coinvolgere anche i
volontari ed i membri dello staff disponibili.
La settimana scorsa la lezione è stata sulla colite ulcerosa, mentre
oggi è stata sulla malattia pelvica infiammatoria.
Normalmente la scelta dell'argomento nasce da casi clinici incontrati
nel coso delle ultime settimane.
Fr Beppe
Il docente sono quasi sempre io, ma cerco di coinvolgere anche i
volontari ed i membri dello staff disponibili.
La settimana scorsa la lezione è stata sulla colite ulcerosa, mentre
oggi è stata sulla malattia pelvica infiammatoria.
Normalmente la scelta dell'argomento nasce da casi clinici incontrati
nel coso delle ultime settimane.
Fr Beppe
mercoledì 24 maggio 2023
ERA OTITE
Ivonne ha pochi mesi ed è arrivata in condizioni estreme dovute ad una
malattia febbrile molto severa.
Era stata ricoverata in un dispensario rurale ed era stata sotto
chinino endovena per vari giorni senza mai migliorare.
La febbre superava i 40°C, e questo portava a frequenti convulsioni
febbrili. La mamma era venuta a Matiri perchè disperata, in quanto non
vedeva alcun miglioramento della sua bambina, sempre più prostrata e
grave.
Alla prima visita, quello che mi ha colpito fortemente è il fatto che
Ivonne, nonostante il febbrone che durava da giorni, non fosse in
coma: "se fosse malaria, a quest'ora ci saremmo dovuti aspettare un
interessamento cerebrale!"
Lo stato di coscienza e l'assenza di rigidità nucale mi portavano in
qualche modo ad escludere anche la possibilità di meningite;
nonostante tutto, abbiamo fatto una puntura lombare, e, come
prevedibile, abbiamo ricevuto un esito negativo.
L'auscultazione del torace pareva abbastanza indifferente e non mi
ricordava certo una polmonite.
Con difficoltà ed usando un guanto di lattice attaccato con cerotti al
bacino della piccolina, abbiamo raccolto pure un campione di urina,
che escludeva in modo chiaro che si trattasse di infezione delle vie
urinarie.
L'emocromo era accettabile, ma con una importante elevazione dei
valori dei globuli bianchi neutrofili: "questa bimba ha un'infezione,
ma non so dove... per l'appendicite mi sembra troppo piccola, e la
palpazione dell'addome pare normale".
Con il senno di chi non sa contro cosa sta sparando, e proprio per
questo spara a ventaglio, ho lasciato il chinino in vena (anche con un
testo antimalarico negativo), ed ho aggiunto del Rocephin alla
terapia. Per le convulsioni mi sono affidato ai soliti Phenobarbitone
e Diazepan. Inoltre ho insistito sulla reidratazione endovena.
Non avevo grosse speranze di cavarci un ragno dal buco, in quanto
brancolavo davvero nel buio... ed invece Ivonne ha cominciato a
migliorare decisamente.
Pian piano si è sfebbrata, ha cominciato a nutrirsi al seno con
crescente vigore e le convulsioni sono diminuite fino a scomparire.
La mamma era raggiante ed io stesso ero molto felice; solo che non
avrei saputo dirle quale fosse la patologia della figlia, nè avrei
potuto indicare il farmaco che aveva salvato la vita della piccola.
Poi, questa sera durante la visita serale del dopo cena, la mamma mi
ha fatto vedere del pus che fuoriusciva dall'orecchio destro della
bimba: ho preso l'otoscopio ed ho guardato attentamente. Si trattava
di una otite media purulenta che aveva ora provocato la perforazione
del timpano, permettendo al pus di fuoriuscire.
"Che stupido che sono stato a non pensarci! I bambini non ti possono
dire dove hanno male... e chissà che dolore avrà avuto Ivonne a
quell'orecchio!".
E' stato quindi ancora una volta il Rocephin a fare il miracolo.
Ho aggiunto delle gocce di Ciproxin localmente ed un brevissimo corso
di steroidi in vena, al fine di aiutare il timpano a richiudersi senza
complicazioni. Ho anche pensato di sospendere il chinino che ora
avevamo già praticato per sette giorni.
Ivonne mi ha insegnato un'altra lezione di vita e di Medicina:
dobbiamo sempre guardare le orecchie dei bambini piccoli, quando hanno
febbre alta e convulsioni, perchè potrebbe essere otite.
Presto Ivonne andrà a casa, e ne sono felice.
Fr Beppe
malattia febbrile molto severa.
Era stata ricoverata in un dispensario rurale ed era stata sotto
chinino endovena per vari giorni senza mai migliorare.
La febbre superava i 40°C, e questo portava a frequenti convulsioni
febbrili. La mamma era venuta a Matiri perchè disperata, in quanto non
vedeva alcun miglioramento della sua bambina, sempre più prostrata e
grave.
Alla prima visita, quello che mi ha colpito fortemente è il fatto che
Ivonne, nonostante il febbrone che durava da giorni, non fosse in
coma: "se fosse malaria, a quest'ora ci saremmo dovuti aspettare un
interessamento cerebrale!"
Lo stato di coscienza e l'assenza di rigidità nucale mi portavano in
qualche modo ad escludere anche la possibilità di meningite;
nonostante tutto, abbiamo fatto una puntura lombare, e, come
prevedibile, abbiamo ricevuto un esito negativo.
L'auscultazione del torace pareva abbastanza indifferente e non mi
ricordava certo una polmonite.
Con difficoltà ed usando un guanto di lattice attaccato con cerotti al
bacino della piccolina, abbiamo raccolto pure un campione di urina,
che escludeva in modo chiaro che si trattasse di infezione delle vie
urinarie.
L'emocromo era accettabile, ma con una importante elevazione dei
valori dei globuli bianchi neutrofili: "questa bimba ha un'infezione,
ma non so dove... per l'appendicite mi sembra troppo piccola, e la
palpazione dell'addome pare normale".
Con il senno di chi non sa contro cosa sta sparando, e proprio per
questo spara a ventaglio, ho lasciato il chinino in vena (anche con un
testo antimalarico negativo), ed ho aggiunto del Rocephin alla
terapia. Per le convulsioni mi sono affidato ai soliti Phenobarbitone
e Diazepan. Inoltre ho insistito sulla reidratazione endovena.
Non avevo grosse speranze di cavarci un ragno dal buco, in quanto
brancolavo davvero nel buio... ed invece Ivonne ha cominciato a
migliorare decisamente.
Pian piano si è sfebbrata, ha cominciato a nutrirsi al seno con
crescente vigore e le convulsioni sono diminuite fino a scomparire.
La mamma era raggiante ed io stesso ero molto felice; solo che non
avrei saputo dirle quale fosse la patologia della figlia, nè avrei
potuto indicare il farmaco che aveva salvato la vita della piccola.
Poi, questa sera durante la visita serale del dopo cena, la mamma mi
ha fatto vedere del pus che fuoriusciva dall'orecchio destro della
bimba: ho preso l'otoscopio ed ho guardato attentamente. Si trattava
di una otite media purulenta che aveva ora provocato la perforazione
del timpano, permettendo al pus di fuoriuscire.
"Che stupido che sono stato a non pensarci! I bambini non ti possono
dire dove hanno male... e chissà che dolore avrà avuto Ivonne a
quell'orecchio!".
E' stato quindi ancora una volta il Rocephin a fare il miracolo.
Ho aggiunto delle gocce di Ciproxin localmente ed un brevissimo corso
di steroidi in vena, al fine di aiutare il timpano a richiudersi senza
complicazioni. Ho anche pensato di sospendere il chinino che ora
avevamo già praticato per sette giorni.
Ivonne mi ha insegnato un'altra lezione di vita e di Medicina:
dobbiamo sempre guardare le orecchie dei bambini piccoli, quando hanno
febbre alta e convulsioni, perchè potrebbe essere otite.
Presto Ivonne andrà a casa, e ne sono felice.
Fr Beppe
martedì 23 maggio 2023
ABRUPTIO
Ireen ha avuto aborti ripetuti del secondo trimestre e per questo le
avevo fatto un cerchiaggio cervicale alla sedicesima settimana
dell'attuale gravidanza, che tra l'altro l'ecografia aveva scoperto
essere gemellare.
Arrivata però alla trentesima settimana, Ireen ha cominciato ad avere
contrazioni sempre più frequenti e sempre più resistenti alle medicine
prescritte a domicilio. Da vari giorni quindi era con noi in ospedale,
a riposo a letto e con terapia aggressiva per via endovenosa.
Ieri notte ha avuto un modesto sanguinamento genitale, accompagnato
però da tachicardia e riduzione dei valori pressori.
L'emocromo eseguito d'urgenza ha documentato la perdita di ben 4
grammi di emoglobina dal controllo precedente.
L'ecografia poi mi ha permesso di assicurarmi che i gemelli erano
entrambi vivi, anche se il battito cardiaco iniziava ad essere
irregolare. Quello però che ha colpito il mio sguardo è stata la
presenza di due grossi ematomi: l'uno retroplacentare ed il secondo
appena al di sopra della cervice, mantenuta chiusa dal cerchiaggio.
Era un caso di "abruptio placentae", cioè un distacco di placenta...
Ho dovuto dire ad Ireen che la decisione davanti a noi era molto
difficile, perchè i feti erano pretermine e pesavano all'incirca 1600
grammi; aspettare la fine della gravidanza però non sarebbe stato
possibile in quanto il distacco di placenta avrebbe potuto rapidamente
uccidere la madre... e di conseguenza anche i bambini.
Ireen ha dimostrato un grande coraggio ed ha compreso il mio discorso,
firmando immediatamente per il cesareo.
Io ho comunque messo le mani avanti e le ho detto che i bimbi
sarebbero andati in incubatrice... ma solo Dio sapeva se avremmo
potuto salvarli.
Lei ha compreso anche questo!
Abbiamo quindi eseguito gruppo sanguigno e prove crociate e siamo
entrati in sala.
Il cesareo è andato liscio: entrambi i gemelli erano in presentazione
podalica, e li ho estratti senza difficoltà. Respiravano appena, ma
l'anestesista è stato bravissimo con la rianimazione, ed ora sono in
incubatrice in condizioni stabili e con tutte le terapie di sostegno
che possiamo offrire nel nostro contesto.
Richiudendo l'utero ho in effetti confermato la presenza dei due
grandi ematomi documentati dall'eco, ed ho ringraziato Dio che mi ha
ispirato ad essere forte ed a spingere Ireen ad accettare l'intervento
d'urgenza: già aveva perso litri di sangue in quegli ematomi, e si
sarebbe presto collassata.
Ireen è sicuramente salva ed è in buone condizioni, dopo la trasfusione.
Ora preghiamo e speriamo che ce la facciano anche i due gemellini.
Fr Beppe Gaido
avevo fatto un cerchiaggio cervicale alla sedicesima settimana
dell'attuale gravidanza, che tra l'altro l'ecografia aveva scoperto
essere gemellare.
Arrivata però alla trentesima settimana, Ireen ha cominciato ad avere
contrazioni sempre più frequenti e sempre più resistenti alle medicine
prescritte a domicilio. Da vari giorni quindi era con noi in ospedale,
a riposo a letto e con terapia aggressiva per via endovenosa.
Ieri notte ha avuto un modesto sanguinamento genitale, accompagnato
però da tachicardia e riduzione dei valori pressori.
L'emocromo eseguito d'urgenza ha documentato la perdita di ben 4
grammi di emoglobina dal controllo precedente.
L'ecografia poi mi ha permesso di assicurarmi che i gemelli erano
entrambi vivi, anche se il battito cardiaco iniziava ad essere
irregolare. Quello però che ha colpito il mio sguardo è stata la
presenza di due grossi ematomi: l'uno retroplacentare ed il secondo
appena al di sopra della cervice, mantenuta chiusa dal cerchiaggio.
Era un caso di "abruptio placentae", cioè un distacco di placenta...
Ho dovuto dire ad Ireen che la decisione davanti a noi era molto
difficile, perchè i feti erano pretermine e pesavano all'incirca 1600
grammi; aspettare la fine della gravidanza però non sarebbe stato
possibile in quanto il distacco di placenta avrebbe potuto rapidamente
uccidere la madre... e di conseguenza anche i bambini.
Ireen ha dimostrato un grande coraggio ed ha compreso il mio discorso,
firmando immediatamente per il cesareo.
Io ho comunque messo le mani avanti e le ho detto che i bimbi
sarebbero andati in incubatrice... ma solo Dio sapeva se avremmo
potuto salvarli.
Lei ha compreso anche questo!
Abbiamo quindi eseguito gruppo sanguigno e prove crociate e siamo
entrati in sala.
Il cesareo è andato liscio: entrambi i gemelli erano in presentazione
podalica, e li ho estratti senza difficoltà. Respiravano appena, ma
l'anestesista è stato bravissimo con la rianimazione, ed ora sono in
incubatrice in condizioni stabili e con tutte le terapie di sostegno
che possiamo offrire nel nostro contesto.
Richiudendo l'utero ho in effetti confermato la presenza dei due
grandi ematomi documentati dall'eco, ed ho ringraziato Dio che mi ha
ispirato ad essere forte ed a spingere Ireen ad accettare l'intervento
d'urgenza: già aveva perso litri di sangue in quegli ematomi, e si
sarebbe presto collassata.
Ireen è sicuramente salva ed è in buone condizioni, dopo la trasfusione.
Ora preghiamo e speriamo che ce la facciano anche i due gemellini.
Fr Beppe Gaido
lunedì 22 maggio 2023
LA VERITA' POI SALTA FUORI
Joana (nome Kiswahili per Giovanni) ha un brutto taglio sul polso
detro. La lesione ha tranciato alcuni tendini flessori ed ha anche
decapitato la parte terminale dell'ulna.
Il paziente sanguina molto e dobbiamo lavorare con un laccio
all'avambraccio per poterci vedere qualcosa.
Con difficolta' togliamo i frammenti inutilizzabili di osso, e poi ci
mettiamo alla ricerca dei capi di tendine sezionati dalla panga. Anche
chiudere le arterie non e' un gioco da ragazzi… pero' con pazienza ci
riusciamo.
Il lavoro si prolunga per molto tempo; e' un'impresa da Certosini, ma
quando arriviamo alla sutura della cute e la tensione un po' cala,
troviamo la voglia di chiedere: "cosa ti e' successo?E' stato un
litigio od un attacco da parte dei ladri?"
La risposta di Joana ci sconcerta: "stavo raccogliendo frutti su un
albero di mango, quando sono caduto perche' un ramo ha ceduto. Sono
stramazzato dritto su una panga che avevo depositato su una pietra ai
piedi dell'albero prima di arrampicarmi.
La storia ci sembra del tutto inverosimile. Ci guardiamo negli occhi e
sorridiamo sotto le nostre mascherine chirurgiche. Decidiamo comunque
di non fare altre domande, in quanto lo sappiamo fin troppo bene che i
clienti, soprattutto quelli con tagli da machete, non dicono mai la
verita'.
Terminiamo il lavoro con una bella ingessatura e non pensiamo piu' a
Joana, che nel frattempo viene trasportato in reparto per un ciclo di
antibiotici.
Ma la verita' salta fuori l'indomani, in un modo del tutto inaspettato.
Riceviamo infatti la visita delle forze dell'ordine che cercano
proprio Joana. La versione che ci presentano e' del tutto differente
da quella che lui ci aveva sciorinato.
Il nostro paziente infatti stava violentando una ragazza debole
mentale, quando e' stato sorpreso dalla madre che si e' messa a
strillare. A questo richiamo ha prontamente risposto un vicino di
casa, che, secondo la piu' perfetta applicazione della legge del
taglione, si e' precipitato per amputargli la mano.
Joana e' pero' riuscito a scappare e si e' presentato in ospedale per
la terapia, sperando di farla franca con la sua storiella dell'albero
di mango… ma la gente lo conosce e la notizia e' giunta alla mamma
della piccola violentata. Giustamente questa povera donna ha chiamato
la polizia ed ora la legge deve fare il suo corso.
Nonostante il gesso, Joana ha lasciato l'ospedale scortato dalla polizia.
Fr Beppe Gaido
detro. La lesione ha tranciato alcuni tendini flessori ed ha anche
decapitato la parte terminale dell'ulna.
Il paziente sanguina molto e dobbiamo lavorare con un laccio
all'avambraccio per poterci vedere qualcosa.
Con difficolta' togliamo i frammenti inutilizzabili di osso, e poi ci
mettiamo alla ricerca dei capi di tendine sezionati dalla panga. Anche
chiudere le arterie non e' un gioco da ragazzi… pero' con pazienza ci
riusciamo.
Il lavoro si prolunga per molto tempo; e' un'impresa da Certosini, ma
quando arriviamo alla sutura della cute e la tensione un po' cala,
troviamo la voglia di chiedere: "cosa ti e' successo?E' stato un
litigio od un attacco da parte dei ladri?"
La risposta di Joana ci sconcerta: "stavo raccogliendo frutti su un
albero di mango, quando sono caduto perche' un ramo ha ceduto. Sono
stramazzato dritto su una panga che avevo depositato su una pietra ai
piedi dell'albero prima di arrampicarmi.
La storia ci sembra del tutto inverosimile. Ci guardiamo negli occhi e
sorridiamo sotto le nostre mascherine chirurgiche. Decidiamo comunque
di non fare altre domande, in quanto lo sappiamo fin troppo bene che i
clienti, soprattutto quelli con tagli da machete, non dicono mai la
verita'.
Terminiamo il lavoro con una bella ingessatura e non pensiamo piu' a
Joana, che nel frattempo viene trasportato in reparto per un ciclo di
antibiotici.
Ma la verita' salta fuori l'indomani, in un modo del tutto inaspettato.
Riceviamo infatti la visita delle forze dell'ordine che cercano
proprio Joana. La versione che ci presentano e' del tutto differente
da quella che lui ci aveva sciorinato.
Il nostro paziente infatti stava violentando una ragazza debole
mentale, quando e' stato sorpreso dalla madre che si e' messa a
strillare. A questo richiamo ha prontamente risposto un vicino di
casa, che, secondo la piu' perfetta applicazione della legge del
taglione, si e' precipitato per amputargli la mano.
Joana e' pero' riuscito a scappare e si e' presentato in ospedale per
la terapia, sperando di farla franca con la sua storiella dell'albero
di mango… ma la gente lo conosce e la notizia e' giunta alla mamma
della piccola violentata. Giustamente questa povera donna ha chiamato
la polizia ed ora la legge deve fare il suo corso.
Nonostante il gesso, Joana ha lasciato l'ospedale scortato dalla polizia.
Fr Beppe Gaido
sabato 20 maggio 2023
I POLITRAUMI
Questa settimana è stata caratterizzata dall'accesso di parecchie
fratture multiple.
Sono sempre situazioni drammatiche, con pazienti instabili ed anemici.
Qualche volta siamo riusciti a operare tutte le fratture nella stessa
seduta, soprattutto quando un altro chirurgo era a Matiri ad aiutarmi:
mentre io lavoravo su una frattura, contemporaneamente il collega
lavorava sull'altra.
Altre volte il paziente è stato portato in sala due o tre volte, quasi
sempre perchè troppo anemico per sopportare tutte le operazioni
contemporaneamente.
Si tratta quasi sempre di incidenti della strada, ma non sono mancati
casi di violenza (con panga o con arma da fuoco) o di caduta
dall'alto.
fratture multiple.
Sono sempre situazioni drammatiche, con pazienti instabili ed anemici.
Qualche volta siamo riusciti a operare tutte le fratture nella stessa
seduta, soprattutto quando un altro chirurgo era a Matiri ad aiutarmi:
mentre io lavoravo su una frattura, contemporaneamente il collega
lavorava sull'altra.
Altre volte il paziente è stato portato in sala due o tre volte, quasi
sempre perchè troppo anemico per sopportare tutte le operazioni
contemporaneamente.
Si tratta quasi sempre di incidenti della strada, ma non sono mancati
casi di violenza (con panga o con arma da fuoco) o di caduta
dall'alto.
venerdì 19 maggio 2023
BENVENUTO A MATIRO
Carissimo/a
Grazie d'essere venuto qui a Matiri per condividere con noi questo
periodo di servizio. Vogliamo aiutarti ad inserirti in questa nuova
realta` presentandoci e dandoti alcune indicazioni.
Siamo un ospedale missionario della Diocesi di Meru, e come tale
crediamo in Dio e desideriamo vivere la missione dell'ospedale
conformemente alla chiamata di Gesù di servire i poveri.
Il responsabile dell'ospedale è Padre Emilio. Padre Giovanni Tortalla
è anche membro della nostra comunità in cui vive anche il
sottoscritto.
Tutti siamo impegnati nel servizio, un servizio che speriamo sempre
più efficiente e qualificato.
Medici, infermieri, clinical officers, operai, cuochi e guardiani sono
chiamati al servizio dei malati in vari settori.
Preghiera e lavoro scandiscono le nostre giornate con qualche momento
di vita comunitaria. Se vuoi, puoi condividere con noi alcuni momenti
di preghiera: abbiamo la messa per tutto lo staff il mercoledì mattina
e la domenica alle 7.30.
Chi vuole può unirsi a noi nella messa quotidiana alle 7.
Poiche` condividiamo la stessa casa, per favorire un rispetto
reciproco ti proponiamo alcune indicazioni:
1. Questi gli orari orientativi dei pasti per i volontari: 8
colazione, 13,30 pranzo, 20 cena. Normalmente io mangio cena con i
volontari come momento di condivisione. Ovviamente gli orari sono
flessibili e possono cambiare a seconda dei bisogni dei vari gruppi
(per esempio i volontari polacchi o statunitensi preferiranno la cena
presto, magari anche alle 18). La missione ti offre il cibo, ma se
vuoi puoi anche cucinare.
2. Ti offrirò un orario indicativo per il servizio. E' ovvio che il
servizio è la ragione principale per cui un volontario ci chiede di
venire. Poi ogni volontario dà quello che si sente. C'è chi ha bisogno
di orari più estesi e chi invece necessita di orari più ridotti...ne
possiamo parlare.
3. Nella casa del Tamarindo dove alloggerai, potrai trovare bevande
calde e fare uno spuntino durante il giorno. La casa del Tamarindo ha
il wifi per le tue comunicazioni ed anche per guardare dei film alla
sera.
4. Per lavarti la biancheria serviti pure della lavatrice del
Tamarindo. Puoi ovviamente lavare la biancheria a mano e stenderla.
Per l'occorrente ti riferirai a Gacheri o a Margaret che sono le
vostre cuoche
5. Se vuoi fare foto o riprese agli in ospendale parlane prima con
Beppe. Non prendere tu l'iniziativa di fotografare o filmare i
pazienti. Qui la gente e' molto suscettibile da questo punto di vista
e si sente lesa nella propria privacy se vengono fatte fotografie o
filmati a cui non hanno direttamente acconsentito. Assolutamente non
usare la macchina fotografica o la cinepresa in sala parto: non e'
bello filmare momenti delicati, con il rischio di umiliare o turbare
la mamma che sta partorendo e l'infermiera che sta lavorando.
6. Durante la tua permanenza alla domenica sarai libero e potrai
organizzare gite ai parchi nazionali; Murugi sarà la vostra guida
turistica.
7. Puoi uscire per passeggiate quando vuoi; è bello quando mi
informate se uscite, tanto per farmi sentire parte del gruppo. Non
tornate tardi...può essere pericoloso. Non invitate estranei alla casa
del Tamarindo senza informare Padre Emilio o almeno le cuoche della
casa, in caso lui non fosse reperibile.
8. Non dare soldi, vestiario o altri regali al personale , agli ospiti
o ai ricoverati prima di avermi consultato. Il rischio è che i soldi
vengano dati sempre e solo alle stesse persone. Se vuoi lasciare
offerte per l'ospedale, li puoi lasciare a me. Chi ha offerte per Rita
ovviamente gliele darà direttamente, senza neppure informarmi. Con
Rita abbiamo un accordo ed una armonia totali.
9. All'aeroporto a prenderti ci sarà Murugi, mio amico. Murugi parla
anche italiano. Suo numero +254708527585. Ha whatsap e potete
comunicare dall'Italia prima della partenza.
10. Il trasporto da aeroporto all'ospedale ti costerà 150 euro da
pagare a Murugi.
11. All'aeroporto cambia i soldi che ti servono.
12. Se hai domande e dubbi, chiama al telefono la dottoressa Lucia
Floris che è appena tornata da Matiri: suo numero è +393391545422
NB: L`acqua dei rubinetti della missione non e` potabile, per cui ti
chiediamo di servirti dei bottiglioni che trovi nel distributore
Ancora grazie d`essere qui a Matiri con noi; ti auguriamo una
fruttuosa esperienza umana, professionale e spirituale.
Grazie d'essere venuto qui a Matiri per condividere con noi questo
periodo di servizio. Vogliamo aiutarti ad inserirti in questa nuova
realta` presentandoci e dandoti alcune indicazioni.
Siamo un ospedale missionario della Diocesi di Meru, e come tale
crediamo in Dio e desideriamo vivere la missione dell'ospedale
conformemente alla chiamata di Gesù di servire i poveri.
Il responsabile dell'ospedale è Padre Emilio. Padre Giovanni Tortalla
è anche membro della nostra comunità in cui vive anche il
sottoscritto.
Tutti siamo impegnati nel servizio, un servizio che speriamo sempre
più efficiente e qualificato.
Medici, infermieri, clinical officers, operai, cuochi e guardiani sono
chiamati al servizio dei malati in vari settori.
Preghiera e lavoro scandiscono le nostre giornate con qualche momento
di vita comunitaria. Se vuoi, puoi condividere con noi alcuni momenti
di preghiera: abbiamo la messa per tutto lo staff il mercoledì mattina
e la domenica alle 7.30.
Chi vuole può unirsi a noi nella messa quotidiana alle 7.
Poiche` condividiamo la stessa casa, per favorire un rispetto
reciproco ti proponiamo alcune indicazioni:
1. Questi gli orari orientativi dei pasti per i volontari: 8
colazione, 13,30 pranzo, 20 cena. Normalmente io mangio cena con i
volontari come momento di condivisione. Ovviamente gli orari sono
flessibili e possono cambiare a seconda dei bisogni dei vari gruppi
(per esempio i volontari polacchi o statunitensi preferiranno la cena
presto, magari anche alle 18). La missione ti offre il cibo, ma se
vuoi puoi anche cucinare.
2. Ti offrirò un orario indicativo per il servizio. E' ovvio che il
servizio è la ragione principale per cui un volontario ci chiede di
venire. Poi ogni volontario dà quello che si sente. C'è chi ha bisogno
di orari più estesi e chi invece necessita di orari più ridotti...ne
possiamo parlare.
3. Nella casa del Tamarindo dove alloggerai, potrai trovare bevande
calde e fare uno spuntino durante il giorno. La casa del Tamarindo ha
il wifi per le tue comunicazioni ed anche per guardare dei film alla
sera.
4. Per lavarti la biancheria serviti pure della lavatrice del
Tamarindo. Puoi ovviamente lavare la biancheria a mano e stenderla.
Per l'occorrente ti riferirai a Gacheri o a Margaret che sono le
vostre cuoche
5. Se vuoi fare foto o riprese agli in ospendale parlane prima con
Beppe. Non prendere tu l'iniziativa di fotografare o filmare i
pazienti. Qui la gente e' molto suscettibile da questo punto di vista
e si sente lesa nella propria privacy se vengono fatte fotografie o
filmati a cui non hanno direttamente acconsentito. Assolutamente non
usare la macchina fotografica o la cinepresa in sala parto: non e'
bello filmare momenti delicati, con il rischio di umiliare o turbare
la mamma che sta partorendo e l'infermiera che sta lavorando.
6. Durante la tua permanenza alla domenica sarai libero e potrai
organizzare gite ai parchi nazionali; Murugi sarà la vostra guida
turistica.
7. Puoi uscire per passeggiate quando vuoi; è bello quando mi
informate se uscite, tanto per farmi sentire parte del gruppo. Non
tornate tardi...può essere pericoloso. Non invitate estranei alla casa
del Tamarindo senza informare Padre Emilio o almeno le cuoche della
casa, in caso lui non fosse reperibile.
8. Non dare soldi, vestiario o altri regali al personale , agli ospiti
o ai ricoverati prima di avermi consultato. Il rischio è che i soldi
vengano dati sempre e solo alle stesse persone. Se vuoi lasciare
offerte per l'ospedale, li puoi lasciare a me. Chi ha offerte per Rita
ovviamente gliele darà direttamente, senza neppure informarmi. Con
Rita abbiamo un accordo ed una armonia totali.
9. All'aeroporto a prenderti ci sarà Murugi, mio amico. Murugi parla
anche italiano. Suo numero +254708527585. Ha whatsap e potete
comunicare dall'Italia prima della partenza.
10. Il trasporto da aeroporto all'ospedale ti costerà 150 euro da
pagare a Murugi.
11. All'aeroporto cambia i soldi che ti servono.
12. Se hai domande e dubbi, chiama al telefono la dottoressa Lucia
Floris che è appena tornata da Matiri: suo numero è +393391545422
NB: L`acqua dei rubinetti della missione non e` potabile, per cui ti
chiediamo di servirti dei bottiglioni che trovi nel distributore
Ancora grazie d`essere qui a Matiri con noi; ti auguriamo una
fruttuosa esperienza umana, professionale e spirituale.
mercoledì 17 maggio 2023
I PACCHI DONO PER LE NUOVE MAMME
Ringraziamo nuovamente l'Associazione KARIBU AFRICA di Cagliari, che
per un altro anno sponsorizza i pacchi dono per le nuove mamme che
partoriscono all'ospedale di Matiri.
E' un bel segno che ancora potremo continuare ad offrire per un altro
anno: a tutte le donne che partoriscono da noi regaliamo un
asciugamano, un vestitino, un pareo con cui porteranno il bimbo sulla
schiena.
E' un dono sempre molto gradito
per un altro anno sponsorizza i pacchi dono per le nuove mamme che
partoriscono all'ospedale di Matiri.
E' un bel segno che ancora potremo continuare ad offrire per un altro
anno: a tutte le donne che partoriscono da noi regaliamo un
asciugamano, un vestitino, un pareo con cui porteranno il bimbo sulla
schiena.
E' un dono sempre molto gradito
martedì 16 maggio 2023
IL MALATO HA SEMPRE RAGIONE
E' stato un intervento impegnativo ed altrettanto formativo.
Ancora una volta ho imparato dai pazienti, che sono i nostri veri
maestri di vita.
Si trattava di una donna ricoverata la notte precedente.
Mi avevano chiamato perchè all'infermiere pareva un addome acuto.
L'avevo visitata mezzo addormentato, ma mi sembrava che non si
trattasse di una paziente chirurgica. Avevo quindi messo la terapia,
ritenendola un caso di gastrite o di ulcera peptica.
La mattina seguente la donna non era migliorata affatto; me l'hanno fatta
rivedere, ma ancora non mi pareva chirurgica. Ho confermato la terapia
instaurata e mi sono permesso di dire agli infermieri una frase di cui
ancora mi pento, perchè superficiale: "penso che ci sia una componente
di esagerazione nella sintomatologia lamentata dalla paziente".
Alle 17 gli infermieri mi hanno chiamato nuovamente nel reparto donne: erano
preoccupati e volevano che visitassi di nuovo la paziente che si
contorceva nel letto e, quando in piedi, doveva camminare gobba per
ridurre i dolori addominali lancinanti.
Ho ripetuto loro che gli esami non mi parevano suggestivi di
addome acuto e che l'ecografia non indicava una perforazione di
viscere addominale. Pure la palpazione della pancia non suggeriva un
chiaro peritonismo, anche se era un po' più rigida rispetto al mattino.
"Apriamola comunque, ed andiamo a vedere di cosa si tratta...tanto per
non avere rimorsi dopo", ho poi deciso.
Ed in effetti la situazione era davvero chirurgica, e meno male che
siamo intervenuti: c'era una appendicite retrocecale (probabilmente
cronica e ricorrente), accompagnata da estesissime aderenze, che
avevano causato due volvoli ileali. La donna era chiaramente occlusa,
e siamo arrivati appena in tempo per prevenire la necrosi intestinale.
Abbiamo eseguito l'appendicectomia; abbiamo liberato le aderenze ed
abbiamo derotato i due volvoli.
E' stato un intervento lungo, ma fortunatamente non è stato così
difficile con le aderenze e con i volvoli. L'appendice retrocecale ci
ha dato qualche preoccupazione, ma poi siamo riusciti a
toglierla...soprattutto non abbiamo causato alcuna perforazione
intestinale.
All'uscita della sala operatoria gli infermieri della notte mi hanno
semplicemente chiesto: "e allora?"
Ho loro spiegato la situazione della paziente nei dettagli e poi ho
semplicemente detto: "il malato ha sempre ragione, ed io sono stato
superficiale a non crederci".
Fr Beppe
Ancora una volta ho imparato dai pazienti, che sono i nostri veri
maestri di vita.
Si trattava di una donna ricoverata la notte precedente.
Mi avevano chiamato perchè all'infermiere pareva un addome acuto.
L'avevo visitata mezzo addormentato, ma mi sembrava che non si
trattasse di una paziente chirurgica. Avevo quindi messo la terapia,
ritenendola un caso di gastrite o di ulcera peptica.
La mattina seguente la donna non era migliorata affatto; me l'hanno fatta
rivedere, ma ancora non mi pareva chirurgica. Ho confermato la terapia
instaurata e mi sono permesso di dire agli infermieri una frase di cui
ancora mi pento, perchè superficiale: "penso che ci sia una componente
di esagerazione nella sintomatologia lamentata dalla paziente".
Alle 17 gli infermieri mi hanno chiamato nuovamente nel reparto donne: erano
preoccupati e volevano che visitassi di nuovo la paziente che si
contorceva nel letto e, quando in piedi, doveva camminare gobba per
ridurre i dolori addominali lancinanti.
Ho ripetuto loro che gli esami non mi parevano suggestivi di
addome acuto e che l'ecografia non indicava una perforazione di
viscere addominale. Pure la palpazione della pancia non suggeriva un
chiaro peritonismo, anche se era un po' più rigida rispetto al mattino.
"Apriamola comunque, ed andiamo a vedere di cosa si tratta...tanto per
non avere rimorsi dopo", ho poi deciso.
Ed in effetti la situazione era davvero chirurgica, e meno male che
siamo intervenuti: c'era una appendicite retrocecale (probabilmente
cronica e ricorrente), accompagnata da estesissime aderenze, che
avevano causato due volvoli ileali. La donna era chiaramente occlusa,
e siamo arrivati appena in tempo per prevenire la necrosi intestinale.
Abbiamo eseguito l'appendicectomia; abbiamo liberato le aderenze ed
abbiamo derotato i due volvoli.
E' stato un intervento lungo, ma fortunatamente non è stato così
difficile con le aderenze e con i volvoli. L'appendice retrocecale ci
ha dato qualche preoccupazione, ma poi siamo riusciti a
toglierla...soprattutto non abbiamo causato alcuna perforazione
intestinale.
All'uscita della sala operatoria gli infermieri della notte mi hanno
semplicemente chiesto: "e allora?"
Ho loro spiegato la situazione della paziente nei dettagli e poi ho
semplicemente detto: "il malato ha sempre ragione, ed io sono stato
superficiale a non crederci".
Fr Beppe
lunedì 15 maggio 2023
LA MORTE
Veder morire una persona per cui ti sei impegnato tantissimo e' sempre
una sconfitta gravissima per un medico. Se poi questo malato era
giovane e lascia dietro di se' una piccola creatura orfana ed un
consorte affranto, il senso di fallimento diventa doloroso e
frammischiato a innumerevoli sensi di colpa: "ho fatto veramente tutto
quello che potevo? Dove ho possibilmente sbagliato?"
A questo si aggiunge l'angoscia di dover affrontare i parenti: la
paura di non saper far fronte alle loro emozioni; il timore che, in un
momento di rabbia, ti accusino anche di cose che non hai fatto.
La profonda depressione che segue la morte di un malato affidato alle
tue cure non e' un segno di "delirio di onnipotenza": lo sappiamo
tutti che in medicina ci sono battaglie perse in partenza, ed altre
che hanno alte percentuali di sconfitta. Ci rendiamo conto che ogni
procedura da noi eseguita ha delle percentuali di mortalita' che sono
ormai conosciute in tutto il mondo e documentate in letteratura. Ma
quando quel "per cento" riguarda te e la persona per la cui
sopravvivenza stavi lottando, le cose cambiano. Il mondo sembra
crollarti addosso. A volte fa capolino la tentazione di bloccarsi:
"non faro' mai piu' quella cosa". Il tuo cuore lo sa che si tratta di
una reazione psicologica infondata e pericolosa... dentro di te senti
che sarebbe uno sbaglio buttare nel cestino la patente dopo un
incidente stradale... ma la tentazione e' forte.
Bisogna davvero metterci molta forza di volonta', per fare una analisi
oggettiva di tutto il piano terapeutico ed eventualmente correggere
delle possibili lacune nei protocolli dell'ospedale... ma soprattutto
occorre farsi forza e continuare a lavorare, perche' ritirarsi nelle
fobie, priverebbe molti altri malati di servizi necessari alla loro
sopravvivenza.
Quando poi tutto capita alle 3 di notte, e' chiaro che non ci sarà
verso di prendere sonno nuovamente, ed il letto diventera' come una
prigione.
Dite una preghierina per me e per tutti coloro che lottano
quotidianamente contro la morte, perche' e' veramente dura vedere la
luce della vita fuggire dagli occhi del tuo paziente, senza sapere
cos'altro fare per impedirgli di andarsene.
una sconfitta gravissima per un medico. Se poi questo malato era
giovane e lascia dietro di se' una piccola creatura orfana ed un
consorte affranto, il senso di fallimento diventa doloroso e
frammischiato a innumerevoli sensi di colpa: "ho fatto veramente tutto
quello che potevo? Dove ho possibilmente sbagliato?"
A questo si aggiunge l'angoscia di dover affrontare i parenti: la
paura di non saper far fronte alle loro emozioni; il timore che, in un
momento di rabbia, ti accusino anche di cose che non hai fatto.
La profonda depressione che segue la morte di un malato affidato alle
tue cure non e' un segno di "delirio di onnipotenza": lo sappiamo
tutti che in medicina ci sono battaglie perse in partenza, ed altre
che hanno alte percentuali di sconfitta. Ci rendiamo conto che ogni
procedura da noi eseguita ha delle percentuali di mortalita' che sono
ormai conosciute in tutto il mondo e documentate in letteratura. Ma
quando quel "per cento" riguarda te e la persona per la cui
sopravvivenza stavi lottando, le cose cambiano. Il mondo sembra
crollarti addosso. A volte fa capolino la tentazione di bloccarsi:
"non faro' mai piu' quella cosa". Il tuo cuore lo sa che si tratta di
una reazione psicologica infondata e pericolosa... dentro di te senti
che sarebbe uno sbaglio buttare nel cestino la patente dopo un
incidente stradale... ma la tentazione e' forte.
Bisogna davvero metterci molta forza di volonta', per fare una analisi
oggettiva di tutto il piano terapeutico ed eventualmente correggere
delle possibili lacune nei protocolli dell'ospedale... ma soprattutto
occorre farsi forza e continuare a lavorare, perche' ritirarsi nelle
fobie, priverebbe molti altri malati di servizi necessari alla loro
sopravvivenza.
Quando poi tutto capita alle 3 di notte, e' chiaro che non ci sarà
verso di prendere sonno nuovamente, ed il letto diventera' come una
prigione.
Dite una preghierina per me e per tutti coloro che lottano
quotidianamente contro la morte, perche' e' veramente dura vedere la
luce della vita fuggire dagli occhi del tuo paziente, senza sapere
cos'altro fare per impedirgli di andarsene.
sabato 13 maggio 2023
UNA NUOVA VITA
Sto visitando un paziente in ambulatorio, quando vengo chiamato
urgentemente in sala parto. Il bimbo dell'ultimo cesareo e' veramente
in pessime condizioni. Non respira, e' cianotico e l'attivita'
cardiaca e' lentissima.
Dalle narici aspiriamo un liquido verde e densissimo: "ha inspirato
molto meconio… Prendi subito l'adrenalina, e iniziamo la rianimazione
cardiorepiratoria".
La medicina viene iniettata lentamente attraverso il cordone
ombelicale. Lucy afferra il piccolo torace tra le dita e ritmicamente
usa i pollici per il massaggio cardiaco. Io infondo aria e ossigeno
con l'ambu.
Sono minuti eterni, in cui il nostro sudore scorre abbondante anche a
causa del calore della culla termica. Il colore viola delle sue labbra
pian piano cambia al roseo, grazie al ritmico pompare e all'ossigeno
che entra abbondante attraverso la minuscola sonda di Mayo.
Il battito cardiaco, dapprima non superiore ai 30 al minuto,
gradualmente risale fino a valori normali per un neonato.
Compaiono i primi sforzi respiratori: per vari minuti sono solo
gasping, ma poi lentamente il bimbo assume una respirazione regolare,
dapprima molto superficiale ed in seguito sempre piu' valida.
A questo punto prendo il pupo per i piedi e lo sculaccio decisamente…
finalmente reagisce con vigore ed emette un forte pianto. Ce l'abbiamo
fatta; lo abbiamo ripreso per la punta dei capelli.
Oggi ha vinto la vita. Questo bambinone di 4400 grammi proprio non ne
ha voluto sapere di andarsene ancor prima di aver visto il suo primo
giorno di vita.
Ora posso tornare dal mio paziente che e' rimasto a lungo ad
attendermi sulla barella dell'ambulatorio.
Fr Beppe
urgentemente in sala parto. Il bimbo dell'ultimo cesareo e' veramente
in pessime condizioni. Non respira, e' cianotico e l'attivita'
cardiaca e' lentissima.
Dalle narici aspiriamo un liquido verde e densissimo: "ha inspirato
molto meconio… Prendi subito l'adrenalina, e iniziamo la rianimazione
cardiorepiratoria".
La medicina viene iniettata lentamente attraverso il cordone
ombelicale. Lucy afferra il piccolo torace tra le dita e ritmicamente
usa i pollici per il massaggio cardiaco. Io infondo aria e ossigeno
con l'ambu.
Sono minuti eterni, in cui il nostro sudore scorre abbondante anche a
causa del calore della culla termica. Il colore viola delle sue labbra
pian piano cambia al roseo, grazie al ritmico pompare e all'ossigeno
che entra abbondante attraverso la minuscola sonda di Mayo.
Il battito cardiaco, dapprima non superiore ai 30 al minuto,
gradualmente risale fino a valori normali per un neonato.
Compaiono i primi sforzi respiratori: per vari minuti sono solo
gasping, ma poi lentamente il bimbo assume una respirazione regolare,
dapprima molto superficiale ed in seguito sempre piu' valida.
A questo punto prendo il pupo per i piedi e lo sculaccio decisamente…
finalmente reagisce con vigore ed emette un forte pianto. Ce l'abbiamo
fatta; lo abbiamo ripreso per la punta dei capelli.
Oggi ha vinto la vita. Questo bambinone di 4400 grammi proprio non ne
ha voluto sapere di andarsene ancor prima di aver visto il suo primo
giorno di vita.
Ora posso tornare dal mio paziente che e' rimasto a lungo ad
attendermi sulla barella dell'ambulatorio.
Fr Beppe
mercoledì 10 maggio 2023
Chirurgia ortopedica pelvica
Oggi nuovo passo avanti nella chirurgia pelvica.
Abbiamo infatti operato questa brutta frattura dell'acetabolo.
La chirurgia pelvica è difficile e di cuore ringrazio il Dr. Kinyua che oggi ci ha permesso questo secondo intervento, per fortuna andato per il meglio.
Grazie anche a chi ci dona le placche che usiamo per questi delicati interventi.
Fr. Beppe Gaido
martedì 9 maggio 2023
UNA SORPRESA ALLA LAPARATOMIA
Ann era stata inviata al nostro ospedale con diagnosi di gravidanza
ectopica cronica.
L'ipotesi ci pareva alquanto dubbia, in quanto la paziente non aveva perdite.
Il test di gravidanza, ripetuto anche nel nostro laboratorio, era
pero' positivo, mentr e l'ecografia dimostrava una massa complessa che
coinvolgeva soprattutto l'annesso di sinistra, anche se a destra
pareva di vedere due formazioni cistiche.
La gravidanza extrauterina cronica talvolta viene avvolta dall'omento,
che crea una specie di grembiule-tampone per prevenire l'emorragia, e
da' immagini ecografiche simili a quelle che abbiamo visto.
Abbiamo quindi deciso di intervenire e di non lasciar passare la
notte, in quanto una ectopica cronica puo' complicare in ogni momento
con una emorragia interna massiva e spesso mortale.
Alla laparatomia abbiamo pero' avuto una grande sorpresa: prima di
tutto non c'era sangue libero in peritoneo; poi abbiamo potuto
appurare che in realta il quadro era totalmente diverso… a destra
c'erano due grosse cisti ovariche, mentre a sinistra l'ovaio era quasi
completamente occupato da una massa solida, che comunque non pareva
affatto un sacco gestazionale.
Abbiamo cominciato a lavorare a destra ed abbiamo marsupializzato le
cisti, salvando quindi l'ovaio della paziente venticinquenne e
primipara; anche la tuba di destra era perfettamente in ordine.
Giunti poi a sinistra, abbiamo snocciolato la cisti, tentando di
lasciare in situ quanto piu' ovaio fosse possibile: anche a sinistra
la tuba di Falloppio era completamente normale. La consistenza liscia
di quanto abbiamo rimosso dall'ovaio di sinistra ci faceva ben sperare
circa la benignita' della lesione, e quindi abbiamo optato per
sezionare il pezzo operatorio, prima di decidere circa l'istologico.
Dalla formazione e' uscito materiale sebaceo, con capelli e denti inclusi.
La diagnosi era quindi fatta: si trattava di un amartoma, formazione
disontogenetica, assolutamente benigna. La malata poteva quindi
evitare di spendere i soldi per la biopsia.
Abbiamo richiuso in fretta e senza problemi, e l'operata ha recuperato
bene senza alcun problema nel post-operatorio.
Crediamo sinceramente che potra' avere altri bambini, nonostante l'intervento.
Rimane il fatto che il test di gravidanza era positivo; ma questo non
mi stupisce piu' di tanto: infatti i kit che troviamo in questa parte
del mondo hanno una percentuale talmente elevata di falsi positivi e
di falsi negativi che risultano in effetti quasi del tutto inutili.
Fr Beppe Gaido
ectopica cronica.
L'ipotesi ci pareva alquanto dubbia, in quanto la paziente non aveva perdite.
Il test di gravidanza, ripetuto anche nel nostro laboratorio, era
pero' positivo, mentr e l'ecografia dimostrava una massa complessa che
coinvolgeva soprattutto l'annesso di sinistra, anche se a destra
pareva di vedere due formazioni cistiche.
La gravidanza extrauterina cronica talvolta viene avvolta dall'omento,
che crea una specie di grembiule-tampone per prevenire l'emorragia, e
da' immagini ecografiche simili a quelle che abbiamo visto.
Abbiamo quindi deciso di intervenire e di non lasciar passare la
notte, in quanto una ectopica cronica puo' complicare in ogni momento
con una emorragia interna massiva e spesso mortale.
Alla laparatomia abbiamo pero' avuto una grande sorpresa: prima di
tutto non c'era sangue libero in peritoneo; poi abbiamo potuto
appurare che in realta il quadro era totalmente diverso… a destra
c'erano due grosse cisti ovariche, mentre a sinistra l'ovaio era quasi
completamente occupato da una massa solida, che comunque non pareva
affatto un sacco gestazionale.
Abbiamo cominciato a lavorare a destra ed abbiamo marsupializzato le
cisti, salvando quindi l'ovaio della paziente venticinquenne e
primipara; anche la tuba di destra era perfettamente in ordine.
Giunti poi a sinistra, abbiamo snocciolato la cisti, tentando di
lasciare in situ quanto piu' ovaio fosse possibile: anche a sinistra
la tuba di Falloppio era completamente normale. La consistenza liscia
di quanto abbiamo rimosso dall'ovaio di sinistra ci faceva ben sperare
circa la benignita' della lesione, e quindi abbiamo optato per
sezionare il pezzo operatorio, prima di decidere circa l'istologico.
Dalla formazione e' uscito materiale sebaceo, con capelli e denti inclusi.
La diagnosi era quindi fatta: si trattava di un amartoma, formazione
disontogenetica, assolutamente benigna. La malata poteva quindi
evitare di spendere i soldi per la biopsia.
Abbiamo richiuso in fretta e senza problemi, e l'operata ha recuperato
bene senza alcun problema nel post-operatorio.
Crediamo sinceramente che potra' avere altri bambini, nonostante l'intervento.
Rimane il fatto che il test di gravidanza era positivo; ma questo non
mi stupisce piu' di tanto: infatti i kit che troviamo in questa parte
del mondo hanno una percentuale talmente elevata di falsi positivi e
di falsi negativi che risultano in effetti quasi del tutto inutili.
Fr Beppe Gaido
lunedì 8 maggio 2023
GRAVIDANZA EXTRA UTERINA
E' una delle emergenze chirurgiche piu' frequenti.
Quasi sempre si tratta di una gravidanza tubarica, e nel 100% dei casi
le pazienti vengono all'ospedale quando gia' la gravidanza extra e'
"rotta", cioe' quando l'impianto del trofoblasto e la crescita del
sacco aminiotico ha fatto "scoppiare" la tuba.
Tale dato ci indica che si tratta quasi immancabilmente di
un'emergenza, e che spesso bisogna agire in fretta, su pazienti
collassate e gravemente anemiche.
Non sono pero' infrequenti i casi di cosiddeta "ectopica cronica" in
cui il sanguinamento e' minimo perche' il grembiule omentale e'
riuscito a circoscrivere l'area ed a trasformarla in un grosso
ematoma.
Naturalmente l'ectopica cronica e' una emergenza piu' dilazionabile, e
le condizioni generali della malata sono piu' stabili, ma, a causa del
ritardo con cui vengono all'ospedale le nostre clienti, l'operazione
puo' essere piu' difficile, a motivo del fatto che si sono formate
aderenze con gli organi circostani, soprattutto con le anse
intestinali.
Trattandosi di gravidanze ectopiche "rotte", quasi mai riusciamo ad
essere conservativi, e sfortunatamente quasi sempre dobbiamo procedere
alla salpigectomia, in quanto la tuba e' gravemente compromessa dalla
rottura.
Fortunatamente la gravidanza extra e' quasi sempre monolaterale, e
possiamo quindi dare speranza di ulteriori concepimenti alle nostre
malate, affidandosi alla tuba controlaterale. In un solo caso di
ectopica rotta- un caso veramente sfortunatissimo- ho fatto la
salpingectomia destra alla cliente, la quale pero' l'anno seguente e'
stata ricoverata con ectopica rotta a sinistra. Non ho avuto
alternative ed ho dovuto fare la salpingectomia anche dall'altra
parte.
In rari casi pero' avviene che l'emoperitoneo (emorragia interna nella
pancia) si realizza quando il sacco amniotico, impiantato
all'estremita' fimbriale della tuba, viene parzialmente espulso verso
il peritoneo: in queste situazioni sovente possiamo salvare la tuba,
"mungendo" il prodotto del concepimento in cavita' addominale e
controllando poi l'emorragia tubarica con elettrobisturi e piccoli
punti di sutura.
Un caso chirurgicamente molto difficoltoso e' quello della gravidaza
extrauterina cornuale rotta: in queste operazioni, dopo la
salpingectomia, e' particolarmente difficile fermare l'emorragia, che
in parte viene dal miometrio.
Nella mia storia chirurgia abbiamo avuto 3 soli casi di gravidanza
extrauterina addominale, in cui il feto ha potuto svilupparsi fino ad
una eta' gestazionale di 6 mesi prima di morire. L'operazione in tutti
i casi da noi registrati e' stata molto difficile a motivo di tenaci
aderenza della placenta all'omento ed all'intestino.
Un chirurgo focolarino di Fontem in Cameroun mi disse un giorno
nell'ormai lontano 2003, che l'ectopica e' un intervento piu' facile
del cesareo.
Vebt'anni piu' tardi posso dire che sono d'accordo con lui solo se sei
particolarmente fortunato e non incontri aderenze od altre
complicazioni: in certi casi infatti l'operazione puo' essere molto
complessa, o per le condizioni generali dell'operanda o per la grave
situazione interna che puoi trovare.
Come sempre, mi viene da dire che l'operazione per la gravidanza extra
e' semplice quando tutto va bene... ma solo Dio sa se tutto andra' per
il meglio oppure no.
Per cui, come anche per il cesareo, non bisogna mai prendere
quest'intervento sotto gamba, perche' le complicazioni sono sempre in
agguato, soprattutto quando ti senti troppo sicuro di te stesso e
consideri l'operazione come una routine.
Fr Beppe Gaido
Quasi sempre si tratta di una gravidanza tubarica, e nel 100% dei casi
le pazienti vengono all'ospedale quando gia' la gravidanza extra e'
"rotta", cioe' quando l'impianto del trofoblasto e la crescita del
sacco aminiotico ha fatto "scoppiare" la tuba.
Tale dato ci indica che si tratta quasi immancabilmente di
un'emergenza, e che spesso bisogna agire in fretta, su pazienti
collassate e gravemente anemiche.
Non sono pero' infrequenti i casi di cosiddeta "ectopica cronica" in
cui il sanguinamento e' minimo perche' il grembiule omentale e'
riuscito a circoscrivere l'area ed a trasformarla in un grosso
ematoma.
Naturalmente l'ectopica cronica e' una emergenza piu' dilazionabile, e
le condizioni generali della malata sono piu' stabili, ma, a causa del
ritardo con cui vengono all'ospedale le nostre clienti, l'operazione
puo' essere piu' difficile, a motivo del fatto che si sono formate
aderenze con gli organi circostani, soprattutto con le anse
intestinali.
Trattandosi di gravidanze ectopiche "rotte", quasi mai riusciamo ad
essere conservativi, e sfortunatamente quasi sempre dobbiamo procedere
alla salpigectomia, in quanto la tuba e' gravemente compromessa dalla
rottura.
Fortunatamente la gravidanza extra e' quasi sempre monolaterale, e
possiamo quindi dare speranza di ulteriori concepimenti alle nostre
malate, affidandosi alla tuba controlaterale. In un solo caso di
ectopica rotta- un caso veramente sfortunatissimo- ho fatto la
salpingectomia destra alla cliente, la quale pero' l'anno seguente e'
stata ricoverata con ectopica rotta a sinistra. Non ho avuto
alternative ed ho dovuto fare la salpingectomia anche dall'altra
parte.
In rari casi pero' avviene che l'emoperitoneo (emorragia interna nella
pancia) si realizza quando il sacco amniotico, impiantato
all'estremita' fimbriale della tuba, viene parzialmente espulso verso
il peritoneo: in queste situazioni sovente possiamo salvare la tuba,
"mungendo" il prodotto del concepimento in cavita' addominale e
controllando poi l'emorragia tubarica con elettrobisturi e piccoli
punti di sutura.
Un caso chirurgicamente molto difficoltoso e' quello della gravidaza
extrauterina cornuale rotta: in queste operazioni, dopo la
salpingectomia, e' particolarmente difficile fermare l'emorragia, che
in parte viene dal miometrio.
Nella mia storia chirurgia abbiamo avuto 3 soli casi di gravidanza
extrauterina addominale, in cui il feto ha potuto svilupparsi fino ad
una eta' gestazionale di 6 mesi prima di morire. L'operazione in tutti
i casi da noi registrati e' stata molto difficile a motivo di tenaci
aderenza della placenta all'omento ed all'intestino.
Un chirurgo focolarino di Fontem in Cameroun mi disse un giorno
nell'ormai lontano 2003, che l'ectopica e' un intervento piu' facile
del cesareo.
Vebt'anni piu' tardi posso dire che sono d'accordo con lui solo se sei
particolarmente fortunato e non incontri aderenze od altre
complicazioni: in certi casi infatti l'operazione puo' essere molto
complessa, o per le condizioni generali dell'operanda o per la grave
situazione interna che puoi trovare.
Come sempre, mi viene da dire che l'operazione per la gravidanza extra
e' semplice quando tutto va bene... ma solo Dio sa se tutto andra' per
il meglio oppure no.
Per cui, come anche per il cesareo, non bisogna mai prendere
quest'intervento sotto gamba, perche' le complicazioni sono sempre in
agguato, soprattutto quando ti senti troppo sicuro di te stesso e
consideri l'operazione come una routine.
Fr Beppe Gaido
sabato 6 maggio 2023
I CRONICI ED I TERMINALI
Sono sempre un problema in tutti gli ospedali, perche' sono in reparto
per tantissimo tempo, non migliorano e non si rassegano a tale
situazione; richiedono attenzioni che ti sembra di non poter
completamente esaudire, sia perche' diventano via via piu' esigenti
conoscendo l'ambiente sempre meglio, sia perche' tu stesso
psicologicamente ti senti via via piu' svogliato e trovi la scusa che
gli acuti ed i nuovi arrivi hanno piu' bisogno di loro.
Un cronico, come per esempio un paralizzato con ulcere da decubito,
rischia di essere via via meno guardato e piu' trascurato.
La situazione e' ancor piu' delicata con il malato terminale: molti di
loro si difendono con una feroce negazione freudiana, per cui non
riescono ad accettare il fatto che stanno morendo e che non c'e'
niente da fare al riguardo. Vogliono sempre nuove medicine, e si
lamentano se quelle che hai loro dato non li hanno fatti star meglio.
A nulla vale ripetere loro la verita', perche' essi continueranno a
costruire barriere di negazione sempre piu' elevate.
Inconsciamente pian piano ti trovi ad evitarli; non li vuoi piu'
visitare perche' non sai cosa dire e tantomeno cosa fare per loro. Non
lo vuoi ammettere neppure a te stesso, ma pian piano emargini proprio
quelli che sono i piu' poveri ed abbandonati.
Gia'... l'abbandono!
E' questa un'altra terribile dimensione che accompagna la sorte dei
cronici, degli inguaribili e dei terminali.
Appena riveli ai parenti una diagnosi infausta, senza possibilita' di
cura o di miglioramento, sovente essi spariscono.
Ecco quindi che questi poveracci sono disperati a causa di una
malattia mortale o inguaribile; inconsiamente sono un po' lasciati da
parte da noi membri dello staff, e piu' tragicamente ancora, sono
buttati nella pattumiera proprio dai loro cari.
Ecco quindi la triste realta'.
I terminali normalmente muoiono soli, senza famiglia e senza il
conforto dell'affetto dei propri cari.
Con umilta' devo ammettere anche che piu' lungo e' il ricovero
(qualcuno sta in ospedale per mesi prima che la morte se lo venga a
prendere) e' piu' forte e' la nostra tentazione a tralasciarlo un po',
ed a diminuire le attenzioni verso di lui.
Umanamente e' comprensibile perche' questi sono proprio i malati che
ti mandano in "burn out", ma spiritualmente e' inaccettabile perche'
essi sono i piu' gravi ed i piu' abbandonati... quindi sono i piu'
poveri.
Gli inguaribili sono i piu' poveri tra i poveri: poveri di salute,
poveri di affetto, spesso poveri di soldi, certamente poveri perche'
derelitti e lasciati soli nel tempo piu' tremendo della loro vita.
Dobbiamo quindi rinnovarci, riprendere coraggio e stare loro vicini.
Dobbiamo parlare con loro, ascoltare le loro lamentazioni, tentare
anche qualche placebo, prendersi cura delle loro piaghe e della loro
igiene.
Ammetto che personalmente faccio molta fatica con la medicina
palliativa: trovo piu' facile avere in mano un bisturi, che stare ad
ascoltare un morente per cui non so cosa fare; ma so che mi devo
impegnare di piu' in tale aspetto.
Fr Beppe Gaido
per tantissimo tempo, non migliorano e non si rassegano a tale
situazione; richiedono attenzioni che ti sembra di non poter
completamente esaudire, sia perche' diventano via via piu' esigenti
conoscendo l'ambiente sempre meglio, sia perche' tu stesso
psicologicamente ti senti via via piu' svogliato e trovi la scusa che
gli acuti ed i nuovi arrivi hanno piu' bisogno di loro.
Un cronico, come per esempio un paralizzato con ulcere da decubito,
rischia di essere via via meno guardato e piu' trascurato.
La situazione e' ancor piu' delicata con il malato terminale: molti di
loro si difendono con una feroce negazione freudiana, per cui non
riescono ad accettare il fatto che stanno morendo e che non c'e'
niente da fare al riguardo. Vogliono sempre nuove medicine, e si
lamentano se quelle che hai loro dato non li hanno fatti star meglio.
A nulla vale ripetere loro la verita', perche' essi continueranno a
costruire barriere di negazione sempre piu' elevate.
Inconsciamente pian piano ti trovi ad evitarli; non li vuoi piu'
visitare perche' non sai cosa dire e tantomeno cosa fare per loro. Non
lo vuoi ammettere neppure a te stesso, ma pian piano emargini proprio
quelli che sono i piu' poveri ed abbandonati.
Gia'... l'abbandono!
E' questa un'altra terribile dimensione che accompagna la sorte dei
cronici, degli inguaribili e dei terminali.
Appena riveli ai parenti una diagnosi infausta, senza possibilita' di
cura o di miglioramento, sovente essi spariscono.
Ecco quindi che questi poveracci sono disperati a causa di una
malattia mortale o inguaribile; inconsiamente sono un po' lasciati da
parte da noi membri dello staff, e piu' tragicamente ancora, sono
buttati nella pattumiera proprio dai loro cari.
Ecco quindi la triste realta'.
I terminali normalmente muoiono soli, senza famiglia e senza il
conforto dell'affetto dei propri cari.
Con umilta' devo ammettere anche che piu' lungo e' il ricovero
(qualcuno sta in ospedale per mesi prima che la morte se lo venga a
prendere) e' piu' forte e' la nostra tentazione a tralasciarlo un po',
ed a diminuire le attenzioni verso di lui.
Umanamente e' comprensibile perche' questi sono proprio i malati che
ti mandano in "burn out", ma spiritualmente e' inaccettabile perche'
essi sono i piu' gravi ed i piu' abbandonati... quindi sono i piu'
poveri.
Gli inguaribili sono i piu' poveri tra i poveri: poveri di salute,
poveri di affetto, spesso poveri di soldi, certamente poveri perche'
derelitti e lasciati soli nel tempo piu' tremendo della loro vita.
Dobbiamo quindi rinnovarci, riprendere coraggio e stare loro vicini.
Dobbiamo parlare con loro, ascoltare le loro lamentazioni, tentare
anche qualche placebo, prendersi cura delle loro piaghe e della loro
igiene.
Ammetto che personalmente faccio molta fatica con la medicina
palliativa: trovo piu' facile avere in mano un bisturi, che stare ad
ascoltare un morente per cui non so cosa fare; ma so che mi devo
impegnare di piu' in tale aspetto.
Fr Beppe Gaido
venerdì 5 maggio 2023
OGGI NIENTE OSSA
Stranamente oggi sono stato impegnatissimo ed ho lavorato molto, ma
non ho fatto neppure una frattura.
E' stata ona giornata ostetrico ginecologica, con interventi di vario
tipo...tutti andati bene.
Ho avuto anche parecchie endoscopie digestive, ed un bel numero di
pazienti ambulatoriali.
So che si tratta solo di una breve pausa in quanto domani il Dr
Winters ha sei fratture che lo attendono, ma onestamente oggi mi è
piaciuto molto fare altre cose, oltre l'ortopedia.
Fr Beppe
non ho fatto neppure una frattura.
E' stata ona giornata ostetrico ginecologica, con interventi di vario
tipo...tutti andati bene.
Ho avuto anche parecchie endoscopie digestive, ed un bel numero di
pazienti ambulatoriali.
So che si tratta solo di una breve pausa in quanto domani il Dr
Winters ha sei fratture che lo attendono, ma onestamente oggi mi è
piaciuto molto fare altre cose, oltre l'ortopedia.
Fr Beppe
giovedì 4 maggio 2023
IL PERMESSO DI SOGGIORNO
Per qualche problema burocratico, sono stato senza permesso di soggiorno per quasi un anno e mezzo.
Non so quale fosse il problema nei documenti, ma oggi sono felicissimo perchè il permesso di soggiorno è stato rinnovato e sono di nuovo "regolare".
La situazione che si era venuta a creare è stata a volte decisamente dura e mi ha portato a molta instabilità emotiva: non sono riuscito a partecipare alla Conferenza Sign negli Stati Uniti per esempio. Inoltre sempre temevo che potesse succedere qualcosa ai miei cari in Italia ed io non potessi viaggiare.
Ma soprattutto questo anno senza documenti mi ha fatto sentire vicino a tutti i migranti irregolari. Capisco meglio ora la loro situazione, il non sentirsi al sicuro, la paura di essere mandati via dalla Nazione che ti ospita, il timore che qualcuno in autorità ti chieda di mostrare i documenti.
I documenti sono importanti!
Ti danno un'identità ed un buon livello di autostima e sicurezza interiore.
Senza documenti ti senti svuotato, indifeso, insicuro.
Capisco meglio ora la richiesta costante degli immigrati in Italia: "Ho bisogno delle carte!".
Senza carte non sei niente, sei come sospeso, non puoi programmare nè il presente nè il futuro.
Mi sento a loro molto vicino, anche se oggi tiro un sospiro di sollievo e mi sento meglio.
I documenti li avevo sempre dati per scontato in passato. Ora non più: ho imparato che l'inverosimile può sempre succedere.
Nel mio cuore oggi sento tanta riconoscenza al Signore che mi ha nuovamente aiutato ed ha risolto questo problema che a volte mi era sembrato insormontabile.
Ringrazio tutte le persone della diocesi che mi hanno aiutato a trovare i documenti.
Ed insieme prego per tutti i migranti che ancora sperano, pregano e lottano per il loro permesso di soggiorno.
Fr. Beppe Gaido
lunedì 1 maggio 2023
OGGI FESTA DEL LAVORO
Quando e' festa, per noi e' sempre peggio degli altri giorni. Bisogna
dare i dovuti riposi ai nostri collaboratori, e alla fin fine il
lavoro e' molto piu' pesante che in un giorno feriale qualsiasi.
E' successo anche oggi.
Mi occupo della coda dei pazienti ambulatoriali che oggi prevedo quasi infinita.
Pazienza: ci vuole solo calma e sangue freddo. Uno dopo l'altro
finiremo anche tutti questi malati che hanno deciso di venire in
giorno festivo, con la "chimera" che durante le "public holidays" ci
sia meno gente.
Mentre faccio del mio meglio per assistere per primi i pazienti
provenienti dal Nord, a motivo del fatto che vengono da molto lontano,
il ritmo delle visite viene interrotto da due tagli cesarei
d'emergenza.
Anche oggi non è mancato lo psichiatrico che mi ha preso per un
braccio ed è riuscito a lasciarmi i segni delle unghie prima che il
watchman entrasse di corsa a darmi una mano.
Adesso comunque ho finito l'ultimo paziente. Osservo l'ambulatorio,
ora così silenzioso e vuoto; oggi ho operato anche tre fratture. Non
ho amici che mi aiutano e quindi, zoppicando, le ho operate da solo..
Oggi poi è San Giuseppe, ed è la festa dei lavoratori. Penso quindi
che io abbia vissuto la giornata odierna nel modo migliore, in unità
con tanta gente sfruttata e stremata da condizioni di lavoro che in
molte parti del mondo non sono certo così rosee come in Europa.
Pregherò per tutti coloro che hanno la schiena spezzata e che per
tanti sforzi magari ricevono uno stipendio da fame. Sono felice
davanti a Dio di essere uno di loro.
Fr Beppe Gaido
dare i dovuti riposi ai nostri collaboratori, e alla fin fine il
lavoro e' molto piu' pesante che in un giorno feriale qualsiasi.
E' successo anche oggi.
Mi occupo della coda dei pazienti ambulatoriali che oggi prevedo quasi infinita.
Pazienza: ci vuole solo calma e sangue freddo. Uno dopo l'altro
finiremo anche tutti questi malati che hanno deciso di venire in
giorno festivo, con la "chimera" che durante le "public holidays" ci
sia meno gente.
Mentre faccio del mio meglio per assistere per primi i pazienti
provenienti dal Nord, a motivo del fatto che vengono da molto lontano,
il ritmo delle visite viene interrotto da due tagli cesarei
d'emergenza.
Anche oggi non è mancato lo psichiatrico che mi ha preso per un
braccio ed è riuscito a lasciarmi i segni delle unghie prima che il
watchman entrasse di corsa a darmi una mano.
Adesso comunque ho finito l'ultimo paziente. Osservo l'ambulatorio,
ora così silenzioso e vuoto; oggi ho operato anche tre fratture. Non
ho amici che mi aiutano e quindi, zoppicando, le ho operate da solo..
Oggi poi è San Giuseppe, ed è la festa dei lavoratori. Penso quindi
che io abbia vissuto la giornata odierna nel modo migliore, in unità
con tanta gente sfruttata e stremata da condizioni di lavoro che in
molte parti del mondo non sono certo così rosee come in Europa.
Pregherò per tutti coloro che hanno la schiena spezzata e che per
tanti sforzi magari ricevono uno stipendio da fame. Sono felice
davanti a Dio di essere uno di loro.
Fr Beppe Gaido
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