venerdì 31 marzo 2023

Dreams of a Sign Surgeon

I have always believed that being a doctor and a surgeon is a call, a vocation.
I think that a doctor is called to promote, defend and improve the life of his patients.
As a Sign surgeon I do that every day trying to restore the life of people who have seen everything turned upside down, due to an accident and a fracture. I am well aware that I repair bones but I mend lives in the same time.
It is my joy and my fulfillment when I see a person coming to theater in great pain and unable to move, and then I meet him the following day walking in the ward with crutches and above all with very little pain. It is rewarding to follow up patients and to realize that slowly they go back to normal life, they use the limbs like before the accident and that nobody would even realize that they had a fracture.
Orthopedic surgery is very expensive, and in Developing Countries that has created a gap between the rich, who can afford buying implants, and the poor, who will probably heal with disabilities because unable to afford surgery.
In the past, I have seen so many cripple people, surviving as beggars in front of churches, simply because their fracture was never treated.
Through Sign, that doesn’t happen anymore, at least within the catchment area of our hospital.
Sign has actually allowed me to fulfill another aspect of my call: in fact I believe a doctor must not be discriminative and, above all, he must never refuse treatment because of finances. Doctors are called to treat everybody, but with special attention and preferential choice for the poor.
Sign implants are free and I can therefore operate everybody, without ask ing them to pay anything for the implant. Thanks to Sign we are now slowly creating equality between the rich and poor: no more patients on traction for months because they cannot buy an implant, no more deformities and disabilities because operation was never done.
Only God knows how many poor people are now walking freely because of the free implants from Sign!
The Sign Family is also for me a place of professional growth.
A good doctor and surgeon never stops learning, studying and updating because he is aware of the fact that it is much more what he doesn’t know, compared to what he is confident about. The Sign family is for me a big occasion of continuous formation, through the webinars, the conferences and even the daily feedbacks on our surgeries we receivefrom Dr Zirkle and other experts. Actually I keep growing professionally every day and my skills are improving with the help of so many other surgeons.
In the Sign Family we share the same vision and we all believe that doctors are servants of humanity. On a personal note, I think that my life must be completely donated, 24 hours a day and that self
sacrifice and total dedication are an integral part of my ideal of doctor and surgeon.
Thanks a lot Sign Family for being a pillar in my continuous effort of unconditional love and service to the poor and the sick.

Dr Giuseppe Gaido

PS: THIS SMALL ARTICLE APPEARED ON THE SIGNFRACURE NEWSLETTER OF YESTERDAY, APRIL 30TH, INTERNATIONAL DOCTORS’ DAY


Le gioie della maternità

La donna urla di dolore; c'è tanto meconio come spesso capita nelle presentazioni podaliche. Per fortuna però il battito cardiaco fetale è buono.
Visito la paziente, ma sento che il podice del bimbo è ancora alto. La cosa mi scoraggia e quasi penso che comunque si debba andare in sala per il cesareo.
Poi però la mamma ha una forte spinta e il sederino del bimbo scende quasi al piano perineale.
A questo punto parto con le manovre del parto podalico: era un po' che non lo facevo, ma certe cose non si dimenticano, è come andare in bicicletta; dopo un attimo, riprendi tutta la tua competenza e sicurezza.
Afferro l'inguine del nascituro, e questo mi permette di far uscire prima il podice e poi le gambine.
Poi continuo a trazionare mentre la mamma spinge: libero prima la spalla superiore e poi quella inferiore.
A questo punto bisogna girare il bambino, metterlo a schiena in su e con la faccia rivolta verso l'osso sacro della mamma.
Poi l'ultima manovra congiunta: la mano sinistra che tiene i piedini in alto, l'indice dalla mano destra nella bocca del bambino, per aiutarlo dolcemente, con un movimento rotatorio a venire alla luce.
Tutto questo avviene in pochissimi secondi.
Dapprima il bimbo è cianotico, ma noi lo stimoliamo, aspiriamo le secrezioni, lo sculacciamo...ed in pochi secondi lui si mette a piangere in modo vigoroso.
La mamma è esausta e non sa neppure sorridere, ma so che è molto contenta.
In meno di 45 minuti posso tornare in camera.
Sono davvero contento di questo parto!
E’ sempre dura essere chiamato di notte per un cesareo.
Però, il momento in cui si tira fuori dal ventre materno una creatura vivace e scalpitante, che urla a squarciagola e ti fa la pipì addosso
mentre la passi all’assistente di sala, è davvero esaltante e commovente. Ti senti un po’ partecipe della gioia di quella donna; ti pare di aver fatto veramente qualcosa per lei e per il figlioletto... onestamente, un po' ti senti anche papà!

Fr. Beppe Gaido


mercoledì 29 marzo 2023

L'albero del Mango ed il fondo cassa dei poveri

Seppure a fine stagione, il mango ha colpito ancora.
La lastra è infatti di un bambino di 10 anni che, ancora una volta, si è avventurato alla ricerca del dolcissimo frutto fino ai rami più lontani.
I rami si sono rotti e lui è precipitato al suolo a testa in giù.
Ci sono ben 5 fratture su tutti e due gli arti superiori.
A rendere la situazione più drammatica si è aggiunto il fatto che la sua famiglia è davvero nella miseria: padre alcolista e madre che fa del suo meglio per i figli ma che è venuta in ospedale senza un quattrino e soprattutto senza speranza di trovarne, al fine di pagare l'intervento chirurgico.
Casi come questo mi hanno portato da tempo alla creazione del fondo cassa per i poveri. Nel fondo cassa vanno le offerte libere che ricevo "brevi manu" dai volontari.
L'ho usato molte volte per chi non può pagare, ed anche oggi l'ho fatto di nuovo.
Ho pagato l'intervento e pagherò tutte le spese ospedaliere.
La mamma non lo verrà a sapere. Non è necessario che ringrazi.
L'intervento e' stato lungo ed a tratti complesso. Ho allineato le fratture e poi le ho fissate con dei fili metallici (fili di Kirshner) che poi toglieremo fra 4 settimane.
Il bimbo è ora sveglio e non ha male. L'intervento è andato bene.
A tutti i donatori dico io il grazie anche a nome della mamma. Il papà etilista forse non sa neppure che suo figlio è pluri-fratturato.

Fr. Beppe Gaido


Il minimo comun denominatore

Mi dice un volontario con cui ho una lunga storia di amicizia e di confidenza: “Oggi mi sembra che le motivazioni che portano una persona a scegliere di fare del volontariato siano così disparate che sia praticamente impossibile descriverle tutte. C’è chi parte da una motivazione di fede e chi invece è completamente agnostico e lo fa per solidarietà umana. Ci sono persone che si dedicano al volontariato per portare il loro contributo a società più svantaggiate, ed altri che intendono rispondere ad emergenze umanitarie. Ci sono anche persone che lo fanno per se stessi: qualcuno per ritrovare se stesso e la parte migliore di sè in un momento di crisi; altri sperano che un’esperienza totalizzante di servizio li possa aiutare a risolvere dei problemi esistenziali o dei conflitti che si portano dentro”.
Ho pensato tanto a quanto questo mio amico mi ha detto e sono pienamente d’accordo con lui, ma allo stesso tempo mi sembra che una cosa la si debba dire, almeno per il volontariato a Matiri: “Hai completamente ragione, ma credo che, parlando di volontariato a Matiri, dovremmo aggiungere anche un’altra motivazione, che io metterei un po’ come “conditio sine qua non” per una bella esperienza di servizio sia per il volontario che per noi: parlo della voglia di aiutarci e di collaborare positivamente con noi che qui lavoriamo tutto l’anno. Matiri è un ospedale complesso che va avanti anche senza volontari: i volontari sono una risorsa nella misura in cui si sforzano di accettare i nostri ritmi ed i nostri equilibri interni, ed umilmente desiderano inserirsi nel nostro stile di lavoro. Una persona che si comporta così diventa un grande aiuto per noi, può facilmente colmare molte nostre lacune, può anche migliorare il nostro servizio con la sua presenza, e soprattutto ci fa star bene quando lavoriamo insieme. Invece, chi ha un atteggiamento del tipo “avant moi le deluge” e quasi pensa che prima del suo arrivo qui non funzionasse nulla, ha certamente sbagliato registro e non ci aiuta molto; un volontario che pensa di venire a Matiri ed imporre il suo punto di vista, il suo modo di organizzare il lavoro, le sue metodiche cliniche senza accettare il buono che già c’è in questo ospedale, inevitabilmente porterà degli scricchiolii nella nostra routine di tutti i giorni, causerà del malcontento nel personale locale, ed alla fine non farà una bella esperienza lui stesso. Io credo che il primo dovere del volontario, al di là delle sue motivazioni personali, sia quello di comprendere che egli è atterrato in una struttura funzionante, che ha i suoi ritmi e le sue abitudini: prima di imporre le proprie idee, egli deve osservare a lungo, farsi accettare e farsi amare da noi e dal personale.
Quando si sarà instaurato un tale rapporto di stima e di amicizia, allora ogni proposta fattaci umilmente dai volontari sarà presa in seria considerazione e porterà dei cambiamenti sostenibili nel tempo. Le novità imposte invece sono come un venticello che passa, e tutti poi le abbandoneranno non appena il volontario ritorna in patria. Se per esempio il volontario dal primo giorno vuole che il carrello delle medicazioni sia organizzato diversamente o che la terapia venga data in orari differenti o che si prescrivano test e medicine non disponibili a Matiri, egli ci creerà solo tensione e non otterrà quel miglioramento degli standard di servizio che magari aveva auspicato, perchè tutto finirà in una bolla di sapone, in quanto il personale non avrà interiorizzato e fatto proprie le sue richieste.
In conclusione penso che ci debba essere un minimo comun denominatore che accomuni tutti i volontari, al di là delle loro ideologie, fedi o motivazioni: e penso che tale denominatore comune sia la voglia di aiutarci, di lavorare insieme senza tensioni, il desiderio di inserirsi nella vita dell’ospedale senza stravolgerla ma facendola crescere pian piano con proposte umili e rispettose.
Infatti è importante star bene insieme, vivere come una famiglia che insieme cerca il bene dei poveri e dei sofferenti senza imposizioni e senza malumori.

Fr. Beppe Gaido


martedì 28 marzo 2023

Timidi approcci alla chirurgia delle fratture pelviche

Era il 2018 quando, partecipando alla conferenza Sign in Kenya, ho per la prima volta sentito parlare di chirurgia delle fratture della pelvi.
Allora mi sembrava tutto troppo difficile e certamente inarrivabile per me.
Ma la vita è piena di sorprese, e la settimana scorsa abbiamo fatto un intervento per frattura a libro aperto delle ossa iliache.
Questo grazie a colleghi kenyani bravissimi che vogliono aiutarmi e desiderano far crescere l'ospedale di Matiri.
L'intervento è stato fatto con tecnica chiusa in fluoroscopia.
Penso che continueremo con questa chirurgia, per me molto difficile.
Ancora una volta mi ritrovo studente: guardo, chiedo, aiuto i colleghi più bravi di me. Alla fine poi la mia gioia è di vedere che il paziente ha avuto il servizio di cui aveva bisogno.
PS: non è una prima in assoluto in quanto in passato abbiamo già fatto qualche operazione per fratture dell'acetabolo e del pube, ma quello di oggi è un altro piccolo passo avanti.

Fr. Beppe Gaido



domenica 26 marzo 2023

Meningite

Murithi è un ragazzo di 20 anni che improvvisamente ha perso la parola ed è sceso in un coma molto profondo.
Dopo poche ore dal ricovero ha sviluppato febbre alta, seguita da uno stato di male epilettico con convulsioni continue.
La TAC non ci ha aiutato nella diagnosi, in quanto è risultata negativa.
Quello che invece ci ha indirizzato alla diagnosi è stato l'esito della puntura lombare, decisamente suggestivo di meningite batterica.
Murithi è rimasto in coma per tre giorni.
I continui attacchi epilettici sono continuati per circa 48 ore, ma pian piano la terapia instaurata sta dando i suoi frutti.
Oggi il giovane è cosciente e sveglio; ha mangiato, e non ha più convulsioni.
Il padre è sempre stato in ospedale vicino al figlio, ma è stata una presenza discreta che ci ha anche aiutati tanto nella cura del paziente ancora in coma.
Non cantiamo vittoria troppo presto e continuiamo con tutte le nostre terapie, ma onestamente oggi mi sento un po' più rilassato ed ho speranza che il paziente ce la possa fare. Anche suo padre oggi sorride.
Dalla puntura lombare sembra una meningite meningococcica, per cui anche noi abbiamo fatto la profilassi.
La meningite è presente in tutto il mondo, ma da noi è ancora relativamente frequente.
La sua prognosi non è mai scontata, per cui ogni volta lavoriamo con tanta apprensione.
Il nostro lavoro sempre si accompagna alla preghiera a Dio, senza il quale non possiamo fare nulla (Vangelo di Giovanni, la vite ed i tralci).
Pregate anche voi per Murithi!

Fr. Beppe Gaido


venerdì 24 marzo 2023

La vita è dura

Anche oggi a tutte le ore centinaia di mamme e papà hanno bussato alla porta dell'ospedale. Portavano i loro piccoli dopo ore e ore di cammino a piedi o in bicicletta. Per una coppia di genitori è stato troppo tardi. La malaria aveva già cantato vittoria sul corpicino indifeso della loro Dorcas. Oggi è giunta anche una giovane donna. Era stanca e sporca di terra. Stringeva al petto la sua bimba di pochi mesi ormai in coma per la malaria. Nel suo sguardo ho visto disperazione, paura e supplica fiduciosa di un miracolo. In pochi minuti sono riuscito a trovare la giugulare per la trasfusione di sangue. Ero convinto che dopo quell'intervento la piccola si sarebbe ripresa. Invece non ce l’ ha fatta e Florah è andata in paradiso dopo le prime gocce di sangue infuso. Il suo cuore era già scompensato e non ha saputo reagire, neppure quando il flusso vitale ha iniziato ad entrare nelle sue vene.
Ho avvertito un dolore infinito. Quella mamma ha abbracciato per l'ultima volta la figlia - gli occhi gonfi di dolore e il volto sconfitto. Poi ha chiesto di andare a casa immediatamente anche se era notte, per ritornare dagli altri figli che ancora hanno bisogno della sua protezione. Per Florah ormai non c’era più molto da fare.

Fr. Beppe Gaido




mercoledì 22 marzo 2023

Torsione del testicolo

E' un'emergenza non frequentissima, ma estremamente pericolosa perchè quasi sempre misconosciuta a livello di dispensario, con il risultato che purtroppo sovente a noi afferiscono ragazzi a cui non si può fare altro che l'orchidectomia, ovvero rimozione del testicolo.
Quest'ultimo intervento ha in genere conseguenze psicologiche molto pesanti su questi sfortunati adolescenti.
A poco vale la rassicurazione che il testicolo rimasto è sufficiente per la procreazione e sovente, all'orchidectomia seguono molte sindromi psicosomatiche.
Purtroppo si pensa poco a questa patologia, e, a livello periferico, i dispensari tendono a confondere una torsione (emergenza chirurgica) con una orchite (trattata invece con antibiotici). Ciò provoca i ritardi terapeutici che poi portano alla perdita del testicolo. La torsione infatti ischemizza il testicolo in modo irreversibile entro poche ore.
Il paziente di oggi invece è stato fortunato, se così si può dire, perchè è giunto a noi direttamente, dopo appena tre ore dall'inizio del dolore acuto.
La presentazione clinica pareva quella di torsione; l'ecografia ha confermato l'estrema povertà dei flussi ematici nel testicolo dolente.
Non ci sono stati dubbi e siamo corsi in sala.
Oggi il testicolo lo abbiamo salvato, perchè siamo intervenuti prima che l'ischemia lo rendesse necrotico.
Il ragazzo ora non ha male, e credo non cadrà in quella marea di dolori funzionali che invece si instaurerebbero se avessi dovuto effettuare l'orchidectomia.
PS: Ringrazio Murugi per la bellissima foto che allego. E' stata scattata al parco del Samburu.

Fr. Beppe Gaido


martedì 21 marzo 2023

Nuvoloni neri

Fa caldissimo ed il cielo è stellato; non c’è una nuvola in vista, fino al lontano orizzonte. Si avverte invece un'afa incredibile, strana a quest'ora della notte.
Vediamo lampi silenziosi che si rincorrono sulla linea dell’orizzonte, in direzione di Chiakariga. Non si ode il tuono. Dico ai volontari: “facciamo in fretta, prima che cominci a diluviare”.
“Ma il cielo è stellato”, mi dice Michael, ignaro delle piogge tropicali.
Poi il tuono si fa sentire, e si avvicina a grandi passi. I lampi disegnano saette sempre più luminose ed inquietanti, e a tratti illuminano il cielo come il flash di una enorme macchina fotografica.
Poi d’un tratto la bonaccia finisce, ed il vento fa oscillare le cime degli alberi. Conto i secondi che intercorrono tra il fulmine ed il roboare del tuono. Il tempo si fa via via più breve: “Affrettiamoci a
raggiungere le nostre stanze. Tra pochissimo pioverà a dirotto”. Ecco quindi che in lontananza avvertiamo chiaramente lo scroscio d’acqua sulla campagna, mentre noi siamo ancora all'asciutto. E’ come se la pioggia procedesse a scacchi: “forza; corriamo, se non vogliamo essere fradici”.
E quindi il vento del temporale, gelido per le nostre latitudini e per
l’escursione termica che provoca, si abbatte sulle chiome delle piante, e ne fa cigolare i rami. Stiamo ancora correndo quando tonnellate d’acqua si riversano sulla nostra testa. Non gocce di
pioggia ma secchiate. Dal suolo dapprima siamo investiti dalla polvere rossa che riceve la prima acqua dopo mesi e ci riempie le narici; poi veniamo bagnati dall’acqua che rimbalza a terra. E' come se piovesse di sopra e di sotto. Quasi immediatamente manca la luce e parte il generatore, creandomi nuove ansie per la notte. In un attimo siamo sotto i portici, bagnati come dei pulcini e ora infreddoliti e tremanti alla brezza umida dell’equatore.
La stagione delle piogge è iniziata, puntualissima quest’anno.
Speriamo che mantenga le sue promesse e ci porti acqua, erba per il bestiame e raccolti per la gente.
Ci auguriamo che non siano troppo breve, come è successo l’anno scorso, quando, dopo due settimane di nubifragi, le precipitazioni sono scomparse prima ancora che il granoturco fosse alto 50 cm.
Preghiamo anche che non siano esagerate.
Riconosciamo l’importanza delle piogge che mettono fine ad un periodo di fame e di siccità estrema, che ha messo a rischio non solo la vita degli animali, ma anche quella degli esseri umani.

Fr. Beppe Gaido


sabato 18 marzo 2023

Stanchezza

Arrivare alla sera sovente è davvero una lotta, ed a volte, quando si finisce l’ultimo intervento chirurgico, si è così stanchi che la testa è impastata come un’automobile impantanata nel fango, mentre la lingua sembra legata e ti accorgi che anche il semplice fatto di articolare una frase compiuta si trasforma in un’impresa non da poco.
Se poi capita che, proprio a quell’ora, qualcuno ti faccia una domanda clinica un po’ complessa su un caso medico, allora ti accorgi che davvero non connetti più e sei arrivato alla frutta.
Poi, dopo un boccone di cena, un momento di preghiera ed una doccia veloce, ritrovi ancora un po’ di forze, come per un colpo di coda, per il giro serale in reparto: il dramma è quando, dopo una giornata così, ti arriva anche una chiamata per cesareo verso le due di notte.
Speriamo in bene per stanotte!
Spesso, quello che ti affatica di più è il ritmo assillante con cui passi, senza soluzione di continuità, da un intervento chirurgico, ad una fila immane di pazienti ambulatoriali o di ricoverati: ecografie, gastroscopie, dialoghi clinici con i pazienti costituiscono un continuo molto esigente, soprattutto quando essi sono degli incastri tra operazioni molto complesse.

Fr. Beppe Gaido


lunedì 13 marzo 2023

Era un tumore

Vengo chiamato dal reparto donne. Il clinical officer dice di sospettare una cisti ovarica.
La malata e’ pallidissima, e la cosa non mi piace.
Appena le metto la sonda ecografica sulla pancia mi rendo conto che la situazione e’ complessa... forse drammatica. Ci sono delle masse irregolari nel bacino. Non riesco a capire bene di cosa si tratti.
Pare che siano grossi ematomi consolidati. Non individuo una chiara immagine dell’utero. Il test di gravidanza e’ negativo. Ma all’eco scopro una enorme quantita’ di fluido nell’addome. Non mi sembra acqua perche’ e’ troppo densa: “pare pus o sangue”.
Le pratico una paracentesi esplorativa, cioe’ la buco con ago e siringa ed aspiro: e’ veramente sangue... il peggior scenario che potessi aspettarmi alle 13 di una domenica.
Penso immediatamente ad una gravidanza ectopica, non dando troppo peso al test di gravidanza, che e’ sovente negativo in questa complicazione.
La donna mi dice che non e’ possibile, perche’, dopo tre cesarei in altri ospedali, le era stata fatta la legatura delle tube. Tale dato mi turba ulteriormente, ma dico a me stesso che a volte le salpingi si ricanalizzano, che ci possono essere degli errori tecnici del chirurgo, e che, comunque sia, bisogna ad ogni modo aprire quella pancia, perche’ l’emorragia interna va fermata.
Attiviamo quindi la procedura d’urgenza: prove crociate per due sacche di sangue. Per fortuna la donna e’ di gruppo A positivo e siamo provvisti di sangue compatibile.
La donna è in sala dopo meno di dieci minuti. Appena aperto l’addome veniamo investiti da una doccia di sangue... litri e litri che si riversano sul campo operatorio, in quanto l’aspiratore non ce la fa... e poi sui nostri camici e sui nostri piedi.
Mettendo le mani in quella pancia, mi rendo conto che non si tratta di una gravidanza extra, ma di un orribile tumore (forse un coriocarcinoma dell’utero), che ha eroso varie arterie ed sta causando una emorragia interna massiva.
Le condizioni della paziente peggiorano rapidamente e l’anestesista ha davvero il suo da fare per infondere sangue e tenerla viva. Solo alla fine dell’intervento ci dice che la malata e’ stata a lungo senza polso e senza pressione: “non ve l’ho detto perche’ non volevo agitarvi di piu’ in una situazione gia’ estrema”.
E’ stata una di quelle situazioni in cui vorresti sprofondare, o svenire, per lasciare ad altri la papata bollente. Il sanguinamento arterioso continua minaccioso, e tutte le volte che proviamo a clampare una arteria, i friabili tessuti neoplastici si lacerano, e l’emorragia e’ peggio di prima.
E’ sempre difficile quando parti per un tipo di operazione, e devi cambiare i tuoi piani nel bel mezzo di una emergenza: spesso non sei preparato psicologicamente; non hai gli strumenti adatti; a volte non hai mai fatto prima un intervento del genere e ti devi improvvisare.
Poi e’ una lotta contro il tempo, perche’ le condizioni del malato peggiorano minuto per minuto, fintantoche’ le arterie non vengono chiuse.
Pian piano mi calmo un po’ e decido che non e’ il caso di fermare l’emorragia legando le arterie. Bisogna procedere ad una isterectomia d’urgenza. Lavoriamo con fatica, perche’ l’anatomia e’ tutta alterata dal tumore. Qualunque cosa sfioriamo, sanguina. E’ a questo punto che mi ricordo del consiglio ricevuto dal King, grande maestro di chirurgia tropicale per principianti: “quando non sai piu’ cosa fare, metti un telo sterile sulle parti sanguinanti, chiedi ad un tuo assistente di comprimere in modo da fermare l’emorragia. Tu appoggiati al lettino; respira lungo e calmati!”.
Cosi’ ho fatto. Dopo alcuni minuti di pausa, in cui l’anestesista ha comunque dato segni di insofferenza per la nostra inattivita’, sono riuscito ad assestare il colpo vincente: un punto da materassaio che ha imprigionato l’arteria.
Ci abbiamo messo tre ore per quell’isterectomia. Abbiamo infuso tre sacche di sangue. Ho poi dovuto star vicino alla donna fin verso le ore 20, per monitorare il post-operatorio... ma chiaramente abbiamo avuto la percezione di averle salvato la vita.
Non sappiamo ancora di che cosa si tratti: aspettiamo l’istologico.
Speriamo che non ci siano metastasi. Ma una cosa e’ certa: Purity sarebbe morta durante la notte se non avessimo avuto il coraggio di aprirla.
Certo che il Signore deve essere sempre molto impegnato a Matiri per tenerci costantemente una mano sulla testa.

Fr. Beppe Gaido


Visita al reparto maternità

I volontari di Rita hanno fatto visita alle neo-mamme del reparto maternità dell'ospedale di Matiri.
A tutte hanno offerto supplementi alimentari e vestitini per bambini. E' stato un bel momento, molto apprezzato da tutte le pazienti che di cuore ringraziano.
Io sono molto felice di questo continuo scambio tra il centro di Rita e l'ospedale di Matiri.
Grazie di cuore ai volontari.

Fr. Beppe Gaido








sabato 11 marzo 2023

Mohamed e Gitonga

Mohamed, un uomo proveniente da Marsabit, è stato ricoverato con sintomi classici della peritonite diffusa. Dal dolore epigastrico alla palpazione, io pensavo si trattasse di ulcera duodenale perforata.
L’eco dimostrava infatti liquido libero in addome. Nuovamente siamo entrati in sala con procedura d’emergenza ed abbiamo operato senza sapere bene quello che ci sarebbe toccato affrontare (davvero una laparatomia esplorativa).
Anche per lui la diagnosi iniziale non era corretta: non si trattava infatti di un’ulcera perforata, ma di una terribile forma di peritonite da appendicite perforata retrocecale. Mohamed non ha avuto perforazioni intestinali; purtroppo però, una cotenna aderenziale ha causato una breccia nella parete vescicale. Abbiamo fatto l’appendicectomia con qualche difficoltà, ed in più abbiamo dovuto riparare la vescica. Mohamed sta andando bene. Ieri gli abbiamo tolto il sondino nasogastrico ed oggi abbiamo iniziato a dargli un po’ di thè e semolino. Mi pare che anche lui sia fuori pericolo. Lo dimetteremo tra alcuni giorni, alla rimozione dei punti e del catetere vescicale.
Gitonga, un uomo sulla cinquantina, pure lui come gli altri, aveva i sintomi classici dell’addome acuto. L’unico elemento di rilevo nella sua storia clinica passata era una erniorrafia inguinale destra alcuni anni prima. All’intervento ci siam trovati di fronte ad una enorme ernia interna con circa un metro di ileo incarcerato da aderenze, e completamente necrotico. Cercando di “srotolare” il volvolo che si era formato, ci siamo resi conto che si trattava di una necrosi dell’ileo che coinvolgeva anche l’ultima ansa. E’ stato quindi necessario eseguire un’ampia resezione ileale con rimozione del cieco ed anastomosi ileo-colica sull’ascendente. Gitonga al momento sta avendo un post-operatorio normale e pare senza complicazioni.

Fr. Beppe Gaido


venerdì 10 marzo 2023

Diagnosi e operazione entrambe difficili

Il caso di Dorothy è stato molto complicato in quanto lei veniva riferita a Matiri da un'altra struttura sanitaria, con un sospetto di gravidanza ectopica cronica.
Ho rifatto l’ecografia pelvica ed in effetti ho visto del fluido nella tasca del Douglas, ed in più anche delle masse a contenuto ipoecogeno che, fuorviato dalla diagnosi di ingresso, ho ritenuto dovute ad ematomi.
Ho quindi deciso per un accesso addominale di Pfannestield, come di solito si fa per le operazioni ginecologiche.
All’apertura dell’addome, la situazione è apparsa però diversa da quanto mi aspettassi. Nel Douglas c’era sì del liquido, ma non era sangue, era bensì pus denso e cremoso. Le masse che io vedevo erano in realtà anse intestinali convolute ed imprigionate in tenaci aderenze. A questo punto ho sperato che fosse una PID (malattia pelvica infiammatoria), ma le tube erano bellissime ed apparentemente innocenti. Il pus sembrava provenire da una zona posteriore al cieco, una zona completamente bloccata da aderenze. E' stato quindi necessario incrementare l’apertura addominale con un taglio verticale che mi permettesse una visione migliore. E’ stato molto difficile capire di cosa si trattasse: certamente una peritonite diffusa con aderenze a vario livello dell’intestino. Ma quale fosse l’origine della peritonite è stato un mistero per vari, lunghissimi minuti. Ho staccato il cieco con attenzione ed ho alla fine localizzato una difficilissima appendicite perforata retrocecale con aderenze sia all’ascendente che all’ultima ansa ileale. L’appendicectomia è stata assai difficoltosa, ma siamo riuscito a portarla a termine senza causare perforazioni intestinali. Dorothy è oggi stabile e lascia l’ospedale, ringraziandoci per averle salvato la vita.

Fr. Beppe Gaido


mercoledì 8 marzo 2023

8 Marzo

Oggi è l’8 marzo ed intendo porgere i miei più sentiti auguri a tutte le donne che leggono il blog, a tutte le volontarie ed a tutte le sostenitrici dei nostri progetti.
Da quando sono in Africa, la mia stima per la donna, per la sua forza e la sua indomabile dedizione ai valori più importanti della vita sono cresciuti in modo esponenziale.
Tante sono le figure femminili che mi hanno profondamente colpito negli anni della mia presenza in Kenya. La donna africana è come un monumento di pazienza, di laboriosità e di fedeltà di cui non puoi che essere profondamente impressionato.
Spesso, guardandomi intorno, quasi mi vergogno di essere un uomo, considerando lo stile di vita medio del cosiddetto “sesso forte”.
In Africa generalmente viviamo in società in cui il vero pilastro è la donna; nessuno potrà esaltare abbastanza l’operato ed il valore delle “mamme”, che sono quelle che si alzano al mattino prima di tutti, vanno a mungere la mucca quando è buio, preparano la colazione per il marito ed i figli ancora addormentati, accompagnano i bambini a scuola e vanno nei campi con la “panga” a fare tutti i lavori necessari; tornano a casa la sera a lavare la biancheria e preparano la cena al marito e ai piccoli; se i bimbi sono malati, sono sempre loro a correre in ospedale per salvarli dalla morte.
In occasione della festa della donna è immediato per me ripensare a tante mamme ricoverate anche ora nel nostro ospedale per una malattia dei loro bambini.
Sono lì totalmente donate alla loro creatura: la vegliano, la custodiscono, la ripuliscono, la allattano. Soffrono con i loro piccoli quando facciamo loro del male, per esempio per incannulare una vena, o quando quotidianamente dobbiamo eseguire una dolorosissima medicazione per la cura di un'ustione. Rivedo tante “mie” donne che alla fine sanno sempre placare il loro piccolo e spesso il seno è la medicina migliore per tutti i dolori.
Ricordo mamme allattare in posizioni da contorsionista mentre il bimbo piange disperatamente durante una procedura chirurgica od una iniezione.
Ripenso a tutte le volte in cui vorrei ascoltare il torace di un paziente pediatrico, ma il pianto forsennato mi impedisce di sentire.
Poi la mamma gli offre il seno, e, come per incanto, il bimbo si dimentica di quella ‘brutta faccia’ di uomo-bianco che tanta paura gli aveva fatto pochi minuti prima.
Il piccolo inizia a succhiare animatamente; i suoi occhi vagano nello spazio senza fissare alcun punto in particolare; ed il mio fonendoscopio, quasi per magia, può posarsi sulla sua schiena senza provocare reazioni di pianto. La visita diventa facile e veloce, ancora grazie alla mamma.
Il potere dell’amore materno! Pensare a questo sempre mi confonde e mi fa bene. Vorrei saper imitare la dedizione, la costanza e la forza di tale amore!
Però, quando i bimbi stanno meglio, sono capaci anche di giocare con loro. Si fanno schiaffeggiare con dei buffetti sulla guancia; fan finta di morsicare il mento della loro creatura; ingaggiano piccoli inseguimenti.
In ospedale di papà ne vediamo molto pochi: capita qualche volta di ricoverare un padre insieme al figlio piccolo, ma questa è un'eccezione piuttosto sporadica.
L'amore di una madre non si può eguagliare. Lo si può solo emulare molto lontanamente. Un amore fedele, fatto di dedizione e sacrificio, fino a donare la vita per i figli.
Buona festa a tutte le donne!

Fr. Beppe Gaido


lunedì 6 marzo 2023

Giornata mondiale per la lotta alla tubercolosi

Matiri è in prima linea per la diagnosi e terapia della tubercolosi.
Abbiamo una clinica dedicata dove si fa screening e terapia.
La clinica è sponsorizzata dal CHAK.
Oggi, in occasione della giornata mondiale per la lotta alla tubercolosi, abbiamo offerto screening gratuito con visita, esame dell'escreato e lastra del torace a tutte le persone che si sono presentate.
E' stato un successo ed abbiamo visitato molti.
Anche i pazienti ricoverati e lo staff hanno avuto screening gratuito.

Fr. Beppe Gaido




I serpenti

Il Tharaka è notorio per i molti serpenti, quasi sempre velenosi, a parte il cobra.
Abbiamo molti tipi di cobra, ed i casi di morso di serpente sono frequenti.
La piccola Esther, di appena due anni, è stata ricoverata dopo essere stata morsa sulla gamba da un serpente rosso. Le sue condizioni sono rimaste sempre gravissime ed in meno di 48 ore l'abbiamo persa. Abbiamo fatto subito il siero anti-veleno ed abbiamo usato tutti i farmaci a nostra disposizione, ma non c'è stato nulla da fare. E' stato devastante vederla peggiorare e spegnersi davanti ai nostri occhi, senza riuscire ad aiutarla.
Ieri sera abbiamo ricoverato Ann, di 12 anni. Anche lei è stata morsa sulla gamba da quello che sembra un cobra. Le sue condizioni sono molto migliori, rispetto a quelle di Esther. Anche per lei abbiamo instaurato tutte le terapie del caso. Siamo ovviamente molto preoccupati, visto l'esperienza di pochi giorni fa, ma speriamo di riuscire a salvarla.
Con i serpenti non è mai scontato.

Fr. Beppe Gaido


sabato 4 marzo 2023

Induzione di parto

Visito Kanana verso le 11 di mattina. Ha una gravidanza prolungata.
Noi medici diciamo che ha una post-maturita’ del feto.
Lei e’ sicura dell’ultima mestruazione. Faccio l’eco e confermo la presenza di segni di pericolo: liquido un po’ ridotto, grosse calcificazioni sulla placenta. L’eta’ gestazionale sembra di cica 43 settimane: bisogna agire subito, perche’ a questo stadio il bambino potrebbe morire in utero ad ogni momento.
Pensiamo alle possibilita’ di fronte a noi: il feto non sembra enorme.
Il canale del parto sembra adeguato. La mamma non vorrebbe un cesareo in quanto si tratta di un primo figlio e la cicatrice potrebbe obbligarla a ridurre il numero di gravidanze successive.
Io mi trovo in pieno accordo e decidiamo per un parto medico, inducendo le contrazioni con oxitocina: la dose e’ corretta, il follow up senza problemi. Il battito rimane buono costantemente man mano che le doglie si instaurano ed aumentano in intesita’ e durata.
L’induzione procede ottimamente come tempi: siamo in linea con il grafico del partogramma e non abbiamo segni di distress fetale. Ogni tanto sento Kanana urlare di dolore, ma non sono preoccupato: Judith continua a ripetermi: “good contractions. No problems”.
Il bimbo nasce in tempi record. Alle 5.30 pm gia’ stiamo aspirando le secrezioni dal naso del piccolino: e’ un maschio, piange forte, respira bene (con un parolone di quelli che piacciono ai medici, scriviamo nella sua cartella che l’Apgar e’ di 10, cioe’ perfetto).
La mamma e’ entusiasta: ci chiama tutti e ci vuole abbracciare anche se si trova ancora sulla barella. Sorride ogni volta che le passo vicino. Io tiro un sospiro di sollievo e mi apparto nuovamente nel mio studio dove riprendo l’ambulatorio.

Fr. Beppe Gaido


Una cisti ovarica

Quando avevo visitato Lilian la settimana scorsa avevo notato una massa palpabile addominale che ricordava una gravidanza al settimo mese.
Lei pero’ era sicura di non essere incinta ed il test sull’urina era in effetti negativo.
Ho fatto un’ecografia e mi sono spaventato.
Si trattava di una massa multiconcamerata, e, considerando la sua giovane eta’ (25 anni), avrebbe potuto essere un enorme ovaio policistico. Pero’ gli ultrasuoni non erano in grado di chiarirmi se invece non si trattasse di un carcinoma dell’ovaio.
Prima di decidere sul tipo di terapia da proporre, ho quindi optato per un citologico ecoguidato: ho estratto 20 ml di liquido giallo citrino da una delle formazioni cistiche piu’ grandi, dopo essermi assicurato che non ci fossero anse intestinali interposte.
Il referto e’ stato in effetti negativo. Il responso del patologo parlava di ovaio policistico.
Si trattava quindi di armarsi di coraggio e provare l’intervento: infatti la terapia medica non avrebbe potuto avere successo con una formazione tanto grande.
La mia paura era che si trattasse di una massa adesa agli organi circostanti e difficile da enucleare.
Avevo quindi preparato due piani d’azione: nel caso piu’ fortunato, avremmo tolto la cisti (l’eco infatti sembrava indicare un ovaio policistico solo a destra, mentre la gonade di sinistra pareva indenne); se invece avessimo trovato una marea di aderenze all’intestino e ci fossimo trovati nell’impossibilita’ di escindere, avremmo optato per la apertura e marsupializzazione delle cisti stesse.
Ma il Signore ci ha aiutati moltissimo, come sempre!
Era un'enorme cisti ben capsulata e non aderente.
L’abbiamo quindi rapidamente esteriorizzata; abbiamo clampato il peduncolo ed i vasi, ed abbiamo richiuso la parete addominale... il tutto senza la minima complicazione.
Lilian ha perso un ovaio, ma avra’ una vita normale e potra’ avere figli grazie al controlaterale, in effetti assolutamente normale.
Ringrazio Dio che sempre ci tiene una mano sulla testa.
Ora Lilian e’ in prima giornata post-operatoria, ed il decorso e’ regolare.

Fr. Beppe Gaido


venerdì 3 marzo 2023

Ancora emergenze, ed ancora violenza

Tra le tante emergenze di oggi, ho avuto anche un'amputazione di braccio destro. Era una situazione veramente difficile. Un giovane preso a colpi di machete: ha perso la mano destra da qualche parte
nella notte. E' venuto in ospedale con l’arto completamente amputato e le ossa esposte, della mano nessuna traccia.
Non si poteva lasciarlo così, a causa dei rischi di infezione, e quindi abbiamo deciso per un'amputazione classica, in cui abbiamo rimosso l’osso sporgente ed abbiamo suturato adeguatamente la parte.
Ma i problemi hanno continuato ad accavallarsi. Nel bel mezzo dell'operazione è mancata la luce, ed il generatore è andato rapidamente in sovraccarico, portando a continue fluttuazioni nella erogazione di corrente e a frequenti totali interruzioni.
L'aria condizionata in sala è andata automaticamente in stand by, perchè il generatore non riusciva a portarne le richieste di potenza, e questo ci ha portato ad una situazione di caldo torrido ed umido, che ha reso l'ambiente quasi invivibile. Inoltre gli alti e bassi di corrente hanno mandato fuori uso l’elettrobisturi. Per cui l'intervento lo abbiamo terminato pure senza questo ausilio.
Ora è sera. Ho appena finito un altro cesareo.
Sono stremato.
Che strano: o divento vecchio e mi stanco di più, o mi sembra di lavorare anche più che in passato a Chaaria, quando mi sembrava che già la situazione fosse insostenibile.

Fr. Beppe Gaido


giovedì 2 marzo 2023

Grazie di cuore, Elisa Beltrami

Sono estremamente grato alla volontaria Elisa Beltrami, volontaria a Matiri un mese fa circa, per la generosa offerta che ci ha permesso di acquistare un buon quantitativo di placche e viti per radio e ulna,
oltre a molti farmaci per la sala operatoria del valore di oltre mille euro.
Ringrazio Elisa e tutte le persone che hanno collaborato alla sua raccolta fondi. I soldi sono arrivati, ed ora li abbiamo usati per lo scopo sopra descritto.
Sono infissi ortopedici e medicine che aiuteranno moltissimi pazienti.
Grazie di cuore.
Una preghiera per tutti i benefattori.

Fr. Beppe Gaido




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