L’ospedale Chaaria per me era come un figlio. L’ho come partorito io con tanta sofferenza, con impegno incondizionato, con orari di lavoro indescrivibili, con dedizione che mi ha portato al servizio sette giorni la settimana ed anche di notte: ero sempre di guardia.
Questo figlio l’ho fatto crescere e spero di averlo portato alla maturità.
Ora questo figlio sembra che possa camminare con le sue gambe e che, con medici del Kenya che mi sostituiscono, possa portare avanti il suo servizio alle persone più povere anche senza colui che lo ha generato.
E’ arrivato per me il momento del distacco, quel frangente doloroso in cui i genitori, per dirla con il poeta Gibran, devono accettare di essere come l’arco e di essere chiamati a lanciare i propri figli, a lasciarli andare, a farli camminare con le loro gambe.
Mi viene in mente in questo periodo non facile della mia vita un concetto che mi era stato presentato tanti anni fa: quello della spiritualità migratoria.
Un teologo diceva che noi dobbiamo essere come gli uccelli migratori che sanno emigrare quando le necessità del servizio e della carità cristiana lo richiedono.
Ora è per me giunto il momento di migrare.
La vita mi offre ora un nuovo orizzonte, e cioè quello di riproporre il modello di amore e servizio incondizionati in un’altra area molto povera e rurale del Kenya, in un ospedale al momento molto giù, ma dove i bisogni della popolazione sono tantissimi e disattesi.
Per me si tratta di ricominciare da capo, alla giovane età di 57 anni; si tratta di far ripartire una struttura in difficoltà, non per la struttura stessa, ma per quella popolazione che al momento non ha nulla e non gode di alcun servizio sanitario.
Lascio un ospedale ora efficiente per entrare in una struttura che ha poco e che devo far crescere…è come ricominciare con un secondogenito.
Sono triste per il figlio primogenito che lascio a Chaaria, ma spero che Dio mi aiuti a creare ora una nuova Chaaria, per soccorrere molti altri poveri, perché i bisogni sono infiniti, e, come dice il Vangelo, i poveri li avremo sempre con noi. Sono contento perchè la popolazione della zone in cui sarò inviato è ancor più povera di quella che viveva attorno a Chaaria
Pregate per me in questa nuova salita che la vita mi presenta, proprio quando già speravo in un po’ di tranquillità negli ultimi anni della mia vita lavorativa e di servizio. Ma il Signore aveva altri piani per me, e accetto la sfida con coraggio, seppur con qualche timore.
Fr Beppe
Bravo il bene non ha confini. Gesù ha detto andate e noi dobbiamo farlo. Non importa la cattiveria degli uomini e l’amore di lui che. Sei tu Signore l’unico mio bene. Insieme in questa nuova avventura che il Signore ci dona. Un abbraccio.
RispondiEliminaGrazie fi cuore carissimo Marco
EliminaSono rimasto un po’ stupito di questo addio di Fr Beppe alla “sua” creatura
RispondiEliminadi Chaaria Hospital.
Ho accompagnato più volte nel suo ospedale ragazze del Villaggio dei Bimbi
del Meriggio di A.I.N.A. (Nchiru-Meru) nel periodo (2011-14) in cui facevo
lì il medico volontario e sono stato anche ospite per qualche giorno
insieme con la mia compagna Isa. Ho ricevuto dalle sue mani il primo libro,
che poi ho diffuso tra familiari e amici, come anche il secondo acquistato
online. Sul blog precedente ci sono le mie recensioni.
L’ammirazione per questa impareggiabile figura di uomo, di religioso e di
medico multidisciplinare è uno dei ricordi più belli che mi resta
dell’Africa, che ho potuto conoscere da vicino anche grazie a Marek, allora
responsabile in loco di Aina-Children Home. Per motivi vari non sono andato
più in Africa.
Ho continuato a seguire sul blog le sue innumerevoli “imprese” (così si può
definire al sua opera), anche con un supporto periodico.
Senza aggiungere altre considerazioni, spero che la sua dedizione
incondizionata trovi un’altra realtà bisognosa e sappiamo quante ce ne sono
nell’Africa come altrove. Senza dubbio continuerò a seguirlo e a
supportarlo. Una sola parola ancora: GRAZIE. Nicola
Cordiali saluti,
Nicola A. Samà |
Grazie di cuore Nicola. Un abbraccio
RispondiEliminaGrazie di cuore Nicola. Un abbraccio
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