lunedì 15 aprile 2024

HO FATTO BINGO


Omar viene dal nord del Kenya. A causa di dolori addominali, i medici locali lo avevano mandato a Nairobi per accertamenti. Lui aveva speso un sacco di soldi, rimanendo alla fine senza risposte soddisfacenti al suo problema.

E' arrivato da me con un'ecografia fatta altrove che parlava di possibile linfoma addominale.

Gli avevano anche fatto una TAC dell'addome che invece sembrava vedere una massa nella tasca del Morrison. Secondo il tacchista non era un linfoma, ma si sarebbe trattato di un polipo del colon.

Di fronte a risposte tanto disparate, è ovvio che il paziente fosse davvero confuso.

Lo abbiamo quindi preparato e gli abbiamo fatto una colonscopia: con fatica siamo arrivati fino al cieco, e di polipi della flessura epatica non abbiamo avuto alcun sentore. La colonscopia era generalmente normale.

Ho quindi rifatto l'ecografia addominale, per sincerarmi di quella massa nello spazio del Morrison: ed a me non è affatto sembrata una massa, ma piuttosto una raccolta ascitica saccata con tante sepimentazioni interne.

L'aspetto saccato e le importanti sepimentazioni interne sono da sempre per me il richiamo a due possibili patologie: o si tratta di ascite carcinomatosa, oppure si tratta di peritonite tubercolare.

Omar ha 20 anni, e questo dato cronologico mi porta a pensare di più ad una tubercolosi che ad un tumore.

L'unico modo per chiarire la diagnosi è comunque quello di fare una paracentesi esplorativa ecoguidata e mandare il liquido al patologo per un esame citologico.

Ed è qui che ho fatto bingo: dopo dieci giorni di attesa, il risultato pervenutoci dall'anatomo-patologo  è stato proprio quello che speravo: "cellule infiammatorie, plasmacellule, istiociti, materiale necrotico. Colorazione di ZN per i micobateri positiva. Conclusione: peritonite tubercolare".

Sono stato estremamente contento della conferma citologica, sia perchè il mio intuito clinico è stato confermato dai fatti, e sia soprattutto perchè la tubercolosi è una patologia che possiamo curare, ed i farmaci sono inoltre "passati" gratuitamente dall'OMS.

Per Omar si tratta quindi di una gran bella notizia, perchè di peritonite tubercolare si guarisce sempre, si guarisce con terapia medica e senza operazione, ed in genere non ricordo molte complicazioni nella mia esperienza clinica qui in Kenya.

Omar è ora dimesso e continuerà con le sue medicine per sei mesi, cercando di essere fedele sia all'assunzione dei farmaci che alle visite di controllo che gli abbiamo fissato per il lungo tragitto terapeutico.

sabato 13 aprile 2024

LE CHIAMATE NOTTURNE


Sono le due del mattino ed il telefono mi risveglia da un sonno profondissimo.

L'infermiera della maternità mi dice che ha una donna in travaglio per cui non sente il battito cardiaco fetale.

Mi dirigo verso l'ospedale con il cuore pesante e con tanto sonno negli occhi.

Arrivato presso la maternità, vedo la paziente piangere disperatamente, con l'infermiera che tenta di consolarla.

So che sarà un'ecografia difficile, soprattutto per le condizioni emotive della paziente: prima gravidanza e feto morto.

Dopo un po' di ricerca con la sonda ecografica, vedo però che il battito cardiaco fetale è presente, seppur rallentato. Quando do la notizia alla paziente, lei smette di singiozzare ed inizia a ripetere: "Thanks, God!!"

Bisogna quindi cambiare il piano d'azione: se il feto fosse stato morto, avremmo indotto il parto con oxitocina. Sarebbe stato un travaglio lungo ed un dolore grande per la donna, già al corrente della morte endouterina della sua creatura.

Ora però di tratta di una emergenza con distress fetale. Bisogna agire subito.

Prepariamo in fretta il cesareo: nasce una grossa bimba di 3700 grammi. E' coperta di meconio e piange poco. La rianimiamo immediatamente, e dopo pochi minuti arrivano le vigorosa strilla che aspettavamo.

Ora la mamma ha smesso completamente di piangere e può abbracciare la sua piccolina direttamente in sala mentre le chiudiamo la cute. 

giovedì 11 aprile 2024

TRE IN UN GIORNO


Gli interventi ortopedici continuano ad essere tantissimi, sia a motivo dell'alto numero di traumi e sia anche a causa dello sciopero della sanità pubblica, che al momento continua.

Le fratture di clavicola sono normalmente trattate con metodo conservativo, usando un bendaggio ad 8.

Quando però sono molto comminute o estremamente scomposte con frammenti che puntano sulla cute,  allora dobbiamo intervenire chirurgicamente con una fissazione interna. Usiamo normalmente una placca.

Per me si tratta di un'operazione molto ansiogena, in quanto in passato ho avuto complicazioni emorragiche importanti, con rischi per la vita dei pazienti.

La  eseguo quindi sempre con tanto timore e con un livello palpabile di tensione.

Ieri ho dovuto operare tre clavicole, una dietro l'altra.

E' stato emotivamente molto impegnativo, ma i casi sono andati tutti bene.

martedì 9 aprile 2024

LA PRIMITIVA COMUNITA' CRISTIANA DI GERUSALEMME

Sia domenica che oggi la prima lettura della Messa ci ha proposto il brano degli "Atti degli Apostoli" che descrive la primitiva comunità cristiana di Gerusalemme, dove tutti erano un cuor solo ed un'anima sola, e dove a nessuno mancava il necessario, perchè coloro che avevano campi o case li vendevano, portavano il ricavato e lo mettevano ai piedi degli Apostoli, che poi distribuivano secondo le necessità di ognuno. Una comunità quindi dove nessuno era nella miseria grazie alla condivisione con gli altri; dove si viveva uniti, un cuor solo ed un'anima sola; dove si pregava e si lodava Dio insieme.

Per me la prima comunità di Gerusalemme è sempre stata il modello più alto che ispira la mia vita cristiana.

Penso che sia il più alto esperimento di "comunismo cristiano": mettevano tutto in comune e poi distribuivano il ricavato secondo il bisogno di ognuno; si volevano bene, tanto da essere "un cuor solo ed un'anima sola"; erano uniti nell'ascoltare l'insegnamento degli apostoli e nella preghiera.

Come ogni tentativo di "comunismo cristiano" purtroppo non è durato molto, a causa dei molti limiti insiti nella natura umana: già negli "Atti" leggiamo infatti del brutto caso di Anania e Saffira, i quali vendono il loro campo ma non danno tutto, e per questa ipocrisia vengono puniti.

Dalla lettura delle lettere di san Paolo poi veniamo a sapere che il modello della primitiva comunità cristiana di Gerusalemme non si è rivelato sostenibile, in quanto le altre Chiese fondate da Paolo dovevano organizzare delle collette per sostenere economicamente la comunità di Gerusalemme.

Nonostante questo, tale esperimento di comunità cristiana rimane un faro illuminante, un'utopia a cui tendere ogni giorno, nonostante i nostri limiti e le nostre contraddizioni, un sogno che diventa anche forza interiore a provarci sempre senza scoraggiarci.

Io continuo a crederci e continuo a provare giorno dopo giorno a metterlo in pratica nella mia vita...i risultati sono scarsi, ma la tensione ideale rimane.

lunedì 8 aprile 2024

GRAZIE


 

Di cuore ringraziamo l'Associazione "Aiutando nel Mondo. ODV" che con l'ultima grossa donazione ci ha permesso di:

1)      Acquistare un nuovo elettrobisturi e due aspiratori, necessari alla nostra attività chirurgica.

2)      Riparare 3 monitor che nel tempo avevavo sviluppato vari problemi: due monitor sono per la sala opreratoria, mentre uno è per l'ambulatorio

3)      Acquistare un aspiratore per i neonati in sala parto, e due ossometri da collocare nei reparti uomini e donne

Esprimo la mia grande riconoscenza a nome di tutto l'ospedale di Matiri

venerdì 5 aprile 2024

DA NOI NON ESISTE UNA APPENDICITE NORMALE


 

Sono le 13.30 ed onestamente ho un po' fame.

Mi chiamano pero' in sala perchè il paziente e' pronto e l'anestesia e' fatta.

"Poco male! L'appencitite la facciamo in 45 minut".

Inizio l'intervento come al solito, ma le cose si mostrano subito molto complicate. C'e' un piastrone duro fermamente adeso alla parete anteriore dell'addome. Inolre il cieco non e' mobilizzabile.

Dobbiamo procedere ad un'ampia apertura della pancia. Ci sono aderenze molto resistenti che coinvolgono sia il peritoneo parietale, sia alcune anse del tenue.

L'adesiolisi purtroppo causa una perforazione ileale e dobbiamo procedere ad anastomosi ileo-ileale.

Difficilissimo e' anche l'isolamento del cieco che e' "murato" nella fossa iliaca destra. Con paura e pazienza andiamo avanti piano piano con lo scollamento. Troviamo alla fine l'appendice, che e' retrocecale e necrotica. La isoliamo con prudenza, la leghiamo alla base e la recidiamo. Il cieco e' tutto sanguinolento ed in parte disepitelizzato, ma non c'e' una vera perforazione. Ho lavato abbondantemente la cavita' peritoneale e messo dei drenaggi. Ora non mi resta che sperare in bene per il post-operatorio.

L'intervento, che doveva essere brevissimo, in pratica e' durato quasi due ore. Ora sono in ritardo gravissimo sulla lista operatoria.

L'appendice non e' mai un intervento semplice.

Da noi sono quasi tutte retrocecali.

Per lo piu' sono trascurate e quindi aderenti e difficilissime da isolare.

Spessissimo gia' sono perforate e c'e' pus in addome.

Prego davvero Dio  di aiutare il mio paziente e di fare in modo che le anastomosi tengano bene.

giovedì 4 aprile 2024

LEZIONE DI FISIOTERAPIA


Oggi la nostra formazione professionale è stata affidata alle volontarie italiane, Chiara e Claudia.

Chiara è una fisioterapista e Claudia la assiste nel servizio. Sono a Matiri per tre mesi.

La lezione è stata sulla lombalgia aspecifica, sua definizione, diagnosi e soprattutto terapia.

Ci siamo soffermati sulle posture, fino a tutte le manovre di stretching, mentre abbiamo trascurato le terapie mediche.

Per noi è un argomento nuovo ed assolutamente necessario, dato il grande numero di pazienti affetti da tale patologia.

Ringrazio di cuore Chiara e Claudia per il tempo che hanno dedicato alla preparazione della lezione, anche se purtroppo il quorum dei presenti non è stato entusiasmante...forse a causa della pioggia battente.

lunedì 1 aprile 2024

IL SOLE SPLENDE...ED I MALATI FIOCCANO

 

Il cielo e' di un blu terso, ed il caldo e' torrido e piacevole: non c'e' un filo di vento, ma non e' afoso. Sembra di essere in Sicilia, nella valle dei templi.

Dopo due giorni di calma relativa, oggi l'ambulatorio pullula nuovamente. Ci sono grida da ogni parte, e naturalmente gente che litiga perche' vuol passare prima degli altri.

In fondo la natura umana e' la stessa a tutte le latitudini: quelli che chiamiamo i nostri pazienti diventano ogni giorno meno pazienti, e si lamentano sempre; dicono di venir da lontano, di non avere mezzi di trasporto per ritornare a casa, di essere stanchi di attendere, ecc.

Anche oggi, pur avendo lavorato non-stop, ho dovuto a sentire questa canzone a partire dal mattino, e tra me pensavo che davvero l'essere umano rischia di essere incontentabile.

Offriamo a tutti un servizio di eccellenza; eseguiamo in una sola giornata degli esami che anche in Italia vanno prenotati in precedenza con liste di attesa di vari mesi; siamo sempre aperti, anche in tempo di sciopero... Eppure quel che sentiamo sono sempre lamentazioni (siamo lenti, si aspetta per troppe ore per essere visitati, e cosi' via).

Nessuno poi si rende conto che, se tardiamo a prenderci cura di lui, e' perche' ci sono altri problemi o emergenze da qualche altra parte dell'ospedale.

Oggi per esempi, ho fatto ambulatorio con il sudore sulla fronte, tra un intervento chirurgico e l'altro: normalmente, dopo un'operazione si sentirebbe il bisogno di rilassarsi un po', di sorseggiare un buon caffe' espresso e di attendere di essere chiamati in sala nuovamente. Invece noi, dopo l'operazione apriamo la porta e iniziamo ecografie, gastroscopie, ecc. Quando pero' un cliente, invece di dirmi i suoi problemi di salute, senza nemmeno salutare prende ad apostrofarmi: "ma lo sai che ho aspettato per piu' di 5 ore e che vengo da molto lontano...", allora veramente devo fare uno sforzo per mantenermi calmo e per resistere alla tentazione di rispondergli in modo sgarbato.

Quando ci sono momenti del genere, sto zitto; invito il malato a sedersi un momento; vado a fare due passi nella shamba e poi torno per continuare la visita, senza fare alcun riferimento a quanto poco prima mi ha irritato. So che molti lo fanno per ignoranza; sono cosciente del fatto che non si rendono conto del nostro carico di lavoro; ed allo stesso tempo comprendo che una mia parola detta male ad un malato puo' diventare un boomerang, perche' poi lui andra' a spargere la "buona novella" di quanto siamo scortesi.

Per questo mi sforzo di perdonarli sempre, e di considerare ogni paziente come un dono di Dio, perche', se continuano a venire nonostante i nostri limiti ed i tempi di attesa a volte snervanti, e' perche' sono ancora contenti di noi... ricordo Matiri senza ammalati, prima del mio arrivo! Io mi sentirei morire se l'ambulatorio fosse vuoto nuovamente! Cio' sarebbe un segno chiaro che il Signore non ci benedice piu'... mentre, quando vediamo i nostri reparti pieni ed il pronto soccorso invaso dagli ammalati, il nostro cuore gioisce perche' indirettamente sappiamo che Dio  e' ancora contento di noi, nonostante tutti i nostri limiti, e che c'è una ragione per il mio arrivo a Matiri.

venerdì 29 marzo 2024

I HAVE A DREAM


 Sono sempre stato un sognatore.

Tanti sono stati i modelli che mi hanno aiutato a continuare a sognare: tra tutti cito Martin Luther King e Nelson Mandela.

Cerco di vivere il mio quotidiano come un sogno da realizzare giorno per giorno; come medico e come missionario continuo ad anelare ad un servizio veramente disinteressato e completamente donato, un servizio il cui scopo quotidiano sia di far sì che tutte le persone sofferenti possano essere accolte con competenza, dedizione, gentilezza e amore sincero.

Lo so che questo anelito si scontra ogni giorno con i miei limiti, il mio peccato e le mie contraddizioni: ma continuo a provarci, continuo a sognare; voglio tenere alti gli ideali e voglio continuare ad inseguire il mio sogno.

Vorrei essere capaci a fare di più per i malati che si affidano a me, che mi cercano ed a volte fanno lunghi viaggi per venire fino al mio ospedale.

So che i miei pazienti spesso soffrono moltissimo per malattie terribili o per gravi incidenti … il mio sogno è anche di continuare a studiare per servire sempre meglio, di raccogliere fondi per migliorare le nostre capacità diagnostiche e terapeutiche, di chiedere aiuto a colleghi più bravi di me che possano fare quello che io non sono in grado di fare .

Sarebbe bello che tutti i malati potessero essere accolti e curati, e che a nessuno si dovesse dire: "Vai altrove, perché non possiamo risolvere il tuo problema".

Non ci sono ancora arrivato, ma l'anelito a servire sempre di più e sempre meglio è costante nel mio cuore.

Ostinatamente credo che l'amore per il prossimo, soprattutto sofferente, sia la mia vocazione, la mia stella polare, la ragione ultima per cui mi alzo tutti i giorni.

Credo anche che la donazione ed il servizio incondizionato siano la mia gioia, la mia forza rigenerante, che mi gratifica e mi permette di ricominciare tutti i giorni.

Avere un sogno non significa che ci sia arrivato; ogni giorno faccio i conti con i miei fallimenti e con le mie cadute...ma il sogno mi indica la via; mi aiuta a rialzarmi dopo ogni caduta.

 

Dr Beppe Gaido

giovedì 28 marzo 2024

RIFLESSIONI DI UNA VOLONTARIA


 Parecchi giorni sono ormai passati dal mio rientro in Italia, dopo aver trascorso 3 indimenticabili settimane in quel piccolo angolo di mondo immerso nella natura.. così lontano dal nostro immaginabile. L'esperienza vissuta a Matiri è stata così grande ed intensa, che non è facile sintetizzarla in poche righe. Le emozioni provate sono state tante.... cercherò di esprimere quelle più significative.

 

Sebbene, a fatica, sia ritornata alla mia solita vita, mi è praticamente impossibile ignorare il ricordo dell'Africa lontana. Ogni luogo scoperto, ogni persona incontrata è riuscita ad entrare così profondamente nel mio cuore da lasciarmi dentro un incancellabile segno, una forza che mi permette di vedere la realtà presente sotto una nuova luce. La luce dell'Amore e del Volersi Bene. Fuori dal tempo e dallo spazio, nel posto più vicino all'anima dell'uomo, tra lacrime e sorrisi, sconfitte e conquiste, ogni giorno è stato unico.

 

Laggiù, più che mai, ho avuto modo di mettermi alla pari del povero, sperimentando l'importanza del donarsi, per la sola e semplice volontà di farlo!... e solo chi ha "sperimentato" e vissuto esperienze simili, può affermare quanto questo sia arricchente!

 

Rivestendo il ruolo di infermiera mi sono inserita, pian piano, nello "sconvolgente" mondo ospedaliero di Matiri. E sì, devo proprio ammettere che anche questo è stato un impatto alquanto "traumatizzante"... sentire, ovunque, le grida dei bambini, portati in spalla dalle loro madri, dopo in lungo cammino. La maggior parte di essi deve lottare contro la malaria o la polmonite: è straordinario vedere come una trasfusione e qualche antibiotico rappresentino l'arma vincente!

 

A volte è stato davvero difficile accettare e condividere le modalità operative del personale locale: per noi può essere incomprensibile l'ipotesi di utilizzare lo stesso deflussore per tre giorni per esempio! Oppure utilizzare gli stessi contenitori per residui alimentari, farmaci, sangue, senza grossa separazione.. ma grazie ad un buon spirito di adattamento (che  ritengo fondamentale!) ed alla capacità di andare oltre i nostri preconcetti, alla fine si riescono a superare pire queste difficoltà!

Venti giorni non sono molti, ma si sono rivelati sufficienti per farmi comprendere l'importanza del vivere e di toccare con mano la realtà africana. Non basta venirne a contatto unicamente attraverso riviste… attraverso la televisione... per conoscere pienamente l'Africa, penso sia necessario vederla con i propri occhi!

Solo così ci si rende veramente conto dell'immenso disagio che talvolta la caratterizza. E, nello stesso tempo, solo in questo modo possiamo realmente comprendere le fortune che, fin dalla nascita, possediamo in questa agiata vita europea.

 

La fortuna di avere un padre ed una madre… la fortuna di avere una casa accogliente, con acqua, luce, gas... la fortuna di avere una macchina... di possedere dei vestiti integri e puliti... la fortuna di avere un'istruzione, la sola possibilità di studiare. E' sconvolgente pensare a come, prima di partire, sottovalutassi l'importanza di tutto questo.

Mi è bastato un incontro con gli street-boys... le lacrime di una mamma che piangeva il suo bambino ucciso dalla malaria... gli innocenti sguardi di tanti bambini ammalati di varie patologie... la povertà che si manifesta in ogni angolo di strada che si percorre, per capire l'assurdità di tante nostre preoccupazioni, di tanti nostri problemi, il più delle volte nati da un mondo dominato dal Benessere.

E' stato veramente scioccante, per me, passare da una realtà che, senza rendercene conto, ci offre ogni cosa, ad un'altra sovrastata e fortemente condizionata dalla povertà.

 

Ma è stato anche bello scoprire la felicità e la gioia data dalle piccole cose, da un semplice abbraccio, da un sorriso... dal Bene che ci si può scambiare l'un l'altro, senza alcun prezzo!

 

In ospedale è impressionante osservare la rapidità con cui si apre il cerchio della vita e la stessa rapidità con cui si conclude. Ricordo la prima sera in cui ho assistito alla morte di un bimbo... ciò che ho provato in quel momento va al di là di ogni parola... voglio solo aggiungere e qui concludere che è stato bello affidare al Signore quella piccola creatura ormai trasformata in un angioletto...

 

 

Una volontaria

martedì 26 marzo 2024

UNA GRAVE RESPONSABILITA,

In questo momento sto pensando a quel passaggio del Vangelo in cui Gesu' dice in modo severo che "a chi molto e' stato dato, molto di piu' sara' richiesto".

E ci penso con un vago senso di colpa che mi pesa sulla 'bocca dello stomaco'.

Ieri notte infatti ero molto stanco, e, quando sono nuovamente stato svegliato per una emergenza, il mio umore era piuttosto terreo ed irascibile.

Ho chiesto all'infermiera che cosa ci fosse nuovamente, e lei mi ha rapidamente presentato il caso di una giovane donna con due pregressi cesarei.

Mi sono quindi rassegnato al fato, perche' sapevo che non c'erano alternative. Due cicatrici pregresse costituiscono infatti una indicazione assoluta al reintervento. Di li' non si puo' scappare.

Ma fuori della sala parto mi sono trovato di fronte il marito, che senza preamboli, mi ha chiesto di fare una ecografia alla sua donna prima di entrare in sala.

La fatica, la tarda ora notturna, la tensione e la mia natura umana piena di limiti hanno purtroppo agito come una miscela esplosiva, e sulle mie labbra sono sbocciate parole dure, che fluivano veloci come carrozze di un treno in corsa. Io mi rendevo conto che stavo dicendo cattiverie, ma non riuscivo a fermarmi, anche se gia' avvertivo l'amaro sapore del rimorso salirmi dalle viscere verso il cervello. Ho comunicato a quell'uomo in malo modo che il medico ero io e che lui non aveva il diritto di insegnarmi il mio lavoro; ero io quello che poteva decidere se un'eco era necessaria, a meno che potesse provare di avere una laurea equipollente alla mia. Non avrei voluto dire quelle cose, ma era come se mi trovassi su una strada in discesa ripida, e la mia auto avesse rotto i freni.

I poveri sono abituati ad essere umiliati da tutti, e quell'uomo si e' ritirato con la coda tra le gambe.

Poi, prima di entrare in sala, sua moglie, evidentemente scossa ed impauritra, mi ha domandato se almeno questa volta il feto fosse vivo.

La sua affermazione mi ha lascia tramortito, come un fulmine che incida un tatuaggio indelebile nella mia mente; mi sono quindi rivolto all'infermiera: "qual'e' la storia di questa paziente?"

"E' stata cesarizzata due volte, ma entrambi i bambini sono morti all'eta' di circa un anno a causa di polmoniti severe".

"Vuoi dire che non hanno figli?"

Lei ha annuito in silenzio.

Mi sono sentito un verme. Perche' sono stato tanto presuntuoso da umiliare quell'uomo senza neppure verificare le ragioni della sua apprensione?

"Speriamo che non sia andato via, e che stia aspettando fuori".

Mentre stavamo preparando la malata per l'ecografia precedentemente richiesta dal marito, mi e' stato riferito che la gravidanza non era completamente a termine, ma che la pressione arteriosa della mamma era altissima.

"Questa e' una di quelle situazioni tremende in cui si rischia di sbagliare comunque… ho gia' fatto degli errori imperdonabili con quel papa'… e se adesso non fossi capace di salvare il suo bambino? Meno male che la malata non mi ha sentito altercare con lo sposo!"

Ho eseguito l'ecografia con grande attenzione, ed il risutato e' stato di quelli che non ti tolgono il margine di dubbio… o la possibilita' di errore. Secondo la mamma, mancava ancora un paio di setimane alla 'data estimata' del parto. Secondo gli ultrasuoni, il bambino sembrava grosso abbastanza per poter sopravvivere.

"Cosa decidere? Aspettiamo fino a termine per evitare una eventuale immaturita' polmonare ed una insufficienza respiratoria? Ma se facciamo cosi', siamo sicuri che la pressione altissima non uccida il feto ancor prima di nascere… magari stanotte stessa? Questa coppia ha gia' sofferto tanto! E se la mia decisione portasse ad un nato-morto?"

Dopo qualche indecisione e' prevalsa in me la linea interventistica.

"Dobbiamo agire e tirar fuori quel bambino che ora ha un battito cardiaco perfetto, prima che l'ipertensione arteriosa causi il disastro".

Mi sono precipitato fuori, con la paura che quello sposo si fosse offeso e se ne fosse andato completamente. Ho scandagliato la sala di attesa, ma non l'ho visto. Quando ormai mi stavo disperando a causa della mia presuntuosa stupidita', me lo son visto spuntare da dietro una siepe. Era calmo e gentile… come se non fosse successo nulla.

Gli ho spiegato i mei dubbi, ed anche i rischi che ognuna delle due opzioni comportava. Lui e' stato risoluto nel sostenermi nella decisione verso l'operazione, ed e' stato poi bravissimo quando l'ho fatto parlare con la moglie. E' riuscito a convincerla e a farla entrare in sala senza troppe remore.

Certo Doreen aveva una paura palpabile. Subito dopo la 'spinale', quando l'ho vista tremare come una foglia e le ho messo una pesante coperta di lana sulle spalle e sul torace, lei mi ha confidato con una punta di facezia: "tremo, ma e' solo perche' sono terrorizzata… non ho freddo!"

Poi la mano di Dio e' stata con noi e ci ha guidati. Doreen ha continuato a pregare a bassa voce durante tutta l'operazione che e' fluita liscia come l'olio.

Il maschietto di 2600 grammi ha pianto subito come un forsennato, ed ha fatto la pipi', mentre lo passavo all'assistente.

E' stata una festa in sala operatoria. Evanjeline, la nostra infermiera, si e' messa a danzare in segno di gioia; Doreen ha cantata inni al Signore, e ci ha fatto da impianto di filodiffusione sino all'ultimo punto sulla cute.

La festa si e' quindi estesa anche allo sposo, che si e' messo a saltare e a fare capriole quando gli ho fatto vedere il pupo nella culla termica. Mi ha abbracciato, dimenticando e perdonandomi in quello stesso istante, e mi ha detto: "Doctor, dopo un tempo, ne deve venire un altro. Questa volta sento che Dio non ci togliera' nostro figlio… grazie…grazie!"

Guardando l'ora e vedendo che erano le 2.30 del mattino, mi sono sentito un po' svuotato e distrutto, ma anche molto contento. Quasi non ci credevo io stesso che fosse andato tutto bene, e sono ritornato da solo in sala parto per sincerarmi delle condizioni del pupo.

Poi l'eccitazione e' passata e mi sono avviato verso camera mia. Mi e' ritornato quel sapore salato del rimorso per come avevo inveito contro quel papa' senza sincerarmi prima delle sue condizioni emotive e delle sue reali paure.

Meno male che non se n' e' andato!

E' una grave responsabilita' davanti a Dio quella di umiliare i poveri.

Per loro il medico e' un semidio, e di fronte a lui non osano neppure tentare di spiegare le loro ragioni. Non hanno i mezzi culturali per controbattere, neppure quando il dottore ha torto.

Io in effetti ho ricevuto da Dio assai di piu' di molti di loro. Provengo da una famiglia relativamente agiata, ed e' per questo che ho potuto studiare. La cultura che ho e' un dono del Signore. Se fossi nato in uno slum di Nairobi o di Calcutta, forse non sarei un medico.

Che diritto ho io dunque di zittire una persona che e' stata meno benedetta di me dalla vita e dalla sorte?

Prima di mettermi sotto le lenzuola ho quindi recitato una preghiera in cui ho chiesto a Dio di perdonare la mia leggerezza e la mia superficialita'.

 

lunedì 25 marzo 2024

GRAZIE, LUIGI

Oggi ritorna in Italia il volontario Luigi Arba.
E' stato con noi tre settimane.
Gigi non è di professione sanitaria ma si è adattato benissimo a svolgere il suo servizio dapprima come OSS nel reparto donne, ed in seguito come aiuto fisioterapista.
Lo ringraziamo per la sua sensibilità, per il bene che ha saputo volere ai pazienti e per i rapporti positivi che è riuscito ad instaurare con il nostro personale.
A lui auguriamo ogni bene nel futuro della sua vita, e speriamo di rivederlo ancora a Matiri.

martedì 19 marzo 2024

LA MORTE DEI BAMBINI


 

Poco fa sono stato chiamato urgentemente a rianimare un bambino di 4 anni, appena arrivato in ospedale da molto lontano: era gonfio come un pallone su tutto il corpo, ma profondamente emaciato sul volto. Durante gli interminabili minuti in cui ho tentato la rianimazione del piccolo, la mamma era stata mandata in doccia per lavarsi ed indossare l'uniforme dell'ospedale.

Purtroppo però le mie mani sono state inutili ancora una volta... Il bambino, probabilmente cardiopatico grave o affetto da insufficienza renale, è spirato davanti a me dopo pochi istanti. Io sono rimasto annichilito e senza parole, come mi capita di solito. Non ho emesso grida o pianti isterici. Sono rimasto di pietra.

Quando la mamma è uscita dai servizi, ancora umida dopo il bagno salutare, mi si è avvicinata, ha guardato il bimbo, poi si è appoggiata con il suo braccio contro il mio, e mi ha chiesto: "se n'é già andato via?". Io ho posto la mia mano sulla sua spalla e le ho sussurrato: " Sì, se n'è andato così in fretta e non tornerà più".

Allora la disperazione della mamma è stata grande, ma muta. Ha toccato il corpicino ovunque; ha posto la sua bocca vicino a quella del figlio per sentire se ancora respirava. Le lacrime scendevano copiose, ma lei non diceva neppure una parola. Dopo attimi che mi sono parsi un'eternità mi ha fatto solo una domanda: "E' andato in Paradiso?". Io mi sono sentito un nodo alla gola che mi ha impedito di parlare per un po'. L'ho solo tenuta per un braccio ed ho alla fine balbettato: "certamente!".

Quanta sofferenza innocente, quanti bambini che si potrebbero salvare se solo fossero nati in un'altra parte del mondo!

lunedì 18 marzo 2024

SEMPRE DIFFICILE DECIDERE!


Agnes ha una cicatrice da pregresso cesareo: era stata operata nel 2019, ma il bambino era morto subito dopo essere venuto alla luce.

Ieri e' venuta in ospedale perche' aveva rotto le acque ed aveva sentito contrazioni la notte precedente. Al momento della visita (di domenica pomeriggio!) non aveva piu' le doglie, che si erano bloccate quasi subito dopo aver perso il liquido amniotico.

Secondo la data dell'ultima mestruazione (che lei dice di ricordare perfettamente, ma di cui io mi fido sempre molto poco), Agnes sarebbe di 37 settimane, e quindi tecnicamente potrebbe partorire un feto maturo abbastanza da non avere problemi respiratori.

Ho fatto l'ecografia ed ho visto che il feto era in presentazione trasversa, cioe' in una posizione che controindica in modo assoluto il parto naturale.

Ma la biometria fetale mi ha portato a indicare una eta' gestazionale di 32 settimane. Di liquido amniotico ce ne era ancora un pochino, anche se chiaramente Agnes aveva un oligoidramnios.

Da questo momento sono iniziate le mie crisi mentali:

-          Agnes ha gia' perso un figlio. Che faccio? La cesarizzo immediatamente visto che la presentazione trasversa e' una controindicazione al parto spontaneo? Pero' il feto e' piccolo; la maturazione polmonare non e' assicurata. Chi mi dice che non sara' un cesareo con esito in un secondo nato-morto?

-          Ma lei non contrae al momento, e quindi si potrebbe aspettare! Di liquido amniotico c'e' ancora qualcosa , ed attendendo posso anche farle del bentelan per incrementare la produzione di sulfactante negli alveoli. Ma se aspetto e domani mattina l'eco mi dimostra un feto morto in utero a causa dell'oligoidramnios, la mamma non mi accusera' per la perdita del bambino?

 

Ma alla fine mi decido per la posizione attendista, pur tormentato da tantissimi dubbi.

La natura poi fa il suo corso e viene a tagliar corto sulle mie agonie intellettuali.

Sono infatti le due di notte quando suona il cicalino e mi dicono che  Agnes ha complicato con un prolasso di cordone ombelicale.

Questa e' una situazione tremenda in cui bisogna agire al piu' presto, ed in cui il 90% dei feti non sopravvive a causa della ipossia, derivante dalla compressione sul cordone ombelicale.

Invece il Signore ci da' una mano, e la femminuccia che abbiamo tirato fuori per i piedi e con qualche difficolta' a motivo della presentazione trasversa, si mette a piangere sonoramente dopo appena cinque minuti di rianimazione.

Questa volta e' andata davvero bene, a parte l'ora del tutto sconveniente del cesareo... ma la responsabilita' della decisione finale sulla vita degli altri sempre pesa sul mio cuore come un macigno.

 

domenica 17 marzo 2024

SCIOPERO

E' in corso uno sciopero nazionale dei medici negli ospedali pubblici.

L'assenza dei medici ha portato al blocco dei ricoveri, anche se tecnicamente solo i medici sono in sciopero.

Per gli ospedali missionari, ciò ha portato ad un forte incremento del lavoro in tutti i settori, e principalmente in maternità ed in nei vari settori chirurgici.

A Matiri abbiamo visto un forte incremento dei ricoveri soprattutto per fratture, anche molto complicate.

Lavoriamo quindi tantissimo, di giorno e di notte

lunedì 11 marzo 2024

LA VITA APPESA AD UNA VENA


Normalmente te lo portano quando e' gia' stato bucato da tutte le parti.

Tu sei l'ultima spiaggia, e lo sai.

Questo non aiuta, perche' aumenta la tensione emotiva e la percentuale di errore.

Il bimbo e' quasi sempre gravissimo, o per una malaria estrema, o per una anemia paurosa.

Sei ben conscio del fatto che i farmaci o la trasfusione sono gia' tutti pronti, ma non potranno essere utili al piccolo, se tu fallisci.

Sistemi il bimbo sulla barella, con la sua testa verso di te. Ti siedi e ti concentri, come un pugile al proprio angolo del ring prima che inizi l'incontro.

Le condizioni sono di norma gravissime ed il respiro quasi sempre e' pauroso.

Pieghi la testa del tuo paziente su un lato, e gli fai estendere un po' il collo.

A questo punto te la vedi davanti: danza sotto i tuoi occhi beffarda, al ritmo del battito cardiaco impazzito del povero piccolo morente. La scorgi chiaramente solo quando il malato espira o tenta di piangere; mentre sparisce minacciosamente quando c'e' l'inspirazione.

Sei pronto con il tuo ago cannula tra le dita, e spii il momento giusto per affondarlo, come un cecchino appostato e pronto a sparare.

Devi riuscire a bucarla, in quelle frazioni di secondo in cui e' visibile. E' un fatto di concentrazione e di riflessi… ed e' spesso anche una lotta contro il tempo. Quando hai infilato la cannula, e vedi un po' di sangue risalire in essa estraendo il mandrino, allora hai la percezione che forse salverai la vita del malcapitato. Ti affretti a mettere cerotti per non perdere il traguardo raggiunto.

Ma se la vena gonfia, sei ben cosciente del fatto che hai un'altra "pallottola" soltanto… perche' le giugulari sono solo due, e per noi sono davvero l'ultima spiaggia.

Ripeti l'operazione, normalmente in modo piu' nervoso, dall'altro lato del collo… ed ancora speri di riuscirci velocemente… se no, lo sai che il bambino morira' per causa tua. La mamma poi e' in piedi vicino a te. Si contorce di dolore ogni volta  che buchi la sua creatura, come se la cannula entrasse direttamente nel suo cuore. Spesso puo' anche svenire!

E tutto questo e' sulle tue spalle: la vita del piccolo e' appesa ad una vena, o forse meglio… e' appesa ad un ago… e questo ago in mano ce l'hai tu.

lunedì 4 marzo 2024

C'ERA UNA VOLTA


C'era una volta,

un ospedale rurale in un Paese dell'Africa .

Questo ospedale aveva certamente tanti problemi, tante carenze... ma comunque offriva servizi importanti per la gente della zona.

In esso venivano accolti anche volontari, e, come sempre capita, c'era un miscuglio delle personalità più diverse: c'erano volontari che non parlavano ed altri che invece avevano commenti più o meno benevoli su tutto ciò che il personale locale faceva o non faceva; c'erano coloro che si integravano benissimo con lo staff e coloro che invece si tenevano separati, giudicando i dipendenti dell'ospedale come pigri e svogliati.

Un giorno due volontari dovevano prendere una barella e portare un paziente in sala per l'intervento: il primo di essi si scandalizza e comincia a commentare ad alta voce: "ma guarda che sporca questa barella!!! Polvere, ragnatele...chissà da quanto non la puliscono! Certo il personale qui non ha voglia di lavorare!"

Il secondo volontario sta zitto. Aiuta comunque a prendere la barella ed a coprirla con lenzuola pulito. Quindi insieme i due volontari prendono il paziente e lo accompagnano in sala.

L'indomani mattina, la scena si ripete.

C'è bisogno della barella nuovamente.

Bisogna portare un altro paziente per l'intervento.

Con sorpresa il volontario loquace nota che la barella è stata pulita benissimo, e nuovamente commenta in modo sarcastico: "domani nevica; non mi sarei mai aspettato che la pulissero".

Il secondo volontario tace, ma sa benissimo quello che è successo: invece di parlar male dei dipendenti, ha deciso di pulire lui stesso la barella. Mentre lo faceva, alcuni dello staff sono venuti ad aiutarlo senza essere chiamati.

Morale della favola: è ovvio che un ospedale rurale in Africa non ha gli standard europei, nè di servizio, nè di igiene; è altrettanto ovvio che ci sono tanti limiti nel modo di lavorare...altrimenti non ci sarebbe neppure bisogno dei volontari!

Comunque la critica sterile non serve a nulla; non unisce e non trasforma la struttura; l'esempio silenzioso invece trascina; ed il servizio offerto con umiltà è il modo migliore per far crescere il servizio.

sabato 2 marzo 2024

QUANDO IL DR WINTERS E' A MATIRI...


 

...è sempre una giornata speciale.

Si lavora tantissimo, si operano casi estremamente difficili, ma sempre si respira un clima rilassato e pieno di armonia.

E' una gioia grande accogliere il Dr Winters al sabato: da una parte, ci permette di affrontare situazioni complesse che, senza di lui, dovremmo mandare in altri ospedali; dall'altra riempie la giornata di pace e di serenità.

Il Dr Winters viene a Matiri a titolo completamente volontario: non riceve uno scellino per il servizio che ci offre.

La sua presenza umile, competente e laboriosa lo rende per noi un modello da imitare.

Oggi ha lavorato con il Dr Riccardo Bonfanti: si sono capiti al volo e si sono aiutati vicendevolmente.

Pure oggi siamo stanchi: 5 casi ortopedici complessi e due cesarei, oltre a parecchie visite ambulatoriali.

Siamo però molto contenti e motivati.

Il sabato è diventato la giornata più pesante della settimana, dal punto di vista chirurgico-ortopedico...ma è anche il giorno in cui l'ambiente di lavoro in sala è davvero ottimo.

martedì 27 febbraio 2024

E SE FOSSE GESU'?

E SE FOSSE GESU'?

Erastus è stato trasportato nel nostro ospedale dalla polizia.

Ha una piccola ferita lacero-contusa sulla gamba destra.

Il problema è che ci sono frammenti ossei che spuntano dal taglio: si tratta quindi di una frattura esposta.

Il poliziotto è veloce a dire che si tratta di un povero che non ha nessuno e che in genere vive di elemosina al di fuori delle chiese. Per le mie orecchie, ormai avvezze a questi discorsi, il messaggio subliminale è chiarissimo: "non aspettarti alcun contributo economico da nessuno".

"Che cosa è successo?" chiedo io, glissando l'argomento che mi era stato appena proposto.

"Non conosciamo bene la dinamica, ma pare che gli sia caduto un pietrone sulla gamba".

La mia riflessione è molto lineare: se lo mando altrove, nessuno penserà di operarlo perchè non ha soldi; se non facciamo l'intervento subito, l'osteomielite distruggerà certamente l'osso esposto ed il risultato finale potrebbe essere una amputazione o anche una setticemia.

"Ricoveriamolo subito; programmiamo una lastra e l'intervento di fissazione interna".

Il poliziotto vuole essere sicuro di quello che ha sentito: "sappi che nessuno verrà a pagare, e che noi come istituzione non possiamo venirti incontro finanziariamente".

 "E se questo poveraccio fosse Gesù in persona, lo manderesti via senza aiutarlo?" chiedo all'ufficiale che evidentemente apprezza la nostra decisione, rispondendomi con un largo sorriso.

Mentre scrivo queste due righe, Erastus è già operato: gli abbiamo messo un chiodo di Sign nella tibia, ed abbiamo fondata speranza che ritornerà a camminare come prima.

A causa di una chiamata in maternità alle 3 di notte, oggi non ho pregato molto in cappella; ma sono in pace, perché Gesù lo abbiamo incontrato ugualmente, e non gli abbiamo chiuso il nostro cuore.

lunedì 26 febbraio 2024

NAOMI


Grazie di cuore all'infermiera Naomi, che oggi lascia Matiri per tornare a Londra dove lavora.

E' stata con noi per quasi un mese ed è stata una bellissima presenza nel reparto uomini dell'ospedale.

Naomi è mia volontaria per la seconda volta, e per la prima volta ha vissuto l'esperienza di Matiri.

Per me è stato bello rivederla: questa volta siamo stati insieme di più e ci siamo conosciuti meglio.

Naomi è una persona silenziosa ed estremamente laboriosa: una bella figura di volontaria.

Speriamo di rivederci presto, a Matiri o a Londra. 

POST IN EVIDENZA

HO FATTO BINGO

Omar viene dal nord del Kenya. A causa di dolori addominali, i medici locali lo avevano mandato a Nairobi per accertamenti. Lui aveva ...