Apro la porta per accogliere il prossimo paziente ambulatoriale. Mi trovo davanti una donna esile ed altissima. Il suo corpo e' completamente coperto di nero, ed il chador lascia intravvedere degli occhi vivacissimi attraverso la minima fessura.
Come sempre vengo attratto dall'aura di mistero che circonda queste creature completamente nascoste al nostro sguardo. Con lei entra un uomo che veste abiti tradizionali islamici e porta in mano il rosario con i 99 grani corrispondenti alle litanie di Allah che il buon musulmano prega continuamente.
Chiedo alla paziente quale sia il suo problema; mentre parlo, guardo il marito direttamente, perche' so che lei non potra' rispondermi. Parlera' solo lui. Lui mi dice che sua moglie non riesce ad avere bambini, dopo 3 anni di matrimonio.
Io mi rannicchio tra le spalle e mi sento impotente. Chiedo al marito se potro' visitare la moglie, metterle una sonda ecografica sulla pancia, mandarla a fare esami di laboratorio anche un po' privati. Su questo l'uomo non ha problemi, a patto che lui possa essere sempre presente durante tutti i test clinici.
E' sempre stato un po' imbarazzante per me visitare una malata sotto l'occhio vigile dello sposo, ma ormai, dopo anni, mi ci sono abituato. Quando ho bisogno di chiedere qualcosa alla donna, mi rivolgo direttamente al partner. Per altro so che lei non mi comprenderebbe perche' quasi sicuramente non e' mai andata a scuola e non capisce il kiswahili. Completo tutti gli esami senza alcuna chance di vedere la ragazza in faccia. Riesco pero' a capire che ha 18 anni. Con un rapido conto matematico, mi sovviene della pratica, molto comune al Nord, di sposare ragazze giovanissime, a volte di 14 o 15 anni di eta'.
Spiego al marito che tutti gli esami sono a posto; che la moglie ha un organismo perfetto e che forse si tratta solo di una immaturita' biologica legata al fatto che il sistema genitale non e' ancora completamente sviluppato, data la tenera eta' in cui la giovane ha tentato di diventare mamma. Propongo una terapia medica di tre mesi per stabilizzare un eventuale disturbo ormonale.
Dico loro di prendere la situazione con calma, di non drammatizzare e di evitare atteggiamenti colpevolizzanti, perche', se la donna viene troppo stressata da questo punto di vista, influenze psicologiche e segni di depressione potrebbero impedirle di concepire normalmente.
Poi abbozzo una domanda al marito, anche se mi aspetto gia' la sua risposta: "Baba, sarebbe una cosa molto buona se anche tu ti sottoponessi a degli accertamenti, in quanto, come ben sai, avere un figlio o non riuscire ad averlo, dipende dalla moglie solo per il 50%. Cosa ne dici, se facciamo uno spermiogramma?"
La risposta e' stata un secco no. L'uomo, un po' alterato per la mia interferenza, mi dice che lui e' sposato anche con un'altra moglie dalla quale ha un figlio di 3 anni. Io insisto un po', e gli ricordo che nel giro degli ultimi 3 anni qualcosa potrebbe essere cambiato, e che anche lui, nonostante il figlio primogenito, potrebbe essere responsabile dell'infertilita'. Dopo un breve dibattito mi accorgo che per me e' inutile combattere una battaglia gia' persa. Decido di dare la terapia alla ragazza che non ho mai visto in faccia, e li saluto augurando loro di avere successo nella loro ricerca di posterita'.
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