martedì 28 febbraio 2023

Gli abbiamo salvato la vita

Bonface è arrivato domenica pomeriggio da molto lontano. E' stato portato qui con la speranza che noi potessimo fare qualcosa per lui.
Ha dolori lancinanti all’addome, ed in prima battuta sembra che si tratti di un’ulcera peptica.
Sono solo a quell’ora della domenica e cerco di fare del mio meglio.
Visitandolo mi pare che l’addome sia trattabile e che quindi non ci troviamo di fronte ad una emergenza chirurgica. Ascolto i suoni intestinali appoggiando il fonendoscopio sulla sua pancia, e la peristalsi è presente, anche questo è un elemento incoraggiante.
Faccio un’ecografia, che al momento non mi mostra nulla di particolare.
Instauro una terapia per un’eventuale ulcera, pensando ad una gastroscopia l’indomani mattina.
Passo a rivedere il paziente più volte. Le sue condizioni si dimostrano stabili, ma il dolore addominale, soprattutto ai quadranti superiori, rimane lancinante e non accenna assolutamente a diminuire, nonostante tutte le nostre medicine.
Vado a dormire preoccupatissimo, ed al mattino alle 6 già sono nel reparto uomini, con la vaga paura di non trovarlo più. In realtà Bonface è presente, ma ora le sue condizioni sono peggiorate: ha la pancia molto distesa e dura, ed è assai sofferente.
Rifaccio un’eco urgentemente, ed il quadro è totalmente cambiato.
C’è fluido tra le anse intestinali, e subito penso ad un’ulcera perforata.
Si tratta di un addome acuto. Vista la storia, continuo a pensare ad un’ulcera perforata.
Ci mettiamo pochissimo ad iniziare.
Lavoro con calma insieme al mio staff di sala. Apriamo strato per strato. Dopo aver inciso la fascia, il peritoneo sporge all’infuori come se fosse sotto pressione.
Incisa la lucente parete peritoneale, eccoci di fronte ad una sorpresa: non c'è liquido fecaloide, e non c'è neppure materiale gastrico tra le anse. Il versamento c'è, eccome, ma è ematico.
Sulle anse intestinali sono cosparse delle particelle biancastre, che somigliano molto al latte cagliato. Il sangue si è infiltrato tra le anse e pare provenire da una zona particolare, che ricordo benissimo perchè all’esame di patologia chirurgica me l’hanno chiesta per due volte, bocciandomi in entrambi i casi. Si tratta della retrocavità degli epiploon.
Comincio subito a darmi dello scemo per non aver chiesto un'amilasi il giorno precedente. Si tratta di una pancreatite acuta necrotico-emorragica. Analizzo anche lo stomaco e le anse intestinali: non ci sono perforazioni. Forse ho aperto per niente, non so.
Alla fine di circa due ore e mezza di lavoro, Bonface è in camera sua: ha un sondino nasogastrico, un catetere vescicale, quattro drenaggi che gli escono dalla pancia e attraverso cui facciamo dei
lavaggi continui con fisiologica.
Che fortuna per Bonface e per la sua famiglia.
La necrosi del pancreas è avvenuta quando già era ricoverato.
Ora speriamo in un buon recupero post-operatorio.
Ovviamente sarà necessario che Bonface smetta di bere, percè alla prossima ricaduta la pancreatite potrebbe essere fatale.

Fr. Beppe Gaido


Tuboplasty

Many believe that it is useless to do a tuboplasty to somebody who cannot have children because of bilateral tubal blockage, because the rate of success of the operation is extremely low according to literature.
But because it is the last procedure many people here can afford, I have always decided that it is worthy to try. Actually very few of my patients would have enough money to try an “in vitro fertilization”:
so at least we get a chance with tuboplasty.
Although I do not have data from Chaaria before and Matiri now, I can say for sure that tuboplasty is not a useless operation, because after it many couples have got children.
Even today I had a great joy when I have done an ultrasound to a patient I had operated at the beginning of September: she is already pregnant. The embryo is viable, the heart activity is present and I was even able to see the embryonic movements in the amniotic fluid.
The gestational age is of 10 weeks.
What an experience to show the picture on the monitor to the anxious mother who was infertile and did not have any child! What an emotion for me when she cried of joy and started to pray in order to thank God for the life she had conceived!
With this post I simply wanted to share my satisfaction for the pregnancy we have achieved just 4 months after the tuboplasty.
Even last week I have visited a patient for other problems. Actually she had a severe backache due to osteoarthritis. Suddenly she asked me if I could remember her. Of course I said no. Then she continued saying that she was so grateful to God and to me because she was infertile; I have operated her of tuboplasty at the beginning of 2019 and, few months later, she was pregnant. Now the child is 4 years old.
Results like those ones will encourage us to continue with the procedure even in future.

Br Beppe


lunedì 27 febbraio 2023

La piccola Risper

Non ci abbiamo capito niente.
Sette mesi di età, è stata ricoverata per febbre altissima (39-40 gradi).
La febbre non rispondeva ai normali antipiretici.
L'esame della malaria era negativo, così come la puntura lombare.
La lastra del torace era negativa e non mostrava nè segni di polmonite e neppure di tubercolosi.
L'emocromo dimostrava la presenza di un'infezione, con 19.000 globuli bianchi, e di una importante anemia con 6 grammi di emoglobina.
Non aveva segni clinici di otite.
L'ho trasfusa ed ho inserito un antibiotico alla cieca.
Per la febbre ho continuato con paracetamolo in supposte e con idrocortisone in vena. Ieri sono apparse aree bluastre sulla cute, a macchia di leopardo.
Nonostante la terapia instaurata, oggi Risper è andata in Paradiso. Troppo presto, ed io non ci ho capito niente.
Non sono riuscito ad aiutarla.
Ora è dura per me spiegare alla mamma cosa sia successo alla sua piccola.
So per esperienza diretta rivissuta tantissime volte, che ogni esito positivo in medicina non viene mai vissuto come una vittoria ma come obbiettivo dato per scontato, mentre ogni esito negativo lascia profonde frustrazioni, sensi di colpa e mille domande sull’operato che non pare mai adeguato.
Chi responsabilmente vive la missione di medico passa la propria vita non solo a combattere con le malattie, ma anche contro questi drammi interiori.
PS: nella foto la nuova maglietta di Matiri.

Fr. Beppe Gaido


domenica 26 febbraio 2023

Anche oggi stanchissimi e contenti

Abbiamo corso da mattino a sera. Sala operatoria pesantissima. Al sabato spesso lavoriamo in fluoroscopia per fratture complesse, e questo aumenta la fatica. Ci si deve coprire con i camici piombati e si suda tantissimo, i tempi operatori si prolungano dovendo preparare il fluoroscopio e ripetere molti controlli prima di ottenere la riduzione desiderata.
Certamente però la fatica è ripagata dal pensiero che questi interventi non avremmo potuto farli senza questo preziosissimo strumento radiologico.
Nella foto vedete l'ultimo intervento di oggi: frattura distale di radio e dislocazione delle ossa carpali prossimali.
In visione radiologica siamo riusciti a ridurre il carpo con dei fili di Kirshner.
In passato avremmo mandato il paziente ad un chirurgo della mano.
Siamo stanchi, ma anche contenti del numero sempre maggiore di persone che si rivolgono a noi per problematiche traumatologiche.

Fr. Beppe Gaido



venerdì 24 febbraio 2023

Lucyline

La conosco da pochi mesi e sembrava nel fiore della salute.
Alta e forte, grande lavoratrice. Trentacinquenne e madre di una bambina ancor piccola, aveva richiesto di lavorare con noi per arrotondare le entrate della famiglia che faceva fatica ad andare avanti.
Le avevamo proposto una sostituzione di vari mesi per una nostra dipendente che avrebbe dovuto passare l’intera gravidanza a letto.
Verso lo scadere del suo periodo di lavoro, Lucyline ha cominciato ad accusare vaghi dolori e bruciori alla parte superiore dell’addome, insieme a sensazione di ripienezza anche a digiuno.
Le abbiamo fatto una ecografia, per escludere una pancreatite o una patologia delle vie biliari: era tutto negativo. Anche gli esami epatici erano nella norma, ed il parassitologico delle feci negativo.
Ho quindi praticato una gastroscopia e ho diagnosticato un’ulcera peptica cronicizzata, con segni di gastrite associata.
Lucyline ha iniziato la terapia, ma con poco giovamento.
Con grande sorpresa poi, me la sono trovata in ospedale due settimane dopo, verso mezzanotte, con un addome così disteso da sembrare una gravidanza a termine, con gonfiore alle gambe e con segni evidenti di difficoltà respiratoria.
Visitandola, mi sono accorto che quella pancia doveva essere piena di fluido. Ho rifatto un’eco.
“Magari ha una cirrosi epatica, o una insufficienza renale”, penso tra me.
Ma lo “scan” mi confonde ancora di più: fegato e reni sono normali, e tutti gli organi esaminati mi paiono nella norma, incluse le ovaie.
L’unica differenza dall’esame ultrasonografico precedente è la massiccia presenza di acqua (chiamata in medicina ascite): ce n'è così tanta da provocare una compressione sul diaframma e non permettere a Lucyline di respirare bene.
Lei ha anche febbre alta.
Faccio un piccolo prelievo con siringa per essere sicuro che non si tratti di sangue, nel qual caso penseremmo ad una gravidanza extrauterina, e dovremmo correre in sala operatoria. Il materiale che recupero è giallo citrino, con vaghe sfumature al verdastro: non è sangue, e quindi non mi trovo di fronte a quello che temevo. Non pare neppure fecale, e perciò non ritengo possa trattarsi di una perforazione intestinale. E’ comunque così giallo da farmi pensare che possa trattarsi di una forma infettiva: peritonite non credo, in quanto ci sono sia i movimenti che i suoni intestinali, e la pancia
non ha la resistenza lignea di quella patologia.
Sveglio il laboratorista e faccio partire qualche esame urgente: la VES impressiona in quanto è di 85, ma i globuli bianchi all’emocromo sono sostanzialmente inalterati. “Bianchi” normali, insieme all’assenza di segni clinici, distolgono il mio pensiero per esempio da una appendicite che si sia già perforata.
Nei meandri della mente penso che potrebbe trattarsi di tubercolosi intestinale; ma prima di sottoporre la malata a sei mesi di pesante terapia antibiotica, ne voglio essere sicuro.
Per ora la “copro” con del Rocefin, e le do dei diuretici. Gli elettroliti infatti sono nella norma, e me lo permettono!
Trattandosi di una persona che noi conosciamo, decido di fare tutti gli esami possibili. So che a volte anche i tumori maligni esordiscono in questo modo bizzarro.
Il mattino seguente, prima di orientarci eventualmente ad una TAC, preleviamo circa due litri di materiale ascitico, e lo inviamo per esame batteriologico (ricercando soprattutto il bacillo della TBC) e
citologico (sospettando qualche forma maligna di cui non conosciamo l’origine).
Il colleghi patologi capiscono che si tratta di un caso molto urgente, e ci danno la risposta in quattro giorni: non c'è crescita di micobatteri della tubercolosi, ma purtroppo nel liquido vengono trovate cellule tumorali maligne, di partenza quasi certamente gastrica.
Si tratta dunque di una carcinosi peritoneale (cioè di estese metastasi alla cavità addominale), ed ormai il tumore è totalmente fuori controllo.
Che disfatta per noi, e che sfortuna per Lucyline.
Non ha avuto mal di stomaco per più di due settimane, ed ora il cancro ha già dato metastasi generalizzate.
Purtroppo poi, sappiamo che, pur volendo fare della chemioterapia, i risultati su tale tipo di neoplasia sono assolutamente deludenti.
Ne ho parlato con i parenti che, dopo lunga consultazione, decidono di non sottoporla a tale “croce”, molto probabilmente incapace di prolungarle la vita e certamente assai pesante per la qualità della sua esistenza negli ultimi anni che il Signore le concederà.
Che mistero la sofferenza?
E’ inutile chiedersi “perchè”, in quanto non si troverebbero risposte.
Oggi Lucyline sta meglio, grazie soprattutto ai diuretici e vuole andare a casa. I familiari mi chiedono di non dirle nulla della diagnosi, ed essa è euforica perchè l’acqua nella pancia si è ridotta moltissimo. Le do il foglio di dimissione con un nodo alla gola, mentre le raccomando di salutarmi la sua bambina. Sono sicuro che la rivedrò prestissimo, magari emaciata e nuovamente con il pancione.
La sua storia mi ha depresso profondamente, e di nuovo mi ha posto brutalmente di fronte all’ineluttabile.
Domande del tipo: “come fa Dio a permettere certe cose?”, fanno capolino nel mio subconscio ma mi sforzo di non imbucare questa strada che non mi porterebbe da nessuna parte, se non ad un maggior disagio emotivo. Nella fede tento di ripetere a me stesso che “le Sue vie, non sono le nostre vie”, e che “Dio non turba mai la gioia dei Suoi figli, se non per darne loro una più grande e più certa”.
PS. Oggi la lezione del giovedì è stata affidata ad Erick Kebira, a Matiri per il suo tirocinio al quinto anno di Medicina. Abbiamo avuto una bella tavola rotonda, incentrata sull’uso razionale degli antibiotici.

Fr. Beppe Gaido



mercoledì 22 febbraio 2023

Fratture pediatriche

Amos ha 7 anni ed è così piccolo da dimostrarne 5.
E' impolverato e sporco, così come la mamma che non ha un solo dente sano.
Sono arrivati alle 8 di sera e mi han trovato ancora alle prese con l’ambulatorio.
Vengono dal Tharaka, e sono poveri, ragione fondamentale per una immediata intesa psicologica non verbale tra di noi.
Chiedo alla madre di dove sono, e mi dicono che provengono da Kathangacine. Già la parola suscita in me un rispetto incommensurabile: 80 chilometri di sterrato che la donna si è fatta spendendo un sacco di soldi per essere trasportata fin qui a cavallo di una motocicletta cinese.
Ha viaggiato con Amos legato alla schiena in un pareo.
“Ad ogni asperità del terreno si metteva a strillare di dolore!”, mi ha confidato con le lacrime agli occhi.
Visito rapidamente il piccolo, e non mi ci vuole molta scienza per comprendere che il femore sinistro è spezzato in due. La madre insiste che si tratta invece del ginocchio, e non della coscia.
Continuiamo a dissentire per un po’, ed alla fine devo ricorrere ad un metodo un po’ rude per convincerla: le metto una mano su quello che io penso sia il focolaio di frattura; poi premo la sua mano con la destra, mentre la mia sinistra solleva lentamente il piedino di Amos, che strilla in un attimo di dolore intensissimo. La donna ritrae l’arto con una smorfia di orrore; ha avvertito lo scroscio dei monconi ossei che andavano in collisione.
A questo punto facciamo la radiografia che conferma il mio sospetto diagnostico.
Mettiamo una doccia gessata per la notte, al fine di controllare il dolore ed operiamo Amos la mattina seguente.
Intervento andato benissimo con chiodo pediatrico di Sign.
La giornata dell’intervento, fatto in anestesia spinale, è abbastanza problematica a motivo del dolore, ma già il giorno seguente Amos è in piedi con piccole stampelle, sotto lo sguardo vigilie del fisioterapista.
La mamma è entusiasta e quasi non ci crede. In quarta giornata post-operatoria di letto il mio paziente, che ora cammina senza più ricordarsi delle stampelle.
Lo redarguisco di non arrampicarsi più sugli alberi di mango, se non vuole un chiodo anche nell’altro femore.

Fr. Beppe Gaido


lunedì 20 febbraio 2023

Rimani con noi perché si fa sera

Alla diocesi di Meru stiamo vivendo la settimana di preghiera per i malati, che culminerà sabato con la celebrazione della giornata del malato presso l'ospedale Cottolengo di Chaaria. Tutte le strutture sanitarie della diocesi parteciperanno alla celebrazione con una rappresentanza di malati e di personale sanitario. In questa settimana, oltre a continuare con il nostro impegno di servizio e dedizione ai malati, organizzeremo anche momenti di preghiera con loro.
Vogliamo anche che sia la settimana dei malati poveri, e cercheremo di aiutare economicamente quelle persone che non possono pagarsi le cure sanitarie.
Domani per esempio opereremo un giovane poverissimo con frattura di femore.
La sua famiglia non ha soldi, e l'intervento sarà completamente pagato da persone di buona volontà.

Fr. Beppe Gaido





Amore di figlia

La paziente ha una forma di demenza senile. Purtroppo è caduta ed ha riportato una frattura pertrocanterica.
Abbiamo comunque deciso di operarla perchè prima della caduta era ambulante ed ora ha un inizio di piaghe da decubito.
La figlia era molto preoccupata perchè pensava che la mamma non avrebbe sopportato l'intervento.
Allo stesso tempo voleva che la madre non avesse male e che possibilmente ricominciasse a camminare.
Alla fine siamo entrati in sala, con la figlia ad attendere la mamma fuori. La figlia continuava a piangere, per cui ho deciso di informarla subito che l'intervento era andato bene.
La sua domanda mi ha sorpreso: "La mia mamma può sorridere ora?".
Le ho detto di sì, ma non ne ero sicuro a motivo della demenza.
E' stato commovente quando siamo arrivati in camera.
Il bacio della figlia alla mamma che sorride mi ha fatto piangere: casualità? Non so.
Questi sono i momenti più belli nella vita di un medico e di un missionario.

Fr. Beppe Gaido


sabato 18 febbraio 2023

Escherichia coli enterotossigeno (ETEC) a Matiri

Nell’ultimo mese si è verificata una piccola epidemia tra i volontari, che uno dopo l’altro sono crollati sotto le grinfie di questo microorganismo. Anche il sottoscritto ha accusato sintomi causati da tale batterio.
Pur se classificato come il più frequente tra gli agenti eziologici di “diarrea del viaggiatore” (Davidson’s. Principles and Practice of Medicine. Churchil Livingstone), l’escherichia coli enterotossigeno dà a volte sintomatologie proteiformi che possono anche essere prive di diarrea.
La presentazione clinica più frequente, nella recente esperienza, è quella con diarrea acquosa e tenesmo per alcuni giorni. A volte si associa una febbricola che in taluni casi può salire fino ai 39.
Frequente è anche la nausea, che si accompagna a sudorazione profusa ed a senso di svenimento. Talora il paziente ha cefalea e dolore epigastrico.
Non mancano casi in cui prevalgono i segni legati al tratto alto del tubo digerente, con nausea, vomito, sudorazioni e senso di malessere, senza però diarrea.
La maggior parte dei problemi accusati al paziente sono legati alla presenza in circolo di enterotossine prodotte dall’escherichia.
Senza trattamento, la sintomatologia può trascinarsi fino ad una settimana o più.
La cosa migliore è ricorrere alla terapia con ciprofloxacina ai primi sintomi. Tale farmaco stronca il decorso dell’infezione, portando a risoluzione dei sintomi in 48-72 ore. Utile è inoltre una buona reidratazione orale con acqua bollita, the o bibite (in pratica, bisogna bere molto anche se si avverte nausea ed anoressia!).
Il colpevole di tali forme morbose a Matiri è certamente l’acqua che pompiamo dal fiume Mutonga.
L’acqua che beviamo è in genere comprata, ma bisogna fare attenzione per esempio nel lavarsi i denti con acqua corrente. Inoltre può essere rischioso mangiare pomodori crudi, in quanto lavati con acqua corrente.
Mentre ricordo a tutti i volontari che vogliono venire a Matiri che un incidente del genere potrebbe toccare anche a loro, aggiungo che la ciprofloxacina è sempre efficace. Infezioni da escherichia sono state contratte da un discreto numero di volontari, ma tutte si sono risolte senza problemi.
Invito anche a fare la massima attenzione nell’uso dell’acqua corrente, e ad evitare le verdure crude o la frutta non sbucciata.

Fr. Beppe Gaido


venerdì 17 febbraio 2023

Una cisti pancreatica

NN si è presentato a Matiri con una grossa massa in regione epigastrica.
Ha riferito di essere stato attaccato da una mucca che lo ha incornato nella pancia nel dicembre scorso.
Era stato suturato in un dispensario rurale ma non era stato fatto altro.
A detta del paziente la massa addominale ha cominciato a crescere in quella occasione. Con il senno di poi, dubito che sia vero!
Si è quindi rivolto a vari ospedali, dove un buon numero di ecografie è stato fatto: ognuna diceva una cosa diversa.
Si è parlato di emoperitoneo da lacerazione epatica in un caso, di rottura di milza in un altro.
Il fatto strano è che non lo ha operato nessuno anche dopo le ecografie e la cosa ancor più sorprendente è che il paziente sia ancora vivo, ammesso che le diagnosi fossero corrette!
E' venuto a Matiri con le sue gambe. Il problema più gosso era il dolore addominale e la massa sempre piu' grande.
Andava di corpo normalmente e non vomitava. Ho rifatto io un'ecografia ed ho visto una grossa massa cistica che e occupava epigastrio, ipocondrio sinistro e mesogastrio fino all'ombelico.
Non mi sembrava assolutamente un emoperitoneo, dal momento che la raccolta liquida aveva pareti ben visibili.
Non mi è sembrato il caso di far spendere al paziente i soldi per la TAC, ed ho deciso di fare una laparatomia esplorativa.
Ed ecco che sono arrivato alla diagnosi in visione diretta: massa cistica attaccata posteriormente al peritoneo parietale ed anteriormente alla parete posteriore dello stomaco.
Ne avevo viste altre di cisti del genere, ed il Dr. Pietro Rolandi, mio maestro e mentore, mi aveva insegnato sia la diagnosi che la terapia chirurgica.
Si trattava certamente di una pseudocisti pancreatica enorme!
Secondo quanto Pietro mi ha insegnato, ho aperto la cisti attraverso la parete posteriore dello stomaco, ho drenato 2400 ml di liquido marrone, e poi ho marsupializzato i margini della breccia di drenaggio, in modo che essa non si chiuda più e continui a drenare i contenuti pancreatici nello stomaco...in pratica ho fatto un drenaggio permanente pancreatico-gastrico.
Il paziente è in seconda giornata post-operatoria e sta andando bene.
La causa della massa addominale alla fine sembra più legata all'eccessivo consumo di alcool, che non all'incornata di una mucca.
PS: la foto si riferisce alla lezione di oggi, tenuta dal Dr. Dennis sul tema: salute mentale degli operatori sanitari.

Fr. Beppe Gaido


mercoledì 15 febbraio 2023

Miriana

Anche Miriana torna in Italia oggi, dopo due settimane di generoso servizio infermieristico a Matiri.
Sono stato molto contento di lei che si è inserita benissimo, ha collaborato senza problemi con i suoi colleghi keniani, ed ha veramente lavorato tanto.
Si è impegnata soprattutto nel reparto donne, ma ha collaborato anche nel dipartimento uomini, in maternità ed in ambulatorio.
Ha assistito ad alcuni interventi (incluso un cesareo), ed ha collaborato con il nostro staff come infermiera di sala.
Miriana è stata una presenza positiva e non giudicante: ha apprezzato gli aspetti positivi del nostro servizio, senza focalizzarsi troppo sugli inevitabili difetti.
E' stato bello condividere con lei i pasti ed alcuni momenti di svago dopo cena.
"Buon viaggio, Miriana! Speriamo di riaverti ancora con noi, e saluta i nostri volontari di Cuneo".

Fr. Beppe Gaido


martedì 14 febbraio 2023

Partiti

Con le lacrime agli occhi ho salutato i tre volontari sardi che oggi rientrano in Italia.
Non ho parole per esprimere la mia riconoscenza a Lucia ed Alberto, carissimi amici prima ancora che volontari. Hanno trascorso 35 giorni a Matiri e si sono sempre impegnati al massimo per i pazienti ed anche nel prendersi cura di me. Mi hanno davvero coccolato oltre a servire i malati.
Grazie di cuore a Carla, alla sua prima esperienza a Matiri. Anche lei e' stata con noi un mese ed e' stata davvero bravissima.
Come giovane dottoressa, ha lavorato in reparto ed ha saputo sia prendersi cura dei pazieni che instaurare un bel rapporto di amicizia con tutti i membri dello staff.
E' stato molto bello condividere molti bei momenti di vita in comune con loro.
Ora gia' mi mancano molto.
Dio li benedica abbondantemente per tutto quello che hanno fatto per noi.

Fr. Beppe Gaido


domenica 12 febbraio 2023

Grazie di cuore al Dottor Winters ed alla Dottoressa Floris

A conclusione di una settimana ortopedica particolarmente intensa, oggi abbiamo avuto l'ennesima giornata campale in sala operatoria con la presenza del Dr Winters.
Come sempre a lui lascio i casi più complicati, che da solo non riesco a fare. Io lo aiuto e cerco di imparare.
Oggi abbiamo operato sette pazienti, tutti con alto grado di complessità.
La presenza del fluoroscopio ha reso possibile interventi che prima non potevamo fare.
Sono particolarmente felice per due anziane pazienti con brutte fratture del femore prossimale.
Non avevano avuto la possibilità economica di acquistare gli impianti ed erano approdate a Matiri con speranza, in quanto altrove non potevano permettersi l'intervento.
Le lastre dimostrano che siamo riusciti ad aiutarle entrambe e che il risultato è stato eccellente: la cosa più bella è che, grazie
all'aiuto di tanti benefattori, non hanno pagato niente per gli infissi che abbiamo inserito.
Saranno presto dimesse e tra non molto torneranno a camminare senza stampelle.
Neppure Lucia è stata tranquilla oggi, ultimo giorno dello screening gratuito per il carcinoma della cervice e della mammella.
Le sue pazienti sono state molte pure di sabato, e, come ciliegina sulla torta, Lucia ha fatto anche due cesarei, un raschiamento ed una cisti ovarica.
Un sabato intenso insomma, come sempre a Matiri.
Grazie al Dr Steve Winters ed alla Dottoressa Lucia Floris per l'aiuto e la collaborazione davvero preziosa.

Fr. Beppe Gaido




venerdì 10 febbraio 2023

Quando un piccolo particolare può causare un disastro

Jerusha (nome d’arte) era stata ricoverata 3 settimane fa per una impressionante leucorrea dall’odore praticamente intollerabile.
Avevamo dovuto isolarla perche’ le altre pazienti non accettavano di stare nella stessa camera con lei.
Abbiamo raccolto un po’ di storia clinica, e la malata ci ha detto che la sintomatologia era iniziata spontaneamente, ed in modo graduale.
L’ecografia era suggestiva di malattia pelvica infiammatoria, ed abbiamo coperto la paziente con antibiotici. Abbiamo usato tutti i prodotti indicati in letteratura per la terapia della suddetta condizione… ma la malata globalmente non migliorava come ci saremmo aspettati.
Il cattivo odore si e’ in effetti ridotto, e questo ci ha dato per un momento la sensazione di essere sulla strada giusta.
Jerusha poi non aveva segni addominali di peritonite. L’intestino si muoveva bene e lei andava di corpo normalmente.
L’emocromo ha però cominciato a segnalare un aumento progressivo dei globuli bianchi, ed una anemia ingravescente. L’ emoglobina e’ scesa a 4 g/dl, cosa che ci ha indotto a trasfondere la paziente due volte.
Abbiamo pensato che la causa dell’anemia fosse la malaria, dal momento che la goccia spessa mostrava una bassa densità di plasmodium falciparum.
La cosa strana e’ che la paziente non aveva febbre nonostante i bianchi elevati, e le condizioni cliniche andavano a volte migliorando e a volte peggiorando nuovamente.
Negli ultimi due giorni abbiamo notato un picco dei leucociti che sono saliti a 35.000, fino a farci dubitare una concomitante leucemia mieloide.
L’ecografia, ripetuta tre giorni fa, mostrava questa volta un ascesso pelvico di dimensioni notevoli.
La paziente era debolissima, sfebbrata e con pressione massima di circa 80 mmHg. Presentava inoltre una sudorazione fredda paurosa, ed occhi infossati che ti guardavano con ansia di morte. La motilita’ intestinale c’era ancora e all’eco non c’era fluido libero in cavita’ peritoneale.
Ad un certo punto abbiamo preso la decisione piu’ difficile: dobbiamo aprirla, nonostante le condizioni generali critiche; altrimenti la perderemo per setticemia.
Abbiamo parlato con la malata che ha accettato di firmare il consenso per l’intervento.
Purtroppo, mentre le stavamo facendo i liquidi di riempimento prima dell’operazione, la Jerusha ci ha salutato ed ha deciso di andare in Paradiso, lasciandoci tutti sconcertati e senza parole.
La nostra frustrazione ed i nostri sensi di colpa erano alle stelle.
Dove abbiamo sbagliato? Avremmo dovuto andare in sala prima?
Con il consenso dei parenti abbiamo fatto l’ autopsia e ci siamo accorti che l’ascesso era adiacente ad una perforazione settica dell’utero: un buco torbido e necrotico che si apriva a tutto canale dalla cavità endometriale al peritoneo.
“Ma che razza di condizione e’ mai questa? Jerusha diceva che aveva un figlio di tre anni e non aveva avuto gravidanze recenti! Cosa può aver perforato l’utero in questo modo?”.
Poi la verità è venuta fuori quasi per caso: una giovane cugina ci ha confidato che circa un mese fa la malata si era fatta praticare un aborto clandestino, usando un ramo di cassava. Lo aveva fatto in casa e non aveva detto niente a nessuno.
“Se solo si fosse fidata di noi! Non l’avremmo certo portata alla polizia per quello che aveva fatto! Quella confidenza ci avrebbe dato un suggerimento molto importante ed avremmo forse deciso per la sala operatoria molto prima, magari salvando la sua vita.
Adesso siamo frustrati, con forti sensi di colpa.
Sappiamo che Dio avrà misericordia di Jerusha e l’accoglierà in Cielo, ma ciò non toglie che ora c’e’ un vedovo in più con una bambina piccola da far crescere.
Avremmo potuto e forse dovuto fare di meglio, ma veramente siamo stati a corto di idee e quello che poi abbiamo visto post mortem non ci ha neppure sfiorati nel nostro iter diagnostico e terapeutico.
Che il Signore abbia misericordia anche dei nostri sbagli e delle nostre limitazioni cliniche; che possa accettare l’anima di Jerusha nella sua pace (quanta sofferenza deve averla portata a quel gesto che poi non è riuscita a confessare neppure a se stessa); e che doni pace al congiunto e consolazione al bimbo ora rimasto senza mamma.

Fr. Beppe Gaido


giovedì 9 febbraio 2023

Bentornata, Dottoressa Makandi

Dopo aver concluso con successo la specialità in ortopedia, la carissima amica, dottoressa Jocelyne Makandi, è ora tornata a Meru in pianta stabile, dove fa servizio nell'ospedale generale.
Le sono davvero riconoscente perchè, come promesso, ha deciso di riprendere la sua attività di volontariato al mio fianco.
Abbiamo lavorato insieme negli ultimi due giorni ed abbiamo operato tanto.
La dottoressa sarà a Matiri regolarmente per due giorni alla settimana: ciò aumenterà le nostre potenzialità ortopediche in modo significativo.
La Dottoressa Makandi è una volontaria e svolgerà la sua attività a Matiri a titolo assolutamente gratuito, come ha sempre fatto anche in passato.
Per me è bellissimo averla al mio fianco: è bello stare con lei, lavorare con gli stessi ideali di servizio e di aiuto ai più poveri, passare bei momenti di assoluta sintonia ed amicizia, condividere anche i pasti.
Credo che la Dottoressa Makandi ed il Dr Winters al sabato, faranno fare un balzo di qualità all'ortopedia di questo ospedale.
Grazie di cuore a nome dei pazienti.

Fr. Beppe Gaido




mercoledì 8 febbraio 2023

St. Orsola Hospital Matiri, Kenya in the Top 10 of programs SIGN Fracture Care International


Il cesareo non sempre è un piccolo intervento

Sono le 5:30 ed il cercapersone mi sveglia improvvisamente strappandomi dalle braccia di Morfeo, in cui ero caduto da pochissime ore, a causa di un’altra emergenza la sera tardissimo.
Evangeline esprime la sua sentenza in modo lapidario: “Cesareo. Donna con pregresso cesareo un anno fa!”.
Parte la routine delle emergenze, dopo una veloce sciacquata al viso con acqua gelata.
La speranza che nutro è quella di un’operazione non complicata, che magari ci permetta anche di andare a Messa in parrocchia.
Sono il primo ad arrivare in ospedale, e chiedo ad Evangeline di portare la paziente in sala ma ecco che iniziano i problemi.
La donna perde i sensi mentre la spostiamo dalla barella.
La stendiamo sul pavimento e cerchiamo di misurare una pressione, che è comunque imprendibile.
Guardo velocemente la congiuntiva, e mi sembra che la donna sia anemica come un lenzuolo.
La nostra adrenalina sale alle stelle.
Trasportiamo la malata in sala, mentre cerchiamo sia di infondere liquidi che di trasfondere sangue. In frigo infatti abbiamo una sacca che possiamo usare!
Ma le difficoltà non cessano.
La cannula è fuori vena, e la paziente è collassata. Facciamo fatica a trovare un altro accesso venoso. Miracolosamente riesco a “prendere” la giugulare interna, attraverso cui infondiamo prima fisiologia a go go, e poi sangue.
Finalmente reperiamo anche un secondo accesso periferico, che usiamo per darle altro “Ringer”.
L’anestesista tenta più volte la spinale ma poi si arrende. Dobbiamo operare in anestesia generale.
Apriamo la pancia velocemente. Sappiamo che la situazione è critica, e possiamo perdere l’operanda in ogni momento.
Bisogna comunque correre perchè il monitor è continuamente in allarme: la pressione rimane imprendibile, nonostante trasfusione ed infusione veloce di fluidi.
Lavoriamo con tensione ma con ordine.
Appena aperto il peritoneo, ci rendiamo conto della causa del collasso cardiocircolatorio della mamma.
C’è sangue in addome tanto sangue! Ne veniamo invasi dalla vita in giù in quanto l’aspiratore non riesce a recuperalo in tempo prima che si riversi sul pavimento.
L'utero è rotto ed il sacco amniotico sporge dalla ferita chirurgica.
L'estrazione del bimbo, dopo l’apertura delle membrane, è immediata ma ci rendiamo conto che non ci sono segni di vita in lui.
La tristezza e la depressione rifanno capolino nel mio cuore, ma l'allarme quasi impazzito del monitor che mi segnala la persistente assenza di pressione arteriosa, mi richiama alla realtà.
Non c’è tempo per autocommiserazioni (magari il neonato sarebbe vivo se avessimo "beccato" la spinale al primo colpo se la vena non fosse stata fuori!): guardo il sangue che ancora fluisce libero nel deflussore verso la giugulare interna della donna, e mi riprendo: "ci dobbiamo concentrare sulla mamma; se no, perdiamo anche lei!".
Fortunatamente la rottura è avvenuta sulla rima della precedente cicatrice chirurgica. Si tratta di una lacerazione lineare che non ha raggiunto importanti vasi arteriosi. Si può quindi riparare l’organo evitando un'isterectomia d'urgenza, che sarebbe un disastro per quella mamma ed un incubo per noi, date le condizioni del nostro staff.
Lavoriamo in silenzio, quasi meditando sulla morte del bimbo e continuando a sperare che la pressione risalga.
Peter gestisce l'anestesia senza grossi "singhiozzi", e noi giungiamo presto alla cute.
Mentre medichiamo la ferita addominale, per la prima volta il monitor ci avvisa che la "massima" è arrivata a 80 e che quindi ci sono speranze.
La donna si sta svegliando, in preda a incubi che solo lei conosce.
Bisogna tenerla ferma in quattro, perchè non si strappi la giugulare.
La laviamo e la portiamo a letto mentre è ancora in uno stato di sopore ora più tranquillo.
La prima cosa a cui pensare è adesso una doccia. Siamo imbrattati di sangue dalle ginocchia in giù.
Ma subito mi ricordo di una cosa importantissima: "oggi dovremo trasfondere un’altra sacca, magari chiedendola in prestito ad un altro paziente più stabile, perchè il suo gruppo è zero positivo, e non ne abbiamo altro in emoteca. La cosa più dura, anche se necessaria, sarà quella di dirle che il feto non ce l’ha fatta”.
“Ma perchè è morto il bambino?” mi chiede Evangeline.
“Quando si rompe l'utero, la pressione della donna crolla, e la perfusione placentare va praticamente a zero, causando ipossia ed asfissia nel nascituro. E' molto raro riuscire a salvare il bambino, nei casi di una breccia uterina di queste dimensioni. E' già tanto che la madre sia viva. Infatti pure la mortalità materna è altissima per tale complicazione”.

Fr. Beppe Gaido


lunedì 6 febbraio 2023

Lo sparato

Un colpo di fucile gli ha tranciato il femore in due. E’ arrivato dal Nord, dopo un viaggio di molte ore durante la notte.
Ovviamente la pallottola non ha toccato i vasi memorali; se no, non sarebbe arrivato vivo dopo un viaggio così!
L’ho ricevuto in ospedale come un’urgenza.
L’emocromo era abbastanza incoraggiante. Nel primo ospedale a cui il paziente si è rivolto, hanno giustamente messo un antibiotico ad ampio spettro, prima di caricarlo sull’ambulanza e mandarcelo.
Nel visitarlo mi rendo conto che i tessuti molli presentano solo i due buchi del punto di ingresso e di uscita della pallottola. Questo è incoraggiante; a volte le fucilate creano aree di grossa distruzione.
Portiamo in sala il paziente per una toletta chirurgica in anestesia spinale: lavo abbondantemente e constato che non c’è pus.
Rimango indeciso per un attimo: fissatore esterno o fissazione interna definitiva?
Mettere il fissatore esterno vuol dire condannare questo giovane ad almeno altri tre ricoveri prima della fissazione definitiva; inoltre vuole anche dire che per almeno due mesi non potrà caricare.
Tradotto in parole povere, ciò significa tanti soldi che un pastore del Nord non ha: soldi per spese ospedaliere, ma anche i costi del trasporto dal Kenya settentrionale al nostro ospedale.
La ferita mi sembra pulita; lavo tantissimo, e poi mi butto quindi in una fissazione interna con chiodo endomidollare. Lo faccio con approccio chiuso, per evitare di danneggiare ulteriormente il periostio ed i tessuti molli, e per evitare nuove fonti di infezione.
Anche senza usare la brillanza, il chiodo entra senza troppi problemi, e la lastra di controllo è molto incoraggiante.
Se tutto va come spero, domani il mio paziente potrà camminare, e tra quattro giorni essere dimesso.
Non chiudo i buchi della pallottola e li uso come drenaggi naturali.
Spero che il forte sistema immunitario dei giovani del Nord, insieme ai miei antibiotici, permetta al paziente una pronta e completa guarigione, senza complicanze infettive.

Fr. Beppe Gaido


Benvenuta

Grazie a Miriana, infermiera italiana ora a Matiri per 2 settimane.
Miriana è stata con me a Chaaria per 2 volte ed ora è con noi a Matiri. Fa servizio nel reparto donne, ma aiuta dovunque ci sia bisogno.
La sua presenza certo migliorerà la qualità del nostro servizio. La sua presenza vuol dire molto, sia per me che per tutti i pazienti.
Grazie Miriana!

Fr. Beppe Gaido


sabato 4 febbraio 2023

Grazie di cuore

Ieri abbiamo salutato Filippo e Carmen dopo tre settimane di intenso servizio.
Siamo estremamente grati a Filippo e Carmen.
Grazie a nome di tutte le pazienti servite e curate.
Buon ritorno in Italia e speriamo di rivederci ancora a Matiri.

Fr. Beppe Gaido


giovedì 2 febbraio 2023

Il pacco dono in maternità

La nostra piccola maternità continua a crescere pian piano. Le giovani mamme apprezzano i nostri servizi, ed anche il pacco dono che loro diamo alla dimissione.
Stiamo registrando un buon numero di parti, ed anche di tagli cesarei.
La presenza dei ginecologi italiani sta aumentando la qualità dei nostri servizi in maternità.

Fr. Beppe Gaido



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