E' sera. Sono stanchissimo dopo sei lunghi interventi ortopedici.
Proprio quando decido di andare a riposare, mi chiamano in sala parto
e mi dicono di visitare una donna con travaglio prolungato.
Mi dicono che alla visita ginecologica sentono una presentazione
strana, come di una mano.
Anche io sento qualcosa e, forse condizionato da quanto l'infermiere
mi aveva detto poco prima, mi sembra di palpare una manina.
C'è indicazione al cesareo, e preferisco farlo subito invece che
essere chiamato alle 3 di notte.
In sala tutto procede normalmente: spinale senza problemi, apertura
trasversale dell'addome e dell'utero...
A questo punto però trovo la prima sorpresa: quello che alla visita
sentivo tra le dita non era una mano ma un piedino. La presentazione è
podalica.
Estraggo il bambino senza difficoltà. E' infatti piccolo, troppo
piccolo per le dimensioni di quell'addome.
Mentre ancora siamo sorpresi dalla presentazione, vedo che c'è un
altro sacco amniotico che fa capolino nella breccia operatoria
sull'utero. Immediatamente allerto gli infermieri di prepararsi a
ricevere un secondo gemello. Anche questo è piccolino; nasce in
presentazione cefalica e piange vigorosamente.
Riflettiamo sul fatto che la donna non era mai andata in una clinica
antenatale e non aveva perciò alcuna ecografia. Onestamente anche noi
non l'avevamo fatta dopo il ricovero, e questo è un nostro errore: con
essa avremmo saputo sia della presentazione che dei gemelli
La giovane mamma di 18 anni è abbastanza sconvolta dalla notizia di
avere due bambini alla fine della prima gravidanza, ma sono sicuro che
si riprenderà presto ed amerà quelle due bimbe alla follia.
Abbiamo trovato due sacchi amniotici e due placente: non si tratta
perciò di gemelli identici, per essendo dello stesso sesso.
Sono le 21.30 quando finiamo.
Siamo contenti per l'esito, nonostante i nostri errori.
giovedì 31 agosto 2023
martedì 29 agosto 2023
LE LEZIONI DI MADRE TERESA
Una volontaria mi espone il suo problema che è molto semplice: "lavoro
tutto il giorno in reparto, ma alla sera mi sembra di non aver fatto
nulla. I bisogni sono così tanti che le giornate dovrebbero essere
almeno di 50 ore per riuscire a fare tutto. Mi impegno a fondo, ma
alla sera mi pare che i risultati siano modesti e che il livello
dell'assistenza sia sempre basso, nonostante la mia presenza".
Da una parte comprendo benissimo quello che questa ragazza prova
interiormente: è la sensazione dell'essere inutili di fronte ad una
marea di bisogni che comunque ti soverchiano ed a cui non riesci a
rispondere a causa dei tuoi limiti umani, psicologici ed anche di
reale stanchezza fisica.
E' una percezione che alberga sovente anche nel mio cuore, soprattutto
quando sono molto stanco e non riesco ad esprimere un rapporto
empatico verso i pazienti...se poi perdo la pazienza e divento nervoso
con loro, allora mi sembra che tutto lo sforzo della giornata sia
stato inutile.
Tento comunque di imbastire un incoraggiamento, che rivolgo a me,
ancor più che a lei.
"E' vero che la nostra assistenza è carente in tanti modi e che il
livello delle nostre prestazioni certamente non rasenta neppure
lontanamente gli standard europei. Ma è altrettanto vero che tu lavori
dal mattino alla sera per il bene di questi ammalati! Hai mai pensato
che, senza questo tuo impegno e questa tua dedizione, il servizio da
noi offerto sarebbe ancora più carente? Ognuno di noi è importante e
costituisce un tassello essenziale in quel mosaico stupendo e
complesso che è Matiri oggi. Se tu non ci fossi, il nostro servizio
sarebbe certamente più povero. E poi pensa a quello che diceva Madre
Teresa di Calcutta. Lei ripeteva alle sue suore che l'oceano è fatto
di tante gocce. Se non ci fossero le gocce, non ci sarebbe neppure
l'oceano. Sforziamoci anche noi di avere questa fede: nessuno di noi
ha la forza di sconfiggere il mistero del male e della sofferenza;
nessuno può sconfiggere la povertà, perchè le povertà si traformano,
ma i poveri li avremo sempre con noi, come ci dice anche Gesù nel
Vangelo. Ognuno di noi però può essere una goccia di amore in questo
oceano di sofferenze in cui siamo chiamati a spendere le nostre
energie e la nostra vita. Saremo solo una goccia, ma la nostra goccia
di amore, unita a quelle di tanti altri, diventa una forza. Poi le ho
ripetuto un altro pensiero di Madre Teresa, che un giorno fu criticata
da alcuni intervistatori che le dicevano: 'ma lei davvero pensa di
risolvere tutti i problemi di povertà di Calcutta?' E Madre Teresa
semplicemente rispose che non si sentiva chiamata a risolvere tutti i
problemi di povertà, nè di Calcutta nè del mondo intero. Lei si
sentiva chiamata semplicemente ad amare le persone bisognose che il
Signore le faceva incontrare".
Alla volontaria ho quindi detto che questo lo possiamo fare sempre:
donarci, sacrificarci, spendere la nostra vita per gli altri. Forse
non riusciremo a quantificare i miglioramenti da noi apportati in una
certa realta, ma certo saremo capaci di amare, e l'amore sempre
trasforma, contagia e fa bene al cuore dei poveri che incontriamo.
Non conta il tanto o il poco che facciamo; conta l'amore che ci
mettiamo, diceva San Francesco d'Assisi.
Spesso ci sentiamo inutili, ma è comunque bello andare a letto alla
sera stremati e poter dire a se stessi: non sono stato perfetto; i
miei limiti mi hanno fatto sbagliare tantissime volte, ma di una cosa
sono certo: ho veramente dato tutto, fino allo sfinimento, ed ho
sinceramente cercato di amare, così come ne sono stato capace.
tutto il giorno in reparto, ma alla sera mi sembra di non aver fatto
nulla. I bisogni sono così tanti che le giornate dovrebbero essere
almeno di 50 ore per riuscire a fare tutto. Mi impegno a fondo, ma
alla sera mi pare che i risultati siano modesti e che il livello
dell'assistenza sia sempre basso, nonostante la mia presenza".
Da una parte comprendo benissimo quello che questa ragazza prova
interiormente: è la sensazione dell'essere inutili di fronte ad una
marea di bisogni che comunque ti soverchiano ed a cui non riesci a
rispondere a causa dei tuoi limiti umani, psicologici ed anche di
reale stanchezza fisica.
E' una percezione che alberga sovente anche nel mio cuore, soprattutto
quando sono molto stanco e non riesco ad esprimere un rapporto
empatico verso i pazienti...se poi perdo la pazienza e divento nervoso
con loro, allora mi sembra che tutto lo sforzo della giornata sia
stato inutile.
Tento comunque di imbastire un incoraggiamento, che rivolgo a me,
ancor più che a lei.
"E' vero che la nostra assistenza è carente in tanti modi e che il
livello delle nostre prestazioni certamente non rasenta neppure
lontanamente gli standard europei. Ma è altrettanto vero che tu lavori
dal mattino alla sera per il bene di questi ammalati! Hai mai pensato
che, senza questo tuo impegno e questa tua dedizione, il servizio da
noi offerto sarebbe ancora più carente? Ognuno di noi è importante e
costituisce un tassello essenziale in quel mosaico stupendo e
complesso che è Matiri oggi. Se tu non ci fossi, il nostro servizio
sarebbe certamente più povero. E poi pensa a quello che diceva Madre
Teresa di Calcutta. Lei ripeteva alle sue suore che l'oceano è fatto
di tante gocce. Se non ci fossero le gocce, non ci sarebbe neppure
l'oceano. Sforziamoci anche noi di avere questa fede: nessuno di noi
ha la forza di sconfiggere il mistero del male e della sofferenza;
nessuno può sconfiggere la povertà, perchè le povertà si traformano,
ma i poveri li avremo sempre con noi, come ci dice anche Gesù nel
Vangelo. Ognuno di noi però può essere una goccia di amore in questo
oceano di sofferenze in cui siamo chiamati a spendere le nostre
energie e la nostra vita. Saremo solo una goccia, ma la nostra goccia
di amore, unita a quelle di tanti altri, diventa una forza. Poi le ho
ripetuto un altro pensiero di Madre Teresa, che un giorno fu criticata
da alcuni intervistatori che le dicevano: 'ma lei davvero pensa di
risolvere tutti i problemi di povertà di Calcutta?' E Madre Teresa
semplicemente rispose che non si sentiva chiamata a risolvere tutti i
problemi di povertà, nè di Calcutta nè del mondo intero. Lei si
sentiva chiamata semplicemente ad amare le persone bisognose che il
Signore le faceva incontrare".
Alla volontaria ho quindi detto che questo lo possiamo fare sempre:
donarci, sacrificarci, spendere la nostra vita per gli altri. Forse
non riusciremo a quantificare i miglioramenti da noi apportati in una
certa realta, ma certo saremo capaci di amare, e l'amore sempre
trasforma, contagia e fa bene al cuore dei poveri che incontriamo.
Non conta il tanto o il poco che facciamo; conta l'amore che ci
mettiamo, diceva San Francesco d'Assisi.
Spesso ci sentiamo inutili, ma è comunque bello andare a letto alla
sera stremati e poter dire a se stessi: non sono stato perfetto; i
miei limiti mi hanno fatto sbagliare tantissime volte, ma di una cosa
sono certo: ho veramente dato tutto, fino allo sfinimento, ed ho
sinceramente cercato di amare, così come ne sono stato capace.
lunedì 28 agosto 2023
DIPENDE
E' il titolo di una canzone che mi piace moltissimo e che ascolto
tutte le volte che sono un po' giu' di morale:
"da che punto guardi il mondo tutto dipende!".
La simpatica canzone puo' essere applicata benissimo a quello che
voglio dirvi oggi, e desidero proporvi anche un'altra frase ad
effetto: "la bottiglia puo' sempre essere mezza piena o mezza
vuota"... ed anche questo "dipende" dall'attitudine di chi la guarda.
Se per esempio vedo che i malati a Matiri sono un po' sporchi e che
l'igiene personale non e' ben eseguita, posso avere due diverse
reazioni: la prima e' quella di demotivarmi, di dire che i pazienti
non sono assistiti come si meritano e che lo staff non se ne cura; la
seconda posizione puo' essere quella di pensare che, dal momento che i
clienti sono spesso poco accuditi, allora c'e' ancora bisogno del
volontariato, perche' Matiri con le proprie forze per ora non ce la fa
a raggiungere un buon standard di servizio. Chi reagisce nel primo
modo normalmente fa una brutta esperienza, diventa triste e crea
disagio tra il personale locale. Chi parte dal secondo punto di vista
puo' trovare proprio nei nostri limiti uno stimolo a lavorare sodo, a
prendersi cura dei malati in prima persona offrendo loro il meglio. Lo
fara' per due motivi di fondo: il primo e' che noi siamo soprattutto
chiamati a far star meglio i degenti nei limiti propri della nostra
condizione umana, ed il secondo e' che la testimonianza del servizio
portato avanti con umilta' e perseveranza e' come una goccia che scava
la roccia e forse pian piano modifichera' anche i comportamenti dei
nostri dipendenti piu' restii. Vedete come "tutto dipende!"
A questi due punti di vista, io ne aggiungo un altro: e cioe' che
pochi anni fa l'ospedake di Matiri era vuoto e sull'orlo della
chiusura.
Se quindi oggi ci paragoniamo agli standard europei, certamente noi
siamo indietro di una trentina di anni; ma se guardiamo a quello che
con pazienza e fatica si e' realizzato nell'arco di poco piu' di 4
anni, io ritengo che i traguardi raggiunti siano molto piu'
significativi che le sconfitte e le mancanze... e' la solita storia
della bottiglia mezza piena o mezza vuota!
Per esempio, solo la settimana scorsa, durante una ispezione del
Ministero per la Salute, l'ospedale di Matiri e' stata elogiato per
quello che facciamo per la popolazione.Siamo stati apprezzati per
l'altissimo standard e professionalita'.
Quindi e' assolutamente vero che "tutto dipende": possiamo con verita'
dire che siamo bravi perche' nessuna mamma muore nel "peripartum" da
tempi immemorabili, ma dobbiamo anche affermare che i pazienti a volte
non ricevono le terapie prescritte a causa di difficolta' comunicative
tra staff medico ed infermieristico.
Allora la bottiglia e' mezza piena o mezza vuota?
Cio' dipende sempre dagli occhiali che l'osservatore si mette.
Quello che comunque mi sento di dire e' che lo sforzo di miglioramento
e' costante, e che sempre piu' cercheremo di metterci assolutamente in
linea con gli standard nazionali e dell'OMS.
Come potete vedere, davvero tutto dipende! Qualcuno considerera'
immonda la situazione attuale, e qualcun altro la reputa migliore di
quella vista in tante altre strutture.
E mentre vi saluto, mi vado a riascoltare la canzone, che trovo sempre
molto vera: infatti, quando ero a Torino mi sentivo un nordista (non
con orgoglio... devo dire!). Poi sono andato a studiare a Londra, ed i
Londinesi mi consideravano un povero sudista nella mappa europea. Ora
che sono in Kenya scrivo ai miei amici di Catania e Cagliari, ed essi
mi rispondono: "Qui al Nord, noi facciamo cosi' e cosi'".
Nella stessa ottica Matiri puo' essere un ospedale stupendo, oppure
una struttura disordinata; Matiri puo' servire tantissimo la gente
povera, oppure ricoverare senza poi prendersi adeguata cura di coloro
che sono in reparto.
La mia personale opinione e' che abbiamo fatto passi da gigante ed
ancora ne faremo, seppur con tempi evoluzionistici. D'altra parte la
pazienza e' la virtu' dei forti.
Ma pue questa mia convinzione puo' essere confutata, perche' "da che
punto guardi il modo tutto dipende".
tutte le volte che sono un po' giu' di morale:
"da che punto guardi il mondo tutto dipende!".
La simpatica canzone puo' essere applicata benissimo a quello che
voglio dirvi oggi, e desidero proporvi anche un'altra frase ad
effetto: "la bottiglia puo' sempre essere mezza piena o mezza
vuota"... ed anche questo "dipende" dall'attitudine di chi la guarda.
Se per esempio vedo che i malati a Matiri sono un po' sporchi e che
l'igiene personale non e' ben eseguita, posso avere due diverse
reazioni: la prima e' quella di demotivarmi, di dire che i pazienti
non sono assistiti come si meritano e che lo staff non se ne cura; la
seconda posizione puo' essere quella di pensare che, dal momento che i
clienti sono spesso poco accuditi, allora c'e' ancora bisogno del
volontariato, perche' Matiri con le proprie forze per ora non ce la fa
a raggiungere un buon standard di servizio. Chi reagisce nel primo
modo normalmente fa una brutta esperienza, diventa triste e crea
disagio tra il personale locale. Chi parte dal secondo punto di vista
puo' trovare proprio nei nostri limiti uno stimolo a lavorare sodo, a
prendersi cura dei malati in prima persona offrendo loro il meglio. Lo
fara' per due motivi di fondo: il primo e' che noi siamo soprattutto
chiamati a far star meglio i degenti nei limiti propri della nostra
condizione umana, ed il secondo e' che la testimonianza del servizio
portato avanti con umilta' e perseveranza e' come una goccia che scava
la roccia e forse pian piano modifichera' anche i comportamenti dei
nostri dipendenti piu' restii. Vedete come "tutto dipende!"
A questi due punti di vista, io ne aggiungo un altro: e cioe' che
pochi anni fa l'ospedake di Matiri era vuoto e sull'orlo della
chiusura.
Se quindi oggi ci paragoniamo agli standard europei, certamente noi
siamo indietro di una trentina di anni; ma se guardiamo a quello che
con pazienza e fatica si e' realizzato nell'arco di poco piu' di 4
anni, io ritengo che i traguardi raggiunti siano molto piu'
significativi che le sconfitte e le mancanze... e' la solita storia
della bottiglia mezza piena o mezza vuota!
Per esempio, solo la settimana scorsa, durante una ispezione del
Ministero per la Salute, l'ospedale di Matiri e' stata elogiato per
quello che facciamo per la popolazione.Siamo stati apprezzati per
l'altissimo standard e professionalita'.
Quindi e' assolutamente vero che "tutto dipende": possiamo con verita'
dire che siamo bravi perche' nessuna mamma muore nel "peripartum" da
tempi immemorabili, ma dobbiamo anche affermare che i pazienti a volte
non ricevono le terapie prescritte a causa di difficolta' comunicative
tra staff medico ed infermieristico.
Allora la bottiglia e' mezza piena o mezza vuota?
Cio' dipende sempre dagli occhiali che l'osservatore si mette.
Quello che comunque mi sento di dire e' che lo sforzo di miglioramento
e' costante, e che sempre piu' cercheremo di metterci assolutamente in
linea con gli standard nazionali e dell'OMS.
Come potete vedere, davvero tutto dipende! Qualcuno considerera'
immonda la situazione attuale, e qualcun altro la reputa migliore di
quella vista in tante altre strutture.
E mentre vi saluto, mi vado a riascoltare la canzone, che trovo sempre
molto vera: infatti, quando ero a Torino mi sentivo un nordista (non
con orgoglio... devo dire!). Poi sono andato a studiare a Londra, ed i
Londinesi mi consideravano un povero sudista nella mappa europea. Ora
che sono in Kenya scrivo ai miei amici di Catania e Cagliari, ed essi
mi rispondono: "Qui al Nord, noi facciamo cosi' e cosi'".
Nella stessa ottica Matiri puo' essere un ospedale stupendo, oppure
una struttura disordinata; Matiri puo' servire tantissimo la gente
povera, oppure ricoverare senza poi prendersi adeguata cura di coloro
che sono in reparto.
La mia personale opinione e' che abbiamo fatto passi da gigante ed
ancora ne faremo, seppur con tempi evoluzionistici. D'altra parte la
pazienza e' la virtu' dei forti.
Ma pue questa mia convinzione puo' essere confutata, perche' "da che
punto guardi il modo tutto dipende".
martedì 22 agosto 2023
CASE REPORT
A 70-year-old female patient was admitted in our hospital for severe
abdominal distention. She complained about a progressive increase of
abdominal volume since several months before. She was admitted for the
first time in April 2023 and was discharged after 22 days with
diagnosis of "ascites and suspect of multiple liver masses". During
that admission an abdominal tapping was performed draining 2 liters of
cloudy fluid with high viscosity. A sample was sent for cytology, the
cytology result read: "interpretation of this specimen is made
difficult by the fact that some autolysis has taken place but shows
macrophages and chronic inflammatory cells". The laboratory
investigations didn't show any significant alteration and the general
conditions were quite good. The provisional diagnosed was of liver
cirrhosis, and she was discharged on treatment with a high dose of
diuretics.
She came back in early July still complaining of abdominal
distention, which was asymptomatic; her blood pressure was 100/60
mmHg, the general conditions quite good. There was no jaundice, nor
edema of the lower limbs, nor lung crackles. The heart activity was
normal. Visiting the patient we have noticed the presence of huge
abdominal distension, which was tender; there was also evidence of
collateral veins on the abdominal wall. The percussion of the abdomen
was dull as in presence of fluid or masses, while the intra-abdominal
organs were not explorable. The laboratory investigations were almost
normal: FHG showed a mild microcytic anaemia (Hb 8,8 g/dl), LFTs were
in range, kidney function tests were normal, while serologies for
hepatitis B, C and HIV were negative. ESR was103 mm/hr. A first U/S
was performed, where the abdominal organs weren't well seen because of
the big quantity of corpuscolated fluid, while multiple round masses
in the abdomen were appreciated.
At trans-vaginal U/S the uterus was normal, the ovaries not seen due
to the presence of big quantity of intra-abdominal fluid. Considering
the previous diagnosis of liver cirrhosis we continued treatment with
high doses of frusemide and spironolactone; at the same time, on the
day of admission, we tried to perform an abdominal tapping: to our
surprise we managed to drain only 200 ml of a cloudy, very thick and
sticky fluid. We repeated the tapping 2 days later, this time draining
600 ml of fluid with the same aspect. We increased the amount of
fluids and reduced the dosage of diuretics, but a third tapping showed
the same kind of fluid that was impossible to drain because of its
thickness.
We decided to repeat the US with the help of a more expert doctor and
we were surprised to understand that all this fluid wasn't ascites at
all, but rather fluid inside a giant ovarian cyst reaching up to the
diaphragm. The US image didn't show the bowel loops "swimming" inside
the anecoic fluid as it is normally the case in ascites; on the
contrary the bowel loops were pushed back by the big ovarian mass. A
surgical operation was performed few days after and a giant ovarian
cyst with multiple daughter-cysts was excised. The biopsy showed a
benign ovarian cystoadenoma: in the differential diagnosis there was
of course a malignancy of the ovary but also a hydatid cyst.
The post-operative follow up was normal and the patient was discharged
without any further complication.
The learning point we can draw from this clinical case is the
importance of US in the management of patients in a resource
constrained setting. The US is a very important instrument to help in
diagnosis and treatment of many different conditions; a correct
interpretation of US imaging can significantly reduce the
indiscriminate use of drugs based only on the clinical appearance of
the patient, and it plays a pivotal role in deciding the need of an
operation.
abdominal distention. She complained about a progressive increase of
abdominal volume since several months before. She was admitted for the
first time in April 2023 and was discharged after 22 days with
diagnosis of "ascites and suspect of multiple liver masses". During
that admission an abdominal tapping was performed draining 2 liters of
cloudy fluid with high viscosity. A sample was sent for cytology, the
cytology result read: "interpretation of this specimen is made
difficult by the fact that some autolysis has taken place but shows
macrophages and chronic inflammatory cells". The laboratory
investigations didn't show any significant alteration and the general
conditions were quite good. The provisional diagnosed was of liver
cirrhosis, and she was discharged on treatment with a high dose of
diuretics.
She came back in early July still complaining of abdominal
distention, which was asymptomatic; her blood pressure was 100/60
mmHg, the general conditions quite good. There was no jaundice, nor
edema of the lower limbs, nor lung crackles. The heart activity was
normal. Visiting the patient we have noticed the presence of huge
abdominal distension, which was tender; there was also evidence of
collateral veins on the abdominal wall. The percussion of the abdomen
was dull as in presence of fluid or masses, while the intra-abdominal
organs were not explorable. The laboratory investigations were almost
normal: FHG showed a mild microcytic anaemia (Hb 8,8 g/dl), LFTs were
in range, kidney function tests were normal, while serologies for
hepatitis B, C and HIV were negative. ESR was103 mm/hr. A first U/S
was performed, where the abdominal organs weren't well seen because of
the big quantity of corpuscolated fluid, while multiple round masses
in the abdomen were appreciated.
At trans-vaginal U/S the uterus was normal, the ovaries not seen due
to the presence of big quantity of intra-abdominal fluid. Considering
the previous diagnosis of liver cirrhosis we continued treatment with
high doses of frusemide and spironolactone; at the same time, on the
day of admission, we tried to perform an abdominal tapping: to our
surprise we managed to drain only 200 ml of a cloudy, very thick and
sticky fluid. We repeated the tapping 2 days later, this time draining
600 ml of fluid with the same aspect. We increased the amount of
fluids and reduced the dosage of diuretics, but a third tapping showed
the same kind of fluid that was impossible to drain because of its
thickness.
We decided to repeat the US with the help of a more expert doctor and
we were surprised to understand that all this fluid wasn't ascites at
all, but rather fluid inside a giant ovarian cyst reaching up to the
diaphragm. The US image didn't show the bowel loops "swimming" inside
the anecoic fluid as it is normally the case in ascites; on the
contrary the bowel loops were pushed back by the big ovarian mass. A
surgical operation was performed few days after and a giant ovarian
cyst with multiple daughter-cysts was excised. The biopsy showed a
benign ovarian cystoadenoma: in the differential diagnosis there was
of course a malignancy of the ovary but also a hydatid cyst.
The post-operative follow up was normal and the patient was discharged
without any further complication.
The learning point we can draw from this clinical case is the
importance of US in the management of patients in a resource
constrained setting. The US is a very important instrument to help in
diagnosis and treatment of many different conditions; a correct
interpretation of US imaging can significantly reduce the
indiscriminate use of drugs based only on the clinical appearance of
the patient, and it plays a pivotal role in deciding the need of an
operation.
lunedì 21 agosto 2023
INCIDENTE SUL LAVORO
NN si presenta sabato pomeriggio in ospedale.
Ha il volto coperto da un fazzoletto insanguinato.
Anche i suoi vestiti sono tutti imbrattati di sangue.
Ha un male tremendo ed è difficile visitarlo: il panno è ora attaccato
alla ferita a causa del sangue secco.
Irrighiamo la ferita con fisiologica e pian piano il fazzoletto di stacca.
Il paziente ha un taglio profondo, che parte dalle fronte, gli divide
in due il naso e le labbra e finisce sul mento.
Ci sono arteriole che sanguinano, ma fortunatamente nessun grosso vaso
è coinvolto.
Per un attimo rifletto sul fatto che NN è stato molto fortunato, in
quanto gli occhi sono salvi ed il taglio non arriva alla teca cranica.
Anche i denti sono integri.
Lo portiamo in sala per una leggera sedazione e per anestesia locale.
Lavoriamo a lungo perchè vogliamo fare una sutura esteticamente
accettabile, anche se il paziente è un maschio sulla quarantina.
Alla fine credo che il risultato estetico sia abbastanza buono.
NN è un boscaiolo e stava tagliando alberi. La motosega gli è sfuggita
dalle mani e gli è rimbalzata sul volto.
Ora sta bene ed è già dimissibile
Ha il volto coperto da un fazzoletto insanguinato.
Anche i suoi vestiti sono tutti imbrattati di sangue.
Ha un male tremendo ed è difficile visitarlo: il panno è ora attaccato
alla ferita a causa del sangue secco.
Irrighiamo la ferita con fisiologica e pian piano il fazzoletto di stacca.
Il paziente ha un taglio profondo, che parte dalle fronte, gli divide
in due il naso e le labbra e finisce sul mento.
Ci sono arteriole che sanguinano, ma fortunatamente nessun grosso vaso
è coinvolto.
Per un attimo rifletto sul fatto che NN è stato molto fortunato, in
quanto gli occhi sono salvi ed il taglio non arriva alla teca cranica.
Anche i denti sono integri.
Lo portiamo in sala per una leggera sedazione e per anestesia locale.
Lavoriamo a lungo perchè vogliamo fare una sutura esteticamente
accettabile, anche se il paziente è un maschio sulla quarantina.
Alla fine credo che il risultato estetico sia abbastanza buono.
NN è un boscaiolo e stava tagliando alberi. La motosega gli è sfuggita
dalle mani e gli è rimbalzata sul volto.
Ora sta bene ed è già dimissibile
sabato 19 agosto 2023
POVERO TRA I POVERI?
Da sempre sono alla ricerca della condivisione di vita con i poveri.
Mi affascinano le parole di Charles de Foucauld che "vuole essere
povero tra i poveri". Mi toccano gli insegnamenti di Padre Andrea
Gasparino che ci ricorda che "solo i poveri comprendono i poveri".
Ma è ovvio che povero io non sono, anche se onestamente posso
affermare di spendere la mia vita 24 ore su 24 nel servizio
incondizionato dei poveri e degli ammalati.
Io ho un sacco di cose che loro non hanno: me lo ricordo quando faccio
una doccia calda alla fine di una estenuante giornata di lavoro; me ne
rendo conto quando manca la corrente elettrica e dobbiamo usare il
generatore: quanta gente nelle baracche non saprà mai se la luce c'è o
non c'è perchè a casa non ha nè elettricità nè pannello solare.
Lo sento ogni volta che sono seduto in macchina, mentre la strada è
piena di persone che devono camminare per ore ed ore per raggiungere
la loro meta.
E' ovvio che non sono povero quando posso prendere un aereo e tornare
in Europa o andare negli Stati Uniti, e neppure lo sono quando scrivo
al computer come in questo
momento.
E' sempre un difficile equilibrio da realizzare: "povero tra i poveri"
è certamente un grande ideale, ma per curare la gente ci vogliono
anche tanti soldi.
Se avessi scelto la povertà assoluta in mezzo ai poveri, certamente
darei una grande testimonianza, ma non potrei aiutare nessuno
materialmente, nè tantomeno chirurgicamente.
Un ospedale ha spese enormi; la gestione di una sala operatoria costa
un occhio della testa, e lo stesso dicasi per l'acquisto di un
ecografo o di un gastroscopio; e che dire delle medicine,degli
stipendi, degli infissi ortopedici, e di tutto il resto.
Ecco quindi che povero è chi spende tutto quello che ha per i poveri
ed i bisognosi: non si tiene nulla per sè, ma lo usa per chi è nel
bisogno. Povero è chi non tiene per sè neppure il tempo ma è sempre a
disposizione.
Noi abbiamo tanto strumentario costoso in ospedale, ma nulla è per
noi: quello che abbiamo, lo usiamo esclusivamente per il servizio dei
bisognosi.
Rimane poi il fatto che la mia povertà si esprime anche nel lavoro
intenso e nella donazione del mio tempo, dei miei talenti, delle mie
conoscenze e del mio lavoro, a beneficio dei bisognosi.
Indubbio è anche il fatto che tutto quello che ricevo con offerte
edonazioni, lo impiego esclusivamente per il servizio degli altri.
In questo senso, spero di essere anche io "povero tra i poveri", anche
se dormo in una casa in muratura e non in una capanna di fango
Mi affascinano le parole di Charles de Foucauld che "vuole essere
povero tra i poveri". Mi toccano gli insegnamenti di Padre Andrea
Gasparino che ci ricorda che "solo i poveri comprendono i poveri".
Ma è ovvio che povero io non sono, anche se onestamente posso
affermare di spendere la mia vita 24 ore su 24 nel servizio
incondizionato dei poveri e degli ammalati.
Io ho un sacco di cose che loro non hanno: me lo ricordo quando faccio
una doccia calda alla fine di una estenuante giornata di lavoro; me ne
rendo conto quando manca la corrente elettrica e dobbiamo usare il
generatore: quanta gente nelle baracche non saprà mai se la luce c'è o
non c'è perchè a casa non ha nè elettricità nè pannello solare.
Lo sento ogni volta che sono seduto in macchina, mentre la strada è
piena di persone che devono camminare per ore ed ore per raggiungere
la loro meta.
E' ovvio che non sono povero quando posso prendere un aereo e tornare
in Europa o andare negli Stati Uniti, e neppure lo sono quando scrivo
al computer come in questo
momento.
E' sempre un difficile equilibrio da realizzare: "povero tra i poveri"
è certamente un grande ideale, ma per curare la gente ci vogliono
anche tanti soldi.
Se avessi scelto la povertà assoluta in mezzo ai poveri, certamente
darei una grande testimonianza, ma non potrei aiutare nessuno
materialmente, nè tantomeno chirurgicamente.
Un ospedale ha spese enormi; la gestione di una sala operatoria costa
un occhio della testa, e lo stesso dicasi per l'acquisto di un
ecografo o di un gastroscopio; e che dire delle medicine,degli
stipendi, degli infissi ortopedici, e di tutto il resto.
Ecco quindi che povero è chi spende tutto quello che ha per i poveri
ed i bisognosi: non si tiene nulla per sè, ma lo usa per chi è nel
bisogno. Povero è chi non tiene per sè neppure il tempo ma è sempre a
disposizione.
Noi abbiamo tanto strumentario costoso in ospedale, ma nulla è per
noi: quello che abbiamo, lo usiamo esclusivamente per il servizio dei
bisognosi.
Rimane poi il fatto che la mia povertà si esprime anche nel lavoro
intenso e nella donazione del mio tempo, dei miei talenti, delle mie
conoscenze e del mio lavoro, a beneficio dei bisognosi.
Indubbio è anche il fatto che tutto quello che ricevo con offerte
edonazioni, lo impiego esclusivamente per il servizio degli altri.
In questo senso, spero di essere anche io "povero tra i poveri", anche
se dormo in una casa in muratura e non in una capanna di fango
venerdì 18 agosto 2023
EMBOLIA POLMONARE?
Gestire un centro traumatologico ti mette sovente di fronte a questa realtà.
L'embolia polmonare è una complicazione frequente nella chirurgia ortopedica.
Abbiamo avuto casi subito dopo l'intervento o nei primi giorni di
post-operatorio, e lo stress è grandissimo perchè ti senti in colpa e
ti sembra di aver ucciso tu stesso la persona, anche se hai pure messo
la profilassi antitrombotica.
Ma ci sono anche probabili embolie pomonari prima dell'intervento,
come è successo nell'ultimo caso.
E' stato parimenti stressante: il paziente era in lista operatoria per
una frattura di femore.
L'emocromo ci ha però indicato la presenza di anemia: abbiamo quandi
deciso di trasfondere e di posticipare l'intervento all'indomani.
Il paziente era comunque stabile, cosciente ed orientato.
Mentre ancora aspettavamo il risultato delle prove crociate, il malato
ha cambiato drasticamente condizione, ha smesso di respirare ed a
nulla sono valsi i nostri sforzi di rianimazione.
Pensiamo ad una embolia polmonare, ma non ne siamo sicuri: forse
l'embolo è partito durante un movimento del paziente nel letto. Chi lo
sa?
La persona era giovane, meno di quarant'anni, e ci sentiamo molto male.
In traumatologia la morte improvviva è una realtà, sia nel pre che nel
post-operatorio.
L'embolia polmonare è una complicazione frequente nella chirurgia ortopedica.
Abbiamo avuto casi subito dopo l'intervento o nei primi giorni di
post-operatorio, e lo stress è grandissimo perchè ti senti in colpa e
ti sembra di aver ucciso tu stesso la persona, anche se hai pure messo
la profilassi antitrombotica.
Ma ci sono anche probabili embolie pomonari prima dell'intervento,
come è successo nell'ultimo caso.
E' stato parimenti stressante: il paziente era in lista operatoria per
una frattura di femore.
L'emocromo ci ha però indicato la presenza di anemia: abbiamo quandi
deciso di trasfondere e di posticipare l'intervento all'indomani.
Il paziente era comunque stabile, cosciente ed orientato.
Mentre ancora aspettavamo il risultato delle prove crociate, il malato
ha cambiato drasticamente condizione, ha smesso di respirare ed a
nulla sono valsi i nostri sforzi di rianimazione.
Pensiamo ad una embolia polmonare, ma non ne siamo sicuri: forse
l'embolo è partito durante un movimento del paziente nel letto. Chi lo
sa?
La persona era giovane, meno di quarant'anni, e ci sentiamo molto male.
In traumatologia la morte improvviva è una realtà, sia nel pre che nel
post-operatorio.
mercoledì 16 agosto 2023
GLI ABBIAMO SALVATO LA VITA
Bonface e' arrivato domenica pomeriggio da molto lontano. Ha dolori
lancinanti all'addome, ed in prima battuta sembra che si tratti di
un'ulcera peptica.
Visitandolo mi pare che l'addome sia trattabile e che quindi non ci
troviamo di fronte ad una emergenza chirurgica. Ascolto i suoni
intestinali appoggiando il fonendoscopio sulla sua pancia, e la
peristalsi e' presente... anche questo e' un elemento incoraggiante.
Faccio un'ecografia, che al momento non mi mostra nulla di
particolare.
Instauro una terapia per un'eventuale ulcera, pensando ad una
gastroscopia l'indomani mattina.
Passo a rivedere il paziente piu' volte. Le sue condizioni si
dimostrano stabili, ma il dolore addominale, soprattutto ai quadranti
superiori, rimane lancinante e non accenna assolutamente a diminuire,
nonostante tutte le nostre medicine.
Vado a dormire preoccupatissimo, ed al mattino alle 6 gia' sono nel
reparto uomini, con la vaga paura di non trovarlo piu'. In realta'
Bonface e' presente, ma ora le sue condizioni sono peggiorate: ha la
pancia molto distesa e dura, ed e' assai sofferente.
Rifaccio un'eco urgentemente, ed il quadro e' totalmente cambiato.
C'e' fluido tra le anse intestinali, e subito penso ad un'ulcera
perforata.
Bisogna operare.. Ci mettiamo pochissimo ad iniziare.
Apriamo strato per strato. Dopo aver inciso la fascia, il peritoneo
sporge all'infuori come se fosse sotto pressione. Lo apro con calma.
Incisa la lucente parete peritoneale, eccoci di fronte ad una
sorpresa: non c'e' liquido fecaloide, e non c'e' neppure materiale
gastrico tra le anse. Il versamento c'e', eccome... ma e' ematico.
Sulle anse intestinali sono cosparse delle particlelle biancastre, che
somigliano molto al latte cagliato. Il sangue si e' infiltrato tra le
anse e pare provenire da una zona particolare, che ricordo benissimo
perche' all'esame di patologia chirurgica me l'hanno chiesta per due
volte, bocciandomi in entrambi i casi. Si tratta della retrocavita'
degli epiploon.
Comincio gia' a darmi dello scemo per non aver chiesto una amilasi il
giorno precedente. Si tratta di una pancreatite acuta
necrotico-emorragica. Osservo anche lo stomaco e le anse intestinali:
non ci sono perforazioni.
Alla fine di circa due ore e mezza di lavoro, Bonface e' in camera
sua: ha un sondino nasogastrico, un catetere vescicale, quattro
drenaggi che gli escono dalla pancia e attraverso cui facciamo dei
lavaggi continui con fisiologica.
Che fortuna per Bonface e per la sua famiglia. La rottura del pancreas
e' avvenuta quando gia' era ricoverato... E' proprio vero che la
sopravvivenza a volte dipende da una buona dose di fortuna.
lancinanti all'addome, ed in prima battuta sembra che si tratti di
un'ulcera peptica.
Visitandolo mi pare che l'addome sia trattabile e che quindi non ci
troviamo di fronte ad una emergenza chirurgica. Ascolto i suoni
intestinali appoggiando il fonendoscopio sulla sua pancia, e la
peristalsi e' presente... anche questo e' un elemento incoraggiante.
Faccio un'ecografia, che al momento non mi mostra nulla di
particolare.
Instauro una terapia per un'eventuale ulcera, pensando ad una
gastroscopia l'indomani mattina.
Passo a rivedere il paziente piu' volte. Le sue condizioni si
dimostrano stabili, ma il dolore addominale, soprattutto ai quadranti
superiori, rimane lancinante e non accenna assolutamente a diminuire,
nonostante tutte le nostre medicine.
Vado a dormire preoccupatissimo, ed al mattino alle 6 gia' sono nel
reparto uomini, con la vaga paura di non trovarlo piu'. In realta'
Bonface e' presente, ma ora le sue condizioni sono peggiorate: ha la
pancia molto distesa e dura, ed e' assai sofferente.
Rifaccio un'eco urgentemente, ed il quadro e' totalmente cambiato.
C'e' fluido tra le anse intestinali, e subito penso ad un'ulcera
perforata.
Bisogna operare.. Ci mettiamo pochissimo ad iniziare.
Apriamo strato per strato. Dopo aver inciso la fascia, il peritoneo
sporge all'infuori come se fosse sotto pressione. Lo apro con calma.
Incisa la lucente parete peritoneale, eccoci di fronte ad una
sorpresa: non c'e' liquido fecaloide, e non c'e' neppure materiale
gastrico tra le anse. Il versamento c'e', eccome... ma e' ematico.
Sulle anse intestinali sono cosparse delle particlelle biancastre, che
somigliano molto al latte cagliato. Il sangue si e' infiltrato tra le
anse e pare provenire da una zona particolare, che ricordo benissimo
perche' all'esame di patologia chirurgica me l'hanno chiesta per due
volte, bocciandomi in entrambi i casi. Si tratta della retrocavita'
degli epiploon.
Comincio gia' a darmi dello scemo per non aver chiesto una amilasi il
giorno precedente. Si tratta di una pancreatite acuta
necrotico-emorragica. Osservo anche lo stomaco e le anse intestinali:
non ci sono perforazioni.
Alla fine di circa due ore e mezza di lavoro, Bonface e' in camera
sua: ha un sondino nasogastrico, un catetere vescicale, quattro
drenaggi che gli escono dalla pancia e attraverso cui facciamo dei
lavaggi continui con fisiologica.
Che fortuna per Bonface e per la sua famiglia. La rottura del pancreas
e' avvenuta quando gia' era ricoverato... E' proprio vero che la
sopravvivenza a volte dipende da una buona dose di fortuna.
sabato 12 agosto 2023
VOLONTARIATO
Quello che voglio dire stasera può essere preso bene oppure male, ma
credo che sia importante che esprima alcuni pensieri.
Il volontariato è una realtà stupenda in cui credo molto e che
promuovo dal oltre 20 anni: normalmente i volontari sono bravissime
persone che si offrono cariche di entusiasmo, spirito di servizio e
capacità di adattamento.
Il volontario è inoltre un portatore di freschezza ed entusiasmo nella
continuazione del nostro lavoro. Troppo spesso la routine ci può
rendere cinici, incapaci di condividere fino in fondo il dolore
altrui. Diventiamo freddi, come paralizzati nei sentimenti dal
contatto troppo continuo con la sofferenza e con la morte.
Corriamo il rischio di voler dare a tutti lo stesso livello di
attenzione, perchè abbiamo paura di coinvolgerci troppo con alcune
persone che poi dovremo lasciare, o perchè muoiono o perchè guariscono
e se ne vanno.
I volontari invece sanno dare importanza alle piccole cose: ad un
sorriso, ad una delicatezza verso i pazienti...Essi diventano un
silenzioso richiamo a non lasciarci travolgere dal rullo compressore
del quotidiano che rischia di trasformarci in "macchine operatrici"
senza sentimenti e senza vero coinvolgimento. Sanno piangere davanti
ad un bimbo che muore di malaria o di fronte ad una piccolina che
viene consumata dall'AIDS...e con queste lacrime, quasi
impercettibilmente, mettono un freno al nostro continuo correre che ci
porterebbe a dire: "Ma quante storie! Non c'è tempo per piangere per i
morti, bisogna lavorare per chi è ancora vivo!".
I volontari sono anche la nostra "cassa di risonanza" e molto spesso
lavorano per noi in Italia più di quanto non potessero fare quando
erano qui in Kenya: organizzano raccolte fondi, concerti, attività
parrocchiali...che contribuiscono grandemente al nostro budget.
Detto questo, desidererei ora sottolineare alcune caratteristiche a
mio avviso necessarie per tutte le persone che vorrebbero fare o hanno
fatto volontariato da noi.
1. SENSO DI ADATTAMENTO: sappiamo tutti che un ospedale rurale in
Africa non può essere ben organizzato come un moderno ospedale
italiano.
La struttura qui potrebbe essere paragonata ad un enorme reparto
contenente 100 posti letto, divisi tra specialità molto diverse tra
loro.
A tutto questo si aggiunge il flusso continuo di pazienti ambulatoriali.
Inoltre come ho già detto, lo staff locale è molto ridotto rispetto
agli standard italiani, per cui a volte non riusciamo a seguire il
singolo paziente come invece si potrebbe fare in Italia.
Il cibo poi a Matiri è estremamente monotono, non è sempre preparato
con i canoni culinari che potremmo aspettarci in un hotel ( il riso è
spesso scotto, soprattutto se si arriva tardi dall'ospedale; il menù è
più o meno fisso e si ripete ogni giorno). La monotonia del cibo a
Matiri è un aspetto da tenere in conto, anche se il volontario può
comprarsi cibo separatamente al supermercato. I volontari che lo
desiderano possono comunque cucinare il proprio cibo. La doccia non ha
l'acqua calda. La biancheria bisogna lavarla a mano perchè non c'è una
lavatrice.
2. UMILTA' sia nel servizio che nel giudizio globale della realtà africana.
Nel servizio, pur essendo molto bello che i volontari ci portino ad un
continuo miglioramento, è necessario fare appello alla pazienza
personale per accettare che i cambiamenti suggeriti avvengano per
piccoli passi. A volte è necessaria una rivoluzione mentale per il
nostro personale che è stato formato con altri criteri
A questo riguardo, nel volontariato, credo che valga quanto ci ha
detto un vecchio missionario: "Per i primi tre anni osserva e
basta...se vuoi veramente tentare di capire. Dopo puoi cominciare ad
esprimere qualche umile parere."
Un volontario umile non giudica tutto dal primo giorno; non si pone il
primo giorno nella posizione di primario; non si mette a comandare ed
a pretendere che il personale gli dia gli strumenti che magari usava
in patria, semplicemente perchè non li abbiamo. Non considera il
lavoro fatto precedentemente al suo arrivo come spazzatura, e sa
benissimo che l'ospedale rimarrà aperto anche dopo la sua partenza, e
che continueremo a servire i malati.
Un volontario arrogante e presuntuoso creerà il vuoto attorno a sè, e
pian piano sarà isolato dal personale.
Un volontario umile, capace di accogliere il punto di vista di tutti,
rispettoso del lavoro del personale locale, gentile ed affabile, sarà
amato dal personale.I suoi insegnamenti rimarranno e porteranno ad un
miglioramento duraturo, mentre le imposizione dell'arrogante saranno
cestinate minuti dopo la sua partenza
Termino questo lungo scritto sottolineando che il volontariato è una
realtà molto bella e utile.
Sono felice di aver riaperto, dopo il COVID. Abbiamo bisogno dei volontari!
Giudico l'esperienza di volontariato positivamente, anche se, come in
ogni situazione umana, ci sono stati dei problemi. Ritengo comunque
che il volontariato sia qualcosa di dinamico e che anche gli elementi
apparentemente negativi possano tramutarsi in punti di partenza per
una revisione onesta e per un miglioramento futuro.
Mi auguro che il Signore ci aiuti a crescere per correggere quanto
abbiamo sbagliato in questi anni e per sviluppare al massimo le
potenzialità del volontariato che, a mio avviso non sono state ancora
pienamente raggiunte.
Fr Beppe
credo che sia importante che esprima alcuni pensieri.
Il volontariato è una realtà stupenda in cui credo molto e che
promuovo dal oltre 20 anni: normalmente i volontari sono bravissime
persone che si offrono cariche di entusiasmo, spirito di servizio e
capacità di adattamento.
Il volontario è inoltre un portatore di freschezza ed entusiasmo nella
continuazione del nostro lavoro. Troppo spesso la routine ci può
rendere cinici, incapaci di condividere fino in fondo il dolore
altrui. Diventiamo freddi, come paralizzati nei sentimenti dal
contatto troppo continuo con la sofferenza e con la morte.
Corriamo il rischio di voler dare a tutti lo stesso livello di
attenzione, perchè abbiamo paura di coinvolgerci troppo con alcune
persone che poi dovremo lasciare, o perchè muoiono o perchè guariscono
e se ne vanno.
I volontari invece sanno dare importanza alle piccole cose: ad un
sorriso, ad una delicatezza verso i pazienti...Essi diventano un
silenzioso richiamo a non lasciarci travolgere dal rullo compressore
del quotidiano che rischia di trasformarci in "macchine operatrici"
senza sentimenti e senza vero coinvolgimento. Sanno piangere davanti
ad un bimbo che muore di malaria o di fronte ad una piccolina che
viene consumata dall'AIDS...e con queste lacrime, quasi
impercettibilmente, mettono un freno al nostro continuo correre che ci
porterebbe a dire: "Ma quante storie! Non c'è tempo per piangere per i
morti, bisogna lavorare per chi è ancora vivo!".
I volontari sono anche la nostra "cassa di risonanza" e molto spesso
lavorano per noi in Italia più di quanto non potessero fare quando
erano qui in Kenya: organizzano raccolte fondi, concerti, attività
parrocchiali...che contribuiscono grandemente al nostro budget.
Detto questo, desidererei ora sottolineare alcune caratteristiche a
mio avviso necessarie per tutte le persone che vorrebbero fare o hanno
fatto volontariato da noi.
1. SENSO DI ADATTAMENTO: sappiamo tutti che un ospedale rurale in
Africa non può essere ben organizzato come un moderno ospedale
italiano.
La struttura qui potrebbe essere paragonata ad un enorme reparto
contenente 100 posti letto, divisi tra specialità molto diverse tra
loro.
A tutto questo si aggiunge il flusso continuo di pazienti ambulatoriali.
Inoltre come ho già detto, lo staff locale è molto ridotto rispetto
agli standard italiani, per cui a volte non riusciamo a seguire il
singolo paziente come invece si potrebbe fare in Italia.
Il cibo poi a Matiri è estremamente monotono, non è sempre preparato
con i canoni culinari che potremmo aspettarci in un hotel ( il riso è
spesso scotto, soprattutto se si arriva tardi dall'ospedale; il menù è
più o meno fisso e si ripete ogni giorno). La monotonia del cibo a
Matiri è un aspetto da tenere in conto, anche se il volontario può
comprarsi cibo separatamente al supermercato. I volontari che lo
desiderano possono comunque cucinare il proprio cibo. La doccia non ha
l'acqua calda. La biancheria bisogna lavarla a mano perchè non c'è una
lavatrice.
2. UMILTA' sia nel servizio che nel giudizio globale della realtà africana.
Nel servizio, pur essendo molto bello che i volontari ci portino ad un
continuo miglioramento, è necessario fare appello alla pazienza
personale per accettare che i cambiamenti suggeriti avvengano per
piccoli passi. A volte è necessaria una rivoluzione mentale per il
nostro personale che è stato formato con altri criteri
A questo riguardo, nel volontariato, credo che valga quanto ci ha
detto un vecchio missionario: "Per i primi tre anni osserva e
basta...se vuoi veramente tentare di capire. Dopo puoi cominciare ad
esprimere qualche umile parere."
Un volontario umile non giudica tutto dal primo giorno; non si pone il
primo giorno nella posizione di primario; non si mette a comandare ed
a pretendere che il personale gli dia gli strumenti che magari usava
in patria, semplicemente perchè non li abbiamo. Non considera il
lavoro fatto precedentemente al suo arrivo come spazzatura, e sa
benissimo che l'ospedale rimarrà aperto anche dopo la sua partenza, e
che continueremo a servire i malati.
Un volontario arrogante e presuntuoso creerà il vuoto attorno a sè, e
pian piano sarà isolato dal personale.
Un volontario umile, capace di accogliere il punto di vista di tutti,
rispettoso del lavoro del personale locale, gentile ed affabile, sarà
amato dal personale.I suoi insegnamenti rimarranno e porteranno ad un
miglioramento duraturo, mentre le imposizione dell'arrogante saranno
cestinate minuti dopo la sua partenza
Termino questo lungo scritto sottolineando che il volontariato è una
realtà molto bella e utile.
Sono felice di aver riaperto, dopo il COVID. Abbiamo bisogno dei volontari!
Giudico l'esperienza di volontariato positivamente, anche se, come in
ogni situazione umana, ci sono stati dei problemi. Ritengo comunque
che il volontariato sia qualcosa di dinamico e che anche gli elementi
apparentemente negativi possano tramutarsi in punti di partenza per
una revisione onesta e per un miglioramento futuro.
Mi auguro che il Signore ci aiuti a crescere per correggere quanto
abbiamo sbagliato in questi anni e per sviluppare al massimo le
potenzialità del volontariato che, a mio avviso non sono state ancora
pienamente raggiunte.
Fr Beppe
venerdì 11 agosto 2023
OGGI LA LISTA OPERATORIA E' CORTA
Ci sono giorni come ieri con 4 interventi.
Coloro che vedono la lista operatoria, pensano che la giornata non sia pesante.
Ma il numero delle operazioni dice solo una parte della realtà: ci
sono infatti giorni con 6 interventi, tutti semplici e relativamente
brevi, e ce ne sono altri, come ieri, quando i 4 interventi sono
complessi, lunghi ed estenuanti. Ieri abbiamo finito molto più tardi
di altri giorni in cui magari facciamo 6 o 7 casi.
Ma la soddisfazione è stata grande alla sera, quando abbiamo concluso
l'ultima operazione.
Eravamo tutti stremati, ma con la percezione di aver aiutato i nostri
pazienti in problematiche molto complicate.
Coloro che vedono la lista operatoria, pensano che la giornata non sia pesante.
Ma il numero delle operazioni dice solo una parte della realtà: ci
sono infatti giorni con 6 interventi, tutti semplici e relativamente
brevi, e ce ne sono altri, come ieri, quando i 4 interventi sono
complessi, lunghi ed estenuanti. Ieri abbiamo finito molto più tardi
di altri giorni in cui magari facciamo 6 o 7 casi.
Ma la soddisfazione è stata grande alla sera, quando abbiamo concluso
l'ultima operazione.
Eravamo tutti stremati, ma con la percezione di aver aiutato i nostri
pazienti in problematiche molto complicate.
mercoledì 9 agosto 2023
TRADIZIONI CONTRO CUI LOTTARE
Mi trovo davanti all'incubatrice osservando un neonato ustionato dalla
testa ai piedi.
La mamma e' vicina a me e piange: "Non vedi che non sta migliorando?
Ora ha anche una diarrea verdastra!"
"Lo so, ma e' essenziale che il bimbo rimanga qui in ospedale, perche'
ha bisogno del calore umido della macchina, degli antibiotici e delle
flebo".
"No, voi medici non potete capire. Questo bimbo non guarira' mai, se
non andiamo dal traditional doctor a fargli asportare i falsi-denti".
"Ti prego di non farlo... i denti falsi non esistono, e se vai da quei
fattucchieri, ti obbligheranno a pagare un sacco di soldi, e faranno
del male al tuo bimbo. Useranno dei chiodi caldi e faranno dei buchi
nelle gengive a livello dei canini. Il tuo bambino soffrira'
inutilmente, e non guarira' certo dalla ustione grazie a questa
tortura. Quel colore bianco che vedi sulle arcate dentarie,
rappresenta solo la presenza delle gemme da cui i dentini si
formeranno. Non c'e' proprio nulla da togliere... senza quelle gemme,
la dentizione sara' alterata e tuo figlio potrebbe crescere con tutti
i denti storti".
Purtroppo e' stato un dialogo tra sordi. La donna ha firmato la
cartella e si e' portato via un bimbo in condizioni veramente
instabili. Sono quasi sicuro che morira', forse non di tetano a causa
del chiodo arrugginito che lo stregone usera', ma possibilmente a
motivo della disidratazione e dell'infezione.
Tra la nostra gente questa credenza e' molto radicata. Spendono fior
di quattrini per andare da qualche stregone, che non farà altro che
rompere l'arcata gengivale e far sanguinare i bimbi. Pero', siccome
noi esseri umani siamo sempre molto influenzati dalla nostra
psicologia, molte mamme poi tornano a dirci che il loro figlio e'
migliorato, dopo l'asportazione... purtroppo però quelle il cui figlio
soccombe non le rivediamo piu'.
Altra pratica con cui spesso ci dobbiamo confrontare e' quella del
taglio dell'ugola in eta' infantile. Quest'ultima tradizione mi sembra
ancora piu' truce e pericolosa, sia a motivo del sanguinamento che
provoca, sia per il rischio che il moncone amputato vada a finire in
gola ed inneschi delle crisi di soffocamento.
Eppure molta gente ci crede, e ritiene che, senza questa mutilazione,
il loro pargoletto sara' per sempre esposto a infezioni del tratto
respiratorio.
E' sempre impressionante, e mi fa venire un brivido sulla schiena ogni
qualvolta, mentre visito un paziente a bocca aperta per scrutare le
sue tonsille, mi rendo conto che ha un palato piatto e senza ugola...
quasi inconsciamente avverto uno strano dolore nel retrobocca, e provo
tanta pena per il male che la persona di fronte a me deve aver
sopportato, quando gli veniva asportata quella innocente parte del
corpo... naturalmente senza alcuna anestesia.
Fr Beppe
testa ai piedi.
La mamma e' vicina a me e piange: "Non vedi che non sta migliorando?
Ora ha anche una diarrea verdastra!"
"Lo so, ma e' essenziale che il bimbo rimanga qui in ospedale, perche'
ha bisogno del calore umido della macchina, degli antibiotici e delle
flebo".
"No, voi medici non potete capire. Questo bimbo non guarira' mai, se
non andiamo dal traditional doctor a fargli asportare i falsi-denti".
"Ti prego di non farlo... i denti falsi non esistono, e se vai da quei
fattucchieri, ti obbligheranno a pagare un sacco di soldi, e faranno
del male al tuo bimbo. Useranno dei chiodi caldi e faranno dei buchi
nelle gengive a livello dei canini. Il tuo bambino soffrira'
inutilmente, e non guarira' certo dalla ustione grazie a questa
tortura. Quel colore bianco che vedi sulle arcate dentarie,
rappresenta solo la presenza delle gemme da cui i dentini si
formeranno. Non c'e' proprio nulla da togliere... senza quelle gemme,
la dentizione sara' alterata e tuo figlio potrebbe crescere con tutti
i denti storti".
Purtroppo e' stato un dialogo tra sordi. La donna ha firmato la
cartella e si e' portato via un bimbo in condizioni veramente
instabili. Sono quasi sicuro che morira', forse non di tetano a causa
del chiodo arrugginito che lo stregone usera', ma possibilmente a
motivo della disidratazione e dell'infezione.
Tra la nostra gente questa credenza e' molto radicata. Spendono fior
di quattrini per andare da qualche stregone, che non farà altro che
rompere l'arcata gengivale e far sanguinare i bimbi. Pero', siccome
noi esseri umani siamo sempre molto influenzati dalla nostra
psicologia, molte mamme poi tornano a dirci che il loro figlio e'
migliorato, dopo l'asportazione... purtroppo però quelle il cui figlio
soccombe non le rivediamo piu'.
Altra pratica con cui spesso ci dobbiamo confrontare e' quella del
taglio dell'ugola in eta' infantile. Quest'ultima tradizione mi sembra
ancora piu' truce e pericolosa, sia a motivo del sanguinamento che
provoca, sia per il rischio che il moncone amputato vada a finire in
gola ed inneschi delle crisi di soffocamento.
Eppure molta gente ci crede, e ritiene che, senza questa mutilazione,
il loro pargoletto sara' per sempre esposto a infezioni del tratto
respiratorio.
E' sempre impressionante, e mi fa venire un brivido sulla schiena ogni
qualvolta, mentre visito un paziente a bocca aperta per scrutare le
sue tonsille, mi rendo conto che ha un palato piatto e senza ugola...
quasi inconsciamente avverto uno strano dolore nel retrobocca, e provo
tanta pena per il male che la persona di fronte a me deve aver
sopportato, quando gli veniva asportata quella innocente parte del
corpo... naturalmente senza alcuna anestesia.
Fr Beppe
lunedì 7 agosto 2023
LE COMPLICAZIONI
E' inutile farsi illusioni! Nella vita di un medico missionario
impegnato 24 ore sul campo le complicaazioni sono inevitabili: può
essere una frattura della tibia in cui la placca ha fatto decubito ed
ha causato l'esposizione dell'osso; oppure può essere un paziente
operato di perforazione intestinale che sviluppa una deiscenza.
Queste complicazioni ti entrano nella testa e ti fanno sentire uno
straccio; hanno il potere di toglierti tutta la soddisfazione che
umanamente potresti provare per i molti malati guariti, e ti
sprofondano nella depressione e nell'angoscia su cosa poter fare per
fronteggiarle e sconfiggerle.
E' questa una delle croci del medico: non ricordare i successi, le
persone guarite; ma essere perseguitato emotivamente dai fallimenti e
dalle cose andate male.
E' vero poi anche che più si fa e più c'è la possibilità di sbagliare;
più ci si impegna in situazioni complesse e difficili, e più anche le
complicazioni possono essere drammatiche e non facilmente gestibili.
Solo chi non fa nulla non ha complicanze!
Diceva un famoso chirurgo di cui non ricordo il nome: "nella mia vita
professionale le complicanze le ho sperimentate tutte, e, modesti a
parte, ne ho pure inventate di nuove".
E' una cosa che sappiamo, ma non possiamo fare a meno di sentire
profondo scoramento quando le cose non vanno bene: nascono allora
tante domande: avrò fatto tutto quello che dovevo? Dove ho sbagliato?
Ma perchè ho deciso di operare, invece di astenermi?
Indubbiamente la chirurgia è l'area in cui più sovente mi confronto
con situazioni emotive del genere, forse perchè persino i parenti dei
malati non si ricordano che ogni pratica chirurgica può anche andar
male in una certa percentuali di casi. Onestamente però ho avuto
problemi con persone che mi hanno accusato di negligenza pure con
pazienti ricoverati per patologie mediche, ed in un caso sono stato
minacciato di denuncia perchè avevo deciso di non operare una persona
che ritenevo troppo grave per sopportare l'anestesia.
Le complicazioni sono una croce che mi accompagna ed influenza
pesantemente il mio stato d'animo molte volte durante l'anno.
Fr Beppe Gaido
impegnato 24 ore sul campo le complicaazioni sono inevitabili: può
essere una frattura della tibia in cui la placca ha fatto decubito ed
ha causato l'esposizione dell'osso; oppure può essere un paziente
operato di perforazione intestinale che sviluppa una deiscenza.
Queste complicazioni ti entrano nella testa e ti fanno sentire uno
straccio; hanno il potere di toglierti tutta la soddisfazione che
umanamente potresti provare per i molti malati guariti, e ti
sprofondano nella depressione e nell'angoscia su cosa poter fare per
fronteggiarle e sconfiggerle.
E' questa una delle croci del medico: non ricordare i successi, le
persone guarite; ma essere perseguitato emotivamente dai fallimenti e
dalle cose andate male.
E' vero poi anche che più si fa e più c'è la possibilità di sbagliare;
più ci si impegna in situazioni complesse e difficili, e più anche le
complicazioni possono essere drammatiche e non facilmente gestibili.
Solo chi non fa nulla non ha complicanze!
Diceva un famoso chirurgo di cui non ricordo il nome: "nella mia vita
professionale le complicanze le ho sperimentate tutte, e, modesti a
parte, ne ho pure inventate di nuove".
E' una cosa che sappiamo, ma non possiamo fare a meno di sentire
profondo scoramento quando le cose non vanno bene: nascono allora
tante domande: avrò fatto tutto quello che dovevo? Dove ho sbagliato?
Ma perchè ho deciso di operare, invece di astenermi?
Indubbiamente la chirurgia è l'area in cui più sovente mi confronto
con situazioni emotive del genere, forse perchè persino i parenti dei
malati non si ricordano che ogni pratica chirurgica può anche andar
male in una certa percentuali di casi. Onestamente però ho avuto
problemi con persone che mi hanno accusato di negligenza pure con
pazienti ricoverati per patologie mediche, ed in un caso sono stato
minacciato di denuncia perchè avevo deciso di non operare una persona
che ritenevo troppo grave per sopportare l'anestesia.
Le complicazioni sono una croce che mi accompagna ed influenza
pesantemente il mio stato d'animo molte volte durante l'anno.
Fr Beppe Gaido
sabato 5 agosto 2023
UN SABATO IN EMERGENZA
Oggi è stata una giornata molto pesante, che ha seguito una notte
altrettanto difficile di chiamate ed emergenze.
Della lista operatoria odierna siamo riusciti soltanto a fare una
frattura di omero in donna di 81 anni. Per il resto abbiamo lavorato
solo con le emergenze, che sono arrivate tutte insieme.
Nel primo caso l'urgenza era un'ernia inguinale irriducibile da varie
ore in un uomo di 30 anni. L'ernia era enorme ed estremamente dolente.
Temevo davvero di trovare anse intestinali necrotiche, ma
fortunatamente siamo arrivati in tempo ed alla fine abbiamo fatto
un'erniorrafia semplice. Il paziente sta bene dopo l'intervento.
La seconda emergenza è stato un cesareo dovuto a distress fetale.
L'operazione è stata veloce e senza problemi, ed il bambino ha pianto
subito. Ora mamma e neonato stanno bene entrambi.
E' poi arrivato un aborto incompleto in donna davvero anemica e
collassata. Abbiamo fatto una revisione della cavità uterina ed
abbiamo quindi trasfuso la paziente, che ora sta bene.
Ma la vera grande emergenza è stata l'ultima.
Era un addome acuto da peritonite. I globuli bianchi erano altissimi,
l'addome disteso e dolente, il paziente non andava di corpo e vomitava
tutto. All'anamnesi la sintomatologia sarebbe iniziata soltanto 24 ore
prima.
Mi sono quindi orientato su una diagnosi di appendicite acuta con peritonite.
Ho perciò sperato in una laparatomia veloce, con appendicectomia e
lisi di tessuto aderenziale.
Quando ho aperto l'addome, la situazione era però catastroficamente
peggiore: volvolo complesso con anse completamente necrotiche ed
emoperitoneo.
Il volvolo e la necrosi coinvolgevano il sigma ed oltre un metro di
ileo terminale.
All'inizio ho fatto molta fatica a capire come le anse si fossero
rotate. Mi stavo quasi scoraggiando!
Poi però, con pazienza e calma, ho trovato il bandolo della matassa;
ho prima derotato le anse necrotiche e poi fatto le resezioni
intestinali con susseguenti anastomosi.
L'intervento è durato due ore e mezza. Temevo che il paziente non si
sarebbe risvegliato dall'anestesia, ma fortunatamente anche il
risveglio è andato bene.
Ora speriamo per il decorso post-operatorio. La sua prognosi è
certamente riservata.
Giornata tutta in emergenza, faticosissima, ma con adrenalina alle stelle.
altrettanto difficile di chiamate ed emergenze.
Della lista operatoria odierna siamo riusciti soltanto a fare una
frattura di omero in donna di 81 anni. Per il resto abbiamo lavorato
solo con le emergenze, che sono arrivate tutte insieme.
Nel primo caso l'urgenza era un'ernia inguinale irriducibile da varie
ore in un uomo di 30 anni. L'ernia era enorme ed estremamente dolente.
Temevo davvero di trovare anse intestinali necrotiche, ma
fortunatamente siamo arrivati in tempo ed alla fine abbiamo fatto
un'erniorrafia semplice. Il paziente sta bene dopo l'intervento.
La seconda emergenza è stato un cesareo dovuto a distress fetale.
L'operazione è stata veloce e senza problemi, ed il bambino ha pianto
subito. Ora mamma e neonato stanno bene entrambi.
E' poi arrivato un aborto incompleto in donna davvero anemica e
collassata. Abbiamo fatto una revisione della cavità uterina ed
abbiamo quindi trasfuso la paziente, che ora sta bene.
Ma la vera grande emergenza è stata l'ultima.
Era un addome acuto da peritonite. I globuli bianchi erano altissimi,
l'addome disteso e dolente, il paziente non andava di corpo e vomitava
tutto. All'anamnesi la sintomatologia sarebbe iniziata soltanto 24 ore
prima.
Mi sono quindi orientato su una diagnosi di appendicite acuta con peritonite.
Ho perciò sperato in una laparatomia veloce, con appendicectomia e
lisi di tessuto aderenziale.
Quando ho aperto l'addome, la situazione era però catastroficamente
peggiore: volvolo complesso con anse completamente necrotiche ed
emoperitoneo.
Il volvolo e la necrosi coinvolgevano il sigma ed oltre un metro di
ileo terminale.
All'inizio ho fatto molta fatica a capire come le anse si fossero
rotate. Mi stavo quasi scoraggiando!
Poi però, con pazienza e calma, ho trovato il bandolo della matassa;
ho prima derotato le anse necrotiche e poi fatto le resezioni
intestinali con susseguenti anastomosi.
L'intervento è durato due ore e mezza. Temevo che il paziente non si
sarebbe risvegliato dall'anestesia, ma fortunatamente anche il
risveglio è andato bene.
Ora speriamo per il decorso post-operatorio. La sua prognosi è
certamente riservata.
Giornata tutta in emergenza, faticosissima, ma con adrenalina alle stelle.
venerdì 4 agosto 2023
ENDOSCOPIA DIGESTIVA
Il servizio di gastroscopia e colonscopia sta andando bene.
Operiamo ogni giorno, dal lunedì al venerdì.
Il gastroscopio è di marca Olympus, comprato di seconda mano ma
decisamente efficiente.
Il fatto di operare ogni giorno è certamente un vantaggio per la
gente, che sa di poter usufruire del servizio, senza bisogno di avere
un appuntamento per un altro giorno.
Siamo in grado anche di fare biopie, quando necessario.
I nostri prezzi poi sono decisamente bassi, paragonati a quelli di
altre strutture.
Inoltre forniamo anche le fotografie, insieme al referto.
Quello che non riusciamo a offrire è l'endoscopia in sedazione: per la
gastro usiamo lo spray di lidocaina. Per la colon un cocktail di
buscopan e valium in vena
Operiamo ogni giorno, dal lunedì al venerdì.
Il gastroscopio è di marca Olympus, comprato di seconda mano ma
decisamente efficiente.
Il fatto di operare ogni giorno è certamente un vantaggio per la
gente, che sa di poter usufruire del servizio, senza bisogno di avere
un appuntamento per un altro giorno.
Siamo in grado anche di fare biopie, quando necessario.
I nostri prezzi poi sono decisamente bassi, paragonati a quelli di
altre strutture.
Inoltre forniamo anche le fotografie, insieme al referto.
Quello che non riusciamo a offrire è l'endoscopia in sedazione: per la
gastro usiamo lo spray di lidocaina. Per la colon un cocktail di
buscopan e valium in vena
giovedì 3 agosto 2023
APPENA IN TEMPO
Onesimus era venuto all'ospedale già tre volte nell'ultima settimana.
Aveva dolori addominali, che ci orientavano verso un' ulcera
duodenale. Bruciore epigastrico che migliorava con l'assunzione di un
po' di pane o di un bicchiere di latte; dolore in zona periombelicale.
Lamentava anche una sensazione sgradevole, di cupa sofferenza alla
pressione sulla cistifellea.
L'ecografia era sostanzialmente negativa: non si vedevano calcoli ne'
alla colecisti, ne' ai reni. Gli altri organi esplorati erano normali,
ed i movimenti intestinali presenti.
Avevamo anche pensato ad una gastroscopia ma il paziente non ha accettato.
Ci siamo quindi orientate verso la diagnosi di malattia peptica
ulcerosa e lo abbiamo messo in terapia. Onesimus non e' mai stato
ricoverato perche' ha sempre opposto un netto rifiuto alla nostra
proposta di ulteriori accertamenti.
Dopo alcuni giorni di relativo benessere a casa, ieri e' stato
accompagnato in ospedale dalla moglie in condizioni gravissime. Urlava
di dolore addominale, e la palpazione del punto appendicolare era
dolentissima. Un emocromo urgente ha rivelato un incremento dei
globuli bianchi che non lasciava molto spazio ai dubbi: 20.000
leucociti, quasi tutti neutrofili.
Non c'erano ormai piu' dubbi diagnostici: quella che pensavamo essere
una ulcera peptica era probabilmente una appendicite fin dal primo
momento.
Bisognava correre in sala.
Ora Onesimus ha un sondino nasogastrico, un tubo di drenaggio in
pancia e le flebo che gli scendono nelle vene… ma e' stabile, e noi
siamo contenti di essere arrivati in tempo per salvargli la vita.
Fr Beppe
Aveva dolori addominali, che ci orientavano verso un' ulcera
duodenale. Bruciore epigastrico che migliorava con l'assunzione di un
po' di pane o di un bicchiere di latte; dolore in zona periombelicale.
Lamentava anche una sensazione sgradevole, di cupa sofferenza alla
pressione sulla cistifellea.
L'ecografia era sostanzialmente negativa: non si vedevano calcoli ne'
alla colecisti, ne' ai reni. Gli altri organi esplorati erano normali,
ed i movimenti intestinali presenti.
Avevamo anche pensato ad una gastroscopia ma il paziente non ha accettato.
Ci siamo quindi orientate verso la diagnosi di malattia peptica
ulcerosa e lo abbiamo messo in terapia. Onesimus non e' mai stato
ricoverato perche' ha sempre opposto un netto rifiuto alla nostra
proposta di ulteriori accertamenti.
Dopo alcuni giorni di relativo benessere a casa, ieri e' stato
accompagnato in ospedale dalla moglie in condizioni gravissime. Urlava
di dolore addominale, e la palpazione del punto appendicolare era
dolentissima. Un emocromo urgente ha rivelato un incremento dei
globuli bianchi che non lasciava molto spazio ai dubbi: 20.000
leucociti, quasi tutti neutrofili.
Non c'erano ormai piu' dubbi diagnostici: quella che pensavamo essere
una ulcera peptica era probabilmente una appendicite fin dal primo
momento.
Bisognava correre in sala.
Ora Onesimus ha un sondino nasogastrico, un tubo di drenaggio in
pancia e le flebo che gli scendono nelle vene… ma e' stabile, e noi
siamo contenti di essere arrivati in tempo per salvargli la vita.
Fr Beppe
martedì 1 agosto 2023
TORSIONE DEL TESTICOLO
Ho sempre saputo che si tratta di una condizione tremenda, dove spesso
l'azione medica è inutile perchè giunta troppo in ritardo.
Sovente infattil il paziente si rivolge a centri di salute molto
periferici e la diagnosi clinica è sbagliata: non avendo l'ecografia,
molti di questi dispensari rurali diagnosticano la condizione come
orchite e prescrivono antibiotici.
Il tempo che trascorre dall'inizio del dolore alla fine del corso di
antibiotici è sufficiente a causare la necrosi totale del testicolo:
l'unico intervento possibile a questo punto è l'orchidectomia.
Fortunatamente la condizione è monoilaterale normalmente, ma la
soluzione chirurgica è comunque traumatica dal punto di vista
psicologico, considerando che si tratta in genere di adolescenti o
persone molto giovani.
Quello che mi è successo oggi è comunque una prima in assoluto: appena
24 ore dopo il bimbo operato di ernia inguinale irriducibile, ne ho
ricevuto un altro: anche in questo caso il bambino aveva pochi mesi (5
per la precisione).
Era in condizioni non buone, con segni di iniziale addome acuto. Aveva
una massa dura ed irriducibile in fossa iliaca sinistra.
L'ecografista, forse sulla scia emotiva del giorno precedente, ha
diagnosticato nuovamente un'ernia inguinale incarcerata in neonato.
Mi è parso stranissimo, ma, sapendo che in medicina le complicazioni
arrivano sovente in grappoli, non ho voluto commentare, anche perchè
certamente il bimbo stava malissimo e bisognava operarlo.
Non ho ripetuto un'ecgrafia ed onestamente non ho neppure fatto una
palpazione dello scroto: il bambino piangeva tantissimo e bisognava
fare in fretta.
In sala abbiamo avuto le stesse ansie anestesiologiche e chirurgiche
del giorno precedente, ma abbiamo iniziato l'intervento con coraggio.
Ho nuovamente scelto un approccio inguinale sinistro: è stato
difficile isolare quello che pensavo il sacco erniario. C'erano
infatti aderenze dure da staccare.
Quando ci sono arrivato vicino, l'ho trovato di colore nerastro, cosa
che mi ha turbato molto in quanto mi portava a pensare ad un'ansa
intestinale necrotica.
L'intervento sembrava evolvere in una laparatomia con resezione intestinale.
Poi però ho aperto il sacco e quello che ho visto all'interno non era
intestino, ma il testicolo sinistro completamente necrotico.
Ci ho messo vari minuti ad osservare l'area: quello era davvero il testicolo.
Ho esplorato l'emiscroto sinistro, e l'ho trovato vuoto.
Sono arrivato fino all'anello inguinale interno, e, pur avento trovato
una piccola ernia congenita, non vi ho trovato intestino.
Un testicolo ritenuto che necrotizza e crea una situazione di addome
acuto con massa dura in regione inguinale?
Un testicolo mobile che si è torto a questa giovane età e si è
retratto nell'inguine?
Ho dovuto fare l'orchidectoma d'urgenza, ed ho ovviamente chiuso la
piccola erna congenita.
Alla mamma l'ho spiegato dopo quello che avevo dovuto fare, ma l'ho
assicurata che il testicolo rimasto è più che sufficiente perchè suo
figlio possa un giorno diventare papà.
l'azione medica è inutile perchè giunta troppo in ritardo.
Sovente infattil il paziente si rivolge a centri di salute molto
periferici e la diagnosi clinica è sbagliata: non avendo l'ecografia,
molti di questi dispensari rurali diagnosticano la condizione come
orchite e prescrivono antibiotici.
Il tempo che trascorre dall'inizio del dolore alla fine del corso di
antibiotici è sufficiente a causare la necrosi totale del testicolo:
l'unico intervento possibile a questo punto è l'orchidectomia.
Fortunatamente la condizione è monoilaterale normalmente, ma la
soluzione chirurgica è comunque traumatica dal punto di vista
psicologico, considerando che si tratta in genere di adolescenti o
persone molto giovani.
Quello che mi è successo oggi è comunque una prima in assoluto: appena
24 ore dopo il bimbo operato di ernia inguinale irriducibile, ne ho
ricevuto un altro: anche in questo caso il bambino aveva pochi mesi (5
per la precisione).
Era in condizioni non buone, con segni di iniziale addome acuto. Aveva
una massa dura ed irriducibile in fossa iliaca sinistra.
L'ecografista, forse sulla scia emotiva del giorno precedente, ha
diagnosticato nuovamente un'ernia inguinale incarcerata in neonato.
Mi è parso stranissimo, ma, sapendo che in medicina le complicazioni
arrivano sovente in grappoli, non ho voluto commentare, anche perchè
certamente il bimbo stava malissimo e bisognava operarlo.
Non ho ripetuto un'ecgrafia ed onestamente non ho neppure fatto una
palpazione dello scroto: il bambino piangeva tantissimo e bisognava
fare in fretta.
In sala abbiamo avuto le stesse ansie anestesiologiche e chirurgiche
del giorno precedente, ma abbiamo iniziato l'intervento con coraggio.
Ho nuovamente scelto un approccio inguinale sinistro: è stato
difficile isolare quello che pensavo il sacco erniario. C'erano
infatti aderenze dure da staccare.
Quando ci sono arrivato vicino, l'ho trovato di colore nerastro, cosa
che mi ha turbato molto in quanto mi portava a pensare ad un'ansa
intestinale necrotica.
L'intervento sembrava evolvere in una laparatomia con resezione intestinale.
Poi però ho aperto il sacco e quello che ho visto all'interno non era
intestino, ma il testicolo sinistro completamente necrotico.
Ci ho messo vari minuti ad osservare l'area: quello era davvero il testicolo.
Ho esplorato l'emiscroto sinistro, e l'ho trovato vuoto.
Sono arrivato fino all'anello inguinale interno, e, pur avento trovato
una piccola ernia congenita, non vi ho trovato intestino.
Un testicolo ritenuto che necrotizza e crea una situazione di addome
acuto con massa dura in regione inguinale?
Un testicolo mobile che si è torto a questa giovane età e si è
retratto nell'inguine?
Ho dovuto fare l'orchidectoma d'urgenza, ed ho ovviamente chiuso la
piccola erna congenita.
Alla mamma l'ho spiegato dopo quello che avevo dovuto fare, ma l'ho
assicurata che il testicolo rimasto è più che sufficiente perchè suo
figlio possa un giorno diventare papà.
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