venerdì 24 febbraio 2023

Lucyline

La conosco da pochi mesi e sembrava nel fiore della salute.
Alta e forte, grande lavoratrice. Trentacinquenne e madre di una bambina ancor piccola, aveva richiesto di lavorare con noi per arrotondare le entrate della famiglia che faceva fatica ad andare avanti.
Le avevamo proposto una sostituzione di vari mesi per una nostra dipendente che avrebbe dovuto passare l’intera gravidanza a letto.
Verso lo scadere del suo periodo di lavoro, Lucyline ha cominciato ad accusare vaghi dolori e bruciori alla parte superiore dell’addome, insieme a sensazione di ripienezza anche a digiuno.
Le abbiamo fatto una ecografia, per escludere una pancreatite o una patologia delle vie biliari: era tutto negativo. Anche gli esami epatici erano nella norma, ed il parassitologico delle feci negativo.
Ho quindi praticato una gastroscopia e ho diagnosticato un’ulcera peptica cronicizzata, con segni di gastrite associata.
Lucyline ha iniziato la terapia, ma con poco giovamento.
Con grande sorpresa poi, me la sono trovata in ospedale due settimane dopo, verso mezzanotte, con un addome così disteso da sembrare una gravidanza a termine, con gonfiore alle gambe e con segni evidenti di difficoltà respiratoria.
Visitandola, mi sono accorto che quella pancia doveva essere piena di fluido. Ho rifatto un’eco.
“Magari ha una cirrosi epatica, o una insufficienza renale”, penso tra me.
Ma lo “scan” mi confonde ancora di più: fegato e reni sono normali, e tutti gli organi esaminati mi paiono nella norma, incluse le ovaie.
L’unica differenza dall’esame ultrasonografico precedente è la massiccia presenza di acqua (chiamata in medicina ascite): ce n'è così tanta da provocare una compressione sul diaframma e non permettere a Lucyline di respirare bene.
Lei ha anche febbre alta.
Faccio un piccolo prelievo con siringa per essere sicuro che non si tratti di sangue, nel qual caso penseremmo ad una gravidanza extrauterina, e dovremmo correre in sala operatoria. Il materiale che recupero è giallo citrino, con vaghe sfumature al verdastro: non è sangue, e quindi non mi trovo di fronte a quello che temevo. Non pare neppure fecale, e perciò non ritengo possa trattarsi di una perforazione intestinale. E’ comunque così giallo da farmi pensare che possa trattarsi di una forma infettiva: peritonite non credo, in quanto ci sono sia i movimenti che i suoni intestinali, e la pancia
non ha la resistenza lignea di quella patologia.
Sveglio il laboratorista e faccio partire qualche esame urgente: la VES impressiona in quanto è di 85, ma i globuli bianchi all’emocromo sono sostanzialmente inalterati. “Bianchi” normali, insieme all’assenza di segni clinici, distolgono il mio pensiero per esempio da una appendicite che si sia già perforata.
Nei meandri della mente penso che potrebbe trattarsi di tubercolosi intestinale; ma prima di sottoporre la malata a sei mesi di pesante terapia antibiotica, ne voglio essere sicuro.
Per ora la “copro” con del Rocefin, e le do dei diuretici. Gli elettroliti infatti sono nella norma, e me lo permettono!
Trattandosi di una persona che noi conosciamo, decido di fare tutti gli esami possibili. So che a volte anche i tumori maligni esordiscono in questo modo bizzarro.
Il mattino seguente, prima di orientarci eventualmente ad una TAC, preleviamo circa due litri di materiale ascitico, e lo inviamo per esame batteriologico (ricercando soprattutto il bacillo della TBC) e
citologico (sospettando qualche forma maligna di cui non conosciamo l’origine).
Il colleghi patologi capiscono che si tratta di un caso molto urgente, e ci danno la risposta in quattro giorni: non c'è crescita di micobatteri della tubercolosi, ma purtroppo nel liquido vengono trovate cellule tumorali maligne, di partenza quasi certamente gastrica.
Si tratta dunque di una carcinosi peritoneale (cioè di estese metastasi alla cavità addominale), ed ormai il tumore è totalmente fuori controllo.
Che disfatta per noi, e che sfortuna per Lucyline.
Non ha avuto mal di stomaco per più di due settimane, ed ora il cancro ha già dato metastasi generalizzate.
Purtroppo poi, sappiamo che, pur volendo fare della chemioterapia, i risultati su tale tipo di neoplasia sono assolutamente deludenti.
Ne ho parlato con i parenti che, dopo lunga consultazione, decidono di non sottoporla a tale “croce”, molto probabilmente incapace di prolungarle la vita e certamente assai pesante per la qualità della sua esistenza negli ultimi anni che il Signore le concederà.
Che mistero la sofferenza?
E’ inutile chiedersi “perchè”, in quanto non si troverebbero risposte.
Oggi Lucyline sta meglio, grazie soprattutto ai diuretici e vuole andare a casa. I familiari mi chiedono di non dirle nulla della diagnosi, ed essa è euforica perchè l’acqua nella pancia si è ridotta moltissimo. Le do il foglio di dimissione con un nodo alla gola, mentre le raccomando di salutarmi la sua bambina. Sono sicuro che la rivedrò prestissimo, magari emaciata e nuovamente con il pancione.
La sua storia mi ha depresso profondamente, e di nuovo mi ha posto brutalmente di fronte all’ineluttabile.
Domande del tipo: “come fa Dio a permettere certe cose?”, fanno capolino nel mio subconscio ma mi sforzo di non imbucare questa strada che non mi porterebbe da nessuna parte, se non ad un maggior disagio emotivo. Nella fede tento di ripetere a me stesso che “le Sue vie, non sono le nostre vie”, e che “Dio non turba mai la gioia dei Suoi figli, se non per darne loro una più grande e più certa”.
PS. Oggi la lezione del giovedì è stata affidata ad Erick Kebira, a Matiri per il suo tirocinio al quinto anno di Medicina. Abbiamo avuto una bella tavola rotonda, incentrata sull’uso razionale degli antibiotici.

Fr. Beppe Gaido



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