Bonface è arrivato domenica pomeriggio da molto lontano. E' stato portato qui con la speranza che noi potessimo fare qualcosa per lui.
Ha dolori lancinanti all’addome, ed in prima battuta sembra che si tratti di un’ulcera peptica.
Sono solo a quell’ora della domenica e cerco di fare del mio meglio.
Visitandolo mi pare che l’addome sia trattabile e che quindi non ci troviamo di fronte ad una emergenza chirurgica. Ascolto i suoni intestinali appoggiando il fonendoscopio sulla sua pancia, e la peristalsi è presente, anche questo è un elemento incoraggiante.
Faccio un’ecografia, che al momento non mi mostra nulla di particolare.
Instauro una terapia per un’eventuale ulcera, pensando ad una gastroscopia l’indomani mattina.
Passo a rivedere il paziente più volte. Le sue condizioni si dimostrano stabili, ma il dolore addominale, soprattutto ai quadranti superiori, rimane lancinante e non accenna assolutamente a diminuire, nonostante tutte le nostre medicine.
Vado a dormire preoccupatissimo, ed al mattino alle 6 già sono nel reparto uomini, con la vaga paura di non trovarlo più. In realtà Bonface è presente, ma ora le sue condizioni sono peggiorate: ha la pancia molto distesa e dura, ed è assai sofferente.
Rifaccio un’eco urgentemente, ed il quadro è totalmente cambiato.
C’è fluido tra le anse intestinali, e subito penso ad un’ulcera perforata.
Si tratta di un addome acuto. Vista la storia, continuo a pensare ad un’ulcera perforata.
Ci mettiamo pochissimo ad iniziare.
Lavoro con calma insieme al mio staff di sala. Apriamo strato per strato. Dopo aver inciso la fascia, il peritoneo sporge all’infuori come se fosse sotto pressione.
Incisa la lucente parete peritoneale, eccoci di fronte ad una sorpresa: non c'è liquido fecaloide, e non c'è neppure materiale gastrico tra le anse. Il versamento c'è, eccome, ma è ematico.
Sulle anse intestinali sono cosparse delle particelle biancastre, che somigliano molto al latte cagliato. Il sangue si è infiltrato tra le anse e pare provenire da una zona particolare, che ricordo benissimo perchè all’esame di patologia chirurgica me l’hanno chiesta per due volte, bocciandomi in entrambi i casi. Si tratta della retrocavità degli epiploon.
Comincio subito a darmi dello scemo per non aver chiesto un'amilasi il giorno precedente. Si tratta di una pancreatite acuta necrotico-emorragica. Analizzo anche lo stomaco e le anse intestinali: non ci sono perforazioni. Forse ho aperto per niente, non so.
Alla fine di circa due ore e mezza di lavoro, Bonface è in camera sua: ha un sondino nasogastrico, un catetere vescicale, quattro drenaggi che gli escono dalla pancia e attraverso cui facciamo dei
lavaggi continui con fisiologica.
Che fortuna per Bonface e per la sua famiglia.
La necrosi del pancreas è avvenuta quando già era ricoverato.
Ora speriamo in un buon recupero post-operatorio.
Ovviamente sarà necessario che Bonface smetta di bere, percè alla prossima ricaduta la pancreatite potrebbe essere fatale.
Fr. Beppe Gaido