martedì 30 aprile 2024

ADDOME ACUTO


E' una evenienza decisamente frequente trovarsi davanti una persona con addome acuto.

Sono in genere situazioni molto difficili da gestire perchè ovviamente, essendo un'emergenza, non capita quando sei riposato o quando hai la mente libera, ma sovente in momenti già di per sè drammatici, quando sei molto stanco oppure sopraffatto dal lavoro. Non di rado succede di notte, quando il personale è ridotto all'osso.

La prima difficoltà di fronte ad un addome acuto è certamente la diagnosi. E' difficilissimo fare diagnosi!

"L'addome è la tomba del medico..." diceva un proverbio spesso citato dai professori universitari quando ero uno studente.

E' assolutamente vero:  la rosa di problemi che possono causare l'addome acuto è enorme; spesso la diagnosi esatta sfugge e diventa chiara solo nel momento in cui apri la pancia.

Il più delle volte si pensa di trovarsi di fronte ad un problema intestinale, cosa assolutamente vera,  ma non si possono certamente dimenticare subdoli casi ginecologici o anche rotture di organi interni (frequente è la rottura traumatica della milza, essendo la splenomegalia decisamente comune).

La diagnosi è una specie di labirinto in cui rischi di perderti: ci sono poi patologie tipiche di certe fascie di età, come l'invaginazione intestinale in pediatria. In questo labirinto devi cercare di destreggiarti con i pochi esami a disposizione e nel minor tempo possibile.

L'altro grosso punto critico è decidere se si tratta di un paziente medico o chirurgico: in altre parole se si deve correre in sala o se si può tentare una terapia medica.

Anni fa ero molto più conservativo e provavo sovente una terapia medica anche in casi con sospetta eziologia chirurgica: mi sembrava giusto dare una chance alle medicine prima di ricorrere al bisturi... ma con il tempo mi sono reso conto dell'importanza di quella che nel mondo anglosassone chiamano la "golden hour": se si perde tempo con un addome acuto, si rischia di perdere anche quell'unica occasione di salvare il paziente; se si ritarda un intervento di 24 ore, per tentare un approccio conservativo che poi fallisce, quello che avrebbe potuto essere un intervento semplice, si può traformare in un vero disastro chirurgico, difficile da gestire.

Mi è capitato di voler aspettare a operare e poi di trovarmi davantio delle anse intestinali necrotiche, che magari il giorno prima avrebbero potuto essere salvate. Non di rado poi un paziente con anse già necrotiche, non sopravviveva nel post-operatorio.

Ora sono molto più interventista che in passato, e, quando c'è un dubbio, si corre comunque in sala, perchè ho capito che, quanto prima si opera, tanto più alte sono le possibilità di salvare la vita del paziente.

L'addome acuto è un mistero anche dal punto di vista prettamente chirurgico: sai quando entri in sala e non sai quando ci uscirai.

A volte ti trovi davanti ad un volvolo che puoi derotare in pochi minuti, oppure di fronte ad una occlusione intestinale da briglia aderenziale: sezionata la briglia, finito l'intervento.

Altre volte hai daventi disastri immani, con multiple perforazioni intestinali, aderenze ed anse necrotiche: sei allora obbligato a fare delle riprogrammazioni chirurgiche seduta stante, con grosse resezioni di visceri... e con prognosi davvero riservata.

Anche con in casi chirurgicamente più difficili poi, la guarigione dipende da fattori spesso al di fuori del nostro controllo: in questa settimana ho avuto due casi in cui, a motivo di una appendicite retrocecale complicata con necrosi del retto e dell'ultima ansa ileale, ho dovuto fare una emicolectomia destra con anastomosi ileo-trasversa.

Ho fatto l'intervento allo stesso modo...ma un paziente sta andando benissimo ed è prossimo alla dimissione, mentre l'altro è morto poche ore dopo essere uscito di sala.

L'addome acuto, sia in adulti che in bambini, rimane forse l'emergenze più temibile che mi ritrovo ad affrontare . Oggi per esempio abbiamo avuto un cesareo di notte, 8 interventi programmati, insieme al Dr Kinyua ed alla Dottoressa Makandi. Poi alle 18 è arrivato l'addome acuto...quando ero stanchissimo.

lunedì 29 aprile 2024

ALLA DOMENICA


La mattinata era stata abbastanza tranquilla e dopo la Messa eravamo riusciti a visitare tutti i pazienti operati in settimana ed a dimetterne un buon numero.

Dopo le due del pomeriggio l'ospedale era stranamente calmo, con pochi pazienti ambulatoriali, nessuna mamma in travaglio e nessuna emergenza all'orizzonte. Sono quindi riuscito a riposare un po' ed a farmi anche una bella dormita.

Poi però alle 17.45 vengo chiamato dall'infermiere dell'ambulatorio, che appare abbastanza scosso e preoccupato.

"E' successo un incidente stradale. Si tratta del solito mototaxi troppo carico di passeggeri. Ci sono due feriti: uno è in condizioni discrete, ma l'altro è davvero malmesso".

La scena che mi trovo davanti è tremenda: nella stanza c'è sangue ovunque; il paziente giace sulla barella; è ancora tutto imbrattato di terra ed urla di dolore chiedendo dei calmanti.

Ci sono ferite in varie parti del corpo,soprattutto al lato destro del corpo; ci sono tagli sul viso, sulla mano, sulla gamba e sul piede.

Ma la cosa che preoccupa di più sono le fratture: siamo di fronte ad un politrauma con entrambi gli arti inferiori spezzati in più frammenti, con una frattura dell'estremo prossimale dell'omero ed un'altra del bacino.

Il paziente è anche ipoteso e dobbiamo rianimarlo con liquidi in vena.

 L'eco addome fatta d'urgenza  sembra escludere che ci siano emorragie interne o rotture di organi.

Con estrema fatica, soprattutto a causa del dolore che gli causiamo ad ogni movimento, eseguiamo le indagini radiologiche.

Per riuscirci dobbiamo ricorrere ad un anestetico: anche la morfina infatti non è stata sufficiente.

Dopo esserci chiariti con le lastre la tremenda situazione ortopedica del nostro paziente (ci vorranno forse 6-7 ore di intervento per fissare con chiodi, placche e viti le varie ossa rotte), decidiamo che il paziente va prima stabilizzato.

Cerchiamo sangue, che non trasfondiamo, ma lasciamo in stand-by.

Facciamo gli esami di laboratorio di routine: dai parenti sentiamo che il giovane paziente di 28 anni ha anche un diabete giovanile.

Tutti decidiamo che le condizioni cliniche ci orientano verso una emergenza da dilazionare a domattina, quando il paziente sarà stabile, quando avremo tutti i dati del laboratorio e quando tutto lo staff sarà presente.

Non aggiungeremo altri pazienti alla lista operatoria perchè per questo caso ci vorrà tutto il giorno...ed incroceremo le dita, sperando che vada tutto bene.

venerdì 26 aprile 2024

ERA OTITE


 

Ivonne ha pochi mesi ed è arrivata in condizioni estreme dovute ad una malattia febbrile molto  severa.

Era stata ricoverata in un dispensario rurale ed era stata sotto chinino endovena per vari giorni senza mai migliorare.

La febbre superava i 40°C, e questo portava a frequenti convulsioni febbrili. La mamma era venuta a Matiri perchè disperata, in quanto non vedeva alcun miglioramento della sua bambina, sempre più prostrata e grave.

Alla prima visita, quello che mi ha colpito fortemente è il fatto che Ivonne, nonostante il febbrone che durava da giorni, non fosse in coma: "se fosse malaria, a quest'ora ci saremmo dovuti aspettare un interessamento cerebrale!"

Lo stato di coscienza e l'assenza di rigidità nucale mi portavano in qualche modo ad escludere anche la possibilità di meningite; nonostante tutto, abbiamo fatto una puntura lombare, e, come prevedibile, abbiamo ricevuto un esito negativo.

L'auscultazione del torace pareva abbastanza indifferente e non mi ricordava certo una polmonite.

Con difficoltà ed usando un guanto di lattice attaccato con cerotti al bacino della piccolina, abbiamo raccolto pure un campione di urina, che escludeva in modo chiaro che si trattasse di infezione delle vie urinarie.

L'emocromo era accettabile, ma con un'importante elevazione dei valori dei globuli bianchi neutrofili: "questa bimba ha un'infezione, ma non so dove... per l'appendicite mi sembra troppo piccola, e la palpazione dell'addome pare normale".

Con il senno di chi non sa contro cosa sta sparando, e proprio per questo spara a ventaglio, ho lasciato l'artesunato  in vena (anche con un testo antimalarico negativo), ed ho aggiunto del Rocephin alla terapia. Per le convulsioni mi sono affidato ai soliti Phenobarbitone e Diazepan. Inoltre ho insistito sulla reidratazione endovena.

Non avevo grosse speranze di cavarci un ragno dal buco, in quanto brancolavo davvero nel buio... ed invece Ivonne ha cominciato a migliorare decisamente.

Pian piano si è sfebbrata, ha cominciato a nutrirsi al seno con crescente vigore e le convulsioni sono diminuite fino a scomparire.

La mamma era raggiante ed io stesso ero molto felice; solo che non avrei saputo dirle quale fosse la patologia della figlia, nè avrei potuto indicare il farmaco che aveva salvato la vita della piccola.

Poi, questa sera durante la visita serale del dopo cena, la mamma mi ha fatto vedere del pus che fuoriusciva dall'orecchio destro della bimba: ho preso l'otoscopio ed ho guardato attentamente. Si trattava di una otite media purulenta che aveva ora provocato la perforazione del timpano, permettendo al pus di fuoriuscire.

"Che stupido che sono stato a non pensarci! I bambini non ti possono dire dove hanno male... e chissà che dolore avrà avuto Ivonne a quell'orecchio!".

E' stato quindi ancora una volta il Rocephin a compiere il miracolo.

Ho aggiunto delle gocce di Ciproxin localmente ed un brevissimo corso di steroidi in vena, al fine di aiutare il timpano a richiudersi senza complicazioni. Ivonne mi ha insegnato un'altra lezione di vita e di Medicina: dobbiamo sempre guardare le orecchie dei bambini piccoli, quando hanno febbre alta e convulsioni, perchè potrebbe essere otite.

Presto Ivonne andrà a casa, e ne sono felice. 

mercoledì 24 aprile 2024

LEZIONI DI VITA

Certo, lavorare a Matiri insegna molte cose, soprattutto ci rende consapevoli dei nostri limiti, di quello che non sappiamo, e di quello che avremmo potuto far meglio. Il rullo compressore della quotidiana fatica spesso smaschera elementi bui del nostro carattere: a volte si corre tutto il giorno, cercando di fare del proprio meglio, e poi verso sera, quando le energie sono ormai "in riserva", si perde il controllo, si diventa nervosi e ci si scarica contro un paziente che ha il solo torto di essere capitato sotto le nostre grinfie nel momento meno opportuno...o magari si ha un malinteso che si sarebbe potuto evitare con un membro dello staff. La stanchezza fa brutti scherzi.

Anche questi sono comunque momenti utili: all'inizio ci si tormenta nel senso di colpa, si vorrebbe richiamare indietro il malcapitato che invece è già tornato a casa "con la coda tra le gambe"; si cerca di chiedere scusa al collega.

Si corre comunque il rischio dello scoraggiamento, pensando di aver rovinato in un momento quanto costruito durante una faticosa giornata di servizio e di donazione. Poi però la pace del cuore ritorna, e si accetta il fatto che non siamo perfetti ed abbiamo bisogno ogni giorno della misericordia di Dio.

Dio sceglie gente imperfetta e limitata per portare il suo messaggio di liberazione; ci vuole bene e ci accetta così come siamo, e desidera da noi solo lo sforzo per fare del nostro meglio. Poi tutto il resto lo porta a compimento Lui. Noi siamo degli strumenti molto imperfetti della sua Provvidenza, e la presa di coscienza di questa nostra condizione ci aiuta ad andare avanti, resistendo sia alla tentazione dello scoraggiamento, sia a quella di sentirci superuomini capaci di risolvere tutti i problemi.

martedì 23 aprile 2024

AMPUTAZIONI

Sono interventi devastanti per il paziente, ed altrettanto deprimenti per il chirurgo.

Non è comunque un intervento raro qui a Matiri: quasi sempre abbiamo almeno un paziente amputato in reparto.

Sovente si tratta di arti superiori parzialmente amputati durante liti o attacchi da parte di malfattori, ed in questo caso dobbiamo perfezionare l'amputazione.

Il più delle volte però sono amputazioni degli arti inferiori, sopra o sotto il ginocchio, e sono dovute o a fratture esposte con gangrena, oppure a piedi diabetici irrecuperabili.

L'intervento in sè non è difficile, ma il post-operatorio non è mai semplice.

A volte la ferita complica con infezione; altre volte i punti non tengono; spesso di forma pus.

Poi c'è il grosso aspetto della depressione che si instaura dopo ogni amputazione, e soprattutto nei giovani.

Recentemente, a causa di un attacco con panga, abbiamo dovuto amputare entrambe le mani di un giovane uomo: si è ripreso bene, ma cosa sarà la sua vita? Non riesce né a lavarsi e neppure a mangiare da solo.

Oggi abbiamo amputato un vecchietto che aveva una gangrena secondaria ad incidente della strada con frattura esposta di tibia e fibula: speriamo che ce la faccia.

Abbiamo anche fatto una amputazione dell'avampiede in una donna con arteriopatia: le avevo proposto una operazione più radicale, considerando l'esito dell'angiografia. Lei però ha assolutamente rifiutato

Un paio di settimane fa, un giovane con diabete di tipo 1 ha assolutamente rifiutato l'amputazione, pur avendo un piede in gangrena. Ha chiesto la dimissione per andare in un altro ospedale a sentire l'opinione di un secondo chirurgo. Ovviamente ho acconsentito. Il dramma è però successo mentre lasciava l'ospedale: è crollato ed è morto nel parcheggio dell'ospedale, prima ancora di salire sul motociclo che era venuto a prenderlo.

Sono sempre drammi, per il paziente e per la famiglia...e per l'ospedale sono ricoveri lunghi e complessi.

lunedì 22 aprile 2024

UNA NUOVA VITA

 

Sto visitando un paziente in ambulatorio, quando vengo chiamato urgentemente in sala parto. Il bimbo dell'ultimo cesareo e' veramente in pessime condizioni. Non respira, e' cianotico e l'attivita' cardiaca e' lentissima.

Dalle narici aspiriamo un liquido verde e densissimo: "ha inspirato molto meconio… Prendi subito l'adrenalina, e iniziamo la rianimazione cardiorepiratoria".

La medicina viene iniettata lentamente attraverso il cordone ombelicale. Lucy afferra il piccolo torace tra le dita e ritmicamente usa i pollici per il massaggio cardiaco. Io infondo aria e ossigeno con l'ambu.

Sono minuti eterni, in cui il nostro sudore scorre abbondante anche a causa del calore della culla termica. Il colore viola delle sue labbra pian piano cambia al roseo, grazie al ritmico pompare e all'ossigeno che entra abbondante attraverso la minuscola cannula di Mayo.

Il battito cardiaco, dapprima non superiore ai 30 al minuto, gradualmente risale fino a valori normali per un neonato.

Compaiono i primi sforzi respiratori: per vari minuti sono solo gasping, ma poi lentamente il bimbo assume una respirazione regolare, dapprima molto superficiale ed in seguito sempre piu' valida.

A questo punto prendo il pupo per i piedi e lo sculaccio decisamente… finalmente reagisce con vigore ed emette un forte pianto. Ce l'abbiamo fatta; lo abbiamo ripreso per la punta dei capelli.

Oggi ha vinto la vita. Questo bambinone di 4400 grammi proprio non ne ha voluto sapere di andarsene ancor prima di aver visto il suo primo giorno di vita.

Ora posso tornare dal mio paziente che e' rimasto a lungo ad attendermi sulla barella dell'ambulatorio.

sabato 20 aprile 2024

ANDATA IN CIELO

 

Non ricordo neppure il suo nome.

So che era ricoverata da noi fino ad una settimana fa.

HIV positiva in stadio quasi terminale, presentava dei grossi linfonodi laterocervicali che ne cambiavano l'aspetto, rendendolo in qualche modo grottesco e spiacevole.

Avevamo fatto prima un'ecografia del collo e poi un'agobiopsia ecoguidata.

Da una parte speravamo che fosse tubercolosi, perchè questo sarebbe stato l'unico caso in cui avremmo potuto somministrare una terapia gratuita i cui i risultati sono in genere incoraggianti.

Dall'altra però temevamo un linfoma o addirittura un sarcoma nasofaringeo, che da noi è relativamente frequente come tumore opportunistico nei sieropositivi.

Dopo la biopsia, i colleghi della clinica per le malattie infettive avevano prescritto la terapia antiretrovirale per la nostra paziente.

Siccome i tempi di attesa per il risultato della biopsia sono di circa 10 giorni, avevamo deciso di mandare a casa la donna, con il progetto di chiamarla nuovamente non appena avessimo ricevuto il risultato dell'istologico.

Ieri sera alle 22 però, mentre concludevo la controvisita serale, me la sono ritrovata in ambulatorio: era sdraiata in barella! Ricordo benissimo che era andata a casa camminando con le sue gambe.

"Come mai è sdraiata e non cammina?" ho chiesto ai parenti.

Però la paziente era lucida ed ha risposto lei alla mia domanda: "E' successo ieri. Di colpo ho perso la forza agli arti inferiori".

"Cos'altro senti?"

"Faccio fatica a deglutire e per questo non riesco ad alimentarmi. Inoltre queste masse sul collo tendono un po' a soffocarmi ed ho difficoltà a respirare".

L'ho quindi visitata e mi sono reso conto che non c'erano grosse novità cliniche rispetto al giorno della dimissione, a parte una paralisi flaccida agli arti inferiori che prima non c'era. Mi aspettavo mughetto orale, ma la mucosa era libera: probabilmente la disfagia era totalmente dovuta alla compressione causata da quei linfonodi paurosamente ingrossati.

Ho quindi impostato una terapia, includendo anche del cortisone in vena, sia a scopo antiedemigeno e sia anche nella condiderazione che la donna potesse aver sviluppato una sindrome paraneoplastica, tipo Guillain-Barré.

Ho prenotato una visita di controllo da parte dei coleghi dell'infettivologia per il giorno seguente, allo scopo di valutare i protocolli di terapia antiretrovirale precedentemente instaurati ed i loro possibili effetti collaterali.

Erano quasi le 23 quando l'ho lasciata agli infermieri della notte e sono andato a riposare.

Stamattina la giornata è cominciata in modo caotico come sempre.

Finiti i lavori mattutini, già ero stato chiamato in sala per il primo intervento.

La chirurgia ed i vari pazienti ambulatoriali e ricoverati in reparto mi hanno poi assorbito così tanto che mi sono del tutto dimenticato della mia paziente sieropositiva.

Erano le 17.30 quando, finito di suturare un paziente ferito a colpi di panga, mi sono ricordato di lei.

Volevo sapere se era stato cambiato qualcosa della mia terapia di emergenza da me instaurata di notte, se i colleghi dell'infettivologia avessero modificato qualcosa dei farmaci antiretrovirali, considerata la paraplegia di insorgenza acuta; se per caso il cortisone avesse fatto il miracolo e la paziente fosse ora in grado di muovere le gambe e di deglutire meglio.

Mi sono diretto speditamente da Martina nel reparto donne e le ho chiesto della donna. La mia mente non poteva essere più impreparata alla risposta che ho ricevuto: "E' morta!"

Sono rimasto di sasso e non ho saputo cosa dire. Sono letteralmente rimasto senza parole.

Già speravo che l'istologico ci avrebbe indirizzati verso una tubercolosi e che avremmo potuto far sparire quei linfonodi con la terapia medica; mi auguravo che il cortisone avrebbe fatto camminare nuovamente quella giovane donna. D'altra parte, con la terapia antiretrovirale, ho visto tanta gente rinascere a nuova vita.

Invece lei è andata in Paradiso dopo pochissime ore di ricovero.

Si dice spesso sui libri che ormai l'AIDS è una malattia cronica e non più mortale; si afferma che normalmente i pazienti sieropositivi in terapia hanno sopravvivenze così lunghe che alla fine muoiono per altre cause, e non per l'infezione virale.

Per lei non è stato così!

Era molto giovane... e la sua morte mi ha toccato profondamente.

mercoledì 17 aprile 2024

MI E' TORNATO ALLA MENTE UN SALMO


 

Camminare per strada nei giorni secchi è a volte impegnativo.

Nelle ciabatte ti entra una polvere fitta e tagliente che ti dà subito una spiacevole sensazione di caldo insopportabile ai piedi.

Negli occhi la stessa polvere brucia ed infastidisce: ti senti avvolto nella nebbia, soprattutto se ti sfreccia vicino una macchina incurante del polverone che solleva.

Respirare è talvolta difficile; provi a chiudere la bocca e a respirare con il naso, ma poi quasi subito ti viene da starnutire e riempi il fazzoletto di un muco più ocra della terra stessa.

Ieri, tornando dalla messa in parrocchia, e sperimentando ancora una volta questa polvere rossa che non ci lascia mai, quasi impercettibilmente ho avuto un flash back ed ho ripensato ad esperienze vissute o nelle baraccopoli di Nairobi, o in certe periferie di Mombasa, oppure anche in certi slum vicini a Meru: mi sono rivisto davanti gruppi di "street boys" che rovistano tra le immondizie, frammischiati ad adulti che dal ciarpame della discarica cercano di recuperare qualcosa da vendere...che pena vedere esseri umani che lottano coi cani randagi per strappare alle discariche qualcosa da mangiare!

E quasi impercettibilmente nella testa mi sono frullate le parole di un salmo (quale? Non mi ricordo il numero):

"Il Signore...

solleva l'indigente dalla polvere,

dall'immondizia rialza il misero"

 

Ed ho pensato tanto a questo salmo, l'ho pregato più volte a memoria; l'ho sentito come una nuova chiamata:

anche io sono chiamato oggi a sollevare l'indigente dalla polvere, a dargli una dignità, a rispondere ai suoi bisogni di salute.

Pure io ho la possibilità con il mio servizio di rialzare i miseri e di dar loro la possibilità di curarsi.

La polvere rossa oggi è stata per me un'occasione per rinnovare il mio impegno di donazione e di servizio verso coloro che sono nel bisogno e nella malattia.

Sentirmi immerso in essa è divenuto occasione e fonte di preghiera.

lunedì 15 aprile 2024

HO FATTO BINGO


Omar viene dal nord del Kenya. A causa di dolori addominali, i medici locali lo avevano mandato a Nairobi per accertamenti. Lui aveva speso un sacco di soldi, rimanendo alla fine senza risposte soddisfacenti al suo problema.

E' arrivato da me con un'ecografia fatta altrove che parlava di possibile linfoma addominale.

Gli avevano anche fatto una TAC dell'addome che invece sembrava vedere una massa nella tasca del Morrison. Secondo il tacchista non era un linfoma, ma si sarebbe trattato di un polipo del colon.

Di fronte a risposte tanto disparate, è ovvio che il paziente fosse davvero confuso.

Lo abbiamo quindi preparato e gli abbiamo fatto una colonscopia: con fatica siamo arrivati fino al cieco, e di polipi della flessura epatica non abbiamo avuto alcun sentore. La colonscopia era generalmente normale.

Ho quindi rifatto l'ecografia addominale, per sincerarmi di quella massa nello spazio del Morrison: ed a me non è affatto sembrata una massa, ma piuttosto una raccolta ascitica saccata con tante sepimentazioni interne.

L'aspetto saccato e le importanti sepimentazioni interne sono da sempre per me il richiamo a due possibili patologie: o si tratta di ascite carcinomatosa, oppure si tratta di peritonite tubercolare.

Omar ha 20 anni, e questo dato cronologico mi porta a pensare di più ad una tubercolosi che ad un tumore.

L'unico modo per chiarire la diagnosi è comunque quello di fare una paracentesi esplorativa ecoguidata e mandare il liquido al patologo per un esame citologico.

Ed è qui che ho fatto bingo: dopo dieci giorni di attesa, il risultato pervenutoci dall'anatomo-patologo  è stato proprio quello che speravo: "cellule infiammatorie, plasmacellule, istiociti, materiale necrotico. Colorazione di ZN per i micobateri positiva. Conclusione: peritonite tubercolare".

Sono stato estremamente contento della conferma citologica, sia perchè il mio intuito clinico è stato confermato dai fatti, e sia soprattutto perchè la tubercolosi è una patologia che possiamo curare, ed i farmaci sono inoltre "passati" gratuitamente dall'OMS.

Per Omar si tratta quindi di una gran bella notizia, perchè di peritonite tubercolare si guarisce sempre, si guarisce con terapia medica e senza operazione, ed in genere non ricordo molte complicazioni nella mia esperienza clinica qui in Kenya.

Omar è ora dimesso e continuerà con le sue medicine per sei mesi, cercando di essere fedele sia all'assunzione dei farmaci che alle visite di controllo che gli abbiamo fissato per il lungo tragitto terapeutico.

sabato 13 aprile 2024

LE CHIAMATE NOTTURNE


Sono le due del mattino ed il telefono mi risveglia da un sonno profondissimo.

L'infermiera della maternità mi dice che ha una donna in travaglio per cui non sente il battito cardiaco fetale.

Mi dirigo verso l'ospedale con il cuore pesante e con tanto sonno negli occhi.

Arrivato presso la maternità, vedo la paziente piangere disperatamente, con l'infermiera che tenta di consolarla.

So che sarà un'ecografia difficile, soprattutto per le condizioni emotive della paziente: prima gravidanza e feto morto.

Dopo un po' di ricerca con la sonda ecografica, vedo però che il battito cardiaco fetale è presente, seppur rallentato. Quando do la notizia alla paziente, lei smette di singiozzare ed inizia a ripetere: "Thanks, God!!"

Bisogna quindi cambiare il piano d'azione: se il feto fosse stato morto, avremmo indotto il parto con oxitocina. Sarebbe stato un travaglio lungo ed un dolore grande per la donna, già al corrente della morte endouterina della sua creatura.

Ora però di tratta di una emergenza con distress fetale. Bisogna agire subito.

Prepariamo in fretta il cesareo: nasce una grossa bimba di 3700 grammi. E' coperta di meconio e piange poco. La rianimiamo immediatamente, e dopo pochi minuti arrivano le vigorosa strilla che aspettavamo.

Ora la mamma ha smesso completamente di piangere e può abbracciare la sua piccolina direttamente in sala mentre le chiudiamo la cute. 

giovedì 11 aprile 2024

TRE IN UN GIORNO


Gli interventi ortopedici continuano ad essere tantissimi, sia a motivo dell'alto numero di traumi e sia anche a causa dello sciopero della sanità pubblica, che al momento continua.

Le fratture di clavicola sono normalmente trattate con metodo conservativo, usando un bendaggio ad 8.

Quando però sono molto comminute o estremamente scomposte con frammenti che puntano sulla cute,  allora dobbiamo intervenire chirurgicamente con una fissazione interna. Usiamo normalmente una placca.

Per me si tratta di un'operazione molto ansiogena, in quanto in passato ho avuto complicazioni emorragiche importanti, con rischi per la vita dei pazienti.

La  eseguo quindi sempre con tanto timore e con un livello palpabile di tensione.

Ieri ho dovuto operare tre clavicole, una dietro l'altra.

E' stato emotivamente molto impegnativo, ma i casi sono andati tutti bene.

martedì 9 aprile 2024

LA PRIMITIVA COMUNITA' CRISTIANA DI GERUSALEMME

Sia domenica che oggi la prima lettura della Messa ci ha proposto il brano degli "Atti degli Apostoli" che descrive la primitiva comunità cristiana di Gerusalemme, dove tutti erano un cuor solo ed un'anima sola, e dove a nessuno mancava il necessario, perchè coloro che avevano campi o case li vendevano, portavano il ricavato e lo mettevano ai piedi degli Apostoli, che poi distribuivano secondo le necessità di ognuno. Una comunità quindi dove nessuno era nella miseria grazie alla condivisione con gli altri; dove si viveva uniti, un cuor solo ed un'anima sola; dove si pregava e si lodava Dio insieme.

Per me la prima comunità di Gerusalemme è sempre stata il modello più alto che ispira la mia vita cristiana.

Penso che sia il più alto esperimento di "comunismo cristiano": mettevano tutto in comune e poi distribuivano il ricavato secondo il bisogno di ognuno; si volevano bene, tanto da essere "un cuor solo ed un'anima sola"; erano uniti nell'ascoltare l'insegnamento degli apostoli e nella preghiera.

Come ogni tentativo di "comunismo cristiano" purtroppo non è durato molto, a causa dei molti limiti insiti nella natura umana: già negli "Atti" leggiamo infatti del brutto caso di Anania e Saffira, i quali vendono il loro campo ma non danno tutto, e per questa ipocrisia vengono puniti.

Dalla lettura delle lettere di san Paolo poi veniamo a sapere che il modello della primitiva comunità cristiana di Gerusalemme non si è rivelato sostenibile, in quanto le altre Chiese fondate da Paolo dovevano organizzare delle collette per sostenere economicamente la comunità di Gerusalemme.

Nonostante questo, tale esperimento di comunità cristiana rimane un faro illuminante, un'utopia a cui tendere ogni giorno, nonostante i nostri limiti e le nostre contraddizioni, un sogno che diventa anche forza interiore a provarci sempre senza scoraggiarci.

Io continuo a crederci e continuo a provare giorno dopo giorno a metterlo in pratica nella mia vita...i risultati sono scarsi, ma la tensione ideale rimane.

lunedì 8 aprile 2024

GRAZIE


 

Di cuore ringraziamo l'Associazione "Aiutando nel Mondo. ODV" che con l'ultima grossa donazione ci ha permesso di:

1)      Acquistare un nuovo elettrobisturi e due aspiratori, necessari alla nostra attività chirurgica.

2)      Riparare 3 monitor che nel tempo avevavo sviluppato vari problemi: due monitor sono per la sala opreratoria, mentre uno è per l'ambulatorio

3)      Acquistare un aspiratore per i neonati in sala parto, e due ossometri da collocare nei reparti uomini e donne

Esprimo la mia grande riconoscenza a nome di tutto l'ospedale di Matiri

venerdì 5 aprile 2024

DA NOI NON ESISTE UNA APPENDICITE NORMALE


 

Sono le 13.30 ed onestamente ho un po' fame.

Mi chiamano pero' in sala perchè il paziente e' pronto e l'anestesia e' fatta.

"Poco male! L'appencitite la facciamo in 45 minut".

Inizio l'intervento come al solito, ma le cose si mostrano subito molto complicate. C'e' un piastrone duro fermamente adeso alla parete anteriore dell'addome. Inolre il cieco non e' mobilizzabile.

Dobbiamo procedere ad un'ampia apertura della pancia. Ci sono aderenze molto resistenti che coinvolgono sia il peritoneo parietale, sia alcune anse del tenue.

L'adesiolisi purtroppo causa una perforazione ileale e dobbiamo procedere ad anastomosi ileo-ileale.

Difficilissimo e' anche l'isolamento del cieco che e' "murato" nella fossa iliaca destra. Con paura e pazienza andiamo avanti piano piano con lo scollamento. Troviamo alla fine l'appendice, che e' retrocecale e necrotica. La isoliamo con prudenza, la leghiamo alla base e la recidiamo. Il cieco e' tutto sanguinolento ed in parte disepitelizzato, ma non c'e' una vera perforazione. Ho lavato abbondantemente la cavita' peritoneale e messo dei drenaggi. Ora non mi resta che sperare in bene per il post-operatorio.

L'intervento, che doveva essere brevissimo, in pratica e' durato quasi due ore. Ora sono in ritardo gravissimo sulla lista operatoria.

L'appendice non e' mai un intervento semplice.

Da noi sono quasi tutte retrocecali.

Per lo piu' sono trascurate e quindi aderenti e difficilissime da isolare.

Spessissimo gia' sono perforate e c'e' pus in addome.

Prego davvero Dio  di aiutare il mio paziente e di fare in modo che le anastomosi tengano bene.

giovedì 4 aprile 2024

LEZIONE DI FISIOTERAPIA


Oggi la nostra formazione professionale è stata affidata alle volontarie italiane, Chiara e Claudia.

Chiara è una fisioterapista e Claudia la assiste nel servizio. Sono a Matiri per tre mesi.

La lezione è stata sulla lombalgia aspecifica, sua definizione, diagnosi e soprattutto terapia.

Ci siamo soffermati sulle posture, fino a tutte le manovre di stretching, mentre abbiamo trascurato le terapie mediche.

Per noi è un argomento nuovo ed assolutamente necessario, dato il grande numero di pazienti affetti da tale patologia.

Ringrazio di cuore Chiara e Claudia per il tempo che hanno dedicato alla preparazione della lezione, anche se purtroppo il quorum dei presenti non è stato entusiasmante...forse a causa della pioggia battente.

lunedì 1 aprile 2024

IL SOLE SPLENDE...ED I MALATI FIOCCANO

 

Il cielo e' di un blu terso, ed il caldo e' torrido e piacevole: non c'e' un filo di vento, ma non e' afoso. Sembra di essere in Sicilia, nella valle dei templi.

Dopo due giorni di calma relativa, oggi l'ambulatorio pullula nuovamente. Ci sono grida da ogni parte, e naturalmente gente che litiga perche' vuol passare prima degli altri.

In fondo la natura umana e' la stessa a tutte le latitudini: quelli che chiamiamo i nostri pazienti diventano ogni giorno meno pazienti, e si lamentano sempre; dicono di venir da lontano, di non avere mezzi di trasporto per ritornare a casa, di essere stanchi di attendere, ecc.

Anche oggi, pur avendo lavorato non-stop, ho dovuto a sentire questa canzone a partire dal mattino, e tra me pensavo che davvero l'essere umano rischia di essere incontentabile.

Offriamo a tutti un servizio di eccellenza; eseguiamo in una sola giornata degli esami che anche in Italia vanno prenotati in precedenza con liste di attesa di vari mesi; siamo sempre aperti, anche in tempo di sciopero... Eppure quel che sentiamo sono sempre lamentazioni (siamo lenti, si aspetta per troppe ore per essere visitati, e cosi' via).

Nessuno poi si rende conto che, se tardiamo a prenderci cura di lui, e' perche' ci sono altri problemi o emergenze da qualche altra parte dell'ospedale.

Oggi per esempi, ho fatto ambulatorio con il sudore sulla fronte, tra un intervento chirurgico e l'altro: normalmente, dopo un'operazione si sentirebbe il bisogno di rilassarsi un po', di sorseggiare un buon caffe' espresso e di attendere di essere chiamati in sala nuovamente. Invece noi, dopo l'operazione apriamo la porta e iniziamo ecografie, gastroscopie, ecc. Quando pero' un cliente, invece di dirmi i suoi problemi di salute, senza nemmeno salutare prende ad apostrofarmi: "ma lo sai che ho aspettato per piu' di 5 ore e che vengo da molto lontano...", allora veramente devo fare uno sforzo per mantenermi calmo e per resistere alla tentazione di rispondergli in modo sgarbato.

Quando ci sono momenti del genere, sto zitto; invito il malato a sedersi un momento; vado a fare due passi nella shamba e poi torno per continuare la visita, senza fare alcun riferimento a quanto poco prima mi ha irritato. So che molti lo fanno per ignoranza; sono cosciente del fatto che non si rendono conto del nostro carico di lavoro; ed allo stesso tempo comprendo che una mia parola detta male ad un malato puo' diventare un boomerang, perche' poi lui andra' a spargere la "buona novella" di quanto siamo scortesi.

Per questo mi sforzo di perdonarli sempre, e di considerare ogni paziente come un dono di Dio, perche', se continuano a venire nonostante i nostri limiti ed i tempi di attesa a volte snervanti, e' perche' sono ancora contenti di noi... ricordo Matiri senza ammalati, prima del mio arrivo! Io mi sentirei morire se l'ambulatorio fosse vuoto nuovamente! Cio' sarebbe un segno chiaro che il Signore non ci benedice piu'... mentre, quando vediamo i nostri reparti pieni ed il pronto soccorso invaso dagli ammalati, il nostro cuore gioisce perche' indirettamente sappiamo che Dio  e' ancora contento di noi, nonostante tutti i nostri limiti, e che c'è una ragione per il mio arrivo a Matiri.

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