Dieci giorni fa si era presentata nel nostro ospedale una giovane
donna che lamentava febbre e dolori addominali. Aveva sulla faccia
delle lesioni che ricordavano molto il lupus vulgaris della
tubercolosi, ma diceva di averli da molto tempo.
L'ecografia addominale ha dimostrato la presenza di una grossa massa
solida a livello cecale ed una serie di linfonodi paraortici dilatati.
Abbiamo pensato ad un tumore intestinale con metastasi peritoneali,
anche se la donna aveva soltanto 30 anni età.
Eravamo indecisi se tentare l'intervento oppure se dichiarar la malata
inoperabile. Le abbiamo rivelato la nostra ipotesi diagnostica ed
anche la prognosi che ci pareva davvero infausta. Lei ha accettato in
modo stoico la notizia del possibile cancro in fase avanzata.
Ci turbava la febbricola, ed anche il fatto che i globuli bianchi non
erano aumentati nonostante l'ipertermia.
Eravamo indecisi tra il tentativo eroico di un intervento chirurgico e
la scelta della chemioterapia.
Alla fine abbiamo deciso di intervenire, anche perchè temevamo che la
malata si potesse occludere da un momento all'altro: "se siamo
fortunati facciamo una emicolectomia e togliamo tutti i linfonodi
neoplastici; se invece la cosa si manifestasse impossibile, tenteremo
delle anastomosi che by-passino il tumore ed impediscano alla malata
di morire occlusa".
Aprendo il peritoneo abbiamo visto che la massa non era solo del
cieco, ma di tutto il colon ascendente.
L'aspetto però a me era familiare e non mi pareva affatto maligno...
mi ricordava qualcosa di infettivo: ho preso in mano l'organo che
appariva durissimo; la sierosa che lo ricopriva era però intatta e
liscia, pur essendo edematosa. La massa non proseguiva oltre la
flessura epatica e pareva interessare solo la parete mediale del colon
destro... ragion per cui la paziente era ancora canalizzata.
La cosa più impressionante erano degli enormi linfonodi su un
mesentere edematoso e molto ispessito.
"A me non pare un tumore".
"La mia impressione è quella di un tubercoloma del colon; non
dobbiamo fare l'emicolectomia , ma solo una biospia linfonodale per
confermare la diagnosi: se ho ragione infatti, la terapia è medica e
la giovane donna potrà guarire completamente. La biopsia non la farei
sull'intestino, per evitare che si creino delle deiscenze".
Dopo una adeguata riflessione con i colleghi ln sala, abbiamo deciso
di procedere secondo le mie indicazioni. I linfonodi che speravamo di
rimuovere interi erano invece colliquati e contenevano materiale
chiaramente caseoso... cosa che mi ha molto rincuorato ed ha
rafforzato l'ipotesi diagnostica.
L'intervento è stato quindi più breve del previsto ed il
post-operatorio è stato buono e senza complicazioni.
L'istologico è arrivato oggi ed ha confermato la diagnosi di tubercolosi.
La donna sta davvero bene ed ha già iniziato la terapia
anti-tubercolare che dovrà continuare per un totale di sei mesi.
E' stata una paziente davvero fortunata: le avevamo parlato di un
tumore maligno praticamente inoperabile, ed invece ora le abbiamo dato
la bella notizia che la sua patologia è del tutto curabile con le
medicine. Siamo veramente contenti di come sono andate le cose.
La tubercolosi addominale ha manifestazioni proteiformi: a volte
abbiamo clienti con asciti di eziologia sconosciuta ed, in assenza di
cirrosi epatica, insufficienza renale o scompenso cardiaco, facciamo
diagnosi di tubercolosi addominali tramite prelievo di liquido
ascitico ed esame citologico. Altre volte mi è capitato di operare
delle persone con chiarissimi segni di peritonite: all'atto chirurgico
però non abbiamo identificato perforazioni viscerali; abbiamo invece
trovato solo un po' di liquido essudativo in peritoneo, ed un
intestino estremamente infiammato e tempestato in tutta la sua
lunghezza da una miriade di granellini bianchi, grossi come chicchi di
riso. Il prelievo bioptico su uno di queste lesioni aveva poi rivelato
la presenza di TBC (una specie di miliare sull'intestino).
Avremmo dovuto pensare subito alla tubercolosi nella nostra paziente,
perchè aveva febbre senza leucocitosi e mostrava sul collo segni di
lupus vulgaris. Ci siamo arrivati in modo un po' contorto, ma
l'importante è che siamo giunti alla diagnosi corretta, una diagnosi
per altro fausta e con prognosi ottima.
Fr Beppe
sabato 29 aprile 2023
venerdì 28 aprile 2023
CHE DOLORE!
Lo sapevo che sarebbe stato un terno al lotto riprovarci, ma lei ha
insistito con una determinazione disperata che mi ha impressionato!
Ritenevo improbabile che stavolta ci riuscisse perchè nella mia testa
ho sempre pensato che ci siano problemi cromosomici o suoi o del
marito, ma lei ha continuato a ripetermi che con un solo figlio non
poteva assolutamente andare avanti perchè nella sua famiglia e nel
villaggio era completamente ostracizzata. Quindi ci avrebbe comunque
riprovato a rimanere incinta!
La ragione per cui mi pareva una decisione dolorosa stava nella sua
storia clinica: il primogenito infatti era morto in utero per cause
sconosciute all'eta gestazionale di circa 37 settimane. La donna non
aveva avuto contrazioni e neppure emorragie: aveva semplicemente
smesso di avvertire i movimenti del suo bimbo nella pancia!
Era stato uno stress incredibile per me dirglielo, immediatamente dopo
l'ecografia: già allora avevo assistito a scene inquietanti di
disperazione e di angoscia; già allora la mia paziente aveva perso il
controllo ed aveva urlato rotolandosi sul pavimento per ore ed ore.
Quando si era calmata ed aveva accettato il ricovero, avevamo tentato
di indurre il parto ma non ci eravamo riusciti; tutti i farmaci a
nostra disposizione avevano fallito: nessuna contrazione, ma un
continuo sanguinamento che la sta va anemizzando progressivamente. Con
dolore infinito avevamo dovuto procedere ad un cesareo su feto morto:
si tratta di una misura estrema, di un totale fallimento per la
medicina, in quanto non si dona alla mamma una nuova vita da far
crescere ed invece la si lascia con una cicatrice che potrebbe causare
problemi in gravidanze successive.
Da quel cesareo quella mamma si riprese completamente dal punto di
vista fisico, ma il suo cuore continuò a sanguinare.
La rivedevo di tanto in tanto e mi rendevo conto che era affetta da
una sempre più profonda depressione!
La conoscevo da quando era una ragazza!
Per il passato era stata di un carattere solare e gioioso, una
trascinatrice, un'ottimista di natura. Ora sempre di più diventava
cupa, triste, pessimista e con ideazioni a volte a sfondo suicidario.
Poi rimase incinta nuovamente. Erano passati due anni dal precedente disastro.
Durante la gravidanza il nostro stato d'animo era di una costante
apprensività e tensione.
Anche in questa seconda gestazione le cose però non sembravano andare
per il verso giusto. Molto precocemente infatti ci eravamo accorti di
una placenta previa che seguivamo con controlli ecografici
ravvicinati, nella speranza di poter arrivare a termine di gravidanza
ed operare la paziente prima che si instaurasse un'emorragia
antepartum.
Anche quella volta però il peggio si verificò. Sanguinamente
gravissimo a circa 36 settimane di età gestazionale e feto morto in
utero (probabilmente a causa delsanguinamento e della conseguente
carenza di ossigenazione): si trattò di un nuovo dramma psicologico,
con paziente devastata emotivamente ed in condizioni generali sempre
più precarie a causa del grave sanguinamento. Il cesareo fu nuovamente
inevitabile, al fine di salvare la vita della madre: fu un momento
mestissimo in quanto tutti sapevano che, se la donna certamente
sarebbe sopravvissuta all'intervento, la sua depressione sarebbe
peggiorata gravemente.
Fu molto dura assisterla nel post-operatorio, soprattutto a motivo di
un mutismo e di una anoressia in cui la paziente si era richiusa a
riccio.
La seguimmo con amicizia per mesi, e ci furono momenti in cui abbiamo
seriamente temuto per un suicidio.
La cosa che aggravava la sua situazione psicologica era sicuramente la
pressione emotiva che essa subiva da parte del clan del marito: lo
sposo le voleva bene, ma era anche gravemente condizionato dalle idee
e dalla cultura della famiglia di origine che lo incitavano al ripudio
della sposa, dovuto al fatto che certamente essa pareva sterile ed
incapace di dargli una discendenza.
Egli però risistette a lungo e la sua presenza fu molto importante per
evitare il peggio.
Alla fine ci fu una terza gravidanza e questa volta riuscimmo ad
arrivare in tempo con un cesareo elettivo che ha finalmente dato alla
nostra paziente la gioia di diventare madre.
Gli anni passarono, ed io continuavo a dire alla mia paziente che una
bellissima figlioletta per lei doveva essere sufficiente: non era più
sterile, anche agli occhi del villaggio; aveva dato un'erede al marito
ed al suo clan, ed inoltre aveva già tre cicatrici sul suo povero
utero e sarebbe stata ad alto rischio di rottura in caso di nuova
gravidanza.
La sua situazione psicologica però non migliorò, nonostante la bambina
che il Signore le aveva donato, e pian piano scivolò di nuovo in una
depressione che le causava una miriade di sintomi psicosomatici in
ogni parte del corpo.
Più tardi venni a sapere che il marito aveva ceduto alle pressioni
della sua famiglia: la donna era stata mandata via da casa e viveva da
sola, anche se lui di tanto in tanto andava a trovarla.
Poi, tre mesi fa l'ho rivista perchè aveva nuovamente bisogno di me.
L'ecografia ha dimostrato una gravidanza iniziale che lei mi ha
confermato essere del marito: non si trattava quindi di un vero
divorzio, ma di una separazione dal tetto coniugale al fine di
rispondere a condizionamenti sociali divenuti insostenibili.
Mi ha detto chiaramente che ci avrebbe provato solo più stavolta, per
dimostrare alla famiglia del marito di poter essere riaccolta, dopo
aver donato loro il secondogenito.
"Se va male di nuovo, per favore toglimi l'utero. Non ne voglio più sapere!"
Le cose sembravano procedere per il verso giusto, e siamo arrivati
oltre il terzo mese; ieri però la sventurata ha avuto dolori
addominali forti.
Sono rimasto per un tempo interminabile con la sonda ecografica sulla
sua pancia: avevo visto il problema sin dal primo momento, ma non
avevo la forza di dirglielo. Questo mio ritardo nel parlare e la
lunghezza esagerata dell'esame ecografico l'ha naturalmente
terrorizzata e con la morte nel cuore lei mi ha chiesto se c'erano
problemi.
Ho raccolto tutte le mie forze per dirle tutto d'un fiato: "il
cuoricino del bimbo non batte più!"
Quello che è successo dopo me lo aspettavo; è stato come un "dejà vu":
urla di dolore e disperazione, mentre lei si rotolava sul pavimento.
Le abbiamo dato molte ore per calmarsi. Rifiutava ogni tipo di terapia
e continuava a ripetere: "voglio morire con il mio bambino in grembo!"
Con prudenza le abbiamo sussurrato più volte all'orecchio che lei
doveva vivere, che non doveva più pensare al suicidio e che la sua
bambina era una ragione sufficiente per vivere.
Alla fine siamo riusciti a convincerla per il ricovero, a farla
dormire e ad eseguire la revisione della cavità uterina, assolutamente
necessaria per prevenire ulteriori complicazioni.
Adesso sta meglio. Ha chiesto di essere dimessa. Il marito non lo
abbiamo visto ed è stata accompagnata a casa dalla sorella che in
questo periodo vive con lei.
Sul suo volto catatonico una disperazione palpabile!
Nel mio cuore un peso grave che mi opprime come un macigno!
Il mio dolore si fa ancora più grande quando penso a tutte quelle
giovani donne che invece i figli li sopprimono con un aborto
clandestino, che, oltre ad uccidere la loro creatura, mette a rischio
anche la loro stessa vita.
Fr Beppe Gaido
insistito con una determinazione disperata che mi ha impressionato!
Ritenevo improbabile che stavolta ci riuscisse perchè nella mia testa
ho sempre pensato che ci siano problemi cromosomici o suoi o del
marito, ma lei ha continuato a ripetermi che con un solo figlio non
poteva assolutamente andare avanti perchè nella sua famiglia e nel
villaggio era completamente ostracizzata. Quindi ci avrebbe comunque
riprovato a rimanere incinta!
La ragione per cui mi pareva una decisione dolorosa stava nella sua
storia clinica: il primogenito infatti era morto in utero per cause
sconosciute all'eta gestazionale di circa 37 settimane. La donna non
aveva avuto contrazioni e neppure emorragie: aveva semplicemente
smesso di avvertire i movimenti del suo bimbo nella pancia!
Era stato uno stress incredibile per me dirglielo, immediatamente dopo
l'ecografia: già allora avevo assistito a scene inquietanti di
disperazione e di angoscia; già allora la mia paziente aveva perso il
controllo ed aveva urlato rotolandosi sul pavimento per ore ed ore.
Quando si era calmata ed aveva accettato il ricovero, avevamo tentato
di indurre il parto ma non ci eravamo riusciti; tutti i farmaci a
nostra disposizione avevano fallito: nessuna contrazione, ma un
continuo sanguinamento che la sta va anemizzando progressivamente. Con
dolore infinito avevamo dovuto procedere ad un cesareo su feto morto:
si tratta di una misura estrema, di un totale fallimento per la
medicina, in quanto non si dona alla mamma una nuova vita da far
crescere ed invece la si lascia con una cicatrice che potrebbe causare
problemi in gravidanze successive.
Da quel cesareo quella mamma si riprese completamente dal punto di
vista fisico, ma il suo cuore continuò a sanguinare.
La rivedevo di tanto in tanto e mi rendevo conto che era affetta da
una sempre più profonda depressione!
La conoscevo da quando era una ragazza!
Per il passato era stata di un carattere solare e gioioso, una
trascinatrice, un'ottimista di natura. Ora sempre di più diventava
cupa, triste, pessimista e con ideazioni a volte a sfondo suicidario.
Poi rimase incinta nuovamente. Erano passati due anni dal precedente disastro.
Durante la gravidanza il nostro stato d'animo era di una costante
apprensività e tensione.
Anche in questa seconda gestazione le cose però non sembravano andare
per il verso giusto. Molto precocemente infatti ci eravamo accorti di
una placenta previa che seguivamo con controlli ecografici
ravvicinati, nella speranza di poter arrivare a termine di gravidanza
ed operare la paziente prima che si instaurasse un'emorragia
antepartum.
Anche quella volta però il peggio si verificò. Sanguinamente
gravissimo a circa 36 settimane di età gestazionale e feto morto in
utero (probabilmente a causa delsanguinamento e della conseguente
carenza di ossigenazione): si trattò di un nuovo dramma psicologico,
con paziente devastata emotivamente ed in condizioni generali sempre
più precarie a causa del grave sanguinamento. Il cesareo fu nuovamente
inevitabile, al fine di salvare la vita della madre: fu un momento
mestissimo in quanto tutti sapevano che, se la donna certamente
sarebbe sopravvissuta all'intervento, la sua depressione sarebbe
peggiorata gravemente.
Fu molto dura assisterla nel post-operatorio, soprattutto a motivo di
un mutismo e di una anoressia in cui la paziente si era richiusa a
riccio.
La seguimmo con amicizia per mesi, e ci furono momenti in cui abbiamo
seriamente temuto per un suicidio.
La cosa che aggravava la sua situazione psicologica era sicuramente la
pressione emotiva che essa subiva da parte del clan del marito: lo
sposo le voleva bene, ma era anche gravemente condizionato dalle idee
e dalla cultura della famiglia di origine che lo incitavano al ripudio
della sposa, dovuto al fatto che certamente essa pareva sterile ed
incapace di dargli una discendenza.
Egli però risistette a lungo e la sua presenza fu molto importante per
evitare il peggio.
Alla fine ci fu una terza gravidanza e questa volta riuscimmo ad
arrivare in tempo con un cesareo elettivo che ha finalmente dato alla
nostra paziente la gioia di diventare madre.
Gli anni passarono, ed io continuavo a dire alla mia paziente che una
bellissima figlioletta per lei doveva essere sufficiente: non era più
sterile, anche agli occhi del villaggio; aveva dato un'erede al marito
ed al suo clan, ed inoltre aveva già tre cicatrici sul suo povero
utero e sarebbe stata ad alto rischio di rottura in caso di nuova
gravidanza.
La sua situazione psicologica però non migliorò, nonostante la bambina
che il Signore le aveva donato, e pian piano scivolò di nuovo in una
depressione che le causava una miriade di sintomi psicosomatici in
ogni parte del corpo.
Più tardi venni a sapere che il marito aveva ceduto alle pressioni
della sua famiglia: la donna era stata mandata via da casa e viveva da
sola, anche se lui di tanto in tanto andava a trovarla.
Poi, tre mesi fa l'ho rivista perchè aveva nuovamente bisogno di me.
L'ecografia ha dimostrato una gravidanza iniziale che lei mi ha
confermato essere del marito: non si trattava quindi di un vero
divorzio, ma di una separazione dal tetto coniugale al fine di
rispondere a condizionamenti sociali divenuti insostenibili.
Mi ha detto chiaramente che ci avrebbe provato solo più stavolta, per
dimostrare alla famiglia del marito di poter essere riaccolta, dopo
aver donato loro il secondogenito.
"Se va male di nuovo, per favore toglimi l'utero. Non ne voglio più sapere!"
Le cose sembravano procedere per il verso giusto, e siamo arrivati
oltre il terzo mese; ieri però la sventurata ha avuto dolori
addominali forti.
Sono rimasto per un tempo interminabile con la sonda ecografica sulla
sua pancia: avevo visto il problema sin dal primo momento, ma non
avevo la forza di dirglielo. Questo mio ritardo nel parlare e la
lunghezza esagerata dell'esame ecografico l'ha naturalmente
terrorizzata e con la morte nel cuore lei mi ha chiesto se c'erano
problemi.
Ho raccolto tutte le mie forze per dirle tutto d'un fiato: "il
cuoricino del bimbo non batte più!"
Quello che è successo dopo me lo aspettavo; è stato come un "dejà vu":
urla di dolore e disperazione, mentre lei si rotolava sul pavimento.
Le abbiamo dato molte ore per calmarsi. Rifiutava ogni tipo di terapia
e continuava a ripetere: "voglio morire con il mio bambino in grembo!"
Con prudenza le abbiamo sussurrato più volte all'orecchio che lei
doveva vivere, che non doveva più pensare al suicidio e che la sua
bambina era una ragione sufficiente per vivere.
Alla fine siamo riusciti a convincerla per il ricovero, a farla
dormire e ad eseguire la revisione della cavità uterina, assolutamente
necessaria per prevenire ulteriori complicazioni.
Adesso sta meglio. Ha chiesto di essere dimessa. Il marito non lo
abbiamo visto ed è stata accompagnata a casa dalla sorella che in
questo periodo vive con lei.
Sul suo volto catatonico una disperazione palpabile!
Nel mio cuore un peso grave che mi opprime come un macigno!
Il mio dolore si fa ancora più grande quando penso a tutte quelle
giovani donne che invece i figli li sopprimono con un aborto
clandestino, che, oltre ad uccidere la loro creatura, mette a rischio
anche la loro stessa vita.
Fr Beppe Gaido
giovedì 27 aprile 2023
IL CESAREO NON SEMPRE E’ UN PICCOLO INTERVENTO
Sono le 5.30, ed Evanjeline esprime la sua sentenza in modo lapidario:
"Cesareo. Donna con pregresso cesareo un anno fa!".
Parte la routine delle emergenze.
La speranza che nutro e' quella di un'operazione non complicata... ma
ecco che iniziano i problemi.
La donna perde i sensi in sala parto mentre la spostiamo dalla barella.
La stendiamo sul pavimento e cerchiamo di misurare una pressione, che
e' comunque imprendibile.
Guardo velocemente la congiuntiva, e mi sembra che la donna sia
anemica come un lenzuolo.
La nostra adrenalina sale alle stelle.
Trasportiamo la malata in sala, mentre cerchiamo sia di infondere
liquidi che di trasfondere sangue. In frigo infatti abbiamo una sacca
che possiamo usare!
Ma le difficolta' non cessano.
La cannula e' fuori vena, e la paziente e' collassata. Facciamo fatica
a trovare un altro accesso venoso. Miracolosamente riusciamo a
"prendere" la giugulare esterna, attraverso cui infondiamo prima
fisiologia a go go, e poi sangue.
Finalmente reperiamo anche un secondo accesso periferico, che usiamo
per darle altro "Ringer".
Tentiamo la spinale con la paziente sul fianco, ma i tentativi sono infruttuosi.
Dopo aver bucato la donna per un numero di volte che non riesciamo
neppure a ricordare, passiamo all'anestesia generale.
Apriamo la pancia velocemente. Sappiamo che la situazione e' critica,
e possiamo perdere l'operanda in ogni momento.
La paziente pero', fortunatamente respira e risponde ad una bassa dose
di anestetico. Bisogna comunque correre perche' il monitor e'
continuamente in allarme: la pressione rimane imprendibile, nonostante
trasfusione ed infusione veloce di fluidi.
Lavoriamo con tensione ma con ordine.
Appena aperto il peritoneo, ci rendiamo conto della causa del collasso
cardiocirolatorio della mamma.
C'e' sangue in addome... tanto sangue! Ne veniamo invasi dalla vita in
giu' in quanto l'aspiratore non riesce a recuperalo in tempo prima che
si riversi sul pavimento.
L'utero e' rotto ed il sacco amniotico sporge dalla ferita chirurgica.
L'estrazione del bimbo, dopo l'apertura delle membrane, e'
immediata... ma ci rendiamo conto che non ci sono segni di vita in
lui.
La tristezza e la depressione rifanno capolino nel mio cuore, ma
l'allarme quasi impazzito del monitor che mi segnala la persistente
assenza di pressione arteriosa, mi richiama alla realta'.
Non c'e' tempo per autocommiserazioni (magari il neonato sarebbe vivo
se avessimo "beccato" la spinale al primo colpo... se la vena non
fosse stata fuori!): guardo il sangue che ancora fluisce libero nel
deflussore verso la giugulare interna della donna, e mi riprendo: " ci
dobbiamo concentrare sulla mamma; se no, perdiamo anche lei!".
Fortunatamente la rottura e' avvenuta sulla rima della precedente
cicatrice chirurgica. Si tratta di una lacerazione lineare che non ha
raggiunto importanti vasi arteriosi. Si puo' quindi riparare l'organo
evitando un' isterectomia d'urgenza, che sarebbe un disastro per
quella mamma... ed un incubo per noi, date le condizioni del nostro
staff.
Lavoriamo in silenzio, quasi meditando sulla morte del bimbo e
continuando a sperare che la pressione risalga.
Mentre medichiamo la ferita addominale, per la prima volta il monitor
ci avvisa che la "massima" e' arrivata a 80... e che quindi ci sono
speranze.
La donna si sta svegliando, in preda a incubi che solo lei conosce.
Bisogna tenerla ferma in quattro, perche' non si strappi la giugulare.
La laviamo e la portiamo a letto, mentre e' ancora in uno stato di
sopore ora piu' tranquillo.
Ma subito mi ricordo di una cosa importantissima: "oggi dovremo
trasfondere un'altra sacca, magari chiedendola in prestito ad un altro
paziente piu' stabile, perche' il suo gruppo e' zero positivo, e non
ne abbiamo altro in emoteca. La cosa piu' dura, anche se necessaria,
sara' quella di dirle che il feto non ce l'ha fatta".
"Ma perche' e' morto il bambino?" mi chiede Evanjeline.
"Quando si rompe l'utero, la pressione della donna crolla, e la
perfusione placentare va praticamente a zero, causando ipossia ed
asfissia nel nascituro. E' molto raro riuscire a salvare il bambino,
nei casi di una breccia uterina di queste dimensioni. E' gia' tanto
che la madre sia viva. Infatti pure la mortalita' materna e' altissima
per tale complicazione".
Fr Beppe Gaido
"Cesareo. Donna con pregresso cesareo un anno fa!".
Parte la routine delle emergenze.
La speranza che nutro e' quella di un'operazione non complicata... ma
ecco che iniziano i problemi.
La donna perde i sensi in sala parto mentre la spostiamo dalla barella.
La stendiamo sul pavimento e cerchiamo di misurare una pressione, che
e' comunque imprendibile.
Guardo velocemente la congiuntiva, e mi sembra che la donna sia
anemica come un lenzuolo.
La nostra adrenalina sale alle stelle.
Trasportiamo la malata in sala, mentre cerchiamo sia di infondere
liquidi che di trasfondere sangue. In frigo infatti abbiamo una sacca
che possiamo usare!
Ma le difficolta' non cessano.
La cannula e' fuori vena, e la paziente e' collassata. Facciamo fatica
a trovare un altro accesso venoso. Miracolosamente riusciamo a
"prendere" la giugulare esterna, attraverso cui infondiamo prima
fisiologia a go go, e poi sangue.
Finalmente reperiamo anche un secondo accesso periferico, che usiamo
per darle altro "Ringer".
Tentiamo la spinale con la paziente sul fianco, ma i tentativi sono infruttuosi.
Dopo aver bucato la donna per un numero di volte che non riesciamo
neppure a ricordare, passiamo all'anestesia generale.
Apriamo la pancia velocemente. Sappiamo che la situazione e' critica,
e possiamo perdere l'operanda in ogni momento.
La paziente pero', fortunatamente respira e risponde ad una bassa dose
di anestetico. Bisogna comunque correre perche' il monitor e'
continuamente in allarme: la pressione rimane imprendibile, nonostante
trasfusione ed infusione veloce di fluidi.
Lavoriamo con tensione ma con ordine.
Appena aperto il peritoneo, ci rendiamo conto della causa del collasso
cardiocirolatorio della mamma.
C'e' sangue in addome... tanto sangue! Ne veniamo invasi dalla vita in
giu' in quanto l'aspiratore non riesce a recuperalo in tempo prima che
si riversi sul pavimento.
L'utero e' rotto ed il sacco amniotico sporge dalla ferita chirurgica.
L'estrazione del bimbo, dopo l'apertura delle membrane, e'
immediata... ma ci rendiamo conto che non ci sono segni di vita in
lui.
La tristezza e la depressione rifanno capolino nel mio cuore, ma
l'allarme quasi impazzito del monitor che mi segnala la persistente
assenza di pressione arteriosa, mi richiama alla realta'.
Non c'e' tempo per autocommiserazioni (magari il neonato sarebbe vivo
se avessimo "beccato" la spinale al primo colpo... se la vena non
fosse stata fuori!): guardo il sangue che ancora fluisce libero nel
deflussore verso la giugulare interna della donna, e mi riprendo: " ci
dobbiamo concentrare sulla mamma; se no, perdiamo anche lei!".
Fortunatamente la rottura e' avvenuta sulla rima della precedente
cicatrice chirurgica. Si tratta di una lacerazione lineare che non ha
raggiunto importanti vasi arteriosi. Si puo' quindi riparare l'organo
evitando un' isterectomia d'urgenza, che sarebbe un disastro per
quella mamma... ed un incubo per noi, date le condizioni del nostro
staff.
Lavoriamo in silenzio, quasi meditando sulla morte del bimbo e
continuando a sperare che la pressione risalga.
Mentre medichiamo la ferita addominale, per la prima volta il monitor
ci avvisa che la "massima" e' arrivata a 80... e che quindi ci sono
speranze.
La donna si sta svegliando, in preda a incubi che solo lei conosce.
Bisogna tenerla ferma in quattro, perche' non si strappi la giugulare.
La laviamo e la portiamo a letto, mentre e' ancora in uno stato di
sopore ora piu' tranquillo.
Ma subito mi ricordo di una cosa importantissima: "oggi dovremo
trasfondere un'altra sacca, magari chiedendola in prestito ad un altro
paziente piu' stabile, perche' il suo gruppo e' zero positivo, e non
ne abbiamo altro in emoteca. La cosa piu' dura, anche se necessaria,
sara' quella di dirle che il feto non ce l'ha fatta".
"Ma perche' e' morto il bambino?" mi chiede Evanjeline.
"Quando si rompe l'utero, la pressione della donna crolla, e la
perfusione placentare va praticamente a zero, causando ipossia ed
asfissia nel nascituro. E' molto raro riuscire a salvare il bambino,
nei casi di una breccia uterina di queste dimensioni. E' gia' tanto
che la madre sia viva. Infatti pure la mortalita' materna e' altissima
per tale complicazione".
Fr Beppe Gaido
martedì 25 aprile 2023
EMOZIONE FORTE
A questo ragazzo era stata proposta l'amputazione in un altro ospedale. Noi ci siamo intestarditi e le abbiamo provate tutte per salvargli l'arto. Sono stati mesi di lavoro e di ricoveri. Prima toelette chirurgiche a ripetizione, poi fissatore esterno al fine di permettere ai tessuti molli di guarire bene.
Alla fine chiodo di Sign e fissazione della frattura bimalleolare.
La gamba guarisce bene ed oggi il paziente va a casa. Usa ancora le stampelle ma crediamo che presto ne potrà fare a meno.
Una bella soddisfazione per noi ed una gioia incredibile per il giovane e per suo papà.
Fr. Beppe Gaido
lunedì 24 aprile 2023
I VOLONTARI
Ieri sera cena fuori a base di pesce e verdure con i volontari di Matiri. Ringrazio di cuore Daniele, Agnese, Federico e Andrea.
Sono un gruppo di internisti che ci stanno aiutando tantissimo in reparto.
Un grazie speciale a Murugi, nostro fedelissimo amico e guida turistica.
Fr. Beppe Gaido
sabato 22 aprile 2023
IL MAGGIOR KILLER DI GIOVANI RAGAZZE
Secondo dati resi pubblici dalla agenzia internazionale "Save the
Children", la maternita' rimane il piu' grande killer di giovani donne
nei Pesi in via di Sviluppo.
Secondo il rapporto appena uscito nel mondo sono 11 milioni le morti
legate alla gravidanza ed al parto.
La causa principale di questa alta mortalita' sembra l'eta' molto
giovane per la prima gravidanza nelle Nazioni sopra indicate.
Noi abbiamo ragazze che partoriscono a 15-17 anni, e l'eta' stessa
diventa in se' un fattore di rischio.
E' come se l'organismo adolescente non sia ancora sufficientemente
maturo e sviluppato per affrontare lo stress metaboliche costituito da
gravidanza e parto. Inoltre a tale eta', il bacino non e' ancora
completamente sviluppato e sono quindi molto piu' frequenti i casi di
ostruzione di travaglio e di rottura d'utero.
Oltre all'alta mortalita', il parto in giovanissima eta' porta con se'
altre complicazioni, che, seppur non mortali, creano comunque
stigmatizzazione ed ostracismo dalla vita sociale: l'incontinenza
urinaria secondaria a fistola vescico-vaginale e' senza dubbio la
complicanza piu' grave. Essa e' difficilissima da operare, e spesso
causa recidive e cronicizzazione.
Il rapporto di "Save the Children" ci stimola ancor piu' nel nostro
lavoro di educazione ad una procreazione responsabile; ci incoraggia
anche a potenziare sempre di piu' la nostra clinica prenatale, al fine
di identificare anticipatamente i casi di disproporzione
cefalo-pelvica e di proporre il cesareo elettivo prima che
complicazioni disastrose come quelle sopra descritte possano
verificarsi.
Dal documento citato, ma anche dalla nostra esperienza, si evince che
le gravidanze precoci e la mortalita' ad esse correlata, sono
strettamente correlate all'ignoranza ed alla poverta'.
Piu' si va nei villaggi dove la gente e' povera, piu' si incontrano
madri molto giovani. Lo stesso si applica al numero di gravidanze:
coloro con meno possibilita' economiche sono anche quelli con piu'
figli.
Il dato di fatto puo' essere interpretato in relazione alla mancanza
di educazione scolastica, ma anche in relazione al fatto che spesso la
figlia e' per i genitori un investimento economico: dare la figlia in
sposa significa ricevere una ingente dote in denaro o in capi di
bestiame.
Si tratta poi di un circolo vizioso che si perpetua perche' anche i
figli di quelle ragazze che non sono andate a scuola, saranno
cresciuti in condizioni di poverta'ed illetteratezza, e sara' quindi
altamente probabile che pure essi si comporteranno come i genitori.
PS: nella foto membri dello staff della sala a Matiri
Fr Beppe
Children", la maternita' rimane il piu' grande killer di giovani donne
nei Pesi in via di Sviluppo.
Secondo il rapporto appena uscito nel mondo sono 11 milioni le morti
legate alla gravidanza ed al parto.
La causa principale di questa alta mortalita' sembra l'eta' molto
giovane per la prima gravidanza nelle Nazioni sopra indicate.
Noi abbiamo ragazze che partoriscono a 15-17 anni, e l'eta' stessa
diventa in se' un fattore di rischio.
E' come se l'organismo adolescente non sia ancora sufficientemente
maturo e sviluppato per affrontare lo stress metaboliche costituito da
gravidanza e parto. Inoltre a tale eta', il bacino non e' ancora
completamente sviluppato e sono quindi molto piu' frequenti i casi di
ostruzione di travaglio e di rottura d'utero.
Oltre all'alta mortalita', il parto in giovanissima eta' porta con se'
altre complicazioni, che, seppur non mortali, creano comunque
stigmatizzazione ed ostracismo dalla vita sociale: l'incontinenza
urinaria secondaria a fistola vescico-vaginale e' senza dubbio la
complicanza piu' grave. Essa e' difficilissima da operare, e spesso
causa recidive e cronicizzazione.
Il rapporto di "Save the Children" ci stimola ancor piu' nel nostro
lavoro di educazione ad una procreazione responsabile; ci incoraggia
anche a potenziare sempre di piu' la nostra clinica prenatale, al fine
di identificare anticipatamente i casi di disproporzione
cefalo-pelvica e di proporre il cesareo elettivo prima che
complicazioni disastrose come quelle sopra descritte possano
verificarsi.
Dal documento citato, ma anche dalla nostra esperienza, si evince che
le gravidanze precoci e la mortalita' ad esse correlata, sono
strettamente correlate all'ignoranza ed alla poverta'.
Piu' si va nei villaggi dove la gente e' povera, piu' si incontrano
madri molto giovani. Lo stesso si applica al numero di gravidanze:
coloro con meno possibilita' economiche sono anche quelli con piu'
figli.
Il dato di fatto puo' essere interpretato in relazione alla mancanza
di educazione scolastica, ma anche in relazione al fatto che spesso la
figlia e' per i genitori un investimento economico: dare la figlia in
sposa significa ricevere una ingente dote in denaro o in capi di
bestiame.
Si tratta poi di un circolo vizioso che si perpetua perche' anche i
figli di quelle ragazze che non sono andate a scuola, saranno
cresciuti in condizioni di poverta'ed illetteratezza, e sara' quindi
altamente probabile che pure essi si comporteranno come i genitori.
PS: nella foto membri dello staff della sala a Matiri
Fr Beppe
venerdì 21 aprile 2023
IO CREDO
Prima di tutto credo in Dio, perchè sono un cristiano convinto. A lui
dedico la mia vita ed in nome suo cerco di servire i miei fratelli con
dedizione e fino al sacrificio della vita.
Credo nel servizio al prossimo: ritengo che donarsi a chi soffre ed ha
bisogno sia sempre un atto nobile, e per me anche la via maestra per
incontrare Dio. So che, servendo il prossimo, io servo Gesù, e che
qualunque cosa faccio al più piccolo dei suoi fratelli, lo faccio a
Lui.
Credo nella preghiera, che è incontro con Dio e ricarica costante per
avere la forza di portare avanti una vita di dedizione incondizionata.
Credo nel volersi bene, nella gentilezza, nell'accoglienza: se non ci
vogliamo bene tra di noi, il nostro servizio ne risente e la qualità
cala. Il servizio è amore donato, che noi attingiamo dall'amore che
riceviamo nelle nostre comunità di vita e di servizio.
Credo nell'umiltà: il servizio non si fa cadere dall'alto, non si
eroga da padrieterni, altrimenti esso umilia i nostri fratelli che lo
ricevono. Il sercizio si dona con umiltà, mettendosi sempre alla pari
con la persona che riceve quanto le possiamo dare.
dedico la mia vita ed in nome suo cerco di servire i miei fratelli con
dedizione e fino al sacrificio della vita.
Credo nel servizio al prossimo: ritengo che donarsi a chi soffre ed ha
bisogno sia sempre un atto nobile, e per me anche la via maestra per
incontrare Dio. So che, servendo il prossimo, io servo Gesù, e che
qualunque cosa faccio al più piccolo dei suoi fratelli, lo faccio a
Lui.
Credo nella preghiera, che è incontro con Dio e ricarica costante per
avere la forza di portare avanti una vita di dedizione incondizionata.
Credo nel volersi bene, nella gentilezza, nell'accoglienza: se non ci
vogliamo bene tra di noi, il nostro servizio ne risente e la qualità
cala. Il servizio è amore donato, che noi attingiamo dall'amore che
riceviamo nelle nostre comunità di vita e di servizio.
Credo nell'umiltà: il servizio non si fa cadere dall'alto, non si
eroga da padrieterni, altrimenti esso umilia i nostri fratelli che lo
ricevono. Il sercizio si dona con umiltà, mettendosi sempre alla pari
con la persona che riceve quanto le possiamo dare.
mercoledì 19 aprile 2023
SCRIVO IN NOTA POSITIVA
Ieri ero decisamente depresso.
Son fatto così: mi deprimo molto facilmete ed in quei momenti mi
sembra di vedere tutto nero.
Poi però basta poco a tirarmi su: è sufficiente una notte di sonno
senza chiamate nelle ore più difficili. Basta un intervento andato
bene.
Oggi quindi tutto mi è sembrato più roseo: forse perchè avevo dormito
tutta la notte!!!
Oggi per esempio mi ha colpito quella frattura di tibia e femore che
aveva reso il ginocchio completamente staccato dalle altre ossa, e mi
ha rallegrato il fatto che siamo riusciti a fare un bell'intervento
con placche e viti, ridando a quell'uomo la speranza di camminare
(ovviamente ha fatto tutto la dottoressa Makandi).
Con una punta di orgoglio ho ripensato anche a quel femore ridotto in
poltiglia che siamo stati in grado di ricostruire con chiodo
endomidollare, placche e viti compressive. Anche quest'uomo tornerà a
casa camminando; magari riprenderà a lavorare ed a guadagnare
qualcosa per la sua famiglia.
Riflettevo tra me e me sull'addome acuto di stamattina (operato con la
gamba desta inginocchiata su una sedia): un uomo che mi conosceva
benissimo e che sosteneva di essere stato operato da me nel 2017 a
Chaaria per un altro problema. Oggi si trattava di un volvolo
intestinale che sono riuscito a risolvere. Anche lui andrà a casa e si
ricorderà di me a lungo, anche se io con tutta probabilità mi
dimenticherò di lui nuovamente.
E poi la vecchietta con frattura del collo del femore (ultima
operazione della giornata): era stata in altri due ospedali in cui non
era stata operata ed anzi aveva rimediato una piaga da decubito perchè
nessuno la guardava. Oggi le abbiamo fatto una endoprotesi di anca, e
speriamo di rimetterla in piedi presto, risolvendo così anche il suo
problema di decubiti
Se stai bene dentro, poi tiri come una locomotiva e non avverti la
stanchezza...e neppure la gamba ingessata; mentre, se stai male
interiormente, allora ti sembra di muoverti sulle sabbie mobili e che
la giornata diventi troppo lunga ed insopportabile.
Ringrazio il Signore perchè non ci dà mai prove superiori a quelle che
le nostre spalle possono portare, e quando ci vede davvero con il
sedere per terra, poi ci dà la forza di rialzarci, di continuare e di
vedere ancora il bello della nostra vita e della nostra missione.
Fr Beppe
Son fatto così: mi deprimo molto facilmete ed in quei momenti mi
sembra di vedere tutto nero.
Poi però basta poco a tirarmi su: è sufficiente una notte di sonno
senza chiamate nelle ore più difficili. Basta un intervento andato
bene.
Oggi quindi tutto mi è sembrato più roseo: forse perchè avevo dormito
tutta la notte!!!
Oggi per esempio mi ha colpito quella frattura di tibia e femore che
aveva reso il ginocchio completamente staccato dalle altre ossa, e mi
ha rallegrato il fatto che siamo riusciti a fare un bell'intervento
con placche e viti, ridando a quell'uomo la speranza di camminare
(ovviamente ha fatto tutto la dottoressa Makandi).
Con una punta di orgoglio ho ripensato anche a quel femore ridotto in
poltiglia che siamo stati in grado di ricostruire con chiodo
endomidollare, placche e viti compressive. Anche quest'uomo tornerà a
casa camminando; magari riprenderà a lavorare ed a guadagnare
qualcosa per la sua famiglia.
Riflettevo tra me e me sull'addome acuto di stamattina (operato con la
gamba desta inginocchiata su una sedia): un uomo che mi conosceva
benissimo e che sosteneva di essere stato operato da me nel 2017 a
Chaaria per un altro problema. Oggi si trattava di un volvolo
intestinale che sono riuscito a risolvere. Anche lui andrà a casa e si
ricorderà di me a lungo, anche se io con tutta probabilità mi
dimenticherò di lui nuovamente.
E poi la vecchietta con frattura del collo del femore (ultima
operazione della giornata): era stata in altri due ospedali in cui non
era stata operata ed anzi aveva rimediato una piaga da decubito perchè
nessuno la guardava. Oggi le abbiamo fatto una endoprotesi di anca, e
speriamo di rimetterla in piedi presto, risolvendo così anche il suo
problema di decubiti
Se stai bene dentro, poi tiri come una locomotiva e non avverti la
stanchezza...e neppure la gamba ingessata; mentre, se stai male
interiormente, allora ti sembra di muoverti sulle sabbie mobili e che
la giornata diventi troppo lunga ed insopportabile.
Ringrazio il Signore perchè non ci dà mai prove superiori a quelle che
le nostre spalle possono portare, e quando ci vede davvero con il
sedere per terra, poi ci dà la forza di rialzarci, di continuare e di
vedere ancora il bello della nostra vita e della nostra missione.
Fr Beppe
martedì 18 aprile 2023
SOLO L'AMORE RESTA
Lavorare in Africa è certamente bellissimo e c'è la possibilità di
spendersi completamente per gli altri e di fare del bene a delle
persone che altrimenti non avrebbero aiuto alcuno. Mi commuove vedere
l'ospedale di Matiri affollato di pazienti. Che differenza da tre
anni fa!
Mi tocca il cuore vedere gente che viene da molto lontano sia per cure
mediche che chirurgiche, dicendo che di noi si fida ciecamente e che
le nostre terapie sono le migliori perchè le pratichiamo con scienza,
coscienza e tanto amore per il prossimo.
Qui puoi davvero donare te stesso fino all'ultima goccia delle tue
energie, e "fino al sacrificio della vita".
Questa possibilità di donarsi in maniera direi totale ed assolutamente
illimitata dovrebbe di per sè essere per tutti noi una ragione
sufficiente per tantissima gioia: quanti nel mondo possono dire di
aver la possibilità di fare quello a cui davvero aspirano con tutto il
cuore? Quanti medici hanno la possibilità di esprimere la propria
professionalità a 360 gradi come noi anche a Matiri? Quanti alla sera
possono andare a letto dicendo a se stessi: "oggi non ho rimpianti
perchè ho dato tutto quello che potevo e più di così non posso fare"?
La nostra felicità sta nella donazione e nella possibilità di mettere
in pratica questo ideale.
La vita passa velocemente ed alla fine rimarrà solo l'amore che
abbiamo seminato.
Ps: Oggi e domani con la dottoressa Makandi
fr Beppe Gaido
spendersi completamente per gli altri e di fare del bene a delle
persone che altrimenti non avrebbero aiuto alcuno. Mi commuove vedere
l'ospedale di Matiri affollato di pazienti. Che differenza da tre
anni fa!
Mi tocca il cuore vedere gente che viene da molto lontano sia per cure
mediche che chirurgiche, dicendo che di noi si fida ciecamente e che
le nostre terapie sono le migliori perchè le pratichiamo con scienza,
coscienza e tanto amore per il prossimo.
Qui puoi davvero donare te stesso fino all'ultima goccia delle tue
energie, e "fino al sacrificio della vita".
Questa possibilità di donarsi in maniera direi totale ed assolutamente
illimitata dovrebbe di per sè essere per tutti noi una ragione
sufficiente per tantissima gioia: quanti nel mondo possono dire di
aver la possibilità di fare quello a cui davvero aspirano con tutto il
cuore? Quanti medici hanno la possibilità di esprimere la propria
professionalità a 360 gradi come noi anche a Matiri? Quanti alla sera
possono andare a letto dicendo a se stessi: "oggi non ho rimpianti
perchè ho dato tutto quello che potevo e più di così non posso fare"?
La nostra felicità sta nella donazione e nella possibilità di mettere
in pratica questo ideale.
La vita passa velocemente ed alla fine rimarrà solo l'amore che
abbiamo seminato.
Ps: Oggi e domani con la dottoressa Makandi
fr Beppe Gaido
lunedì 17 aprile 2023
Quasi come in un film dell'orrore
C'è stata una lite tra vicini di casa.
Le cose sono andate sempre peggio e si è arrivati rapidamente alla violenza.
Il marito è stato massacrato a colpi di machete ed è stato trasportato in ospedale con tutti e quattro gli arti malamente amputati.
Abbiamo tentato di fare qualcosa, ma la perdita di sangue prima dell'arrivo in ospedale e lo stato di shock hanno fatto sì che non ci fosse più nulla da fare per lui. E' morto quasi subito.
La moglie ha tentato di fuggire quando lo sposo veniva ferito in quel modo orrendo. E' stata però raggiunta e cosparsa di cherosene, e poi le hanno dato fuoco.
La gente accorsa ha spento le fiamme con delle coperte, ma le ustioni sono gravissime. In ospedale tentiamo di stabilizzarla e di salvarle la vita, ma le speranze non sono molte.
Per pudore non ho chiesto nulla del vicino che li ha assaliti, il compito del medico è quello di cercare di salvare la vita di chi giunge in ospedale. Il resto delle indagini lo fa la polizia con cui sempre collaboriamo.
Anche oggi abbiamo toccato con mano il mistero della violenza umana!
Chissà che cosa poteva esserci di tanto grave ed irrecuperabile tra vicini di casa.
Se l'assalitore andrà in prigione ed anche la donna non ce la farà a sopravvivere, il problema che ha causato la lite rimarrà comunque insoluto.
Fr. Beppe Gaido
sabato 15 aprile 2023
Giustizia popolare
Non so bene cos’abbia combinato, ma certo la punizione è stata esemplare.
AM ha 20 anni ed è stato ricoverato perchè ignoti gli hanno aperto lo scroto con un coltello, esponendo i testicoli, che poi sono stati legati insieme con una corda.
E’ arrivato in ospedale con segni di infezione, di cui ci siamo presi cura ogni giorno con toelette chirurgiche e con antibiotici ad ampio spettro.
I testicoli erano così brutti che pensavamo di dover eseguire orchidectomia bilaterale, ma la situazione è pian piano migliorata.
L’infezione è ora sotto controllo.
Ieri abbiamo ripetuto una ecografia dei testicoli e con gioia abbiamo visto che la vascolarizzazione era presente: gli organi erano quindi vitali.
Oggi in sala abbiamo riposizionato i testicoli nello scroto ed abbiamo richiuso la cute.
Non sappiamo se AM sarà ancora fertile. Faremo uno spermiogramma tra un mese.
Fr. Beppe Gaido
venerdì 14 aprile 2023
L'ippopotamo
Molti dei nostri fiumi sono popolati da ippopotami, oltre che da coccodrilli.
In genere è raro che un ippopotamo attacchi una persona; quasi sempre, questo capita quando la sventurata vittima si avvicina troppo (senza saperlo) ad una femmina con i piccoli. Per difendere i figli, essa diventa ferocissima.
E’ successo due giorni fa ad un poveretto che tagliava erba per le mucche sulla riva di un fiume.
L’animale è uscito dal corso d’acqua, lo ha azzannato sulla gamba e lo ha trascinato in acqua.
La vittima non sa neppure come sia sopravvissuta: ricorda di aver afferrato dei tronchi sott’acqua, e pensa che l’ippopotamo lo abbia lasciato, credendolo morto.
Abbiamo fatto del nostro meglio per questo paziente, arrivato in stato di shock ipovolemico. Lo abbiamo trasfuso; abbiamo eseguito toelette chirurgiche e messo un fissatore esterno.
Molto muscolo è stato divorato, e ci sono anche due fratture.
Per adesso, la cosa più importante per noi è capire se riusciremo a dominare l’infezione ed a salvargli l’arto: ha antibiotici ad ampio spettro, e faremo toelette chirurgiche a giorni alterni.
Speriamo e preghiamo per lui.
Fr. Beppe Gaido
giovedì 13 aprile 2023
La Tens
Grazie di cuore ai benefattori che ci hanno permesso di acquistare l'apparecchio della TENS, strumento importante per la fisioterapia.
La TENS è molto efficace nella terapia non-farmacologica del dolore.
Sono certo che aiuterà moltissimo i nostri pazienti con problemi di osteoartrosi e dolori reumatici.
Un sincero ringraziamento ed una preghiera.
Fr. Beppe Gaido
mercoledì 12 aprile 2023
Oggi con la dottoressa Makandi
Continua la bella maratona di amicizia nei miei confronti, mentre anche io continuo a migliorare.
Oggi la seduta operatoria è gestita dall'amica dottoressa Makandi.
Io collaboro nella parte burocratica dello scrivere le note post-operatorie. Inoltre riesco a fare un bel po' di pazienti ambulatoriali.
E' un periodo particolare in cui ringrazio di cuore per le grandi prove di amicizia.
Fr. Beppe Gaido
martedì 11 aprile 2023
Joshua, the hero
It was December 24th and Joshua was walking along a busy highway.
Just in from of him there was a young woman, carrying her child on her back.
A trailer was coming towards them in the opposite lane and a car tried to overtake it in a reckless manner.
In a fraction of a second Joshua saw that the car would hit the mother and the child, and, with no second thought, he ran and pushed the woman with her child aside, but could not avoid the direct impact of the speeding vehicle.
The impact was terrible and Joshua was thrown very far on the tarmac.
Both trailer and car did not even stop at the accident scene.
Joshua had open, multiple fractures of the 4 limbs.
It has been a long journey together, because we had to put him on external fixators for long time, to allow the soft issues to heal.
We have been together for the last 3 months: slowly muscles and skin healed, external fixators were removed and finally we were able to do internal fixation of all the fractures.
It is really a success story for a good and selfless man.
Bro Beppe
giovedì 6 aprile 2023
Tutti dimessi
Questa mattina visita di controllo per tutti i pazienti operati ieri di cataratta.
Vanno tutti benissimo e quindi sono stati tutti dimessi.
La prima sessione del progetto cataratta è stata più che positiva, ed onestamente ne sono molto contento.
I pazienti sono soddisfatti. Faremo per loro un'altra visita di controllo entro una settimana.
Da oggi iniziamo anche in ospedale un ambulatorio gratuito di screening per la cataratta, mentre continuiamo con le cliniche mobili oculistiche settimanali nei villaggi.
Ripeteremo la giornata chirurgica nel mese di maggio.
Grazie di cuore ai donatori.
Fr. Beppe Gaido
mercoledì 5 aprile 2023
Operazioni di cataratta a Matiri
Oggi abbiamo iniziato.
La Dottoressa Grace Guyo, insieme al nostro team, ha prima visitato e poi operato di cataratta 14 pazienti, ma in due casi l'intervento è stato bilaterale. Dunque 16 cataratte.
Il lavoro è stato intenso ma senza singhiozzi. I pazienti dai villaggi più vicini sono già andati a casa, ma torneranno domani mattina per il controllo. Quelli provenienti da lontano, li tratteniamo per la notte e poi li dimetteremo domani dopo il controllo.
Grazie di cuore ai donatori che hanno sponsorizzato l'evento in toto.
E' nostra intenzione di continuare con gli interventi di cataratta una volta al mese, finche' continueremo ad avere fondi.
Fr. Beppe Gaido
lunedì 3 aprile 2023
Palm Sunday
Today we have celebrated a solemn mass to start the Holy Week. The mass today was in the parish and started outside with the blessing of the branches, the reading of the gospel and the procession up to the main church. We were very many and there was a very nice environment of prayer.
Palm Sunday is very dear to my spirituality and I want to offer you few insights which may be a bit far from what you normally hear in the sermons of the priests.
First of all I think of today as a celebration of the courage of Jesus. He knew what was going to happen but he decided to enter Jerusalem anyway, in order to fulfill his mission and the will of God.
This is the first teaching Jesus is giving me today: not to be afraid; not to be coward, but to go straight to the points we believe in, facing all the unavoidable consequences.
I have always liked the fact that Jesus has chosen to enter Jerusalem on a donkey.
He knew to be King; in fact he has not refused the acclamations of the people. But he has not chosen a horse to ride on as kings or the Romans were doing. He has decided for a very humble and meek animal, in order to give us a lesson on humility. So the second message I get today is to be humble.
And then, when I look at those crowds chanting at him, I wonder what has happened to them just four days later. Today they put their clothes on the ground where Jesus is supposed to pass; they call Him
king; they wave branches and sing “hosanna”; maybe many of them have been healed or they have seen miracles.
What happens to them during the course of the following week?
Next Friday the same crowd gathers again shouting; but this time the words are different: no more “hosanna”, but “crucify him”.
I don’t want to go deep on the possible ways the mob has been bribed or brainwashed, to turn against Christ. My meditation today is about the extreme unreliability of success, fame, good name and appreciation by people.
Fame lasts a minute… says a psalm.
The ancient Greek culture was depicting fortune and fame as a blind-folded goddess: and the meaning of this is very clear to me; good luck can be with you for a moment and disappear suddenly; bad luck can strike at any time without considering who you are, how good you are, or the wonderful things you have done. Fortune and fame are like unstable waters in which you can never swim peacefully, because
they can turn against you without any notice.
Those are just few suggestions and emotions on the teaching of Jesus at the beginning of the last week of his life. I see him as a model of courage and determination to fulfill his mission, whatever the cost. I
appreciate his renewed call to be humble: I really like this teaching because I believe that pride (together with jealousy) is the most destructive force fighting against the kingdom of God in our
communities. And finally I want to learn the message of Jesus about fame: we are what we are in front of God, and what other people say about us adds or subtracts nothing to our real value. When we are
praised or flattered, it is better not to take it into any consideration, because people can change, and the same ones praising us today are often the ones stubbing us on the back tomorrow.
Let us pray for one another in this Holy Week, and let us pray in a special way for the people who are sick in mind, body and soul, both here in Matiri and wherever in the world.
Bro Beppe
sabato 1 aprile 2023
Anche oggi abbiamo lavorato
Il numero degli interventi a volte non dà un'idea reale del carico di lavoro.
Oggi infatti le operazioni sono state soltanto 3, ma tutte molto impegnative e lunghe, per cui alla fine della giornata eravamo stremati.
Oggi sono stato aiutato dal Dr Winters e da due studenti di medicina da lui seguiti.
Gli interventi sono andati tutti bene. Erano fratture complesse, per lo più intra-articolari.
Le persone continuano a cercarci ed a fidarsi di noi. Questa è una grande gioia ed insieme una responsibilità. Dobbiamo essere degni della fiducia riposta in noi.
Fr. Beppe Gaido
Iscriviti a:
Post (Atom)
POST IN EVIDENZA
EMERGENZA
EMERGENZA IN MATERNITA' E'arrivata al mattino con una cicatrice da pregresso cesareo ed una emorragia antepartum. Era anche in trava...