sabato 4 gennaio 2025

UNA DIAGNOSI ANOMALA


 

Dieci giorni fa si era presentata nel nostro ospedale una giovane donna che lamentava febbre e dolori addominali. Aveva sulla faccia delle lesioni che ricordavano molto il lupus vulgaris della tubercolosi, ma diceva di averli da molto tempo.

L'ecografia addominale ha dimostrato la presenza di una grossa massa solida a livello ciecale ed una serie di linfonodi paraortici dilatati.

Abbiamo pensato ad un tumore intestinale con metastasi peritoneali, anche se la donna aveva soltanto 30 anni età.

Eravamo indecisi se tentare l'intervento oppure se dichiarar la malata inoperabile. Le abbiamo rivelato la nostra ipotesi diagnostica ed anche la prognosi che ci pareva davvero infausta. Lei ha accettato in modo stoico la notizia del possibile cancro in fase avanzata.

Ci turbava la febbricola, ed anche il fatto che i globuli bianchi non erano aumentati nonostante l'ipertermia.

Eravamo indecisi tra il tentativo eroico di un intervento chirurgico e la scelta della terapia palliativa.

Alla fine abbiamo deciso di intervenire, anche perchè temevamo che la malata si potesse occludere da un momento all'altro: "se siamo fortunati facciamo una emicolectomia e togliamo tutti i linfonodi neoplastici; se invece la cosa si manifestasse impossibile, tenteremo delle anastomosi che by-passino il tumore ed impediscano alla malata di morire occlusa".

Aprendo il peritoneo abbiamo visto che la massa non era solo del cieco, ma di tutto il colon ascendente.

L'aspetto però a me era familiare e non mi pareva affatto maligno... mi ricordava qualcosa di infettivo: ho preso in mano l'organo che appariva durissimo; la sierosa che lo ricopriva era però intatta e liscia, pur essendo edematosa. La massa non proseguiva oltre la flessura epatica e pareva interessare solo la parete mediale del colon destro... ragion per cui la paziente era ancora canalizzata.

La cosa più impressionante erano degli enormi linfonodi su un mesentere edematoso e molto ispessito.

"A me non pare un tumore".

"La mia impressione è quella di un tubercoloma del colon; non dobbiamo fare l'emicolectomia , ma solo una biospia linfonodale per confermare la diagnosi: se ho ragione infatti, la terapia è medica e la giovane donna potrà guarire completamente. La biopsia non la farei sull'intestino, per evitare che si creino delle deiscenze".

Dopo una adeguata riflessione con i colleghi abbiamo deciso di procedere secondo le mie indicazioni. I linfonodi che speravamo di rimuovere interi erano invece colliquati e contenevano materiale chiaramente caseoso... cosa che mi ha molto rincuorato ed ha rafforzato l'ipotesi diagnostica.

L'intervento è stato quindi più breve del previsto ed il post-operatorio è stato buono e senza complicazioni.

L'istologico è arrivato oggi ed ha confermato la diagnosi di tubercolosi intestinale.

La donna sta davvero bene ed ha già iniziato la terapia anti-tubercolare che dovrà continuare per un totale di sei mesi.

E' stata una paziente davvero fortunata: le avevamo parlato di un tumore maligno praticamente inoperabile, ed invece ora le abbiamo dato la bella notizia che la sua patologia è del tutto curabile con le medicine. Siamo veramente contenti di come sono andate le cose.

La tubercolosi addominale ha manifestazioni proteiformi: a volte abbiamo clienti con asciti di eziologia sconosciuta ed, in assenza di cirrosi epatica, insufficienza renale o scompenso cardiaco, facciamo diagnosi di tubercolosi addominali tramite prelievo di liquido ascitico ed esame citologico. Altre volte mi è capitato di operare delle persone con chiarissimi segni di peritonite: all'atto chirurgico però non abbiamo identificato perforazioni viscerali; abbiamo invece trovato solo un  po' di liquido essudativo in peritoneo, ed un intestino estremamente infiammato e tempestato in tutta la sua lunghezza da una miriade di granellini bianchi, grossi come chicchi di riso. Il prelievo bioptico su uno di queste lesioni aveva poi rivelato la presenza di TBC.

Avremmo dovuto pensare subito alla tubercolosi nella nostra paziente, perchè aveva febbre senza leucocitosi e mostrava sul collo segni di lupus vulgaris. Ci siamo arrivati in modo un po' contorto, ma l'importante è che siamo giunti alla diagnosi corretta, una diagnosi per altro fausta e con prognosi ottima.


ps La foto e' di 27 anni fa

 

 

venerdì 3 gennaio 2025

ANNO SANTO DELLA SPERANZA

Spesso quando ero bambino alcuni adulti mi recitavano il proverbio: "chi vive sperando, muore deluso"; però altre volte sentivo un secondo adagio che diceva: "la speranza è l'ultima a morire".

Sono due visioni tra loro contrastanti, e forse esprimono il continuo altalenare che abbiamo dentro un po' tutti: qualche volta siamo delusi, scoraggiati e depressi, e la speranza ci sembra una grandissima illusione. In quei momenti sperare ci appare un atto puerile ed inutile.

Però è chiaro che un sentimento del genere può portarci alla disperazione; ecco allora che pian piano ritorniamo a sperare e ad attenderci qualcosa dal futuro.

La speranza è infatti necessaria alla sopravvivenza stessa, alla progettualità ed all'impegno: senza speranza si cade nel disimpegno, nell'apatia, fino a giungere alla depressione e forse anche al suicidio.

Senza speranza non c'è miglioramento e non c'è progresso; da un punto di vista cristiano, possiamo dire che senza speranza non ci può essere conversione, ascesi o anelito alla santità.

Ricordo un episodio tratto dai "Detti dei Padri del Deserto" in cui un allievo chiede al maestro spirituale quale sia il seme del diavolo nel mondo. Il saggio uomo di Dio risponde: lo scoraggiamento. La risposta disorienta il giovane aspirante che osa chiedere spiegazioni più dettagliate. Allora il monaco continua: "se il demonio riesce a seminare in te il seme dello scoraggiamento, allora non ci sarà in te nessuno stimolo al miglioramento spirituale ed alla conversione. Quando sarai così scoraggiato da non sperare più che Dio possa perdonare il tuo peccato, che tu ritieni troppo grande, allora il diavolo ha vinto".

E' una storiella semplice ed edificante che però contiene una saggezza profonda: se sono scoraggiato e non spero nella misericordia di Dio, non ho più alcuno stimolo per voler cambiare.

La speranza non è comunque necessariamente una virtù solo cristiana; è una caratteristica necessaria al vivere umano, e come tale trova spazio in moltissimi sistemi filosofici. Per esempio la critica marxiana la considera elemento necessario al progresso. Per Marx si tratta della speranza nella capacità della ragione di evolvere e di portare inesorabilmente al progresso, all'utopia di una società giusta. Ma anche il pensiero marxista sostiene che senza speranza nella forza della ragione l'utopia non si potrà realizzare.

Da cristiani, noi pensiamo alla speranza come ad una delle tre virtù teologali:fede, speranza e carità. Dal catechismo sappiamo che la virtù più importante è la carità, mentre fede e speranza spesso ci vengono presentate come sorelle gemelle. Riflettendo da un punto di vista cristiano ora, io penso che questo sia profondamente vero: fede e speranza vanno insieme, sono gemelle, si sostengono e si presuppongono a vicenda.

Io ritengo che la fede aiuti la speranza, anche se si può avere speranza pure in assenza di fede.

Pensiamo al Cottolengo che apriva nuovi servizi e prendeva sempre più malati proprio quando non aveva denaro. Lui sperava che i fondi sarebbero comunque arrivati, perchè aveva una grande fede nella Divina Provvidenza. Quando non ci sono fondi bisogna spendere di più. Se la Provvidenza tarda è perchè non siamo stati abbastanza coraggiosi nell'accettare malati. La Provvidenza non ha mai fatto bancarotta... magari tarda, ma non manca mai. Sono questi solo pochi esempi tratti dal pensiero di San Giuseppe Cottolengo, ma chiaramente ci indicano che lui sempre aveva una  grossa speranza per il futuro. 

 In conclusione penso che fede e speranza siano, almeno nella mia personale esperienza, profondamente unite tra di loro.

Aver speranza, mantenere alti gli ideali e spendersi completamente è il segreto di una vita che non conosce depressione e scoraggiamento. Avere un sogno, un'utopia da realizzare ti tiene vivo, ti stimola all'impegno e ti aiuta anche a non confidare solo sulle tue forze ma sull'aiuto di Dio. Pensiamo anche a Martin Luther King Jr: è stato ucciso prima che il suo sogno si avverasse. E' morto nella speranza, ma oggi la sua lotta ha avuto successo e pian piano il suo sogno sta diventando realtà.

Chiediamo a Dio di essere anche noi dei sognatori, dei visionari, degli idealisti che sanno spendersi per i loro sogni e che attraverso di essi mantengono viva la loro speranza.

mercoledì 1 gennaio 2025

BEATI GLI OPERATORI DI PACE

Nella giornata mondiale della pace, auguro a tutti noi di essere costruttori di pace, nelle nostre famiglie, nei nostri ambienti lavorativi, tra i nostri amici, nelle nostre diverse missioni.

Il mondo e' pieno di guerre, e guerre ci sono anche tra di noi, quando non riusciamo a volerci bene, quando sparliamo gli uni degli altri, quando viviamo una vita piena di inimicizie e di risentimenti, quando non siamo capaci di perdonare.

Proprio per questo, auguro a tutti un 2025 ricco di pace e di speranza.

Saremo costruttori di pace nel perdono, nell'amore fraterno e nel servizio.

A capodanno, io rinnovo i miei propositi di servizio incondizionato ai malati, ai poveri ed a tutte le persone bisognose.

Spero di essere capace di migliorare in tutti gli aspetti spigolosi della mia personalita', per costruire la pace anche con tutti i collaboratori e gli amici.

So che potro' fare questo solo con l'aiuto del Signore e con il vostro sostegno.

Buon 2025 a tutti

 

sabato 28 dicembre 2024

INDUZIONE DI PARTO

PARTO INDOTTO

 

Visito Kanana verso le 11 di mattina. Ha una gravidanza prolungata. Noi medici diciamo che ha una post-maturita' del feto.

Lei e' sicura dell'ultima mestruazione. Faccio l'eco e confermo la presenza di segni di pericolo: liquido un po' ridotto, grosse calcificazioni sulla placenta. L'eta' gestazionale sembra di cica 43 settimane: bisogna agire subito, perche' a questo stadio il bambino potrebbe morire in utero ad ogni momento.

Pensiamo alle possibilita' di fronte a noi: il feto non sembra enorme. Il canale del parto sembra adeguato. La mamma non vorrebbe un cesareo in quanto si tratta di un primo figlio e la cicatrice potrebbe obbligarla a ridurre il numero di gravidanze successive.

Io mi trovo in pieno accordo e decidiamo per un parto medico, inducendo le contrazioni con oxitocina: la dose e' corretta, il follow up senza problemi. Il battito rimane buono costantemente man mano che le doglie si instaurano ed aumentano in intesita' e durata. L'induzione procede ottimamente come tempi: siamo in linea con il grafico del partogramma e non abbiamo segni di distress fetale. Ogni tanto sento Kanana urlare di dolore,  ma non sono preoccupato: Judith continua a ripetermi: "good contractions. No problems".

Il bimbo nasce in tempi record. Alle 5.30 pm gia' stiamo aspirando le secrezioni dal naso del piccolino: e' un maschio, piange forte, respira bene (con un parolone di quelli che piacciono ai medici, scriviamo nella sua cartella che l'Apgar e' di 10, cioe' perfetto).

La mamma e' entusiasta: ci chiama tutti e ci vuole abbracciare anche se si trova ancora sulla barella. Sorride ogni volta che le passo vicino. Io tiro un sospiro di sollievo e mi apparto nuovamente nel mio studio dove riprendo l'ambulatorio.

martedì 24 dicembre 2024

MARATONA INIZIATA

INIZIATA LA MARATONA GINECOLOGICA

 

La Dottoressa Lucia Floris e' arrivata ieri, ed oggi ha iniziato la sua attivita' con il pienone.

Tante donne hanno risposto al nostro invito e sono venute a farsi vedere da Lucia, che e' una volontaria molto amata dalle nostre pazienti per la sua competenza e gentilezza.

Le pazienti vengono anche da molto lontano ed apprezzano I nostri servizi ginecologici gratuiti.

Lucia si dedica anche alla sala parto, dove segue le mamme in travaglio.

Ovviamente mi aiuta in tutti i cesarei, e nella chirurgia ginecologica: abbiamo gia' in reparto una isterectomia ed una conizzazione

sabato 21 dicembre 2024

MIASI

E' una condizione relativamente frequente qui a Matiri.

Si tratta del reperimento di larve di mosca in parti del sottocute umano.

Abbiamo due tipi di presentazione della malattia:

1) Quella che si chiama "miasi delle ferite", in cui le mosche vengono attratte dall'odore del tessuto necrotico e del pus, e depongono le uova nelle parti piu' purulenti dell'ulcera. Le uova schiudono dopo 5-10 settimane, e le larve iniziano a nutrirsi di queste parti in decomposizione. Si trovano in genere moltissime larve, vitali ed estremamente mobili, nella stessa ulcera.

2) Quella che si chiama "miasi foruncolare" in cui un altro tipo di mosca depone le uova direttamente in un poro della cute. Dopo alcune settimane l'uovo si schiude e si forma la larva che puo' respirare dall'apertura costituita dal poro stesso. La presenza della larva costituisce uno stimolo da corpo estraneo e si ha dapprima una reazione infiammatoria e poi un vero e proprio foruncolo, che causa molto dolore, prurito ed infiammazione.

 

La terapia della "miasi delle ferite" e' costituita prima di tutto dalla paziente rimozione delle larve durante la medicazione. E' un lavoro difficilissimo perche' esse tendono a migrare profondamente nel tessuto necrotico quando disturbate. Ecco quindi l'importanza di usare tutte le tecniche possibili per eliminare la necrosi: pomate fibrinolitiche e toeletta chirurgica. La larva non puo' infatti nutrirsi di tessuto di granulazione sano, ed una ferita pulita e granuleggiante non puo' essere pabulum per la sopravvivenza delle larve.

Ci sono poi tecniche di soffocamento: per esempio ricoprire l'ulcera con uno strato di unguento (tipo vaselina) che costituisca uno strato impermeabile all'ossigeno e provochi la morte delle larve stesse. Naturalmente e' importantissimo l'igiene e l'uso di zanzariere, al fine di impedire il depositarsi delle mosche nei pressi della ferita. Anche la terapia antibiotica e' essenziale alla cura dell'ulcera e quindi della miasi.

Per quanto riguarda la miasi foruncolare, in genere si procede a spremere fuori la larva dal poro e poi si continua con antibiotico come per un normale foruncolo.

Le mosche comunemente coinvolte nella miasi sono del genere tumbu fly (Cordylobia anthropophaga), oppure del genere human botfly (Dermatobia hominis).

 

lunedì 16 dicembre 2024

EMERGENZA

EMERGENZA IN MATERNITA'

E'arrivata al mattino con una cicatrice da pregresso cesareo ed una emorragia antepartum.

Era anche in travaglio avanzato, con una dilatazione di 4 cm.

Siamo entrati in sala con procedura d'urgenza.

L'estrazione del bambino non e' stata difficile, ed il piccolo  ha pianto subito.

La ragione dell'emorragia era una placenta previa.

I problemi sono iniziati all'estrazione della placenta: non era solo previa, ma anche accreta.

Ho provato ad estrarla, ma veniva a pezzi; l'utero non si contraeva e l'emorragia e' stata torrenziale: avevamo tre sacche e le abbiamo trasfuse tutte, ma nell'aspiratore avevamo gia' 3500 ml di sangue.

Ma l'emorragia continuava e la mamma e' andata in shock.

La tensione era alle stelle in sala, con l'anestesista che urlava a destra ed a manca.

Ho cercato di mantenere la calma.

Ho fatto una sutura di B. Lynch, ma anche questa procedura non ha ottenuto l'arresto dell'emorragia. Non c'era tempo: stavamo perdendo la donna sul tavolo operatorio.

Ho quindi deciso per l'isterectomia, a scopo salva-vita: alla paziente lo avrei spiegato dopo, dal momento che era al momento collassata.

Ho lavorato quasi un'ora, ancora sotto l'effetto dell'anestesia spinale.

Ho fatto una isterectomia subtotale, lasciandole ovaie e cervice.

Alla fine dell'intervento non c'era piu' sanguinamento, ma la donna non aveva pressione.

Abbiamo cercato altro sangue in altri ospedali, e siamo stati fortunati a trovare due sacche.

Dopo altre due trasfusioni, e' ricomparsa la pressione, la donna si e' pian piano ripresa, ed ora e' stabile.

Il bimbo sta bene e si allatta senza grossi problemi.

A questo punto ho dovuto darle la notizia dell'isterectomia: avevo molta paura, ma sia la donna che sua madre hanno accettato senza fare problemi.

Dio e' stato con noi durante l'emergenza ed anche nel momento della dura verita'.

E' stata davvero un'esperienza molto dura: sono triste per aver dovuto sacrificare l'utero, ma sono felice che mamma e bambino siano vivi.

sabato 14 dicembre 2024

BUONO O CATTIVO?

John e' arrivato stamattina in ospedale in pessime condizioni generali. Appariva in preda al dolore, soprattutto all'addome. I parenti che lo hanno accompagnato ci hanno riferito che il loro congiunto era stato assalito dai ladri durante la notte ed era stato "pestato" con una serie infinita di calci nella pancia.

Alla visita l'addome era veramente dolente, e la palpazione creava una evidente reazione di difesa, come nei  casi di peritonismo.

Abbiamo fatto una ecografia urgente ed abbiamo documentato una ingente quantita' di fluido corpuscolato in cavita' peritoneale. Abbiamo dunque eseguito una paracentesi esplorativa ecoguidata, ed abbiamo appurato che si trattava di sangue rosso vivo. Siccome il nostro cliente aveva anche una importante splenomegalia, abbiamo formulato l'ipotesi diagnostica di rottura traumatica della milza con emoperitoneo (il fegato appariva infatti normale).

Dopo aver stabilizzato le condizioni generali del paziente con dei liquidi endovena, e dopo aver eseguito i test dell'emergenza, incluse le prove crociate per il sangue da trasfondere, siamo corsi in sala operatoria, pronti al peggio.

Abbiamo aperto quella pancia ed abbiamo aspirato una ingentissima quantita' di sangue endoperitoneale; abbiamo quindi lavato la cavita' con fisiologica sterile, e ci siamo accorti che la situazione era migliore di quanto ci fossimo aspettati (la splenectomia non sarebbe stato un intervento da poco).

Quel che abbiam trovato e' stata una rottura di vescica con emo ed uro-peritoneo: un calcione aveva probabilmente fatto scoppiare la sua vescica piena.

L'operazione e' stata abbastanza breve e senza particolari difficolta'.

Il paziente e' ora stabile, e siamo veramente ottimisti per la sua guarigione, anche se purtroppo gli esami preoperatori hanno dimostrato uno stato di immunosoppressione.

"Ma sara' vera la storia dei ladri?" mi chiedono i volontari.

Io penso che queste siano domande veramente inutili: la verita' infatti non la veniamo quasi mai a sapere; la storia dei ladri poi e' quella piu' comunemente usata per coprire ogni sorta di "situazioni malate".

Potrebbe essere stata veramente una rapina, e John potrebbe essere un onesto cittadino picchiato in casa a scopo di estorsione.

Ma potrebbe anche darsi il caso che il ladro sia lui, e che, sorpreso dai vicini o dai parenti, sia stato linciato a dovere.

Oppure potremmo essere di fronte ad una rissa tra ubriaconi finita male.

La verita' non la sapremo forse mai, ma in fondo ad un medico missionario non deve interessare piu' di tanto. Noi siamo qui per aiutare e per salvare quante piu' vite ci sia possibile… e questo e' quanto abbiamo cercato di fare anche con John, di sabato.

Siamo felici di essere al servizio della vita, sette giorni alla settimana.

 

 

martedì 10 dicembre 2024

UNA GROSSA CISTI OVARICA


 

Le dimensioni della cisti erano davvero ragguardevoli, come quelle di una gravidanza al nono mese.

Fortunatamente non e' stato difficile rimuoverla, perche' non era adesa alle strutture circostanti.

Al fine di evitare una lunghissima apertura dell'addome, ho praticato una incisione ombelico-pubica, e poi ho perforato l'enorme massa cistica aspirandone il contenuto, finche' e' stata piccola abbastanza da essere estromessa attraverso la breccia chirurgica.

Clampare ed escindere la massa non e' stato difficile. La paziente non ha sanguinato quasi nulla.

Ho quindi richiuso l'addome per strati.

Abbiamo anche mandato la massa per l'esame istologico, ma spero sinceramente che non sia maligna

La paziente e' stabile, al risveglio dall'anestesia generale.

Credo che andra' presto a casa.

sabato 7 dicembre 2024

EMERGENZA


 

Anche oggi siamo in emergenza a causa di un bruttissimo incidente della strada.

E pure oggi si tratta di un motociclo!

Il paziente ha fratture multiple degli arti superiori ed inferiori.

Ha i piedi schiacciati e maciullati: probabilmente un'auto lo ha travolto quando era sull'asfalto.

Abbiamo fatto una TAC cerebrale che fortunatamente e' negativa.

Il problemia piu' grosso e' che l'incidente e' di 4 giorni fa: il paziente e' andato in un altro ospedale dove non e' stato fatto nulla. Ora le ferite  non suturate gia' puzzano, ed il rischio di amputazione e' reale.

Decidiamo di entrare in sala in emergenza, ma un altro problema e' la sua emoglobina. Abbiamo bisogno di almeno 3 sacche di sangue, ma ne abbiamo solo una.

Iniziamo a cercare sangue "in prestito" da altri ospedali, ma entriamo in sala immediatamente, con il sangue che abbiamo…sperando poi di trovarne altro.

Oggi ci prenderemo cura solo degli arti inferiori: sutureremo i piedi, metteremo fissatori esterni su entrambe le gambe.

Per gli arti superiori metteremo dei gessi, con il piano di operare tra una settimana, quando le condizioni emodinamiche saranno migliorate.

venerdì 6 dicembre 2024

AMINA E ORRO


Entrano insieme nel mio studio. Sono alti e snelli. La loro carnagione e' molto piu' chiara di quella della nostra gente. E' evidente che provengono dal profondo Nord. Guardo il foglio di richiesta esami, e mi rendo conto che sono di etnia Borana e che vengono a Marsabit.

E' Amina la prima che inizia a parlare:

"abbiamo un solo figlio di 15 anni, e non riusciamo ad averne un altro… Mi sento molto stressata, perche' per la nostra cultura uno non e' sufficiente. Vogliamo sottoporci a tutte le indagini possibili,  e siamo disposti ad ogni tipo di terapia, pur di poter avere un altro bambino".

Guardo Orro, che e' seduto in disparte e non ha ancora aperto bocca. Poi dico, senza rivolgermi a nessuno dei due in particolare:

"Il problema potrebbe essere per il 50% femminile e per il 50% maschile. Possiamo fare tutti gli esami del caso?"

So benissimo infatti che gli uomini sono molto restii da queste parti a sottoporsi ad accertamenti nell'area della procreazione: preferiscono l'ottica dello struzzo e danno per lo piu' la colpa alla donna.

Orro sorride, ma non parla. E' ancora Amina a guidare la conversazione:

"faremo tutto, e mio marito non si opporra'".

A questo punto prescrivo i test del caso, dicendo loro che li avrei poi incontrati nuovamente quanto gli esami di laboratorio fossero stati loro consegnati".

Alcune ore dopo, mi sono trovato i loro documenti della cartella dove gli infermieri inseriscono i miei pazienti in lista d' attesa. Prima di richiamarli in studio, mi affretto a leggere i risultati.

Mi viene un colpo al cuore.

La moglie e' del tutto normale, mentre il marito ha una infertilita' quasi sicuramente irreversibile, che noi medici definiamo azoospermia.

Prendo un caffe' e dico una preghiera, chiedendo al Signore di suggerirmi le parole giuste.

Inizio dal compito piu' facile, e mi rivolgo ad Amina dicendole che e' tutto a posto e che, dal mio punto di vista, lei non ha bisogno di altre indagini, ne' di terapie.

Poi guardo a terra a lungo, e accenno ad Orro che per lui ci sono dei problemi, ma che non si deve scoraggiare, perche' tenteremo di fare tutto il possibile per aiutarlo.

Inaspettatamente l'uomo mi interrompe, e con un sorriso rilassato mi dice in ottimo Kiswahili:

"Vorrei aiutarti a darmi la notizia. Quando avevo 24 anni, e gia' avevamo il nostro primogenito, io mi sono ammalato di orecchioni. Onestamente entrambi pensavamo che non sarebbe successo nulla, ma in seguito ho iniziato a notare dei cambiamenti sempre piu' significativi nella mia vita matrimoniale.

A quei tempi frequentavo l'Universita' a Nairobi, e sono quindi andato piu' volte su internet a documentarmi circa le possibili complicazioni della parotite epidemica. Ho letto da piu' parti che ai maschi puo' causare una infertilita' permanente.

Tu cosa ne pensi dottore?"

"Il tuo discorso in qualche modo mi facilita un po' un compito che e' sempre duro e sgradevole. Ma, prima di continuare, vorrei fare una domanda ad entrambi: - se dicessi che Orro non potra' mai piu' avere bambini, che cosa succedera' al vostro matrimonio? Purtroppo ho visto tante famiglie disgregarsi dopo una notizia del genere, quasi che i coniugi non si fossero scelti vicendevolmente per amore, ma avessero invece scelto solo i figli che dalla loro unione sarebbero stati generati".

E' stato Orro a prendere la parola per primo:

"Se Dio ha permesso che io fossi affetto da questa complicazione irreversibile, io che cosa ci posso fare!? Ci sono cose contro cui si puo' lottare, ed altre che si devono accettare con rassegnazione. Anche se faccio il matto e mi dispero, non potro' comunque cambiare la realta' dei fatti".

E' stata poi la volta di Amina:

"Non posso negare che questa situazione mi sta causando stress, e me ne provochera' ancora in futuro a causa delle pressioni che riceveremo sia all'interno del nostro clan, sia nel villaggio in cui viviamo.

Ma e' pur vero che io ho sposato lui e non i suoi bambini. Non voglio tradirlo, concependo un figlio di nascosto, magari con un suo parente stretto, in modo da dargli l'illusione di esser diventato padre. Sull'altare ho promesso che gli sarei stata fedele nella buona e nella cattiva sorte… e questa e' davvero una disgrazia per una coppia africana. Ma gli saro' fedele, costi quello che costi… non ho rimpianti, anche se so che piangero'".

Ho provato solo ad aggiungere una parola: "Nella mia pratica clinica incontro spesso coppie senza figli… e con il vostro stesso problema. Provate a ringraziare Dio per il vostro ragazzo quindicenne. Ringraziatelo perche' e' sano e forte".

"Grazie di cuore, dottore. Il Signore ti benedica. Verremo a trovarti: credo che ce la faremo, anche se non sara' facile".

Amina ed Orro mi hanno commosso. Hanno smentito tanti luoghi comuni sulla mentalita' africana in fatto di infertilita', e per me sono stati un bell'esempio di amore coniugale vero.

Ringrazio Dio per averli incontrati.

martedì 3 dicembre 2024

LA STAGIONE DEI MANGO

the mango syndrome.

 

Cosi' chiamiamo l'epidemia di fratture spesso molto brutte, a cui assistiamo tutti gli anni a dicembre e gennaio.

La sindrome per forza di cose colpisce di piu' bambini e adolescenti che si avventurano sugli alberi di mango alla ricerca dei loro frutti prelibati e si scordano che i grossi rami sono in realta' molto fragili. Si tratta quindi quasi sempre di fratture da caduta da un albero.

Le fratture del polso e degli arti superiori sono generalmente di piu', paragonate a quelle degli arti inferiori…ma, cadendo dall'alto, ci possono essere le fratture piu' disparate.

Gli interventi che eseguiamo sono stati molti, e generalmente con esito positivo.

Il lavoro dell'ortopedico e' tanto in quanto non c'e' solo la "mango syndrome", ma pure  un sacco di incidenti della strada ed un certo numero di attacchi da "panga": le pangate sono costate ore ed ore di tenorrafie e di riduzioni ossee (dita e braccia fratturate, rotule spezzate in due, ecc).

Operiamo il prima possibile, per quanto la struttura lavorativa di Matiri ce lo consente.

I tempi di attesa per la sala non sono mai superiori ai due giorni.

Siamo generalmente contenti dei risultati ottenuti, e soprattutto delle molte persone che stiamo aiutando.

Abbiamo la lingua fuori per la stanchezza, ma anche il sorriso sulle labbra ed una grande pace interiore che deriva dalla consapevolezza di donare proprio tutto.

sabato 30 novembre 2024

SE VOGLIAMO AVERE UN FUTURO


Io credo che, se continuiamo a voler bene ai poveri, a dar loro la priorità, a sacrificarci per loro giorno dopo giorno, la gente continuerà a credere in noi e la nostra opera continuerà ad essere significativa.

I poveri sono il nostro parafulmine e, finchè il nostro cuore appartiene a loro, la nostra azione ed il nostro servizio saranno stabili e duraturi, perchè costruiti sulla roccia e benedetti da Dio.

I problemi cominceranno quando le nostre giornate saranno "vuote" di poveri, quando avremo tanto tempo libero per pensare a noi stessi e poco tempo da dedicare agli altri, quando non ci sacrificheremo più per il nostro prossimo.

 Vedere l'ospedale pieno è per me sempre una gioia, non tanto perchè soffro di megalomania, ma piuttosto perchè sinceramente ritengo che, se la gente ci apprezza e si fida di noi, ciò significa che anche Dio è contento di quello che facciamo. Un ospedale deserto mi porterebbe a dubitare che forse il Signore mi stia mandando un messaggio per farmi capire che c'è qualcosa che non va.

Anche i nostri sostenitori saranno con noi finchè ci vedranno donati completamente, mangiati letteralmente dal servizio e dalla stanchezza; se cominceremo ad evitare la fatica, le persone scomode, i lavori pesanti, i servizi che richiedono impegno continuo per ventiquattr'ore al giorno, allora anche i benefattori  pian piano diminuiranno, e noi ci troveremo soli.

La stima che la povera gente ha di noi è altissima e la nostra fama arriva lontanissimo, nonostante tanti sforzi da parte di qualche detrattore di sminuire il nostro operato, con osservazioni e accuse tendenziose.

Il Signore ci benedice proprio perchè non ci risparmiamo e perchè vogliamo donarci completamente e continuamente, fino al sacrificio della vita.

La dedizione e la donazione sono il segreto per il nostro futuro: finchè avremo il coraggio di sacrificarci e spenderci totalmente, finchè non metteremo i nostri diritti personali davanti a quelli dei poveri che bussano alla nostra porta, finchè i nostri reparti saranno pieni e noi saremo presenti con i malati ogni giorno della nostra vita, allora non avremo nulla da temere: continueremo ad andare avanti, i benefattori ci sosterranno, i malati si fideranno di noi, e le nostre forze si rinnoveranno ogni giorno.

La nostra motivazione sarà quella che ci manterrà forti ed in salute, impedendoci di crollare.

Questa è per me un'esperienza vissuta e sperimentata giorno dopo giorno: se i miei ideali rimangono alti, se la voglia di donarmi completamente permane forte, allora, anche dopo giornate incredibili ci si sente gratificati e contenti, soddisfatti e ripagati di tutto. Basteranno poche ore di sonno per essere nuovamente freschi ed entusiasti nel ricominciare.

Il futuro è certamente nelle mani di Dio, ma oso dire che è anche un po' nelle nostre: il disimpegno, la pigrizia, l'egoismo certamente non portano ad alcun futuro, mentre la fedeltà ai poveri, il servizio incondizionato fino al sacrificio della vita, la dedizione quotidiana e persistente, le motivazioni forti e gli ideali sempre alti sono la nostra certezza morale che possiamo avere una rilevanza nell'oggi ed una continuità nel futuro.

venerdì 29 novembre 2024

LA PIOGGIA E LA SEMINA


In una società agricola come la nostra, tutti aspettano le piogge con ansia.

La stagione umida porta con sé la possibilità di raccolti e quindi fa svanire dall'orizzonte lo spettro della fame.

Quando la gente vede le prime precipitazioni e spera che esse continuino, il campo diventa la preoccupazione principale: bisogna dissodare, arare, seminare. Poi, dopo due settimane circa occorre diserbare (con la panga e piegando la schiena), per evitare che la gramigna si mangi tutto l'humus e non ci sia nutrimento a sufficienza per le pianticelle seminate di recente.

Anche chi è malato in genere, se può, posticipa l'ospedale e va a piantare le sementi nella propria shamba, a meno che la malattia sia del tutto urgente e non dilazionabile.

Il lavoro agricolo ha la precedenza su tutti i problemi di salute cronici e pianificabili: una carie dentaria può attendere, se non è più che dolorosa. Un intervento chirurgico programmato lo si posticipa, magari dopo il raccolto, quando in tasca c'è qualche soldo in più. Una gastrite può aspettare! Soltanto per le urgenze, gli incidenti o per la maternità l'ospedale ha la priorità sui lavori agricoli!

Oggi comunque non ha piovuto: molti sono stati incoraggiati a venire in ospedale...forse hanno già finito la semina!

Abbiamo quindi lavorato anche oggi.

martedì 26 novembre 2024

BARRIERE LINGUISTICHE

In maternita' la volontaria italiana e' alle prese con un parto.

La mamma sta spingendo bene; la volontaria vuole incoraggiarla a non rilassarsi e le ripete, ad ogni contrazione: "ancora... ancora...ancora"

Naturalmente la nostra partoriente non ha la piu' pallida idea di cio' che quella strana parola italiana possa voler dire, ma desidera comunque obbedire a quel dottore bianco che la sta aiutando ad avere il suo figlio primogenito.

Essa pensa quindi alla parola Kimeru piu' vicina possibile al suono arcano che le viene ripetuto con cadenza ritmica. Le pare che la similarita' piu' probabile sia con "kora", che e' l'imperativo del verbo tossire.

"Magari, tossire mi fara' avere il bimbo piu' in fretta!"

Io entro per caso in sala parto; vedo la nostra volontaria intenta nel suo lavoro, e la mamma che tossisce forsennatamente ad ogni contrazione.

Chiedo alla donna come mai ha tanta tosse e le suggerisco di cercare di spingere con la bocca chiusa, controllando la tosse... altrimenti la forza espulsiva delle contrazioni si perde parzialmente, non avendo piu' il contributo del diaframma sul fondo uterino.

E lei mi confessa candidamente: "io non ho la tosse, ma sto facendo quello che la mia ostetrica mi dice di fare".

Accidenti alla torre di Babele!

Le barriere linguistiche sono sempre un problema!

Ricordate quell'altro caso in cui l'ostetrica italiana continuava ad urlare alla partoriente: "stai giu'!", ed io sono entrato in maternita' trovando la povera donna inarcata con il bacino sempre piu' in alto e con gli unici punti di appoggio alla barella costituiti dal collo e dalla punta dei piedi?

Eh gia', perche' in kiswahili "juu" (che si pronuncia esattamente come "giu'" in italiano) significa "su".

martedì 19 novembre 2024

ANGELO

E' arrivato dieci giorni fa verso le ore 18.

Era stata una giornata piena, ma avevamo finito i pazienti ambulatoriali, ed anche la sala era tranquilla.

Sono stato chiamato in ambulatorio ed ho visto il paziente in posizione fetale su una barella.

Urlava per un dolore lancinante all'addome ed era coperto da perline di sudore gelido.

Gli ho messo una mano sulla pancia e l'ho trovata dura come una tavola di legno.

Ho guardato Makena che era in piedi vicino a me e lei ha subito capito senza che proferissare verbo: "chiamo immediatamente l'anestesista e dico agli altri di non andare a casa".

Io annuisco e le dico: "assicurati solo che ci sia qualcuno in laboratorio per gli esami d'urgenza e per le prove crociate... entriamo in sala il piu' presto possibile!"

La nostra macchina dell'emergenza si attiva celermente e per le 18.30 il malato e' gia' in sala, addormentato ed intubato.

Mi lavo con i membri dello staff piu' esperti.

Apriamo l'addome con una vasta incisione xifo-pubica, e la prima cosa che troviamo in cavita' peritoneale e' tantissimo pus.

Il primo lavoro e' quindi quello di aspirare e di lavare un po' le anse.

Ci mettiamo quindi alla ricerca della perforazione che ha causato tutto quel fluido purulento in addome.

La troviamo quasi subito: si tratta di un'ulcera duodenale perforata.

Tiriamo un sospiro di sollievo, perche', tra tutti gli scenari chirurgici possibili, questo e' uno dei piu' favorevoli dal punto di vista della tecnica operatoria.

Fortunatamente abbiamo dei buoni retrattori per spostare leggermente fegato e cistifellea; cio' facilita enormemente la recintazione della perforazione e la sutura in due strati.

Abbiamo quindi proceduto all'ulteriore lavaggio della cavita' peritoneale ed alla lisi delle aderenze infiammatorie gia' molto pronunciate a causa dell'abbondante fibrina.

Per le 20.30 eravamo fuori dalla sala.

Il post-operatorio e' andato bene, anche se in quarta giornata Angelo ha iniziato ad essere violento e confuso... cosa che che ci ha obbligato a sedarlo un po' dal momento che si tirava via sondini e drenaggi e voleva picchiare tutte le infermiere.

Anche questo episodio psicotico e' pero' rientrato completamente.

Angelo e' oggi una persona normale.

E' tranquillo, orientato e molto riconoscente per quel che abbiamo fatto per lui.

Ci ha salutato nel pomeriggio ed e' tornato a casa,

 

sabato 16 novembre 2024

ADRENALINA ALLE STELLE


 

L'ultimo intervento di ieri era un femore.

Era gia' tardi ed eravamo un po' stanchi.

La speranza era comunque di fare relativamente in fretta in quanto abbiamo una certa esperienza con fratture del genere.

Ma in sala non esiste mai la certezza che tutto andra' bene, neppure durante l'intervento piu' semplice.

Infatti, appena dopo la mobilizzazione dei frammenti per la riduzione, abbiamo notato un sanguinamento arterioso: la situazione si e' fatta subito molto tesa perche' il sangue veniva sempre da un vaso piu' profondo del livello in cui avevamo suturato.

Il sangue era tanto e non riuscivamo a vedere niente. La paura cresceva e cosi' la tensione in sala: tutti sapevamo che non c'era sangue in laboratorio.

Non so neanche come, ma poi un punto che ho dato alla cieca ha fermato l'emorragia.

Abbiamo tirato un sospiro di sollievo, e ci siamo sentiti esausti.

Ma non ci si poteva fermare: abbiamo quindi finito l'intervento, fissando la frattura con un chiodo endomidollare.

Sono stato in ansia tutta la notte per questo giovane di 17 anni, ma stamattina l'ho visto in condizioni discrete, con l'arto inferiore caldo.

Ho richiesto un emocromo ed ho constatato che il paziente e' passato da 12 a 6 grammi di emoglobina: ha davvero sanguinato molto.

Non abbiamo sangue, ma non sanguina piu' e si nutre.

Spero quindi che si riprendera' bene, nonostante questa terribile complicazione.

martedì 12 novembre 2024

LA COMUNICAZIONE


 

Carissimi medici e volontari, che vi preparare a venire a Matiri,

mentre vi ringrazio anticipatamente per aver deciso di spendere  un periodo della vostra vita per lavorare con noi, oso  chiedervi (se fosse possibile) che ci conoscessimo un po' di piu'... prima del vostro arrivo, e non solo nell'istante in cui mettete piede a Matiri.

Se infatti rimanete fino all'ultimo soltanto dei nomi, con associato un orario di arrivo a Nairobi, una compagnia di volo, ed un titolo professionale, puo' risultare difficile ingranare velocemente con un lavoro efficiente e ricco di soddisfazioni, al vostro arrivo a Matiri.

Vi faccio alcuni esempi:

Se io sono al corrente che arrivera' uno specializzando in Medicina Interna, e con lui/lei non ho mai dialogato, a parte il normale lavorio di conoscenza reciproca che per noi si ripete ogni mese, io faro' scattare in me anche l'opinione che il suo habitat naturale sara' con i malati gravi del reparto di medicina. Non pensero' infatti di offrirgli l'ambulatorio, troppo complesso sia per motivi linguistici che per ragioni culturali. E neppure mi passera' per l'anticamera del cervello che lui/lei possa essere per esempio in grado di fare ecografie.

Magari questo puo' creare in lui/lei delle frustrazioni: forse lui/lei vuol fare eco e vuol visitare i malati ambulatoriali! Io pero' questo non lo posso sapere, se nessuno me lo dice: io guardo normalmente ai bisogni dell'ospedale, e vedo che il reparto e' l'ambito in cui il medico italiano puo' fare di piu' (oltre che essere il settore piu' bisognoso).

Mi ci vogliono normalmente circa due settimane per cominciare ad avere il sentore che quel dottore ha delle problematiche e non si trova completamente a suo agio in quella situazione, e vorrebbe magari fare altro. I piu' spontanei magari me lo dicono prima... chi e' timido invece sta zitto e sta male per la maggior parte della sua esperienza. Quando me ne rendo conto, se posso, provo ad aggiustare il tiro, ma quello che capita e' che siamo ormai all'ultima settimana di esperienza, e si e' sprecato molto tempo prima di inquadrare il problema.

Se invece so che il nuovo medico vuole fare piu' diagnostica per immagini o piu' ambulatorio, gli offriro' un ecografo dal primo giorno. Se poi sono al corrente che e' interessato piu' all'AIDS o alla Tubercolosi, lo affidero' al personale che si occupa di tali settori.

Lo stesso si applica ad un chirurgo generale.

Sapere che viene un chirurgo e' sempre una bellissima notizia, ed e' certo molto importante per me, ma sarebbe molto meglio per esempio se, tramite email, noi potessimo scambiarci delle domande ed esprimere delle aspettative.

Per esempio per me e' vitale sapere se un chirurgo opera la prostata o meno... se per la prostatectomia esige i cateterini ureterali o meno... se posso organizzare per lui appuntamenti per tiroidectomia, ecc.

Se tali particolari io lo venissi a sapere alcuni mesi in precedenza, potrei organizzarmi per il materiale mancante e potrei preparare una buona lista di pazienti, massimizzando il "rendimento" del volontariato stesso.

Altro esempio potrebbe riguardare un ginecologo: sarebbe molto utile per me conoscere in precedenza se si occupa di mammella oppure no; se fa ecografie o meno, o d'altra parte se e' un ecografista puro che non va in sala operatoria, ecc.

Un nuovo problema e' quello dei neo-aureati in Medicina: psicologicamente per me un giovane neo-laureato deve stare in reparto.

Mi e' pero' capitato quest'anno che un giovane mi dica: "sto per entrare in specialita' di chirurgia generale (ortopedia, o ginecologia). Io vorrei fare soprattutto sala operatoria". Questa cosa la dovrei sapere quando i volontari mi scrivono e mi chiedono di poter fare volontariato, e non il giorno in cui arrivano a Matiri. Questo renderebbe l'organizzazione del lavoro molto piu' semplice

Credo che il mio problema lo abbiate compreso.

Si tratta di dare il massimo per i malati, ed anche di offrire ai volontari un tipo di lavoro che li soddisfi.

Quanto ho espresso, naturalmente non riguarda soltanto i medici: e' importante per esempio che io sia in contatto con i tecnici ortopedici che possono fare per noi protesi ed ausili di vario tipo. Parlandoci, possiamo organizzare le liste dei pazienti ed evitare di mandare via gente che ha fatto molti chilometri per poi sentirsi dire che quel presidio ortopedico non siamo in grado di costruirlo.

Grazie in anticipo.

Io rispondo sempre alle mail, anche solo con pochi monosillabi.

Chi non riceve risposta, sappia fin da ora che e' perche' non ho ricevuto, oppure la sua mail e' andata a finire negli "spam" per uno dei misteri dell'informatica... e quindi insista e rimandi la mail, finche' io rispondo.

 

sabato 9 novembre 2024

LA FRECCIA CHE MI HA ROVINATO LA NOTTE


 

Erano circa le 3 di questa notte quando il telefono suona: "attacco con arco e frecce. Il paziente ha una freccia inserita nella coscia destra".

Mi alzo con fatica e vado in ambulatorio. Fortunatamente il giovane ferito e' in condizioni generali stabili; l'emocromo mi assicura che non e' anemico.

Non vedo la freccia ma solo una ferita coperta con un coagulo.

Mi spiegano che a casa l'hanno spezzata per ridurre il dolore che il paziente sentiva ogni volta che la freccia toccava da qualche parte: "la punta pero' e' dentro", mi dicono i parenti.

Decidiamo di entrare in sala e di essere pronti a tutto, in quanto non sappiano se l'arteria femorale sia stata lesa.

Lavoriamo con prudenza. Non e' cosi' semplice estrarre la freccia in quanto ha degli spuntoni rivolti posteriormente che impediscono alla punta di uscire. Dobbiamo lacerare qualche muscolo, ma finalmente ci riusciamo.

E'davvero inquietante.

Fortunatamente non ci investe il torrente ematico che temevamo: la femorale e' dunque intatta.

Laviamo con tanta soluzione salina e con betadine: le frecce non sono certo sterili; sono arrugginite ed a volte anche avvelenate.

A questo punto non ci resta che chiudere, fare un richiamo antitetanico, e coprire il paziente con antibiotici ad ampio spettro.

Siamo stanchi, ma sollevati.

Il paziente si riprendera' completamente.

Non gli ho neppure chiesto che cosa fosse successo.

Tanto lo so che i pazienti dicono sempre di essere i buoni, assaliti ingiustamente dai cattivi.

A me basta averlo salvato.

E' quasi l'alba quando vado a letto, e mi sento stanco soprattutto al pensiero che in meno di due ore saro' di nuovo in sala per la lista operatoria.

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