Piove. Fortissimo. Fa un rumore come di risacca, sarà per quello che
la notte scorsa mi sono svegliato sognando di essere in spiaggia.
Dopo tanto pregare, è arrivata la stagione delle piogge. Un muro
d'acqua, come una cascata dal cielo tutta la notte. Difficile da
descrivere: immaginate un cielo sereno, pieno di stelle, con una luna
grande e luminosa da fare ombra. E di colpo non qualche goccia, ma
milioni di milioni di pezzi di nuvola, che non si capisce da dove sian
saltati fuori.
Il problema è che adesso piove troppo. Campi allagati, case portate
via, persone annegate.
Probabilmente non ne sapete niente, perchè già ci sono problemi in
Italia per le alluvioni. Ma anche qui è molto brutto in certe zone del
Nord, dove per esempio vive Ruyo.
L'ho conosciuta ieri, Ruyo. Pelle ambrata, il naso sottile sopra ad un
sorriso impertinente. Si capisce subito che è una bambina sempre
allegra. Probabilmente non ha mai visto molti bianchi: ci guarda
divertita mentre la visitiamo, è un po' sorpresa perchè la mia mano,
in fondo, non è molto diversa dalla sua.
Ha fatto diversi giorni di strada con il suo papa' per arrivare da
noi. Un uomo molto alto, con il turbante e il volto segnato. Il vento,
il sole delle terre deserte da cui arriva. Era spaventato: la sua
bambina, il suo piccolo fiore, per due volte aveva perso i sensi ed
era caduta a terra convulsando. Hanno provato ad andare all'ospedale
vicino a casa, ma non c'erano farmaci. Così sono partiti, nonostante
le piogge, senza sapere quanto ci avrebbero messo, senza sapere quando
sarebbero potuti tornare.
E' un bell'esempio di quello che chiamiamo "African time". Tutto è
nelle mani di Dio, quel Dio per cui " I secoli si susseguono per
perfezionare un piccolo fiore di campo", come ha scritto il grande
poeta Tagore.
Al contrario di noi, "noi che non abbiamo tempo da perdere,
E non avendo tempo dobbiamo affannarci
Per non perdere le nostre occasioni.
Siamo troppo poveri per arrivare in ritardo."
Più vivo qui e più me ne convinco.
Siamo noi i veri poveri, noi che navighiamo nello spreco, che abbiamo
bisogno di riempire lo stomaco delle nostre solitudini con grandi
abbuffate di "cose". Noi, che facciamo la gioia delle grandi
industrie, perchè non siamo mai soddisfatti, non ne abbiamo mai
abbastanza. Che viviamo aspettando il fine settimana, e poi un'altra
settimana per avere un altro fine settimana...senza accorgerci che la
Vita è quella cosa strana che ci passa accanto.
Finita la visita, Ruyo si è rimessa il velo. Una manovra complicata
per le sue dita goffe di bambina. Un giro intorno alla testa, uno
intorno alle orecchie, un altro intorno alla testa… e intanto mi
sorrideva. Finchè è potuta ripartire, con le sue medicine ed il suo
papà, convinti entrambi che lei guarirà, "mungu akipenda" , a Dio
piacendo, come ci ripetono di continuo, non per abitudine, ma perchè
lo credono veramente. Mi piace molto questo nostro rapporto con i
musulmani, questo credere che c'è un solo Dio, come una sola montagna
alla cui cima si può giungere passando da sentieri diversi. Ma alla
cima prima o poi ci si arriva tutti.
Guardando gli occhi sorridenti di Ruyo mentre si annoda il chador me
ne convinco sempre più.
Sono sicuro che esiste la possibilità di vivere insieme in armonia, di
capirsi a vicenda, di accettarsi con le proprie differenze. Camminando
a piccoli passi. E cominciando con un serio esame di coscienza. Mi è
sempre piaciuto molto quello che ha scritto Tiziano Terzani qualche
anno fa, riflettendo proprio sui conflitti di civiltà, sulla loro
assurdità: le cause della Guerra sono dentro di noi. Sono in passioni
come il desiderio, la paura, l'insicurezza, l'ingordigia, l'orgoglio,
la vanità.
Dobbiamo cambiare atteggiamento. Cominciamo a prendere le decisioni
che ci riguardano e che riguardano gli altri sulla base di più
moralità e meno interesse. Facciamo quello che è giusto, invece di
quello che ci conviene. Educhiamo i figli ad essere onesti, non furbi.
Ora vi saluto e vi abbraccio, chiedendo scusa per quanto forse questa
breve lettera sarà confusa, ma capitemi: è sera tardi e butto giù dei
pensieri così come mi vengono, senza filtri.
Vorrei lasciarvi con un cosa che ho letto qualche giorno fa, una
preghiera scritta da Dom Pedro Casaldaliga, un grande vescovo e poeta
brasiliano. E' il Padre Nostro degli Oppressi.
Fratelli nostri che vivete nel primo mondo…
Affinchè il suo nome non venga ingiuriato
Affinchè venga a noi il Suo regno e sia fatta la Sua volontà
Non solo in cielo ma anche in terra,
Rispettate il nostro pane quotidiano,
Rinunciando allo sfruttamento quotidiano,
Non fate di tutto per riscuotere il debito che non abbiamo fatto
E che vi stanno pagando i nostri bambini, i nostri affamati, i nostri morti,
Non cadete più nella tentazione del lucro, del razzismo, della guerra;
Noi faremo il possibile per non cadere nella tentazione dell' odio e
della sottomissione
E liberiamoci, gli uni e gli altri, dal male.
Solo così potremo recitare insieme
La preghiera della famiglia che il fratelllo Gesù ci insegnò.
Padre Nostro, Madre Nostra, che sei in Cielo e in Terra.
Il cuore esiste solo per donarlo, con una lacrima e una canzone.(R.Tagore)