martedì 18 luglio 2023

POCHISSIMI RIESCONO A CAPIRE

Ci sono giorni tremendi in cui inizi al mattino presto alle 5.30 per
una chiamata notturna in maternità. Quando finisci con l'emergenza è
ormai tempo di andare a pregare: ti rechi quindi in cappella per le
lodi mattutine e per la messa.
Immediatamente dopo la celebrazione eucaristica trangugi un po' di
caffelatte alla velocità della luce perchè devi preparare la lezione
delle 8 per gli infermieri. Ti precipiti quindi in ospedale,
allestisci la stanza con il proiettore ed il computer, e ti metti a
rileggere la tua presentazione prima che arrivi il personale.
Esponi l'argomento che ti sei preparato mettendoci l'anima; quando
finisci però, ti trovi immediatamente sommerso da infinite richieste:
bisogna preparare le richieste delle biopsie per mandarle a Meru;
occorre fare ora il prelievo per il citologico prima che parta la
macchina per le spese.
Nel frattempo iniziano le operazioni, e la tua vita scorre rapida,
mentre ti senti come un grillo affannato che deve continuamente
saltare dalla sala operatoria, all'ambulatorio, al punto nascita.
Termini un intervento pesante e te ne vieni fuori svuotato e stanco;
non c'è tempo però per riposare e chiami il primo paziente esterno per
l'ecografia, e lui, invece di spiegarti i suoi problemi di salute, si
mette a sciorinare un sacco di recriminazioni perchè viene da
lontanissimo ed ha aspettato troppo. Al che, siccome sei stanco ed un
po' nervoso, ti scappa una parola di troppo e gli dici: "già, tu eri
qui ad aspettare ed io invece ho dormito tutta la mattina!"
Immediatamente dopo questa frase, il senso di colpa ti chiude lo
stomaco come una morsa.
E la vita continua così, saltando dalla sala all'attività clinica e
riesci a ritagliarti sì e no 10 minuti per il pranzo.
Alla sera finisci l'ambulatorio, il reparto e gli interventi appena in
tempo per andare a pregare; poi, mentre ancora stai lavando i piatti
dopo cena, ti chiamano in ospedale.
Sono passate le 22 quando auguri la buona notte agli infermieri in
turno e dici loro: "speriamo di non rivederci stanotte per
un'emergenza!"
Sei già sulla porta per lasciare il reparto quando ti approccia una
donna poco cortese che con toni un po' arroganti ti dice che lei è
stufa di aspettare e che è stata in ospedale 3 giorni senza essere
operata.
Tenti di stare calmo e le fai presente che stiamo facendo del nostro
meglio e che anche oggi gli interventi sono stati tanti.
Lei non ne vuol sapere e continua ad infierire; non c'è null'altro da
fare che capitolare: "va bene, vedremo di metterti nella lista di
domani, anche se gli operandi sono molti e non si sa mai cosa
succederà con le emergenze".
Vai a letto triste. Ti sei alzato alle 5 per non lasciar morire una
donna in sala parto, e poi non hai più avuto un singolo momento per
te. Hai servito decine e decine di persone: alla fine della giornata
però non ricevi un grazie, ma ancora lamentazioni e recriminazioni.
Nessuno (o quasi) capisce il tuo ritmo di lavoro e lo sforzo di
dedizione che ci metti sette giorni alla settimana, di giorno e di
notte. Tutti (o quasi) sono concentrati sul loro piccolo punto di
vista e sul loro angusto angolo visuale.
Normalmente la gente non ha il quadro generale della situazione e poco
le interessa della tua stanchezza.
Fortunatamente comunque la fede ti dice che Dio vede e che "neppure un
bicchiere d'acqua dato per amore sarà dimenticato".

Fr Beppe

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