domenica 16 luglio 2023

L'AFRICA DAI COLORI FORTI

Cammino lentamente lungo il sentiero. Cio' che mi colpisce, mentre
cammino con passo veloce, sono gli odori che si susseguono nell'aria
che respiro: dapprima sono passato vicino a un glicine che mi ha
riempito le narici di profumo soave, e mi ha fatto tornare in mente il
carino episodio biblico in cui Giona se la prende con Dio che ha
mandato il verme a corrodere quella deliziosa pianticella sotto la cui
ombra lui trovava ristoro. Un po' piu' avanti vedo, sul ciglio del
sentierino, una fila di jacarande in fiore: anche loro profumano, ma
la cosa piu' bella sono le loro chiome di color violetto, che spiccano
prepotentemente tra il verdolino dei bananeti. Saluto un gruppo di
donne che stanno facendo una riunione all'ombra rinfrescante di un
grande albero di mango, che con le sue foglie di color verdone, non
solo offre refrigerio ai passanti, ma anche una casa a migliaia di
uccelli tessitori, sgargianti nelle loro piume gialle e nere, e tutti
intenti nel chiassoso compito di preparare i loro nidi prima della
stagione delle piogge.
Arrivo finalmente sulla strada principale. Il rosso della terra si
staglia sullo sfondo azzurrissimo di un cielo equatoriale terso. In
Africa la terra e' rossa ovunque: la gente pensa che sia cosi' perche'
mischiata al sangue di tutti quelli che nei secoli sono morti a causa
della tratta degli schiavi, delle violenze coloniali, e delle
moltissime guerre fratricide. Guardo la terra, e per un attimo ritorno
con la mente al non lontano genocidio in Rwanda, al Nord Etiopia, al
Congo, al Sudan e alla Somalia: quanto sangue anche oggi si mescola a
questi granelli finissimi, rendendoli ancora più rubicondi.
Il cielo invece, soprattutto se spingo lo sguardo fino all'orizzonte,
e' di un blu impossibile da vedere alle nostre latitudini. Le nuvole
bianche che si rincorrono veloci sospinte dalle correnti di alta
quota, non fanno che aumentare il contrasto: ricordo di aver visto
qualcosa di simile solo quando stavo scalando il Monviso, insieme ad
alcuni Fratelli molti anni fa.
Mi si avvicina velocemente un matatu: e' un vecchissimo Peugeot,
simile al Fiorino della Fiat. E' stipato di gente, non solo
all'interno ma anche sulla bagagliera. Procede velocissimo verso di
me. Gli uomini sul tettuccio mi urlano dietro, e ripetono
continuamente: " Mzungu, mzungu... dove hai lasciato l'automobile?".
Ci rimango un po' male pensando che, dopo molti anni di servizio e di
sacrificio per questa gente di giorno e di notte, sette giorni alla
settimana, ancora sono considerato semplicemente un bianco, che per
definizione non sa camminare, e quindi si muove sempre e solo in auto,
dal momento che tutti i bianchi sono molto ricchi.
Non voglio pero' rattristarmi con questi pensieri. Il matatu sfreccia
rapido a due centimetri dal mio braccio destro. Ora vengo investito da
un nuvolone di polvere che mi impedisce sia di vedere che di
respirare. Mi fermo un attimo per permettere al pulviscolo di
depositarsi: e' una nebbia rossa, così fitta che potrei finire sotto
un'altra macchina senza neppure vederla. Dopo alcuni minuti, quando
l'orizzonte ritorna limpido, scorgo davanti a me una fila di persone
in abiti da festa, che camminano rapidi in direzione opposta alla mia:
oggi e' domenica e si dirigono verso la Chiesa cattolica per la Messa.
Soprattutto le donne vestono colori vivacissimi. Hanno abiti dagli
accostamenti arditi. Rosso porpora associato al giallo canarino… Verde
scuro, blu e arancione si rincorrono sulle gonne, sulle camicette e
sui foulard. Molti sono gli uomini in kitenge, ed anch'essi amano
tinte assai evidenti. Penso che anche questo esprima un carattere
propriamente africano. Infatti sembra che all'equatore i contrasti
siano molto piu' forti, in ogni aspetto della vita. Quando di notte
non c'è la luna, si sperimenta davvero il buio assoluto, e se ci si
trova per strada non si riesce proprio a camminare. Però poi all'alba
si passa dalle tenebre alla forte luminosità solare in pochissimi
minuti. Lo stesso avviene al tramonto, quando il sole si tuffa
all'orizzonte, e la notte ti avvolge completamente in meno di un
quarto d'ora.
Anche l'ospedale vive ogni giorno di questi contrasti fortissimi, per
esempio tra la vita e la morte: oggi ho ricevuto una mamma con una
malaria in gravidanza. Era confusa ed agitata. Stava complicando con
una forma cerebrale. Mi è parso che la cosa migliore fosse quella di
curare prima la malaria e poi di pensare al parto, magari domani, se
le condizioni del feto fossero deteriorate. Ho iniziato l'artesunato
in vena questa mattina, ma purtroppo sono stato chiamato in serata
dall'infermiera che mi ha comunicato: "il battito cardiaco fetale è
scomparso e la donna contrae fortemente".
Che crisi! Se magari decidevo per un cesareo in mattinata, potevo
salvare quella creatura. Invece ho optato per la terapia medica. Un
altro di quegli errori che costano la vita a qualcuno. Come è
difficile essere l'unico a decidere per tutte le emergenze!! Che
margine enorme di errore!
Però non mi posso permettere di continuare in questo stato d'animo. Mi
dicono che hanno bisogno di me in sala parto perché ci sono due donne
che non riescono a spingere e necessitano di "fundal pressure", quella
che io so applicare con forza e discrezione. Seguo Judith con la testa
ancora tra le nuvole: in meno di mezz'ora Dio ci regala due creature
bellissime: piangono forte e non hanno problemi.
Poco dopo, la nostra "malarica cerebrale" partorisce nel letto,
assistita da Wambeti. Il bambino è un maschio e già presenta i primi
segni di macerazione post mortem. Lo guardo a lungo e lo deposito sul
fasciatoio, dove pochi minuti prima erano stati assistiti i due pupi
nati senza problemi. Anche qui il contrasto lo sento in modo
tagliente! Quasi una lotta continua tra gli estremi della vita e della
morte.
L'Africa è così. Non permette le mezze misure. Anche chi ci viene,
magari come volontario o come turista, o si innamora e si becca il
famoso "mal d'Africa", oppure la odia con tutte le forze e la rifiuta.
Io, dopo 26 anni, ancora sento la forza di questi opposti che si
confrontano ogni giorno, ne vengo scalfito quotidianamente, e mi porto
le cicatrici nel cuore, sia nel bene che nel male, sia nel brutto che
nel bello.

Beppe

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