sabato 17 giugno 2023

VOLONTARIATO E “VOGLIANTARIATO”

Ho trovato questo scritto in una mia vecchia cartella. E' del 2010, ma
lo ripropongo perchè mi sembra ancora valido ed attuale.

"Traggo queste poche riflessioni dall'articolo di Nunzia De Capite,
apparso su Italia Caritas numero 4, 2010.
Mi trovo assolutamente d'accordo con l'autrice nell'affermare che " il
volontariato è attraversato da correnti di cambiamento diverse: il
venir meno di alcuni tratti distintivi, per esempio la gratuità, o
l'incremento delle organizzazioni…".
In effetti moltissimi sono oggi gli organismi che propongono
volontariato in diversissimi ambiti della vita civile, ma allo stesso
tempo la sensazione generale è che il numero dei volontari stia in
qualche modo scemando.
Parlando con i responsabili dell'A.P.A. per esempio, ho compreso che
fanno sempre più fatica a trovare dentisti per l'Africa.
Questa sensazione viene poi confermata dai numeri.
Infatti una indagine ISTAT relativa alla partecipazione sociale delle
persone che hanno più di 14 anni nel decennio 1996-2006, ha mostrato
come si sia ridotta notevolmente la percentuale di coloro che svolgono
attività di volontariato.
Nel 2008 solo il 7% dei ragazzi nella fascia d'età 14-17 anni ha
svolto, almeno una volta nell'anno, un'attività gratuita per
associazioni di volontariato. Questa percentuale cresce al 10% se si
considera la fascia 18-19 anni, con un lieve maggior coinvolgimento
delle femmine..
La Caritas italiana ha inoltre condotto un interessante studio
motivazionale sulle ragioni che spingono un giovane a scegliere il
volontariato. Da tale studio sono emersi dati in qualche modo
inaspettati ma certo interessanti.
Mi preme qui ripetere che le analisi della Caritas si focalizzano
soprattutto sui giovani, e vogliono sottolineare come il sodalizio tra
gioventù e volontariato si stia in qualche modo incrinando.
Per esempio dai dati raccolti emerge che, sempre più frequentemente,
alla base dell'esperienza di volontariato i giovani pongono
motivazioni funzionali e strumentali.
"Non più adesioni disinteressate e spinte motivazionali forti, ma un
orientamento a volte "opportunistico" dettato dalla necessità di
ampliare il proprio bagaglio di esperienze, sperimentandosi in
attività nuove e spingendosi su terreni inesplorati, al fine di
arricchire la propria dotazione di competenze, spendibile in ambito
professionale".
Altro dato emerso è quanto alcuni direttori Caritas hanno definito
"vogliantariato", cioè un tipo di impegno intermittente, libero da
vincoli altruistici e di responsabilità sociale, e quasi distaccato.
A questo elemento si collega per esempio una crescente difficoltà a
trovare volontari disposti ad un impegno continuativo, magari a
livello associativo, con la collaborazione a progetti in Italia per il
sostegno delle opere all'estero. Si può anche ricondurre a tale dato
statistico il fatto che per lo più il volontariato oggi si
caratterizza per esperienze "una tantum", da ripetere in posti sempre
nuovi di anno in anno, allo scopo di allargare il proprio patrimonio
di esperienze: un volontariato quindi che talvolta ha al centro il
volontario stesso più che la realtà a cui si dovrebbe rivolgere il suo
aiuto.
I dati che ho citato naturalmente riguardano soprattutto i volontari
della Caritas italiana, e non sono uno spaccato di quanto avviene a
Matiri… ma ci possono comunque far riflettere.
Inoltre le ricerche statistiche a cui mi riferisco si sono focalizzate
sui giovani, e bisogna ammettere che spesso i volontari più attempati
hanno conservato maggiormente un atteggiamento motivazionale serio,
con altruismo forte e con l'intenzione di un impegno continuativo nel
tempo".

Fr Beppe Gaido

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