Arrivato alle 18:30.
Addome disteso e dolente. Borborigmi assenti. Vomito fecaloide. Alvo chiuso alle feci da oltre sette giorni.
Aveva anche chiari segni di disidratazione.
Non ho avuto dubbi sulla diagnosi di occlusione intestinale, e le condizioni generali del paziente mi hanno consigliato di non lasciar passare la notte prima di operarlo.
Si tratta di un uomo dell'età di circa 70 anni, per cui immediatamente penso che possa trattarsi di un tumore e che l'intervento possa essere lungo e complesso.
Entriamo in sala stanchi, ma convinti che era l'unica cosa giusta da fare.
Il paziente viene addormentato in fretta.
Apriamo l'addome e troviamo anse ileali distese ma non necrotiche.
Comincio quindi la ricerca della causa dell'occlusione, e pian piano arrivo alla fossa iliaca destra. Qui le anse dilatate si infilano in un "buco", e vi fuoriescono piccole e vuote.
"Accidenti! E' un'ernia strozzata! L'addome era così disteso che non ho neanche notato la massa in fossa iliaca destra!".
Con prudenza cerchiamo di ridurre l'ernia, con la speranza che le anse siano vitali.
Notiamo però che c'è già una perforazione intestinale. Questo ci impone una resezione ileale, seppure molto limitata.
L'intervento procede bene.
Dopo aver confezionato l'anastomosi, completiamo l'ispezione della cavità peritoneale. Non ci sono altri problemi, e soprattutto non c'è tumore.
Laviamo e chiudiamo l'addome, felici per il paziente, ed anche perchè l'intervento è stato più corto del previsto.
Ci auguriamo che la prognosi ed il decorso post-operatorio siano molto buoni, nonostante la resezione intestinale.
Peccato che il paziente abbia aspettato tanto prima di venire in ospedale.
Se lo avessimo visto tre o quattro giorni prima, forse sarebbe stata una semplice erniorrafia.
Ma tutto è bene quello che finisce bene ed ora possiamo andare a letto non tardissimo.
Fr. Beppe Gaido
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