Questo rimane il mio ideale quotidiano, la mia passione, il mio chiodo fisso, la ragione per cui mi sveglio ogni mattina alle sei e vado a letto tardi, senza avere un minuto per me, spesso neppure per mangiare.
Servire i malati, cercando di vedere in essi il volto di Gesù crocifisso e sofferente, servirli con dedizione e con rispetto, sapendo che “qualunque cosa avete fatto al più piccolo dei miei fratelli, lo avete fatto a me” costituisce la stella polare della mia spiritualità.
Sapere che “anche un solo bicchiere d’acqua dato per amore non sarà dimenticato” è la mia speranza, anche quando mi sento un peccatore ed un fallito.
Nella mia povera preghiera di questa sera rinnovo il mio impegno di servire gli altri, in nome di Dio; anzi, mi sforzo a donare il mio tempo, i miei talenti, le mie forze e tutta la mia vita nel servizio, perchè so che ogni giorno, nei miei malati, posso contemplare Gesù:
posso trattarlo bene o male, posso dargli rispetto o mancargli di rispetto. Questa è la grande responsabilità di chi serve!
So che il servizio del prossimo è la quotidiana verifica della mia preghiera: solo se so trattare bene gli altri dopo essere uscito di chiesa, ho la certezza di aver pregato. I giorni in cui sono andato in cappella, e poi all’uscita ho trattato male qualche paziente, sono quelli in cui non ho pregato, ho forse fatto un monologo, ma non ho dialogato con Dio...ed il senso di colpa è profondo!
Non credo che sia così automatico come qualcuno afferma: “chi lavora, prega”. Infatti il lavoro è lavoro, e la preghiera è preghiera.
Ritengo però che il servizio sia la quotidiana verifica della mia fede.
Lo so che la fede senza le opere è morta.
Ecco perchè credo così ostinatamente nel servizio incondizionato e senza orari.
Fr Beppe
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