venerdì 18 settembre 2020

Miscuglio di sentimenti

Nelle stanza dove normalmente giacciono le donne cesarizzate il primo giorno dopo l’intervento, la nostra Eunice sta offrendo alla mamma il suo primogenito: un maschione di 4 chilogrammi che abbiamo fatto fatica ad estrarre dalla breccia operatoria, tanto era enorme.
Facendo due passi, entro in sala parto, dove il clima e’ mesto perche’ una paziente ha appena partorito un feto morto: era una morte annunciata, in quanto l’ecografia lo aveva sentenziato poche ore prima. 
Il travaglio che ne era seguito era stato un tempo tremendo, in cui la mamma aveva pianto disperata, non tanto per le doglie del parto, quanto per la “mortale angoscia” di aver portato in grembo un bimbo per nove mesi, solo per poi vederlo ormai cadavere.
Sono impatti duri per la nostra psicologia. A volte ci si vorrebbe estraniare da un tale concentrato di umano.
Ma la pediatria, a pochi passi dalla sala parto, non mi risparmia sentimenti analoghi; e’ vero che tanti piccoli si riprendono e vanno a casa, ma il mio cuore viene attratto da chi non ce la fa... sempre per la vecchia storia che “fa piu’ rumore un albero che cade di una foresta che cresce”.


In una cullina piccolissima vedo una bambinetta di quattro giorni, che dalla nascita sta facendo una fatica tremenda a respirare, a causa di un parto distocico e prolungato. 
Fino a ieri la pensavo praticamente gia’ morta, ed anche i nostri sforzi di rianimazione facevano parte piu’ di un automatismo meccanico teso a placare i rimorsi della coscienza, che di vera convinzione di potercela fare. 
Oggi pero’ il respiro sembra un po’ migliore, e la madre e’ riuscita a farle trangugiare un pochino di latte che lei stessa si era tirata dal seno ed aveva posto in una siringa.
Sotto il letto di questa bimba gravissima ci sono due bimbi di circa 2 anni, i quali, ignari dell’aura mesta che si aggira per la camera, giocano rincorrendo un palloncino che lo staff ha loro preparato con un guanto di lattice: li ricordo all’arrivo questi due bimbi! 
Una malaria cerebrale tremenda in entrambi i casi... ma a loro e’ andata bene, ed ora aspettano solo di essere dimessi, e schiamazzano imperterriti tra i letti dell’ospedale.
Vedo in un angolo della pediatria una madre mesta; ha l’occhio perso nel vuoto e sembra lontanissima con il pensiero. Non ha alcun bambino da accudire... Ma adesso ne ricordo la  ragione! Suo figlio e’ morto ieri sera. E’ avvenuto tutto in un attimo: una convulsione tremenda ha contratto il corpo del bambino dodicenne, che ha anche smesso di respirare.
La madre e’ corsa a cercarci portandosi in braccio questo umano fardello rannicchiato in una posizione grottesca; abbiamo fatto del valium, ed il piccolo paziente si e’ rilassato... pero’ non ha mai ripreso a respirare. Lo abbiamo rianimato, ma non e’ servito a nulla.
Il bimbo se ne era gia’ andato, e davanti a noi avevamo un cadavere ed una genitrice disperata che batteva la testa sul pavimento in un pianto dirotto.
Ora e’ piu’ calma di ieri, ed aspetta che qualcuno dei familiari venga a prenderla, poiche’ viene da molto lontano.
Anche il reparto di medicina e’ pieno di questi contrasti, in cui pare di toccare gli estremi della vita: un quindicenne vestito di bianco e pieno di vitalita’ adolescenziale e’ stato ricoverato per una circoncisione tradizionale, e prende il sole come una lucertola, seduto a fianco di un ultra novantasettenne con un catetere a permanenza e con i piedi infestati da pulci penetranti.
Il giovane aspetta i genitori per la dimissione; il vecchio e’ stato abbandonato qui dai familiari, e credo che con noi ci rimarra’ fino alla sepoltura.
Vorrei stare ancora con voi, ma mi han chiamato in sala per un cesareo urgente. Matiri, come per me Chaaria a suo tempo, è ormai diventata così: non c’e’ orario, non c’e’ week end, non c’e’ tempo libero quando un’emergenza ti obbliga a lasciare qualunque cosa tu stia facendo, per dare il primo posto a chi soffre...di giorno fino a tardi e poi di notte.

Fr Beppe Gaido



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