martedì 1 settembre 2020

Gestosi gravidica

Sono le 3 di notte quando il cercapersone mi sveglia. Inutile deprimersi: questa è la mia vita e non ci sono altri che possano essere chiamati al posto mio.
“Vieni a vedere una donna che ha convulsioni!”
Penso ad una emergenza medica e spero di tornare a letto velocemente.
Invece trovo una donna gravida a termine, in preda a continue convulsioni ed in stato di agitazione psicomotoria grave. La sua pressione è estremamente elevata a 240/150, ed il suo corpo è generalmente tutto gonfio.
Cerchiamo di inserirle un catetere e di prepararla per la sala: vorremmo fare un’esame dell’urina per poter diagnosticare se ci sono proteine, ma ne ricaviamo solo sangue.
Chiamiamo Peter all’istante perchè il cesareo di emergenza è l’unica possibilità di salvare quella donna e forse anche il suo bambino. 


Non è possibile preparare la donna per la sala fino all’arrivo dell’anestesista: siamo in quattro a tenerla, ma lei si contorce come un serpente nel suo coma agitato.
Poi finalmente Peter arriva e seda la donna in sala parto per la necessaria preparazione preoperatoria.
Entriamo quindi in sala, e l’anestesista approfondisce la sedazione, pregandomi di estrarre il feto molto rapidamente, al fine di evitare che l’anestetico danneggi le sue funzioni respiratorie.
Il bimbo viene fatto nascere in meno di due minuti, ma le sue condizioni respiratorie fanno rabbrividire. 
E’ inoltre molto piccolo, anche se appare completamente a termine: forse l’ipertensione in gravidanza è durata per vari mesi ed ha causato una cronica ipossia che ha condannato il piccolo ad un importante ritardo di crescita.
Purtroppo la mamma non era mai andata per alcuna visita di controllo prenatale: se lo avesse fatto, forse si sarebbe potuto sapere in precedenza del suo disturbo ipertensivo, e qualcosa si sarebbe potuto fare per prevenire l’attacco eclamptico.
Rianimiamo il neonato e lo mettiamo in incubatrice, ma in quell’ambiente protetto sopravvive solo fino a mezzogiorno, ora in cui il suo corpicino non ce la fa più ed il suo cuoricino smette di
battere.
Sono ormai le ore 21 e sono ancora in ospedale. La povera donna è ancora in vita, ma è tuttora incosciente e quindi non sa di aver perso il bambino. Anche lei sta lottando tra la vita e la morte a causa delle convulsioni che facciamo fatica a controllare, e di una pressione arteriosa tuttora assai elevata, nonostante tutte le nostre terapie.
Sono stanco ed anche un po’ scoraggiato: il cesareo era certamente l’unica terapia possibile, ma è sempre brutto quando il piccolo non ce la fa; ora poi stiamo incrociando le dita e sperando di non perdere anche la mamma.

Fr Beppe

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