A volte il malato viene in ospedale portando con se’ l’animale morto, e questo in qualche modo ci facilita la diagnosi.
Spesso pero’ dice di non aver visto il rettile. La diagnosi e’ quindi di sospetto, soprattutto analizzando il sito del morso con una lente di ingrandimento.
Normalmente la distanza tra i due aculei ed il modo con cui essi sono entrati nei tessuti possono aiutare nella diagnosi.
Sovente e’ anche molto difficile analizzare il sito di inoculazione, perche’ i pazienti hanno gia’ applicato la “pietra nera” (black stone), prima di venire all’ospedale. Tutti qui hanno questo importante salvavita a casa.
E’ uno dei rimedi piu’ conosciuti dalla medicina tradizionale, che io comunque cerco di rispettare: infatti se tutti la usano, non solo in Kenya, ma anche in altri Paesi africani, vuol dire che ci deve essere qualche base scientifica al suo funzionamento.
Ho cercato di capire di cosa si tratta, ma e’ molto difficile cogliere la verita’, perche’ spesso i guaritori tradizionali sono gelosi dei loro segreti.
La pietra nera viene applicata direttamente alla zona del morso; viene tenuta schiacciata per alcuni istanti finche’ prende adesione autonomamente.
La credenza popolare e’ che rimarra’ attaccata alla cute finche’ tutto il veleno sara’ riassorbito; e poi si stacchera’ da sola.
Osservandola attentamente, mi pare che possa trattarsi di un osso piatto di qualche animale, osso che e’ stato poi abbrustolito alla fiamma.
La ragione per cui si attacca alla pelle e’ da ricercare nella porosita’ del tessuto osseo spugnoso, mentre la sua efficacia potrebbe derivare proprio dal fatto che, assorbendo secrezioni biologiche nella zona di inoculo, potrebbe contribuire alla eliminazione del veleno prima che lo stesso possa entrare in circolo.
Sentiamo a volte di pazienti che muoiono prima dell’arrivo in ospedale, ma normalmente la mortalita’ di coloro che sono giunti fino a noi e’ pressoche’ nulla.
Il nostro approccio al paziente avvelenato puo’ essere sintetizzato nel modo seguente:
1) proponiamo a tutti il ricovero al fine di essere pronti per eventuali complicazioni (anafilassi, crisi asmatiche, aritmie cardiache).
2) SIERO ANTIVELENO: ho da tempo deciso di non usarlo, sia perche’ le evidenze sientifiche sulla sua efficacia sono contraddittorie, sia perche’ il siero stesso e’ gravato da un numero elevato di effetti indesiderati a volte anche gravi (shock allergico e morte).
Altra ragione per cui preferisco non usarlo e’ rappresentata dal fatto che qui non troviamo il siero monospecifico (cioe’ attivo contro una sola specie di serpenti), ma piu’ efficace.
E’ disponibile solo siero multivalente, che ha una protezione molto bassa per molte specie, e e’ gravato da una percentuale notevole di reazioni allergiche.
Ovviamente se il paziente insiste che vuole il siero, non glielo neghiamo, dopo aver espresso le nostre remore.
3) A tutti i pazienti facciamo un richiamo antitetanico, perche’ i denti dei serpenti possono trasmettere il tetano.
4) Somministriamo antibiotici ad ampio spettro per almeno 7 giorni: osserviamo l’area per possibile necrosi o formazione di ascesso. In questo caso procediamo alla toeletta chirurgica con paziente sedato.
Normalmente l’infezione distrugge il muscolo e richiede un tempo lungo di guarigione. Non si osservano comunque complicazioni gravi come la osteomielite, e non abbiamo mai amputato nessuno dopo un morto di serpente.
5) A scopo antiallergico e antiedemigeno (antigonfiore) pratichiamo del cortisone ev per vari giorni.
6) Da subito bendiamo l’arto. Cerchiamo anche di immobilizzarlo, in modo da ridurre la attivita’ muscolare che potrebbe favorire l’ulteriore diffusione del veleno. Non rimuoviamo mai la pietra nera.
7) Dichiariamo il paziente fuori pericolo per reazione allergica dopo 24 ore di ricovero, ma non gli permettiamo di camminare per almeno 7 giorni, per evitare sia la diffusione del veleno che accidenti tromboembolici. Prima di iniziare a camminare, il paziente fara’ fisioterapia passiva a letto. Non uso normalmente profilassi con eparina perche’ ho sempre paura di turbe coagulative da veleno.
8) Nel caso di spitting cobra (che normalmente attacca sputando veleno negli occhi della vittima per immobilizzarla) e’ importante lavare abbondantemente la congiuntiva con soluzione fisiologica.
Poi somministriamo colliri cortisonici tre volte al di’ per circa 7-10 giorni. Si fa una medicazione occlusiva per almeno tre giorni. Poi si consiglia al paziente di evitare la luce solare diretta per un’altra settimana.
I mesi piu’ a rischio per morso di serpente sono quelli di aprile e novembre, in quanto i rettili cercheranno luoghi asciutti come marciapiedi, grosse pietre soleggiate per riguadagnare un po’ della temperatura corporea.
I luoghi piu’ a rischio sono le pietraie vicino ai torrenti.
Altra attivita’ umana a rischio e’ quella agricola: soprattutto tagliare foraggio per le mucche, perche’ spesso la persona, che qui usa la panga per questo lavoro, e’ chinata in avanti, ed e’ quindi nella posizione migliore per ricevere uno sputo del cobra negli occhi.
Sempre molto a rischio e’ camminare fuori sentiero senza indossare scarponi o stivali.
Fr Beppe
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