La storia del ragazzo di 15 anni che ho amputato oggi al di sopra del
ginocchio, è davvero triste: ricoverato altrove con
frattura di femore e poi abbandonato in un letto per 8 giorni, in
attesa che la sua famiglia trovasse i soldi per acquistare il chiodo
endomidollare che avrebbe risolto il suo problema.
Poi la situazione è precipitata.
La gamba è diventata fredda come la morte ed ha iniziato a gonfiare
paurosamente. In quell'ospedale hanno fatto una fasciotomia d'urgenza,
ma ovviamente era troppo tardi.
Hanno quindi dimesso il paziente ed hanno detto ai parenti di
scegliere un ospedale dove il ragazzo avrebbe potuto essere
aiutato...naturalmente senza dire loro quello che invece hanno scritto
nella lettera di dimissione: "gangrena dell'arto inferiore con assenza
di polso popliteo, tibiale e pedidio".
I parenti hanno scelto Matiri e sono rimasti sconvolti quando a loro
ho detto che l'arto era morto e che bisognava amputare.
Ovviamente sono molto poveri, non hanno assicurazione sanitaria e non
possono pagare l'ospedale.
Ho detto comunque di ricoverare il ragazzo, senza chiedere alcuna caparra.
L'altro problema è stato il sangue: il paziente era infatti anemico,
con emoglobina di 5 grammi e noi non avevamo sangue in ospedale.
I parenti inoltre sono andati in negazione freudiana, e non hanno
firmato il consenso all'amputazione.
Giovedì quindi non ho potuto amputare, ma ho attivato l'ospedale per
trovare un po' di sangue. L'impresa è stata difficilissima ed alla
fine mi sono trovato con una sola sacca di sangue.
La gangrena è peggiorata rapidamente e la puzza di carne morta ha
infestato l'ospedale.
Anche questo purtroppo ha aiutato i parenti a decidere, e oggi
abbiamo avuto il consenso all'intervento. Ovviamente bisognava
intervenire subito. Aspettare
oltre avrebbe significato la morte del paziente.
Amputazione difficilissima, con piani anatomici modificati
dal'infezione e dall'edema; paziente instabile dal punto di vista
anestesiologico a motivo dell'anemia (abbiamo trasfuso l'unica sacca a
disposizione in sala operatoria).
Comunque alla fine possiamo dire che il paziente è vivo e che la
triste decisione di amputarlo a 15 anni di età è stata l'unica
possibile.
Ho promesso al padre disperato, che dopo l'intervento piangeva come un
bambino, che lo avrei aiutato sia per le spese ospedaliere che per
trovare in futuro una protesi per il suo ragazzo.
Ho una sensazione mista nel cuore: da una parte sono contento di aver
amputato perchè altrimenti il paziente sarebbe morto di setticemia;
dall'altra sono molto triste al pensiero che con un chiodo di Sign
inserito al momento opportuno, subito dopo l'incidente, questo
paziente oggi sarebbe in grado di camminare ed avrebbe entrambe le
gambe.
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