Credo che a volte la stanchezza che mi sento addosso sia piu'
esistenziale che biologica.
Ieri notte per esempio ho dormito e non ci sono state emergenze
notturne, ma stamattina alle 6 alzarsi e' stata una lotta immane.
Ho aperto gli occhi con una fatica indicibile ed e' come se il corpo
non volesse rispondere al comando della mente, che indicava che era
tempo di levarsi dal letto.
Quando mi sento cosi', mi rimane un cerchio alla testa per molte ore,
mi sento gli occhi gonfi, e mi trascino fin quasi alle 11 di mattina:
vado a pregare, faccio colazione, inizio tutti i lavori in ospedale,
ma sono un po' uno zombi.
Purtroppo anche il mio umore non e' dei migliori in un giorno come quello.
Poi, verso fine mattinata, qualcosa inizia a cambiare nel mio
metablismo e mi sento meglio: sono quindi in grado di lavorare
ininterrottamente (e spesso con una pausa pranzo di cinque minuti
soltanto) fino a sera tardissimo.
E' cose se, nei giorni di "bassa" psico-fisica, io carburassi a
diesel. Mi ci vuole del tempo per scaldare il motore e farlo girare a
pieno ritmo, anche se poi tengo bene per moltissime ore.
Qualcuno mi dice che si tratta di depressione!
Io non lo so se sono depresso.
Onestamente non mi sento tale, anche se ci sono dei momenti in cui
rasenti la disperazione, quando tutto sembra crollarti addosso.
Poi basta un raggio di luce nella mia giornata e la speranza ritorna a
fiorire, mentre il cuore si rinvigorisce nuovamente.
Forse e' il ritmo di lavoro continuativo, che logora non solo le
membra , ma anche la mente: certamente e' durissima essere sotto
torchio da domenica a domenica ed andare a letto senza aver mai la
certezza di non essere chiamato.
Sicuramente il peso che mi sento sugli occhi e sul cuore in parte
deriva anche dalle responsabilita' e dalle continue tensioni. Un
paziente muore dopo l'intervento: avro' fatto tutto giusto? E' stato
giusto intervenire?
Un altro malato e' cosi' grave che decido di non operare, ma poi lui
muore. E se avessi tentato di agire?
Altre volte e' il senso di solitudine e di abbandono; il non sapere
dove chiedere aiuto in situazioni che ti stanno soverchiando.
Eppure ho sempre sperimentato che la Provvidenza alla fine arriva
immancabilmente, e ti lancia un salvagente appena prima che tu
anneghi. Un mio confessore un giorno mi diceva che la Provvidenza ti
lascia prima arrivare allo stremo, ti lascia toccare il fondo, ma poi
aiuta e ti soccorre.
Questa e' davvero la mia esperienza quotidiana: posso anche arrivare
al momento in cui mi sento disperato, in cui mi pare che tutto crolli
e non ci siano piu' speranze, ma poi qualcosa succede, un raggio di
sole appare e con esso quel briciolo di speranza che ti riscalda il
cuore e ti ridona forza per andare avanti.
Ogni volta che arrivo sull'orlo del precipizio e poi avverto l'aiuto
di Dio che mi tende la mano, mi sento il cuore pieno di commozione: mi
viene allora una gran voglia di impegnarmi ancora di piu', di servire
i malati con maggior dedizione, proprio per dire al Signore che gli
sono molto riconoscente.
Nonostante tutto, sento in me che non sono solo, che il Signore ha
aspettato fino al momento in cui le mie batterie fossero completamente
scariche, ma poi e' intervenuto: ho in cuore una gran voglia di
lavorare e di donarmi.
Il mio fisico purtroppo oggi non mi segue tanto: mi sento un rottame;
trascino i piedi e lavoro con le marce ridotte.
Forse e' la tensione che sta mollando e mi lascia prostrato.
Faro' quello che posso ed al ritmo che le mie forze mi concederanno.
Fr Beppe
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