Vengo chiamato dall’infermiere dell’ambulatorio, che appare abbastanza scosso e preoccupato.
“E’ successo un incidente stradale. Si tratta del solito mototaxi troppo carico di passeggeri. Ci sono due feriti: uno è in condizioni discrete, ma l’altro è davvero malmesso”.
La scena che mi trovo davanti è tremenda: nella stanza c’è sangue ovunque; il paziente giace sulla barella; è ancora tutto imbrattato di terra ed urla di dolore chiedendo dei calmanti.
Ci sono ferite in varie parti del corpo, soprattutto al lato destro del corpo; ci sono tagli sul viso, sulla mano, sulla gamba e sul piede.
Ma la cosa che preoccupa di più sono le fratture: siamo di fronte ad un politrauma con entrambi gli arti inferiori spezzati in più frammenti, con una frattura dell’estremo prossimale dell’omero ed un’altra del bacino.
Il paziente è anche ipoteso e dobbiamo rianimarlo con liquidi in vena.
L’eco addome fatta d’urgenza sembra escludere che ci siano emorragie interne o rotture di organi.
Con estrema fatica, soprattutto a causa del dolore che gli causiamo ad ogni movimento, eseguiamo le indagini radiologiche in emergenza; per riuscirci dobbiamo ricorrere ad un anestetico: anche la morfina infatti non è stata sufficiente.
Dopo esserci chiariti con le lastre la tremenda situazione ortopedica del nostro paziente (ci vorranno forse 6-7 ore di intervento per fissare con placche, chiodi e viti le varie ossa rotte), ci mettiamo al lavoro: dapprima suturiamo le ferite sanguinanti, quindi ci dedichiamo alla mano destra, dove c’è un tendine sezionato.
Procediamo poi alle fratture. Facciamo però in tempo ad occuparci solo di quella dell’omero, prima che le condizioni generali del nostro malato inizino a precipitare vertiginosamente.
Non capiamo che cosa stia succedendo: la pressione cala ed il polso si fa via via più flebile; il respiro diventa superficiale e bisogna intubare il malato ed affidarsi al respiratore.
L’anestesista ci dice di continuare con il nostro lavoro, mentre lui avrebbe tentato in tutti i modi di stabilizzare le condizioni generali.
Che strano – penso io mentre lavoro -le ferite non sanguinano più, l’emocromo non rivela un’anemia importante, l’eco addome è negativo.
Ma certo ha sanguinato internamente a causa delle molte ferite ed è emoconcentrato. Poi mi chiedo con ansia:
“Sarà una emorragia cerebrale?”
Il trauma cranico c’è stato eccome: lo abbiamo suturato anche sulla faccia. Chissà che botta ha preso sul cranio.
Lavoriamo con il cuore sempre più pesante, ma il paziente pian piano si stabilizza, anche grazie a due sacche di sangue.
Intervento durissimo e lungo, ma il malato è vivo e tutte le sue fratture sono state fissate internamente.
Il risveglio dall’anestesia è ansiogeno, ma tutti tiriamo un respiro di sollievo quando per la prima volta ci risponde.
Siamo stanchi e provati, ma ora siamo molto felici.
Fr Beppe
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