Quando non ce la faccio nella mia battaglia per la vita e vince la morte, gli occhi della mamma dapprima vagano sperduti fissando ora il mio volto e poi quello del bimbo: non riesce a capire come possa essere successo quanto in cuor suo già percepisce! Io sono il dottore bianco e quindi nel suo immaginario io sono onnipotente: non può quindi essere vero quello che l’evidenza le suggerisce. Il bimbo non può essere morto!
Cerca di catturare il mio sguardo per cogliere la verità nei miei occhi: normalmente mi basta guardarla intensamente per un attimo per trasmetterle tutto il mio sgomento ed il mio senso di fallimento.
Lei capisce anche prima che io parli. Qualche volta ha il coraggio di abbozzare la tremenda domanda: “è morto?”, ed a me basta annuire con il capo, senza proferire verbo. Solitamente piange e singhiozza in modo sommesso: non urla e non fa scene. Capita che voglia toccare il
bambino e poi si ritira chiusa nel suo dolore.
Poche piangono forte e si disperano. Per lo più c’è una disperazione silenziosa e colma di dignità.
Quanto affetto passa tra i miei occhi e quelli delle mamme da noi ricoverate!
Quanto dolore e quante gioie riusciamo a condividere in silenzio attraverso i nostri sguardi!
Quanto rispetto vorrei essere capace di trasmettere a questi giganti d’umanità che sono le nostre mammine, così fragili ed indifese, ma anche così forti e dignitose!
Fr Beppe Gaido
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