venerdì 26 marzo 2021

Una crisi di coscienza

Mi reco a trovare un vecchio prete, forse il piu’ anziano che io conosca. Ho alcune domande da porgli, perche’ ho un nodo alla gola.
Mi hanno detto che corro il rischio di essere solo un BIANCO che lavora tanto, ma che non da’ alcuna testimonianza religiosa. Hanno insinuato in me il dubbio che il mio lavoro non venga percepito come missionario, e che alla fin della fiera io sia solo visto come un professionista a prezzi stracciati.
Il vecchio prete si accarezza la barba bianca e mi guarda a lungo senza rispondere. I suoi occhi sono sereni e la sua bocca accenna ad un piccolo sorriso.
Poi, ad un certo punto mi dice solo alcune parole, che pero’ mi calano nel cuore come un balsamo: “Non farti troppi problemi e non entrare in inutili paranoie: la tua testimonianza e’ percepita da tutti come spirituale e religiosa; anzi, forse il tuo e’ il modo piu’ diretto di testimoniare il Vangelo. 


Non predichi, non dai precetti, non comandi, ma spendi la tua vita dal mattino alla sera (e spesso per gran parte della notte) cercando di essere sempre disponibile a chi ha bisogno di guarigione e di sostegno anche psicologico.
Una vita come la vivi tu non e’ possibile senza una forte motivazione spirituale, e questo la gente lo comprende benissimo. 
La carita’ ed il servizio incondizionato ti definiscono per quello che sei. Non c’e’ bisogno che tu porti pesanti crocifissi al collo per far conoscere la tua motivazione, perche’ il tuo distintivo e’ la carita’ che vivi tutti i giorni, con fatica ma con impegno, con tanti sbagli ma anche con la voglia di ricominciare e fare meglio.
Sii sempre persuaso che la tua preghiera non e’ solo in cappella, ma e’ anche in ospedale ogni volte che consumi le tue giornate (e le tue notti!!!) cercando di aiutare e di essere buono con tutti. C’e’ chi non lo capisce subito, ma alla fine, una vita completamente spesa parla anche ai piu’ duri di cuore”.
Mi sento un po’ rincuorato e ritorno verso l’ospedale. Medito su quanto il caro vecchio prete mi ha detto. Mentre sono ancora fuori del cancello dell’ospedale, mi sento chiamare forte: “Per favore, stiamo ancora aspettando per l’ecografia e dobbiamo ritornare a Marsabit. 
Per piacere, considera il fatto che arriviamo da molto lontano e facci passare prima degli altri”. Mi giro e vedo un gruppo di persone dalle caratteristiche somatiche etiopi. 
Gli uomini hanno tutti lo zucchetto islamico, sgranano il rosario musulmano tra le dita e vestono lunghi
camicioni bianchi come la neve. Le donne invece sono completamente coperte di nero e mi scrutano con occhi penetranti attraverso la fessura del chador.
“Faro’ del mio meglio per fare in fretta”.
Penso proprio che il vecchio sacerdote, nella sua saggezza, abbia ragione: questa e’ la mia missione: servire i malati senza riserve...
questa e nient’altro. Il resto i pazienti lo capiranno da soli.

Fr Beppe



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