Una giovane donna è accompagnata in maternità in barella. E' troppo debole e non riesce a camminare.
La seguono il marito in atteggiamento molto triste ed un'altra donna che porta in braccio un fagotto di stracci.
Dopo il primo scambio di domande con i parenti, mi rendo conto che la giovane ha partorito per strada, e che purtroppo il bambino è già morto.
Il problema è che lei si sta indebolendo perchè la placenta è ritenuta e l'emorragia copiosa.
Non è facile assistere la donna e metterla sul lettino della sala parto, soprattutto a motivo del fatto che è terribilmente imbrattata di sangue.
Bisogna prima lavarla un po' per evitare di riempirci di sangue anche noi.
L'emoglobina urgente è rassicurante, e la pressione è discreta.
Decido quindi di soprassedere per il momento alla trasfusione.
Bisogna invece fermare l'emorragia immediatamente, mediante una rimozione manuale della placenta.
Eseguo la manovra rapidamente, e, dopo aver praticato l'ossitocina, mi rallegro nel constatare che il sangue si ferma quasi subito e l'utero si contrae.
E' solo a questo punto, quando la donna è stabile, con un buon accesso venoso attraverso cui infondiamo soluzioni saline, che rivolgo la mia attenzione al piccolo: quello che vedo all'interno del fagotto di stracci è piuttosto impressionante. Una femminuccia a termine, con evidenti segni di macerazione della cute e con un enorme idrocefalo.
Certamente la piccolino era morta da molte ore prima del parto.
Mi trattengo un po' con la mamma, che comunque già sapeva.
Lei è forte e stoica, e non piange.
Ancora una volta io mi inchino alla forza morale delle donne, ma mi faccio lo scrupolo di dire una parola di conforto anche al papà che aspetta fuori della sala parto.
Lo rassicuro che sua moglie è fuori pericolo e che sarà presto dimessa.
PS: nella foto il nostro ventilatore anestesiologico di cui siamo molto grati all'Associazione Aiutando nel Mondo. Facciamo in media due generali al giorno, sei giorni alla settimana, e la macchina funziona benissimo. Grazie di cuore.
Fr Beppe
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