Possiamo certamente dire che l’anno 2020 non è molto facile.
Siamo in emergenza COVID ormai da sei mesi ed a volte sentiamo qualche segno di cedimento fisico, soprattutto perchè non ne vediamo la fine...i casi sono in ascesa ed ora non sono più concentrati solo a Nairobi e Mombasa ma sono ovunque, anche in Tharaka.
Lavoriamo sempre con la paura, e con pochissimi mezzi di protezione.
Lo stigma è altissimo e la gente addirittura evita gli ospedali perchè li considera centri di diffusione della malattia. C’è molta ignoranza sul COVID. Lo abbiamo demonizzato: chi si prende il coronavirus semplicemente crolla a terra e muore.
Non vedo l’eroismo di medici ed infermieri di cui ho letto tanto nei mesi disastrosi di pandemia europea. Qui i miei colleghi, al primo sentore che ci possa essere un rischio COVID, vogliono smettere di lavorare, vogliono scappare.
Il picco non è ancora arrivato. Si parla di metà settembre. Noi siamo esausti, soprattutto emotivamente.
Speriamo di non ammalarci e di poter continuare a servire i tanti malati che si affidano a noi.
In sala sono al tracollo. Non riesco a far fronte al numero di interventi che dovrei fare.
Ogni giorno riesco a fare 4 o al massimo 5 interventi se proprio è un giorno speciale, ma in reparto ho almeno trenta persona in attesa di operazione, persone che naturalmente si lamenta e non accetta la lunga attesa.
La maternità è pure essa impegnativa anche se diamo anni luce lontani dai numeri di Chaaria.
L’ambulatorio poi è la mia vera croce. Uscire sudato e stanco dalla sala ed affrontare una serie di persone incavolate per aver aspettato tanto, mentre io non ho neppure fatto pranzo, a volte mi pesa davvero tanto.
Eppure hanno viaggiato da molto lontano e vogliono vedere solo me.
Sono onestamente molto stanco ed emotivamente provato (anche a causa dell’isolamento che il COVID porta con sè), ma sono anche contento di essere presente ed operativo in questa fase così difficile della pandemia!
Certamente non è facile lavorare così: la pandemia qui è lenta, i morti sono diluiti tra tante altre morti di cui spesso non conosciamo neppure la causa (anche stasera una persona è arrivata in ambulatorio ed è morta prima che potessimo assisterla). Ma l’aspetto più massacrante di questa pandemia lenta è che non ne vediamo la fine.
Confidiamo comunque sempre che, seil Signore ci dà una croce da portare, ci dona anche spalle abbastanza larghe da portarla.
Fr Beppe
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