Nelle ciabatte ti entra una polvere fitta e tagliente che ti dà subito una spiacevole sensazione di caldo insopportabile ai piedi.
Negli occhi la stessa polvere brucia ed infastidisce: ti senti avvolto nella nebbia, soprattutto se ti sfreccia vicino una macchina incurante del polverone che solleva.
Respirare è talvolta difficile; provi a chiudere la bocca e a respirare con il naso, ma poi quasi subito ti viene da sternutire e riempi il fazzoletto di un muco più ocra della terra stessa.
Ieri era domenica ed al pomeriggio camminavo in un sentiero isolato non lontano dall'ospedale; quasi impercettibilmente ho avuto un flash back ed ho ripensato ad esperienze vissute o nelle baraccopoli di Nairobi, o in certe periferie di Mombasa, oppure anche in certi slum vicini a Meru: mi sono rivisto davanti gruppi di "street boys" che rovistano tra le immondizie, frammischiati ad adulti che dal ciarpame della discarica cercano di recuperare qualcosa da vendere...che pena vedere esseri umani che lottano coi cani randagi per strappare alle discariche qualcosa da mangiare!
E quasi impercettibilmente nella testa mi sono frullate le parole di un salmo (quale? Non mi ricordo il numero): "Il Signore... solleva l'indigente dalla polvere, dall'immondizia rialza il misero"
Ed ho pensato tanto a questo salmo, l'ho pregato più volte a memoria; l'ho sentito come una nuova chiamata: anche io sono chiamato oggi a sollevare l'indigente dalla polvere, a dargli una dignità, a rispondere ai suoi bisogni di salute.
Pure io ho la possibilità con il mio servizio di rialzare i miseri dall'immondizia di condizioni di vita pessime, spesso rese ancora peggiori dalla malattia e dalla impossibilità di curarsi.
La polvere rossa è stata per me un'occasione per rinnovare il mio impegno di donazione e di servizio verso coloro che sono nel bisogno e nella povertà.
Sentirmi immerso in essa è divenuto occasione e fonte di preghiera.
Fr Beppe Gaido
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