Mi affascinano le parole di Charles de Foucauld che "vuole essere povero tra i poveri". Mi toccano gli insegnamenti di Padre Andrea Gasparino che ci ricorda che "solo i poveri comprendono i poveri".
Ma è ovvio che povero io non sono, anche se onestamente posso affermare di spendere la mia vita 24 ore su 24 nel servizio incondizionato dei poveri e degli ammalati.
Io ho un sacco di cose che loro non hanno: me lo ricordo quando faccio una doccia calda alla fina di una estenuante giornata di lavoro; me ne rendo conto quando manca la corrente elettrica e dobbiamo usare il generatore o anche la torcia od il telefonino per molte ore: quanta gente nelle baracche non saprà mai se la luce c'è o non c'è perchè a casa non ha nè elettricità nè pannello solare.
Lo sento ogni volta che sono seduto in macchina e guido verso la mia destinazione, mentre la strada è piena di persone che devono camminare per ore ed ore per raggiungere la loro meta.
E' ovvio che non sono povero quando posso scrivere al computer come in questo momento.
E' sempre un difficile equilibrio da realizzare: "povero tra i poveri" è certamente un grande ideale, ma per curare la gente ci vogliono anche tanti soldi.
Se avessi scelto la povertà assoluta in mezzo ai poveri, certamente darei una grande testimonianza, ma non potrei aiutare nessuno materialmente.
Un ospedale ha spese enormi; la gestione di una sala operatoria costa un occhio della testa, e lo stesso dicasi per l'acquisto di un ventilatore da anestesia o di un gastroscopio; e che dire delle medicine, delle mascherine e di tutto il resto.
Senza soldi un ospedale chiude in una giornata.
Ecco quindi che povero è anche chi spende tutto quello che ha per i poveri ed i bisognosi: non si tiene nulla per sè, ma lo usa per chi è nel bisogno. Questo vale per tutte le offerte ricevute, ma anche per i propri talenti, la propria professionalità, il proprio tempo.
Noi abbiamo sì l'automobile o tanto strumentario costoso in ospedale, ma nulla è per noi: quello che abbiamo, lo usiamo esclusivamente per il servizio dei bisognosi.
Io credo e spero che la mia povertà si esprima nel lavoro intenso e nella donazione del mio tempo, dei miei talenti, delle mie conoscenze e del mio lavoro, a beneficio dei bisognosi.
La mia povertà è quindi anche dedizione al prossimo che ha bisogno.
Indubbio è anche il fatto che tutto quello che riceviamo con offerte e donazioni, va impiegato esclusivamente per il servizio degli altri.
In questo senso, spero di essere anche io "povero tra i poveri", anche se vivo in una casa in muratura e non in una baracca di fango come molti qui a Matiri, anche se io posso guidare la macchina invece di camminare a piedi per chilometri e chilometri.
Certamente un ospedale rurale è un luogo di totale condivisione della vita e dei problemi dei poveri.
Fr Beppe
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