sabato 23 novembre 2019

Il vero volontario

...si mette a disposizione completa della struttura che lo accoglie e cerca di dare sempre il meglio di sè.
E' disponibile a fare quello che la missione gli chiede perchè lui è venuto per aiutare e non per fare delle esperienze particolari, esotiche o professionalmente esaltanti.
Sa che durante il volontariato imparerà moltissimo, sia dal punto di vista umano che professionale, ma non mette l'apprendimento come scopo supremo della sua esperienza (altrimenti la chiameremmo tirocinio e non volontariato): la ragione prima per cui è venuto è quella di mettersi in gioco e di servire. L'apprendimento ci sarà senza dubbio, ma lui è venuto per servire!
Dà tutto se stesso senza risparmiarsi, perchè la donazione non ha limiti, così come illimitati sono i bisogni della povera gente: ecco perchè per lui l'orario di servizio è importante, ma allo stesso tempo solo indicativo, perchè, se ci sono dei bisogni importanti e delle emergenze, allora non si guarda all'orario e si continua a servire sia di giorno che di notte...finchè le forze reggono.


E' cosciente dei limiti del nostro ospedale e della nostra missione in genere, ma sa anche contestualizzare le sue sensazioni.
E’ vero che non siamo perfetti (se così fosse non avremmo bisogno di volontari, ma probabilmente solo di tirocinanti), ma offriamo comunque un servizio onesto e di buona qualità, soprattutto se paragonato alle strutture circostanti e non agli ospedali europei.
Non ha dubbi sul fatto che lui può insegnarci tanto con le sue competenze (infatti quasi tutto lo abbiamo imparato dai volontari!), ma sa anche che qualcosa già lo sappiamo fare: accetta quindi che tra noi ci sia uno scambio di esperienze. 
E' consapevole di quello che si farebbe in Italia, ma accetta anche di sentire che cosa ci dicono le linee guida del Kenya per una particolare patologia. Il buon volontario infatti si rende conto che qui non siamo in Italia e non ha quindi senso ripetere alle nostre infermiere "...ma in Italia si fa così e così...".
"Bene!" potrebbe rispondere il nostro staff (che in genere si tiene la risposta nel cuore) "ma qui non siamo in Italia; siamo in Kenya".
Il buon volontario rispetta dunque anche le nostre competenze, pur richiedendoci (giustamente!) di rispettare le sue; è conscio del fatto che l'ospedale certamente si avvale del suo aiuto, delle nuove procedure che egli ci insegna, ma allo stesso tempo era aperto
anche prima del suo arrivo e probabilmente non chiuderà al suo ritorno in Italia.
Il buon volontario capisce che noi vogliamo creare un clima di famiglia, tra i membri dello staff locale e quelli "espatriati": egli quindi gioisce di questo clima ed in punta di piedi cerca di entrare in questa nostra grande famiglia, facendosi amare ed accogliere con la bontà e soprattutto con l'umiltà.
Il buon volontario non urla con il personale locale, non comanda e non alza la voce perchè comprende che questo non porterà a nulla; sa però che, se il nostro personale imparerà a volergli bene, allora il lavoro diventerà semplice, la fatica sparirà e sarà una gioia lavorare insieme. I buoni e gli umili sperimenteranno la stupenda accoglienza di cui è capace la nostra gente.
Il buon volontario non si lamenta del cibo della nostra missione, cibo sano ed abbondante anche se a volte un po' monotono e scotto, perchè è cosciente del fatto che anche in Kenya molta gente non ha nulla da mangiare.
Da ultimo, egli si rende conto che la nostra stella polare, il nostro centro di riferimento sono i pazienti per cui desideriamo spenderci totalmente e senza riserve...anche lui vorrà quindi donarsi e condividere con noi questa donazione totale e questo grande sogno di servizio incondizionato.
Tantissimi sono i buoni volontari che ho conosciuto in questi anni di Kenya. Non li posso nominare tutti perchè sono troppi...la assoluta maggioranza... ed oggi ad ognuno di loro mando un abbraccio sincero ed un saluto; a tutti dico grazie per quello che hanno fatto e fanno per me e per i malati.
Che il Signore benedica tutti i volontari!

Fr Beppe


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