domenica 22 gennaio 2023

Momenti difficili

Offriamo a tutti un servizio direi abbastanza buono; eseguiamo in una sola giornata degli esami che anche in Italia vanno prenotati in precedenza con liste di attesa di vari mesi; operiamo sei giorni alla
settimana; l’attesa prima dell’intervento è in genere di 12-24 ore. Eppure quel che sentiamo sono sempre lamentazioni (siamo lenti, si aspetta per troppe ore per essere visitati, i tempi per aprire una
cartella e ricoverare sono eccessivi, e così via).
Nessuno poi si rende conto che, se tardiamo a prenderci cura di lui, è perchè ci sono altri problemi o emergenze da qualche altra parte dell’ospedale.
Oggi per esempio è sabato; il Dr. Winters è stato qui ed abbiamo fatto 4 grossi interventi, oltre ad un raschiamento uterino urgente. Ho fatto ambulatorio, con il sudore sulla fronte, tra un intervento
chirurgico e l’altro: normalmente, dopo un’operazione si sentirebbe il bisogno di rilassarsi un po’, di sorseggiare un buon caffè espresso e di attendere di essere chiamati in sala nuovamente. Invece noi, dopo l’operazione apriamo la porta e iniziamo ecografie, astroscopie, ecc.
Quando però un cliente, invece di dirmi i suoi problemi di salute, senza nemmeno salutare prende ad apostrofarmi: “ma lo sai che ho aspettato per più di 5 ore e che vengo da molto lontano...”, allora veramente devo fare uno sforzo per mantenermi calmo e per resistere alla tentazione di rispondergli in modo sgarbato.
Quando ci sono momenti del genere, sto zitto; invito il malato a sedersi un momento; vado a fare due passi, mi sbollisco e poi torno per continuare la visita, senza fare alcun riferimento a quanto poco
prima mi ha irritato.
So che molti lo fanno per ignoranza; sono cosciente del fatto che non si rendono conto del nostro carico di lavoro (per esempio ora non ho più una pausa pranzo); ed allo stesso tempo comprendo che una mia parola detta male ad un malato possa diventare un boomerang, perchè poi lui andrà a spargere la “buona novella” di quanto siamo scortesi.
Per questo mi sforzo di perdonarli sempre, e di considerare ogni paziente come un dono di Dio, perchè, se continuano a venire nonostante i nostri limiti ed i tempi di attesa a volte snervanti, è perchè sono ancora contenti di noi. Ricordo quando l’ospedale di Matiri era assolutamente vuoto al mio arrivo. Ricodo i tempi in cui c’erano due pazienti in tutto l’ospedale.
L’ospedale di Matiri ha tanti problemi, innumerevoli contraddizioni e cose che si potrebbero fare meglio, ma quando vedo i nostri reparti quasi pieni (oggi soprattutto dalle donne), il mio cuore gioisce perchè indirettamente intuisco che Dio è ancora contento di noi, nonostante tutti i nostri limiti.

Fr. Beppe Gaido


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