In questa seconda ed ultima parte desidero parlarvi delle grandi qualità degli infermieri kenyoti. Infatti nel precedente articolo, abbiamo sottolineato soprattutto i loro limiti, ma è chiaro che moltissimi sono i loro pregi.
Prima di tutto essi sono non solo infermieri ma anche ostetrici: sono bravissimi nella gestione del travaglio e del parto, oltre che della gravidanza con tutte le sue complicazioni. Un infermiere africano è preparato nella stima dell’età gestazionale del feto, nella determinazione del battito cardiaco fetale, nel follow up della donna con le doglie, nel parto sia cefalico che podalico, nella pratica della episotomia e della episiorrafia. Seguono la induzione con misoprostolo senza problemi.
Sono bravissimi pure con il paziente pediatrico: sono effettivamente incredibili nel reperimento degli accessi venosi in bimbi a volte appena nati.
Sono in grado di suturare molti tagli e ferite, quando non sono coinvolti tendini od ossa: pure tale aspetto alleggerisce molto il lavoro del medico.
Normalmente l’infermiere di reparto è autonomo nella gestione del degente operato, per cui segue i protocolli dell’ospedale.
Queste brevi indicazioni possono aiutarci a capire che tra infermieri italiani e kenyoti è possibile e doveroso un processo di scambio e di osmosi da cui tutti possono trarre giovamento per il bene dei malati da noi serviti.
Nessuno è migliore o superiore. Si tratta di profili diversi che comunque si possono integrare ed arricchire vicendevolmente.
Fr. Beppe Gaido
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