Jerusha e’ alquanto anziana. Porta delle scarpe ortopediche enormi che le sono state confezionate a Tuuru tanti anni fa. Le servono per poter camminare nonostante un piede torto-equino.
Da tempo aveva problemi per andare di corpo. Non era francamente occlusa, ma spesso nel sottocute si vedevano delle enormi anse coliche disegnate che parevano un pitone che si muove lentamente.
Jerusha, a causa della stitichezza ponzava a lungo nel bagno, con l’impressione di feci dure che non potevano uscire. Poi un giorno e’ venuta in ospedale con una lettera di trasferimento da un dispensario rurale: c’era scritto che aveva le emorroidi.
L’ho visitata, ma, come sovente succede, mi sono trovato in disaccordo con la diagnosi dell’infermiere che ce la aveva inviata. Dall’ ano fuoriusciva infatti una massa carnosa grande quanto un bel mandarino.
Era questa a dare la sensazione di “voler andare di corpo”.
L’esplorazione adeguata mi ha permesso di comprendere che si tratta di un grosso tumore a larga base di impianto, a circa tre cm dall’ano. E’ proprio questa neoplasia che le provoca la distensione del colon e che un giorno o l’altro le causera’ un’occlusione totale.
All’ecografia escludiamo la presenza di metastasi addominali, mentre la lastra del torace ci rassicura circa le possibili metastasi polmonari.
Presento Jerusha al Dr Massimo, ed il primo atteggiamento e’ astensionistico: “non abbiamo le suturatrici automatiche... Il tumore e’ troppo basso e l’amputazione del retto e’ un intervento non proponibile nelle condizioni di Matiri”.
A questo punto non mi rimane che svolgere il mio ruolo piu’ penoso...dire alla donna che deve andare in un altro ospedale per l’operazione; e insistere che dovra’ andarci in fretta prima che si occluda completamente.
La sua risposta e’ stata quella che tutti ci attendevamo: “Non ho soldi. Altrove i prezzi sono sostanzialmente più alti che a Matiri”.
La cosa indubbiamente non lascia tranquilli nè me nè Massimo, e rimuginiamo sulla questione.
“Se non puo’ permettersi interventi in sale operatorie piu’ attrezzate, allora morira’ occlusa ben presto... Dobbiamo tentare qualcosa... se anche non riusciamo a rimuovere la massa tumorale, almeno le facciamo un ano artificiale (colostomia), per permetterle di andare di corpo”.
Naturalmente Jesusha ed i parenti accettano, perche’ non hanno alternative.
L’operazione inizia alle 9 di mattina, con patiente intubata e curarizzata. Pian piano la mano esperta di Massimo prepara il segmento colico per la stomia. A questo punto riparte il dubbio:
“Perche’ non provare a togliere il tumore?”
Insieme si decide di tentare di tubulizzare il retto, di esteriorizzarlo attraverso l’ano e poi di recidere la massa neoplastica per via perineale.
E’ stato un lavoro lunghissimo (all’incirca quattro ore e mezza), costellato da ripensamenti e da momenti di scoramento in cui Massimo affermava:
“Basta! Ci fermiamo qui!”.
Ma la voglia di fare di piu’ ha poi sempre avuto la meglio, spingendoci a continuare.
Alla fine ce l’abbiamo fatta. La massa maligna e’ stata escissa ed il piccolo moncone di retto riposizionato.
La malata ha passato una notte tranquilla e si sta riprendendo dalla anestesia. E’ vero che la sua qualita’ di vita sara’ gravemente danneggiata, con un ano artificiale permanente sul colon sinistro, e con tutti i grossi problemi di mantenimento di questa situazione: per esempio il fatto che qui i sacchetti per colonstomia sono costosi... Ma e’ altrettanto vero che potra’ andare a casa e che abbiamo scongiurato per lei il rischio di una occlusione intestinale a breve.
Ancora una volta ripeto il nostro sentito ringraziamento per la competenza e la dedizione dei volontari, che hanno un ruolo decisivo nel miglioramento delle prestazioni che Matiri offre soprattutto a coloro che non potrebbero permettersi ospedali piu’ avanzati del nostro, ma generalmente anche più costosi.
Fr Beppe
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