E’ arrivata in ospedale verso mezzogiorno su una barella perché ognivolta che tentava di mettersi in piedi collassava. La sua fronte s’imperlava di sudore freddo, le ho misurato la pressione, ma non si percepiva nulla. L’ho fatta portare in ambulatorio e, mentre la preparavano per un’ecografia, ho notato una cicatrice sul suo ventre.
“Quanti anni hai ?” le ho chiesto
“Diciannove” mi ha risposto con voce flebile.
“Hai altri figli? Che genere d’intervento hai subito?”
“Non ho figli, mi hanno fatto un intervento per gravidanza extrauterina.”
Ho messo una mano sul suo addome, era molto dolente e ogni volta che tentavo di premere, Esther sobbalzava con un forte lamento, era sempre più pallida.
Ho provato con delicatezza estrema a percuotere la pancia ed ho avvertito un gorgoglio di fluido in movimento. Ho subito pensato a una nuova gravidanza extrauterina nell’unica tuba che le era rimasta, come purtroppo mi ha confermato il risultato dell’ecografia.
Intanto Esther peggiorava, era entrata in uno stato d’incoscienza, l’emorragia interna stava dilagando. Subito una trasfusione e poi in sala operatoria con procedura di emergenza. Mentre mi preparavo per l’intervento speravo con tutte le mie forze di poter estrarre il feto e riparare la salpinge .
L’anestesia è stata molto difficile, Esther per due volte ha smesso di respirare. C’era molto sangue nella cavità addominale e faticavamo ad aspirarlo. Il pavimento della sala ne era inondato ed io non riuscivo a trovare la tuba a causa dei fiotti che arrivavano violenti dalla breccia operatoria, come da un idrante rotto. Quando sono riuscito a mettere un klemmer nel punto giusto, l’emorragia è cessata di colpo e le condizioni della ragazza, piano piano, si sono
normalizzate. Abbiamo rimosso il feto ormai morto da tempo e tentato di suturare quanto rimaneva della salpinge, ma ogni volta che cercavamo di cucire il tessuto necrotizzato, causavamo una nuovo flutto di sangue.
L’anestesista ci diceva di terminare in fretta perché Esther era sempre più grave, non abbiamo avuto altra via d’uscita che asportare l’unica tuba rimasta, con la consapevolezza che la giovane donna non avrebbe più potuto avere figli. Una sterilità permanente qui è causa di divorzio e le avrebbe anche precluso di risposarsi.
Non era possibile chiederle il permesso perché dormiva e forse sarebbe rimasta in stato d’incoscienza ancora per molte ore. Allora ho parlato con Dio: “Signore, mi sto assumendo una grande responsabilità , ma non posso continuare a suturare salpinge, provocherei una nuova emorragia interna, quasi certamente mortale.”
Così, dopo una lunga preghiera mentale, ho deciso di reciderla e suturare. Il sangue si è definitivamente arrestato.
Terminata l’operazione ho guardato con tanta tenerezza Esther, mi sembrava una bambina. Mentre il sangue della sacca fluiva lentamente, dormiva serena . A rovinarmi la felicità di averla salvata , è arrivato il pensiero di quando le dovrò dire che non potrà avere più figli!
Fr Beppe
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