L’Africa mi ha cambiato profondamente in questi anni che inesorabilmente passano e mi incanutiscono i capelli e la barba.
Mi ha cambiato come persona, ma anche come medico.
Direi che l’Africa è stata la mia salvezza: mi ha salvato da una vita forse più comoda e sicura, ma certamente più piatta ed anonima. Mi ha fatto esplodere come medico a trecentosessanta gradi , ma soprattutto mi ha aiutato a comprendere che forse nella povertà e nella vita umile sta nascosto il piccolo seme che tutti passiamo la vita a cercare affannosamente: il seme della felicità.
Stando qui ho compreso che la felicità la trovi nella condivisione, nella donazione e nella dedizione ai poveri ed ai sofferenti... mai invece la potrai trovare nella competizione, nella gelosia, e tanto meno nel far del male agli altri.
La felicità che ho scoperto in Africa è diversa dall’allegria o dalla gogliardia.
E’ una sensazione più profonda e più difficile da descrivere, uno stato della mente e del cuore, una pace interiore che puoi provare anche quando non hai voglia di ridere, o quando magari piangi per qualche sconfitta nella lotta quotidiana tra la vita e la morte.
E’ una senso di grande pacificazione interiore che ti fa sentire pieno, realizzato umanamente e capace di coricarti alla sera con un canto di lode e di ringraziamento al Signore, che ti ha sostenuto nelle battaglie che hanno caratterizzato la tua giornata. E’ la percezione che provi al mattino alle sei, quando giri gli occhi e guardi l’alba rossa ed hai voglia di alzarti e, con l’aiuto del Signore, di fare il nuovo giorno migliore del precedente. E’ la vaga percezione di essere al posto giusto e di fare le cose giuste.
L’Africa mi ha insegnato che anche da quel letame che spesso è la nostra vita, può nascere un sorriso, un qualcosa di buono per noi e per le persone che serviamo; mi ha fatto comprendere che la Provvidenza esiste davvero e che normalmente il Signore ti lascia arrivare fin sull’orlo del baratro e della disperazione, ma poi non ti fa cadere giù nel vuoto e ti tende una mano di salvezza: quante volte ho detto tra me: “stavolta è la fine! Non ce la faremo mai a risolvere questo problema!”... ma la fine per ora non è arrivata, e, quando ormai eravamo scoraggiati e depressi, l’aiuto di Dio è giunto per ridarci speranza, coraggio ed ottimismo.
In Africa tocco la morte tutti i giorni, e spesso la morte mi devasta e mi sconvolge, ma poi nello stesso giorno sperimento la vita e la sua vittoria.
La felicità che l’Africa ti trasmette è la certezza che la vita vince ed urla la sua vittoria dalla sala parto attraverso il pianto di un neonato che si alza al cielo, o dalla pediatria dove un bimbo in coma riapre gli occhi e si mette a succhiare al seno materno.
Mentre scrivo ho appena lasciato sul fasciatoio il corpo esanime di Dominc, un bimbo di quattro mesi che ha deciso di abbandonarsi all’ultimo sonno, quello eterno, mentre io mi dibattevo disperato nel tentativo di rianimarlo.
Ci ha lasciati muti e senza parole, incapaci di parlare a quella mamma che ci guardava, che già sapeva, ma aspettava di udire la terribile notizia dalla mia bocca che si era invece rinsecchita completamente.
Però, pur con il cuore a pezzi, la mia felicità permane nel profondo della mia anima, e nasce dal fatto che con Dominic c’ero, e che lui non è andato in Paradiso abbandonato, ma accudito fino all’ultimo respiro.
L’Africa mi ha cambiato e mi ha insegnato dove cercarla la felicità!
Ora la cerco nel dono di me stesso, nel servizio incondizionato e continuativo, nel tentativo di dare sempre il massimo, fino al sacrificio della vita.
La mia felicità non coincide con le risate: spesso infatti non è ho tanta voglia; essa è più ampia, tanto che non la puoi misurare.
Quando la incontri, non ti lascia più; sai sempre dove trovarla, e non cambia con il vento, con il momento e neppure con le tue “lune storte”. Ha una solida base evangelica perchè ti senti di aver dato tutto e di essere per questo uno dei “servi buoni e fedeli del Vangelo”.
La felicità è una pace interiore che può andare di pari passo con tanta sofferenza sia tua che del prossimo che servi; ha però solide fondamenta, fatte di condivisione della sofferenza altrui e di un briciolo di fede in Dio, una fede che ti sostiene moltissimo anche se a volte vacilla.
La felicità può nascere anche dal pianto, da un brutto periodo di scoraggiamento... E’ quello strano colpo di coda che ti fa riprendere quota proprio quando hai toccato il fondo, quando hai il sedere per terra, ed inspiegabilmente ti fa sentire di nuovo vigoroso, con tanta voglia di ricominciare e di servire ancora.
La felicità è quella sensazione che ti fa sentire vivo, anche dopo le sconfitte più devastanti... ed in questo periodo di sconfitte sia cliniche che umane ne ho sperimentate non poche.
Sì, vivo!
In Africa in effetti ci si sente vivi; combattuti e provati, ma felici e vivi!
Fr Beppe
Ciao Beppe oggi ho letto quello che hai scritto e mi sono emozionata..come stai l ho letto nelle tue righe..le tue riflessioni mi hanno confortato perché io anche se non sono in Africa (comunque nel mio cuore un po' di mal d'Africa c'è ancora)vivo costantemente da anni momenti di delusione stanchezza solitudine..a volte metto anche in dubbio la mia fede però poi rifletto su quello che ho e non quello che manca è ringrazio il Signore e chiedo perdono per tutte le volte che mi sembra di essere abbandonata.. a questo punto della mia vita mi sorge una domanda perché le cose sono andate così?Non voglio fare del vittimismo ma il mio è solo uno sfogo scusa..con quello che vivi tu quotidianamente mi sento anche stupida a dirtelo ma nonostante la lontananza e ci sentiamo poco rimani un'amico con cui condividere i miei problemi un abbraccione ti voglio bene grazie
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