sabato 13 febbraio 2021

La maternità

Sono le due di mattina e sfortunatamente il cicalino si rifa’ sentire.
Dormivo da un’ora soltanto a causa di un aborto arrivato in tarda serata.
E’ l’infermiera della maternità che con voce brillante mi annuncia che c’e’ un altro cesareo. Gia’, lei e’ tutta pimpante perche’ lei fa la notte e domattina dormira’... penso sconsolato.
Raccolgo le idee ed inizio a chiamare al telefono Ishmael, che si sveglia di soprassalto ma risponde prontamente all’appello. Poi chiamo l’anestesista con un certo senso di colpa, visto che anche la notte prima era stato disturbato alle 3 per incannulare una vena difficile in un bambino... ma anche lui non si fa chiamare due volte.
E cosi’ anche stavolta la “macchina-cesareo-notturno” si mette faticosamente in moto.
In sala il nostro lavoro inizia a procedere abbastanza liscio... purtroppo si tratta di una donna che ha gia’ avuto altri due precedenti cesarei, e questo crea qualche difficolta’ nella tecnica chirurgica, ma ce la caviamo, e pian pian arriviamo alla fine.
Ci abbiamo messo quasi un’ora e mezza, cioe’ circa trenta minuti in piu’ del previsto... e quindi un’altra mezz’ora e’ stata rubata alle nostre notti sempre così battagliate.


E’ sempre dura essere chiamato di notte per un cesareo. 
Pero’, il momento in cui si tira fuori dal ventre materno una creatura vivace e scalpitante, che urla a squarciagola e ti fa la pipi’ addosso mentre la passi all’assistente di sala, e’ davvero esaltante e commovente. 
Ti senti un po’ partecipe della gioia di quella donna; ti pare di aver fatto veramente qualcosa per lei e per il figlioletto... onestamente, un po’ ti senti anche papa’!
In questo periodo ho spesso delle sensazioni interiori confuse che non ho ancora elaborato appieno ma che in qualche modo mi portano ad intuire una specie di dimensione contemplativa del nostro lavoro nel campo della maternita’.
Sempre la Chiesa si schiera a favore della vita; sempre vuole difendere la vita dal primo istante del suo concepimento...
E non e’ quello che facciamo noi quotidianamente per ventiquattr’ore al giorno?
Siamo sempre pronti ad intervenire, dimenticando stanchezza e sonno, perche’ vogliamo che le mamme che si affidano a noi, possano andare a casa con un bel bambino sano e robusto. Quante morti perinatali ed anche materne sono state salvate da quando abbiamo aperto la maternita’? 
Non lo saprei dire con certezza, ma certamente nell’ordine delle migliaia.
Ed ecco quello che intendo in qualche modo farvi percepire: l’ostetricia vissuta gratuitamente e come servizio senza scopo di lucro puo’ diventare un forte messaggio che noi diamo alla societa’: noi lottiamo per la vita, la difendiamo, la vogliamo far prevalere ad ogni costo, perche’ la vita e’ dono di Dio.
Andiamo quindi in sala paro o nel reparto operatorio di giorno e di notte sempre con questa idea fissa: dobbiamo difendere la vita!
Si puo’ quindi dire che un cesareo fatto alle 2 di notte, con la disponibilita’ ad essere chiamato ancora ed ancora per altre necessita’ di salvare una vita nascente, possa essere considerato un atto di collaborazione con l’eterna opera creativa di Dio che dona la vita?
Io penso di si’, anche se non so se i teologi mi darebbero ragione.
A me pare che il sacrificio quotidiano di lottare sempre per la vita nascente (pur con le inevitabili sconfitte) possa essere considerato quasi come una preghiera: se fossi stato pigro e non mi fossi alzato stanotte, certamente un bimbo sarebbe morto ed ora una madre giacerebbe disperata della sua angoscia.

Fr Beppe



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