sabato 23 gennaio 2021

Amina e Orro

Entrano insieme nel mio studio. Sono alti e snelli. La loro carnagione e’ molto piu’ chiara di quella della nostra gente qui a Matiri. 
E’ evidente che provengono dal profondo Nord. Guardo il foglio di richiesta esami, e mi rendo conto che sono di etnia Borana e che vengono a Marsabit.
E’ Amina la prima che inizia a parlare: “abbiamo un solo figlio di 15 anni, e non riusciamo ad averne un altro… Mi sento molto stressata, perche’ per la nostra cultura uno non e’ sufficiente. Vogliamo sottoporci a tutte le indagini possibili, e siamo disposti ad ogni tipo di terapia, pur di poter avere un altro bambino”.
Guardo Orro, che e’ seduto in disparte e non ha ancora aperto bocca.
Poi dico, senza rivolgermi a nessuno dei due in particolare: “Il problema potrebbe essere per il 50% femminile e per il 50% maschile. Possiamo fare tutti gli esami del caso?”
So benissimo infatti che gli uomini sono molto restii da queste parti a sottoporsi ad accertamenti nell’area della procreazione: preferiscono l’ottica dello struzzo e danno per lo piu’ la colpa alla donna.


Orro sorride, ma non parla. E’ ancora Amina a guidare la conversazione: “faremo tutto, e mio marito non si opporrà”.
A questo punto prescrivo i test del caso, dicendo loro che li avrei poi incontrati nuovamente quanto gli esami di laboratorio fossero stati loro consegnati”.
Alcune ore dopo, mi sono trovato i loro documenti della cartella dove gli infermieri inseriscono i miei pazienti in lista d’ attesa. 
Prima di richiamarli in studio, mi affretto a leggere i risultati.
Mi viene un colpo al cuore.
La moglie e’ del tutto normale, mentre il marito ha una infertilita’ quasi sicuramente irreversibile, che noi medici definiamo azoospermia.
Prendo un caffe’ e dico una preghiera, chiedendo al Signore di suggerirmi le parole giuste.
Inizio dal compito piu’ facile, e mi rivolgo ad Amina dicendole che e’ tutto a posto e che, dal mio punto di vista, lei non ha bisogno di altre indagini, ne’ di terapie.
Poi guardo a terra a lungo, e accenno ad Orro che per lui ci sono dei problemi, ma che non si deve scoraggiare, perche’ tenteremo di fare tutto il possibile per aiutarlo.
Inaspettatamente l’uomo mi interrompe, e con un sorriso rilassato mi dice in ottimo Kiswahili:
“Vorrei aiutarti a darmi la notizia. Quando avevo 24 anni, e gia’ avevamo il nostro primogenito, io mi sono ammalato di orecchioni.
Onestamente entrambi pensavamo che non sarebbe successo nulla, ma in seguito ho iniziato a notare dei cambiamenti sempre piu’ significativi nella mia vita matrimoniale.
A quei tempi frequentavo l’Universita’ a Nairobi, e sono quindi andato piu’ volte su internet a documentarmi circa le possibili complicazioni della parotite epidemica. Ho letto da piu’ parti che ai maschi puo’ causare una infertilita’ permanente.
Tu cosa ne pensi dottore?”
“Il tuo discorso in qualche modo mi facilita un po’ un compito che e’ sempre duro e sgradevole. Ma, prima di continuare, vorrei fare una domanda ad entrambi: - se dicessi che Orro non potra’ mai piu’ avere bambini, che cosa succedera’ al vostro matrimonio? 
Purtroppo ho visto tante famiglie disgregarsi dopo una notizia del genere, quasi che i coniugi non si fossero scelti vicendevolmente per amore, ma avessero invece scelto solo i figli che dalla loro unione sarebbero stati generati”.
E’ stato Orro a prendere la parola per primo:
“Se Dio ha permesso che io fossi affetto da questa complicazione irreversibile, io che cosa ci posso fare!? Ci sono cose contro cui si puo’ lottare, ed altre che si devono accettare con rassegnazione.
Anche se faccio il matto e mi dispero, non potro’ comunque cambiare la realta’ dei fatti”.
E’ stata poi la volta di Amina: “Non posso negare che questa situazione mi sta causando stress, e me ne provochera’ ancora in futuro a causa delle pressioni che riceveremo sia all’interno del nostro clan, sia nel villaggio in cui viviamo.
Ma e’ pur vero che io ho sposato lui e non i suoi bambini. Non voglio tradirlo, concependo un figlio di nascosto, magari con un suo parente stretto, in modo da dargli l’illusione di esser diventato padre.
Sull’altare ho promesso che gli sarei stata fedele nella buona e nella cattiva sorte… e questa e’ davvero una disgrazia per una coppia africana. Ma gli saro’ fedele, costi quello che costi… non ho rimpianti, anche se so che piangerò”.
Ho provato solo ad aggiungere una parola: “Nella mia pratica clinica incontro spesso coppie senza figli… e con il vostro stesso problema.
Provate a ringraziare Dio per il vostro ragazzo quindicenne.
Ringraziatelo perche’ e’ sano e forte”.
“Grazie di cuore, dottore. Il Signore ti benedica. Verremo a trovarti:
credo che ce la faremo, anche se non sara’ facile”.
Amina ed Orro mi hanno commosso. Hanno smentito tanti luoghi comuni sulla mentalita’ africana in fatto di infertilita’, e per me sono stati un bell’esempio di amore coniugale vero.
Ringrazio Dio per averli incontrati.

Fr Beppe



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