Un gruppo di donne sta entrando in ospedale, quando una giovane ragazza collassa davanti ai miei occhi. La soccorriamo, la mettiamo sdraiata, ed iniziamo una flebo di soluzione fisiologica per riprendere la sua pressione che era scesa a livelli imprendibili.
Mi dicono che ha avuto un aborto e che ha sanguinato tanto. Mi rendo conto che c’è bisogno urgente di sangue, ma in questo periodo proprio ne siamo in grave carenza. La portiamo in sala per una revisione della cavità uterina.
L’anestesista pratica la spinale con successo, ma la mamma non collabora… dice sempre di aver dolore e sostiene che l’anestetico “non e’ penetrato”. Resistiamo per un po’ e poi ci arrendiamo: dobbiamo ripetere la puntura lombare.
Anche dopo la seconda dose la donna asserisce di avere ancora male: questi sono i casi in cui alla fine ci ritroviamo a gestire una gravissima complicazione... c’è incomunicabilità tra noi e la malata che è così spaventata dall’ipotesi di soffrire, che arriva a mentire sull’effetto anestetico: forse pensa che si tratti di “una generale”, e quindi attende il momento dell’addormentamento. Infatti, come prevedevo, mentre ancora mi sto lavando, la mamma smette di respirare.
Devo accorrere, aiutare l’anestesista e usare l’ambu per la respirazione assistita.
Pian piano poi le cose migliorano. La paziente riprende a respirare e noi possiamo fare la revisione della cavità uterina e fermare l’emorragia.
Non abbiamo sangue ma abbiamo fondata speranza che, non sanguinando più, l’emoglobina migliori presto.
PS: nella foto vedete la Dottoressa Makandi, Il Dr Daniele ed il sottoscritto, all’inizio di un’altra giornata di maratona ortopedica che è continuata intensissima, nonostante l’emergenza descritta ed un altro cesareo d’urgenza.
Fr Beppe
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