lunedì 29 giugno 2020

Le incognite della notte

Sono stato chiamato di notte per una consulenza in maternità. Dorothy non sa ancora se si tratterà di un parto con ventosa ostetrica o se si dovrà optare per il cesareo.
Per questa ragione non chiamo ancora nessuno e mi dirigo in sala parto da solo.
La testa del nascituro quasi fa capolino e mi pare onesto tentare la ventosa. Ci provo tre volte, ma senza successo. Mi sento depresso per questo fallimento.
La mamma è esausta e dal canale del parto esce un meconio verde, denso e poco rassicurante. Anche il battito cardiaco fetale non è dei migliori.
Ecco perchè mi arrendo e decido di andare in sala: il cesareo è infatti l'unica soluzione per salvare il bimbo.
Prepariamo la mamma per l'operazione e la trasportiamo in camera operatoria.
Di solito ci si mette un po' a praticare la spinale in donne che hanno travagliato per molte ore: non riescono infatti a stare in posizione a causa del pancione, sono irrequiete ed in continuo movimento.
Con mia sorpresa invece Peter trova lo spazio giusto al primo colpo e l'anestesia è fatta dopo meno di un minuto.


Sdraiamo la mamma e cominciamo a farle le domande di rito per seguire il risalire dell'anestesia dalle gambe fin su, oltre l'ombelico.
Siamo tranquilli perchè di solito ci vogliono 8-9 minuti perchè la marcaina risalga al giusto livello per permettere un cesareo indolore.
Ma in medicina nulla è perfettamente matematico e ad ogni regola ci sono decine e decine di eccezioni.
Dopo un minuto infatti la mamma smette di respirare perchè l'anestesia è risalita troppo, e bisogna usare l'ambu per ventilarla.
Peter rimane tranquillo.
Mi sono quindi lavato in fretta, ed insieme alla strumentista ho estratto il pupo alla velocità della luce. Miracolosamente piangeva forte e pareva non aver sofferto per la momentanea ipossia creatasi con l'apnea materna.
La mamma ha chiesto subito del bambino. L'abbiamo rassicurata che la sua creatura stava bene e che si trattava di una femminuccia.
Le ho anche chiesto che cosa si ricordava di questo intervento: e lei, con un grande sorriso, mi ha risposto che pensa di essersi addormentata quasi subito perchè non ricordava nulla. Poi mi ha ringraziato e mi ha detto che non aveva sentito dolore.
Quando le ho consegnato la sua femminuccia che continuava a strillare a pieni polmoni, mi sono commosso ed ho pensato che in quella notte erano successi già due miracoli: il primo è che la mamma sia ancora viva, ed il secondo che il bimbo non abbia risentito affatto, nè del distress precedente dovuto al travaglio prolungato, nè dell'ipossia verificatasi quando la madre ha cessato di respirare.
Non si finisce mai di ringraziare la Provvidenza che sempre ci mette una mano sulla testa e ci protegge anche nei momenti più estremi.

Fr Beppe



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